Ricorso per condotta antisindacaleInquadramentoIl nostro ordinamento prevede uno specifico strumento, il procedimento di cui all'art. 28 St. lav., di tutela per i casi di violazione, da parte del datore di lavoro, dei diritti sindacali previsti dallo Statuto dei Lavoratori, della libertà sindacale, nonché infine del diritto di sciopero. FormulaTRIBUNALE ORDINARIO DI .... SEZ. LAV. RICORSO EXLEGE 20 MAGGIO 1970, N. 300, AD ISTANZA DI ART. 28 L'Organizzazione Sindacale .... - sezione provinciale di .... (C.F. ....) in persona del segretario generale pro tempore, Sig. ...., rappresentata e difesa dall'Avv. .... (C.F. .... - fax .... - PEC ....), del Foro di ...., giusta procura in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso legale in .... - ricorrente - CONTRO la Società ...., con sede legale in ...., C.F ...., P.I. ...., in persona dell'amministratore e/o legale rappresentante pro tempore, Sig. .... - convenuta - espone quanto segue: FATTO 1) la società ...., esercente attività di ...., si è resa responsabile di comportamenti, tutt'ora in atto, evidentemente finalizzati a comprimere le libertà sindacali dei propri dipendenti ed a pregiudicare l'iniziativa sindacale in azienda. 2) In particolare .... [1]. Tale condotta integra gli estremi di una condotta antisindacale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 l. n. 300/1970 per i seguenti motivi in DIRITTO Tanto premesso, l'O.S. ricorrente, come in atti rappresentata e difesa, CHIEDE che l'Ill.mo Giudice adito, espletate le formalità di rito, voglia così provvedere: a) dichiarare antisindacale il comportamento complessivamente posto in essere dalla Società ....; b) conseguentemente ordinare alla Società l'immediata cessazione della condotta, nonché la rimozione degli effetti conseguenti, ordinando altresì alla resistente .... Il tutto con vittoria di spese e compensi professionali di causa. In via istruttoria, ove occorra, si chiede ammettersi sommarie informazioni sui fatti di causa, per il tramite di .... Si allegano i seguenti documenti: .... Luogo e data .... Firma Avv. .... [1]Esporre i fatti posti a fondamento della domanda e descrivere le condotte considerate antisindacali, unitamente alle ragioni giuridiche poste a fondamento della domanda. CommentoIl nostro ordinamento prevede uno specifico strumento di tutela per i casi di violazione, da parte del datore di lavoro, dei diritti sindacali previsti dallo Statuto dei Lavoratori, della libertà sindacale, nonché infine del diritto di sciopero. Si tratta del procedimento disciplinato dall'art. 28 St. lav. Legittimati ad agire sono gli organismi locali delle organizzazioni sindacali che vi abbiano interesse. La legittimazione ad agire ex art. 28 St. lav. spetta all'articolazione sindacale più periferica, così come prevista dallo statuto del sindacato o come di fatto è stata costituita (nel caso di specie, è stata ritenuta sussistente la legittimazione ad agire in capo alla struttura territoriale regionale dei sindacati che avevano promosso la procedura ex art. 28 St. lav.) (Trib. Milano 29 settembre 1999). Gli organismi territoriali possono agire solo se appartenenti ad Organizzazioni sindacali che abbiano rappresentatività sul piano nazionale. Il procedimento instaurato ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 l. n. 300/1970 è un procedimento sommario ed urgente; il Giudice del Lavoro del luogo dove è stata commesso il comportamento antisindacale, ricevuto il ricorso e fissata udienza per la comparizione, decide con decreto, senza istruttoria formale e completa e sentendo, ove occorra, informatori. Qualora ravvisi l'esistenza della condotta antisindacale, con il detto decreto il Giudice ordina al datore di lavoro la immediata rimozione della condotta stessa. Avverso il decreto, immediatamente esecutivo, è ammessa opposizione nelle forme dell'art. 414 c.p.c. innanzi allo stesso Tribunale che lo ha emesso, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione. Il procedimento ordinario non sospende l'efficacia esecutiva del decreto che, se non attuato, espone il datore di lavoro alle sanzioni penali di cui all'art. 650 c.p. In assenza di una definizione legale di condotta antisindacale, è alla giurisprudenza che si deve la puntualizzazione dei limiti e dei confini dell'azione di repressione della condotta antisindacale. Si deve ritenere che integrino condotta antisindacale tutti quei comportamenti datoriali, anche non intenzionali, che da un punto di vista oggettivo limitano e vietano la libertà di iniziativa sindacale e il diritto di sciopero. La giurisprudenza di merito ha ritenuto antisindacale sia “il comportamento del datore di lavoro che, in considerazione delle modalità di svolgimento di un'assemblea ex art. 20 St. lav., ritenga la stessa equiparabile a uno sciopero e pertanto minacci la comminazione di sanzioni disciplinari ai lavoratori che vi partecipino, non essendo applicabili a tale istituto i limiti previsti dalla legge con riferimento allo sciopero” (Trib. Milano, 27 febbraio 2001) sia l'opposizione del datore nel “concedere un idoneo locale per lo svolgimento di un'assemblea dei lavoratori” (Trib. Milano, 28 febbraio 2002). La Suprema Corte di Cassazione ha sostenuto che “Il diritto di partecipare all'assemblea indetta durante l'orario di lavoro, usufruendo della normale retribuzione secondo la disciplina di cui all'art. 20 della legge n. 300/1970, non può essere limitato dalla pretesa del datore di lavoro di non subire alcun pregiudizio nella normale esplicazione dell'attività aziendale, fermo restando il limite esterno a tale diritto, costituito dall'esigenza della tutela – prioritaria o paritaria – di interessi, costituzionalmente garantiti, confliggenti con il suo esercizio (garanzia dell'incolumità delle persone, di sicurezza e salvaguardia degli impianti, ecc.). Il medesimo diritto, poiché non solo costituisce per il sindacato uno strumento per verificare il consenso alla sua politica e definire i contenuti, ma anche si inquadra tra i diritti del lavoratore inerenti alla libera manifestazione del pensiero, non può essere limitato dalla contrattazione collettiva” (Cass. n. 6080/1997). È stata ritenuta antisindacale anche quella condotta del datore di lavoro che si traduce nel rifiuto di collocare una bacheca aziendale per consentire l'affissione di comunicati sindacali presso il luogo di lavoro, poiché in contrasto con l'art. 25 Stat. lav. (Trib. Firenze, 12 marzo 2002), mentre si è ritenuto che non costituisca condotta antisindacale un mero spostamento delle bacheche in luoghi ugualmente idonei, senza aver manomesso il contenuto del materiale affisso (Cass. n. 1199/2000). In alcuni casi la giurisprudenza ha rinvenuto una condotta antisindacale nella contestazione mossa dal datore di lavoro al dirigente sindacale per l'uso improprio del permesso retribuito qualora detta contestazione attenga ad inadempienze direttamente riferite agli obblighi nascenti a suo carico dal rapporto di lavoro (Trib. Milano, 24 dicembre 2003). Secondo la Suprema Corte, il comportamento datoriale costituisce condotta antisindacale anche quando è diretto a limitare o impedire l'esercizio di uno sciopero legittimo, in quanto adottato nel rispetto dei limiti c.d. «esterni» del diritto di sciopero; pertanto «il diritto di iniziativa economica dell'imprenditore, pur essendo costituzionalmente garantito (art. 41 Cost.) e sussistente anche in presenza di uno sciopero indetto dai lavoratori, trova in quest'ultimo il suo limite, nel senso che il datore di lavoro conserva il diritto di continuare a svolgere legittimamente la propria attività aziendale nella misura in cui, in concomitanza con l'astensione in atto dei dipendenti, non superi i limiti normativamente previsti. Nell'ambito di questo svolgimento, pertanto, il contingente affidamento delle mansioni, svolte da lavoratori in sciopero, a dipendenti non partecipanti allo sciopero, diventa illegittimo ove avvenga in violazione di una norma di legge o di norma collettiva, con la conseguente tutelabilità, da parte dei lavoratori, del loro diritto attraverso il rimedio della repressione della condotta antisindacale datoriale» (Cass. n. 10624/2006). La Suprema Corte ha ritenuto che non configura condotta antisindacale quella del datore di lavoro che adibisca personale dipendente dell'azienda rimasto in servizio alle mansioni proprie dei lavoratori scioperanti (Cass. n. 20164/2007; Cass. n. 12822/1991). Inoltre, è stato ritenuto in giurisprudenza che “configura condotta antisindacale censurabile ai sensi dell'art. 28 legge n. 300 del 1970 quella del datore di lavoro che, nell'ambito di una procedura di mobilità exlegge n. 223 del 1991, abbia omesso di adempiere alla previsione di un accordo sindacale che imponeva la previa consultazione delle organizzazioni stipulanti per la individuazione dei lavoratori interessati alla mobilità infragrupo” (Trib. Roma, 26 maggio 2005). In presenza di rappresentanza sindacale unitaria, costituita nell'ambito di un'organizzazione sindacale che abbia partecipato all'elezione della RSU, costituisce condotta antisindacale il riconoscimento da parte del datore di lavoro di rappresentanza sindacale aziendale, attuato inviando le comunicazioni obbligatorie per legge e contratto anche alla RSA e riconoscendo alle medesime permessi sindacali (Trib. Ravenna, 27 luglio 2005). La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata nel senso di negare che nel nostro ordinamento sussista un principio di necessaria parità di trattamento tra le diverse organizzazioni sindacali; “l'art. 28 dello Statuto dei lavoratori è finalizzato a garantire le prerogative del sindacato nelle ipotesi di conflittualità fra collettività dei lavoratori (o dei loro rappresentanti sindacali) e l'imprenditore, non potendo invece la norma statutaria incidere sulla libertà organizzativa di quest'ultimo a seguito di pretese degli organismi sindacali scaturenti da una conflittualità sorta all'interno degli stessi organismi; pertanto, non concretizza una condotta antisindacale il comportamento dell'imprenditore che – in adesione alla volontà delle maggiori organizzazioni sindacali di settore, comprese quelle di appartenenza delle R.S.A.- intenda condurre le trattative con queste ultime, su questioni attinenti alla contrattazione collettiva, “in forma congiunta”, rifiutando la richiesta di alcune di esse di essere sentite, invece, “a tavoli separati” (Cass. n. 2857/2004). Inoltre, ”la sola circostanza che il datore di lavoro abbia dato disdetta di un contratto collettivo a tempo indeterminato senza la previa consultazione del sindacato stipulante non può essere ritenuta comportamento sanzionabile a norma dell'art. 28 St. lav.: occorre a questo fine che tale condotta si connoti ulteriormente, per le particolari circostanze del caso, non come semplicemente rivolta a far cessare gli effetti di una disciplina contrattuale dalla quale il datore ritiene di non dover più essere vincolato, ma come causa di oggettivo impedimento a che il sindacato operi nel contesto aziendale con le iniziative volte a riaffermarvi il proprio ruolo di controparte contrattuale” (Cass. n. 7706/2004). |