Ricorso ex art. 433 c.p.c.

Francesco Rotondi
aggiornato da Alessandra Croce

Inquadramento

Le controversie individuali di lavoro e quelle in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie sono assoggettate al rito del lavoro, rito autonomo e distinto rispetto a quello ordinario e caratterizzato da oralità, immediatezza e concentrazione.

Formula

CORTE DI APPELLO DI .... SEZ. LAV.

RICORSO EX ART. 433 C.P.C.

Nell'interesse della società ...., C.F. ...., P.I. ...., con sede legale in ...., via ...., in persona del legale rappresentante, Sig. .... (C.F. .... ....), rappresentata e difesa dall'Avv. .... (C.F. .... - fax .... - PEC ....) del Foro di ...., ed elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest'ultimo in ...., via ...., giusta procura alle liti in calce al presente atto

- appellante -

CONTRO

Il Sig. ...., C.F. ...., residente in ...., via .... con l'Avv. .... ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in ...., via ....

- appellato -

Per la riforma della sentenza n. .... emessa dal Tribunale di ...., depositata in data ....,

I.- I fatti di causa.

....

II.- Il giudizio di primo grado.

....

La sentenza emessa dal Tribunale di primo grado è ingiusta e gravatoria e dovrà essere riformata per i seguenti

MOTIVI

I.- Primo motivo di appello: 1....

Si impugna anzitutto il capo della sentenza pronunciata dal bunale di ...., nella parte in cui il Giudice di prime cure ha affermato che ....

Tale conclusione è errata, in quanto frutto di una non corretta interpretazione dei fatti e dei documenti in atti, in quanto ....

Il Giudice di prime cure ha, inoltre, erroneamente interpretato le risultanze istruttorie. Si rileva al riguardo che ....

Inoltre, la decisione del Giudice di prime cure è frutto di una erronea interpretazione ed applicazione delle norme di legge. Infatti ....

II.- Secondo motivo di appello: ....

....

Tutto ciò dedotto, premesso e specificato, la parte appellante, ut supra rappresentata difesa e domiciliata

RICORRE

A codesta Ecc.ma Corte d'Appello per sentire accogliere, dall'On.le Collegio adito le seguenti

CONCLUSIONI

Piaccia alla Corte di Appello adita, contrariis reiectis, così giudicare:

- Nel merito, riformare la sentenza impugnata e per l'effetto dichiarare che .... ....

Con vittoria di spese e compensi professionali per entrambi i gradi di giudizio.

Si produce:

1) copia autentica sentenza Tribunale di ....;

2) fascicolo di parte del giudizio di primo grado

3) ....

Si dichiara che il valore della causa è .... e che pertanto deve applicarsi il contributo unificato nella misura di Euro .... 2

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

[1] [1] Il ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall'art. 414 c.p.c. L'appello deve essere motivato, e per ciascuno dei motivi deve indicare a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico:

1) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;

2) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;

3) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata (art. 434 c.p.c., come modificato dall'art. 3, comma 31, lett. a) del d.lgs. n. 149/2022).

[2] [2] In caso di esenzione dall'applicazione del contributo unificato, compilare e allegare al ricorso l'apposita autodichiarazione. Il limite di reddito ai fini dell'esenzione è soggetto a periodica rivalutazione; pertanto è necessario verificarne il limite prima del deposito dell'atto.

Commento

Nelle controversie di lavoro, l'appello si propone con ricorso, avanti alla Corte d'Appello nella cui circoscrizione ricade il Tribunale che ha emesso la sentenza di primo grado.

Detto ricorso deve essere proposto nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza (ovvero 45 giorni in caso di notifica all'estero).

Nel caso in cui il termine del trentesimo giorno coincida con un giorno festivo – in applicazioni dei principi generali – il termine si considererà differito al giorno successivo alla festività (Cass. n. 16303/2015).

In caso di mancata notificazione della sentenza, l'appello avverso la medesima dovrà essere proposto, con riferimento ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009 (data di entrata in vigore della l. n. 69/2009), nonché alle sentenze pronunciate dopo tale data, entro il termine a sei mesi (nuovo testo dell'art. 327 c.p.c.; in precedenza e per i giudizi anteriori alla detta data, il termine era di un anno).

Qualora l'appello sia depositato oltre i termini previsti per l'impugnazione, lo stesso dovrà essere dichiarato l'inammissibile; tale inammissibilità non potrà essere sanata dalla costituzione in giudizio dell'appellato. La parte che voglia far decorrere il termine breve per l'impugnazione è tenuta a notificare la sentenza alla controparte. Il termine in questo caso decorre dal perfezionamento della notifica.

La Suprema Corte di Cassazione ha precisato che “La comunicazione della sentenza effettuata dalla cancelleria del giudice per posta elettronica certificata, con l'invio del testo integrale del provvedimento, ai sensi dell'art. 45 disp. att. c.p.c., non è idonea a far decorrere il termine breve per le impugnazioni” (Cass. n. 4727/2016).

A seguito delle modifiche apportate dall'art. 54, d.l. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012, al comma 1 dell'art. 434 c.p.c., il ricorso doveva contenere le indicazioni prescritte dall'art. 414 c.p.c.. Lo stesso deve essere motivato; in particolare, a pena di inammissibilità, la motivazione dell'appello doveva contenere (Cass. n. 2143/2015):

1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intendeva appellare e delle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;

2) l'indicazione delle circostanze da cui derivava la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

Tale disposizione si applicava ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dal trentesimo giorno successivo al 12 agosto 2012 (data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 83/2012).

Ai sensi dell'art. 434 c.p.c., come modificato dall'art. 3, comma 31, lett. a) del d.lgs. n. 149/2022, il ricorso in appello deve contenere le indicazioni prescritte dall'art. 414 c.p.c. L'appello deve essere motivato, e per ciascuno dei motivi deve indicare a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico:

1) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;

2) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;

3) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

La nuova disposizione (come i novellati artt. 430 e 436-bis c.p.c.) si applica alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023.

Al ricorso potranno essere allegati documenti non prodotti in primo grado nella misura in cui il documento si sia formato successivamente.

Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il Presidente della Corte d'Appello, ex art. 435 c.p.c., nomina il Giudice relatore e fissa l'udienza di discussione della causa innanzi al Collegio non oltre il termine di sessanta giorni (ottanta in caso di notifica all'estero) dal deposito del ricorso. Trattasi di termini ordinatori, il cui mancato rispetto non determina alcuna conseguenza.

Una volta fissata l'udienza, l'appellante dovrà notificare all'appellato il ricorso, unitamente al decreto di fissazione d'udienza entro il termine di dieci giorni dalla data di deposito  del provvedimento. Anche in questo caso si tratta di un termine ordinatorio, privo di conseguenze per il ricorrente in caso di sua inadempienza.

Il ricorso dovrà essere notificato alla controparte almeno venticinque giorni prima dell'udienza fissata per la discussione (ovvero sessanta giorni nel caso di notifica all'estero).

Secondo la giurisprudenza, la  formulazione dell'art. 434, comma 1, c.p.c. (ancora nella versione vigente ante Riforma Cartabia) ha imposto precisi oneri di forma dell'appello, dovendo lo stesso essere, a pena di inammissibilità, motivato, ossia  redatto in modo più organico e strutturato rispetto al passato, quasi come una sentenza, dovendo indicare esattamente le parti del provvedimento impugnato da sottoporre a riesame, e per tali parti quali modifiche sono richieste rispetto a quanto formante oggetto della ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice. Non è stato quindi ritenuto sufficiente un riferimento  alle sole statuizioni del dispositivo e delle parti di motivazione non  condivise (su cui si sono basate le decisioni del primo giudice), occorrendo  invece anche, per le singole statuizioni e per le singole parti di motivazione oggetto di doglianza, articolare le modifiche che il giudice di appello deve apportare, con attenta e precisa ricostruzione di tutte le conclusioni, anche di quelle formulate in via subordinata (App. Roma sez. lav., 23 gennaio 2013; App. Salerno sez. lav., 1 febbraio 2013).

La Cassazione a SSUU, investita della questione interpretativa relativa al cd. “filtro in appello”, ha statuito che “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (Cass. S.U., n. 27199/2017).

In questo senso sembra porsi anche la nuova formulazione dell'art. 434 c.p.c. che individua puntualmente il contenuto del ricorso in appello non richiedendo particolari forme sacramentali né la redazione di un progetto alternativo di sentenza.

Si veda anche l'art. 436-bis c.p.c., come modificato dall'art. 3, comma 31, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149.

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