La “diagnosi differenziale” tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione

Redazione Scientifica
18 Giugno 2018

La Sezione II della Cassazione penale con sentenza n. 23367/2018 è tornata sull'annosa questione del rapporto tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, individuando i criteri per effettuare la diagnosi differenziale tra le due fattispecie. Aderendo all'orientamento già espresso da Cass. pen. Sez. II, 46288/2016 ...

La Sezione II della Cassazione penale con sentenza n. 23367/2018 è tornata sull'annosa questione del rapporto tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, individuando i criteri per effettuare la diagnosi differenziale tra le due fattispecie.

Aderendo all'orientamento già espresso da Cass. pen. Sez. II, 46288/2016 (v. BRUSCO, Esercizio arbitrario delle proprie ragioni e estorsione. Il punto della Cassazione), la S.C. ha affermato che:

«L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni trova il suo centro nell'esistenza di un preteso diritto, che l'autore soddisfa attraverso l'”uso”, non costrittivo della violenza della minaccia, mentre l'estorsione ha il suo nucleo proprio nell'azione costrittiva, ovvero nell'annichilimento delle capacità volitive della vittima, la cui mediazione passiva è indispensabile per ottenere il risultato illecito».

Tra i due reati, spiegano i giudici di legittimità nelle motivazioni della sentenza, sussiste un nucleo comune costituito dalla consumazione mediante l'uso di violenza e minaccia, o comunque attraverso il compimento di azioni potenzialmente costrittive, e nel prevedere entrambe una forma aggravata qualora la condotta intimidatoria sia realizzata con armi ovvero con uno strumento dall'immediato potere coercitivo.

A tali elementi comuni se ne associano ulteriori differenti tra le due fattispecie.

Nel caso dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni caratterizzano la fattispecie: a) il presupposto ovvero la circostanza che l'autore è titolare di un diritto che gli consente di potere ricorrere al giudice; b) la condotta, ovvero l'”uso" della violenza o minaccia, quindi di una attività intimidatoria che viene descritta come elemento necessario di fattispecie, senza la indicazione degli effetti sulla vittima; c) l'evento costituito dal "farsi ragione da sé", attraverso il soddisfacimento della presunta pretesa legittima.

Il delitto di estorsione, invece, risulta caratterizzato dalla richiesta esplicita in ordine alla produzione di un effetto costrittivo sulla vittima cui segue la acquisizione di un profitto ingiusto con altrui danno. Nella descrizione della condotta estorsiva l'utilizzo del verbo costringere evidenzia la volontà del Legislatore di sanzionare ogni condotta che generi l'annichilimento delle capacità volitive della vittima, trasformandola in un esecutore non reattivo degli interessi illeciti dell'autore.

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