Controversie di lavoro: ipotesi di inammissibilità del ricorso introduttivo

19 Giugno 2018

La principale questione processuale affrontata nella sentenza in commento è quella della inammissibilità del ricorso introduttivo della società e della domanda riconvenzionale del resistente.
Massima

Nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente la mancata indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto ed i riferimenti ai documenti contenuti nella domanda introduttiva (nella specie, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato la nullità del ricorso introduttivo, concernente la determinazione di compensi nell'ambito di un rapporto di collaborazione tra un avvocato ed una banca, ritenendo adeguatamente specificati i singoli incarichi professionali ed i titoli delle pretese).

Il caso

La Corte d'appello di Napoli rigettava l'appello principale proposto dalla Banca ricorrente e l'appello incidentale del resistente confermando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l'inammissibilità sia del ricorso proposto da una banca, sia della domanda riconvenzionale del convenuto, avvocato. In particolare la controversia era relativa all'accertamento dei compensi spettanti ad A.R., avvocato, per l'attività professionale resa in favore della banca ricorrente; tuttavia, a parere della Corte d'appello, nei loro atti introduttivi del giudizio né la banca né il resistente avevano indicato specificamente le date di conferimento degli incarichi né le caratteristiche degli incarichi stessi, pur essendo allegati nel ricorso un prospetto in cui si indicavano le parti in causa, l'oggetto dei giudizi e le somme pattuite e quelle spettanti e pur avendo, nella memoria di costituzione di primo grado, il resistente indicato l'oggetto e le attività svolte, senza però indicarne la data né la tipologia.

Pertanto, a parere della Corte d'appello di Napoli, correttamente il giudice di primo grado aveva dichiarato l'inammissibilità delle rispettive domande, sul presupposto di non essere in grado, alla luce di ciò che risultava dagli atti difensivi, di determinare il thema decidendum delle pretese di parte.

La questione

La principale questione processuale affrontata nella sentenza in commento è quella della inammissibilità del ricorso introduttivo della società e della domanda riconvenzionale del resistente.

In particolare, sulla base del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda, la Suprema Corte precisa come la giurisprudenza dominante di legittimità affermi che per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non basta l'omessa indicazione in modo formale dell'oggetto della domanda e degli elementi di fatto e diritto su cui la domanda stessa si basa, ma è invece necessario che risulti omesso o del tutto incerto il petitum sotto il profilo sia sostanziale che processuale, ossia che non ne sia possibile la sua individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto di parte (da ultimo in questo senso Cass. civ., sez. lav., 14 marzo 2017, n. 6610).

Le soluzioni giuridiche

Nello stesso identico senso di cui in massima si può vedere il precedente conforme Cass. civ., sez. lav., 21 settembre 2004, n. 18930 secondo cui «Nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente la mancata indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto, eventualmente anche alla luce della documentazione allegata al ricorso e in questo indicata, pur se non notificata unitamente al ricorso stesso». Altresì, citati in motivazione, Cass. civ., sez. lav., 8 febbraio 2011, n. 3126; Cass. civ., 16 gennaio 2007, n. 820, tra le più recenti. Ad esempio, nella fattispecie di cui alla citata Cass. civ., n. 2011/3126 la Corte di cassazione ha escluso la nullità dell'atto introduttivo del giudizio nell'ipotesi in cui la domanda abbia per oggetto spettanze retributive, allorché l'attore abbia indicato il periodo di attività lavorativa, l'orario di lavoro, l'inquadramento ricevuto ed abbia altresì specificato la somma complessivamente pretesa e i titoli in base ai quali vengono richieste le spettanze, rimanendo irrilevante la mancata formulazione di conteggi analitici o la mancata notificazione, con il ricorso, del conteggio prodotto dal lavoratore. Diversamente la Suprema Corte ha confermato, rilevandone l'adeguatezza e la logicità della motivazione, la sentenza impugnata con la quale era stato respinto l'appello avverso la decisione di primo grado affermativa della nullità del ricorso introduttivo, il quale conteneva una domanda di pagamento di retribuzione fondata sul presupposto della sussistenza di un'intermediazione di manodopera, senza che, però, di essa fossero stati specificati gli elementi costitutivi e, in particolare, allegata la presenza di una subordinazione in senso tecnico coincidente con la cosiddetta condizione di una "doppia alienità" (così Cass. civ., n. 2007/820, cit.).

Tuttavia sempre secondo la giurisprudenza di legittimità nel rito del lavoro, come già precedentemente indicato per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente la mancata indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto, eventualmente anche alla luce della documentazione allegata al ricorso e in questo indicata, pur se non notificata unitamente al ricorso stesso (in questo senso ad es. Cass. civ., sez. lav., 21 settembre 2004, n. 18930). Ad esempio in un precedente la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato la nullità del ricorso introduttivo, concernente la corresponsione delle indennità per maternità obbligatoria e facoltativa, ritenendo non desumibili dall'atto introduttivo del giudizio gli estremi dettagliati dei fatti costitutivi e del petitum, senza tuttavia verificare se il ricorso non consentisse, in ragione della tipicità delle prestazioni richieste e della documentazione allegata, e in particolare dalle domande amministrative - le quali, condizionando la stessa proponibilità in giudizio delle pretese dell'assicurato, devono in ogni caso essere verificate dall'Istituto previdenziale in relazione alle domande contro di esso proposte - un'adeguata identificazione dell'oggetto del ricorso (così in Cass. civ.,, sez. lav., 9 agosto 2003, n. 12059); o ancora la Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, in un giudizio avente ad oggetto spettanze retributive, aveva ritenuto che il ricorso introduttivo non consentiva di individuare gli estremi della domanda sul rilievo che in esso non veniva indicato quale fosse in concreto il tipo di rapporto di dipendenza dedotto e non venivano precisate le relative modalità operative; la Suprema Corte ha precisato che il ricorso introduttivo, contenendo l'indicazione in cifra di vari crediti retributivi riferiti tutti a titoli tipici ed esclusivi di un rapporto di lavoro subordinato, era da considerare conforme all'art. 414 c.p.c., in quanto le suddette indicazioni dovevano considerarsi sufficienti a configurare il petitum e il thema decidendum, mentre le carenze rilevate dal giudice del merito riguardavano elementi che l'attore aveva l'onere di dedurre e provare per sostenere la fondatezza della propria domanda (in questo senso Cass. civ., sez. lav., 25 luglio 2001, n. 10154).

Peraltro, in ossequio ad un altro proprio precedente, secondo cui nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, non ricorre ove si deducano pretesi errori di prospettazione in diritto e la mancata allegazione di fatti limitativi della pretesa invocata, trattandosi di elementi idonei ad incidere solo sulla fondatezza di merito della domanda (Cass. civ., sez. lav., 22 gennaio 2009, n. 1629), la Suprema Corte nella sentenza in commento ha ritenuto che non potesse comportare una nullità dell'atto introduttivo tale da impedire l'esame nel merito della questione «la carenza di dettaglio temporale e cronologico di ciascun incarico in contesa». Semmai, a parere della Corte, questa insufficienza poteva incidere sulla fondatezza nel merito della pretesa ma non sulla nullità/invalidità dell'atto introduttivo del giudizio.

Osservazioni

Il principio di cui in massima è pacifico nella giurisprudenza del Supremo Collegio e, peraltro, condivisibile. In effetti per aversi nullità dell'atto introduttivo del giudizio nel rito del lavoro è necessario che risulti omesso o del tutto incerto il petitum sotto il profilo sia sostanziale che processuale, ossia che non ne sia possibile la sua individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto di parte, non, invece, semplicemente che si deducano l'omessa indicazione in modo formale dell'oggetto della domanda e degli elementi di fatto e diritto su cui la domanda stessa si basa. Perché si abbia la dichiarazione di nullità è infatti necessario che ne sia impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto, eventualmente anche alla luce della documentazione allegata al ricorso e in questo indicata, pur se non notificata unitamente al ricorso stesso. Nel caso di specie, pertanto, ricorreva proprio l'ipotesi di cui ai principi ora esposti e, semmai gli elementi carenti negli atti introduttivi di parte potevano comportare una dichiarazione di infondatezza nel merito della pretesa ma non di inammissibilità del ricorso per nullità dell'atto introduttivo; non erano, infatti, sufficienti ad invalidare la domanda in modo così netto da determinare il maturarsi di una preclusione in rito all'esame del merito.

E, in ogni caso, la Corte si richiama al proprio orientamento secondo cui nel rito del lavoro la mancata specificazione da parte dell'attore in sede di ricorso degli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda, non individuabili neanche attraverso un esame complessivo del ricorso e della documentazione allegata, ne determina la nullità, la quale si sana però ove il convenuto non l'abbia eccepita ed il giudice non l'abbia rilevata fissando un termine per la rinnovazione del ricorso o per la integrazione della domanda, anche se l'eventuale intervenuta sanatoria non determina una rimessione in termini del ricorrente rispetto alla decadenza (e non nullità) cui dà luogo la mancata indicazione da parte dello stesso in ricorso dei mezzi di prova (per tutti si veda Cass. civ., Sez. Un., 17 giugno 2004, n. 11353). Di conseguenza, se il primo giudice avesse ritenuto, pur senza che le parti avessero sollevato l'eccezione di nullità, che la descrizione temporale degli incarichi fosse indispensabile per la determinazione dell'oggetto della domanda, avrebbe operato il principio ora esposto con conseguente necessità di fissazione da parte dello stesso giudice di un termine perentorio per la rinnovazione del ricorso o per l'integrazione della domanda; in mancanza di tale fissazione e in difetto della tempestiva eccezione di parte, la eventuale nullità doveva comunque ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo in ossequio al disposto del secondo comma dell'art. 156 c.p.c..

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