Richiesta di autorizzazione alla Direzione territoriale del lavoro alla effettuazione di visite personali di controllo (art. 6 l. 20 maggio 1970, n. 300)

Francesco Rotondi

Inquadramento

è consentito al datore di lavoro effettuare visite personali di controllo sul lavoratore solamente nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro, delle materie prime o dei prodotti. Necessario a tale fine inoltrare una richiesta di autorizzazione alla DTL per l'effettuazione delle visite.

Formula

Il/la sottoscritto/a, legale rappresentante della Ditta ……………., con sede in………….., via ………………….., esercente attività di ,

PREMESSO

- che, in relazione alla qualità dei prodotti e dei prodotti, è indispensabile ai fini della tutela del patrimonio aziendale effettuare visite personali di controllo sui lavoratori;

- che non è stato raggiunto alcun accordo al riguardo con le rappresentanze sindacali aziendali

CHIEDE

l'autorizzazione ad effettuare le predette visite personali all'uscita dei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall'art. 6 della legge n. 300 del 1970.

Si precisa che le visite verranno effettuate con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti ai seguenti gruppi:…………………………. oppure alla generalità dei dipendenti garantendo modalità in grado di salvaguardare la dignità e la riservatezza dei lavoratori selezionati.

Luogo e data…….

Il datore di lavoro…..

Commento

Lo Statuto dei lavoratori persegue l'obiettivo, con l'art. 6, di contemperare le esigenze del datore di lavoro di effettuare controlli sulla persona del lavoratore con le esigenze di salvaguardia della libertà e dignità del lavoratore stesso. Su questa base il Legislatore prevede un divieto di carattere generale derogabile solo ove le visite personali di controllo, come si dirà a breve, siano "indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti".

Lo Statuto dei Lavoratori prevede dunque, all'art. 6, che le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro, delle materie prime o dei prodotti.

In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che

- siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro,

- siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e

- che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori

Il datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali definisce le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni descritte, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna.

L'effettuazione delle visite devono, essere, come detto indispensabili per la tutela del patrimonio; diversamente gli accordi sono affetti da nullità; devono rappresentare l'ultima scelta percorribile dal datore di lavoro quando altri mezzi che siano stati valutati non danno la possibilità di effettuare scelta alternative (secondo Cass. n. 5902/1984 le visite non possono essere tali da valicare i limiti della riservatezza personale (e cioè del riserbo e dell'intimità dell'individuo), il cui superamento e` consentito agli organi pubblici, nella stretta osservanza delle garanzie previste dalla legge, in relazione ad imprescindibili esigenze di sicurezza e di attuazione dell'ordinamento giuridico positivo. In particolare, non sono ammissibili quelle visite personali che, pur nell'adozione di determinate cautele oggettive, si risolvono in un'ingerenza nell'intimità anche fisica del soggetto, come forme di perquisizione o d'ispezione tali da poter creare nel dipendente un senso di particolare disagio, se non anche di degradazione psicologica, con la conseguenza che il rifiuto del lavoratore di sottoporsi a visite personali che superino i limiti anzidetti non legittima l'applicazione di sanzioni disciplinari nei suoi confronti; secondo Cass. n. 12197/1999 è stato ritenuto rispettoso di tali canoni e non vessatorio il comportamento dell'addetto alla sorveglianza che invita il lavoratore a recarsi in una saletta attigua ovvero in un luogo riservato).

In difetto di accordo su istanza del datore di lavoro, provvede la Direzione territoriale del lavoro.

Contro detti provvedimenti, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali oppure i sindacati dei lavoratori possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.

Circa l'oggetto della perquisizione si possono rintracciare orientamenti non sempre univoci in giurisprudenza; indefinito appare, infatti, l'ambito di applicazione della norma. Infatti, secondo un primo orientamento (più restrittivo) l'art. 6 St. Lav. si riferisce solo ed unicamente alle ispezioni corporali, e non anche alle ispezioni sulle cose del lavoratore, atteso che la norma citata - da interpretarsi letteralmente - prevede solo la "visita personale" che nell'ordinamento processuale sia civile (artt. 118 e 258 c.p.c.) che penale (art. 309 c.p.p.) e` tenuta distinta dall'ispezione di cose e luoghi (v. Cass. n. 1461/1988, ove si è ritenuta la violazione dell'art. 6 St. lav. nel caso di un'ispezione eseguita dal datore di lavoro sulla borsa personale del lavoratore; Cass. n. 14197/2012). Vale a dire che in questi casi le perquisizioni sugli accessori possono essere effettuate senza subire i vincoli procedurali ed operativi di cui all'art. 6 l. n. 300/1970.

Secondo un diverso orientamento, invece, oggetto della perquisizione possono essere anche le visite sugli effetti personali o di immediata pertinenza della persona, quali l'abbigliamento e gli accessori, ossia le tasche dei vestiti, le borse, gli zaini e bagaglio in genere.

In ragione della progressiva estensione dell'area dei diritti della personalità, il concetto di visite personali, di cui all'articolo 6, si è via via dilatato e pare estendersi anche alle ispezioni che riguardino oggetti deputati a contenere beni di proprietà del lavoratore, quali borse, etc. zaini ed accessori similari. Quindi, sulla base di un'interpretazione estensiva, si ritiene che l'art. 6 St. Lav. trovi applicazione anche nel caso di controlli su quegli effetti personali, come ad esempio portafogli, borsette, borselli, che possano essere considerati come diretta pertinenza della persona (in tal senso sia la sentenza della Pret. pen. Pordenone del 8 febbraio 1997, sia la Pret. Milano con sentenze del 22 gennaio 1987 e 25 marzo 1988). Questa la posizione espressa dal Ministero del Lavoro con Parere 8 novembre 2016, n.20542.

Per quanto concerne, invece, l'eventuale consenso che deve essere prestato dal lavoratore alla perquisizione, sia nel caso in cui vi sia l'accordo o meno, va osservato che il consenso è necessario ma, ove l'ispezione sia legittima, il lavoratore che neghi il consenso può essere passibile di sanzione disciplinare. Vero è anche, tuttavia, che se il datore di lavoro effettuasse il controllo anche in assenza di consenso, rischierebbe di incorrere nel reato di violenza privata (art. 610 c.p.) violando altresì l'art. 13 della Costituzione.

Infine, l'art. 6 St. Lav. e' stato oggetto anche di vaglio costituzionale: con sentenza 25 giugno 1980, n. 99 i Giudici delle Leggi hanno ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'articolo 6, per violazione degli artt. 2,3,13 e 41.2 cost.: "presupposto necessario dell'organizzazione aziendale è la regolamentazione del complesso aziendale, il quale, come quello di qualsivoglia gruppo umano avente uno scopo economico comune, non può attuarsi senza i necessari controlli, i quali, per quanto attiene alle visite personali, devono svolgersi all'uscita dei luoghi di lavoro, con il rispetto della dignità e della riservatezza del lavoratore e con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori".

Per concludere, l'apparato sanzionatorio applicabile nel caso di violazione dell'art. 6 St. lav. prevede, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, l'ammenda da Euro 154 ad Euro 1549 o arresto da 15 giorni ad un anno. Quando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo. Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente e l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 c.p.

Rispondono del reato, oltre al datore di lavoro, anche gli autori materiali della condotta vietata (si noti che gli addetti alle perquisizioni ben possono rifiutarsi di procedere a perquisizioni palesemente illegittime).

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