Detenuto in regime di 41-bis e diniego della richiesta di partecipare alle attività ricreative

Leonardo Degl'Innocenti
20 Giugno 2018

La soluzione adottata dal magistrato di sorveglianza di Viterbo con l'ordinanza in commento diverge da quella seguita dalla giurisprudenza che a oggi appare prevalente. Secondo il giudice dal tenore letterale dell'art 41-bis, comma 2-quater, lett. f) si evince che l'Amministrazione penitenziaria ha l'obbligo di assicurare ...
Massima

Gli atti dell'Amministrazione penitenziaria diretti a disciplinare le modalità di esercizio del diritto alla permanenza all'aperto dei detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art 41-bis, comma 2 ord. pen. sono impugnabili col reclamo di cui agli artt. 69, comma 6, lett. b) e 35-bis ord. pen.

È legittima in quanto conforme all'art 41-bis, comma 2-quater lett. f) ord. pen. la disposizione con la quale l'Amministrazione penitenziaria vieta al condannato, sottoposto al regime detentivo speciale di cui al predetto art 41-bis, comma 2, di poter fruire, in aggiunta alle due ore di permanenza all'aperto, di una ulteriore ora da destinare allo svolgimento di attività ricreative e/o sportive.

Il caso

La direzione del carcere di Viterbo con disposizione n. 226 del 16 dicembre 2017 aveva stabilito che ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all'art. 41-bis ord. pen. (c.d. carcere duro) è consentita la permanenza all'aperto fino al limite di due ore giornaliere e aveva precisato che, nell'ambito di tale limite massimo (previsto in via generale dal comma 2-quater, lett. f) della citata norma), è consentito, in alternativa alla permanenza all'aperto, destinare un ora al giorno alla c.d. “socialità” o allo svolgimento di attività ricreative e/o sportive in locali all'uopo destinati (palestra, biblioteca, sala di pittura ...).

Tale determinazione era stata contestata dal detenuto che affermava di aver diritto a fruire in aggiunta alle due ore di permanenza all'aperto, di una ulteriore ora di socialità o comunque da dedicare allo svolgimento di attività ricreative e/o sportive.

Al fine di far valere tale diritto il detenuto aveva proposto reclamo ai sensi degli artt. 69, comma 6, lett. b) ord. pen. e 35-bis ord. pen., norme introdotte dal d.l. 23 dicembre 2013, n. 146 convertito con modificazioni nella l. 21 febbraio 2014, n. 10, che attribuiscono al detenuto il potere di invocare la tutela del magistrato di sorveglianza competente in ragione del locus detentionis in caso di inosservanza da parte dell'amministrazione penitenziaria di disposizioni previste dalla legge 354 del 1975 e dal relativo regolamento «dalla quale derivi al detenuto o all'internato un attuale e grave pregiudizio all'esercizio di diritti». Nel caso di specie infatti viene in rilievo l'asserita lesione da parte dell'Amministrazione penitenziaria di situazioni soggettive quali il diritto alla salute ed il diritto al trattamento rieducativo.

Il magistrato di sorveglianza di Viterbo con l'ordinanza in commento ha rigettato il reclamo ritenendo la determinazione assunta dalla direzione del carcere conforme alla disciplina dettata dall'art. 41-bis, comma 2-quater lett. f) e quindi del tutto legittima.

La questione

L'art 41-bis, comma 2 ord. pen. attribuisce al Ministro della Giustizia il potere di sospendere nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti indicati nell'art 4-bis, comma 1, ord. pen. in relazione ai quali vi siano elementi per far ritenere la sussistenza di collegamenti con una associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalle legge penitenziaria che possano porsi in contrasto con le esigenze di sicurezza.

In quest'ottica il comma 2-quater della norma prevede un dettagliato e articolato elenco di restrizioni e limitazioni che sono funzionali «a contenere la pericolosità dei singoli detenuti proiettata verso l'esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovano in libertà: collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso contatti col mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario ordinariamente favorisce quali strumenti di reinserimento sociale» (Corte cost.sent. 17 giugno 2013, n.142). Tali restrizioni riguardano i colloqui visivi e telefonici; la possibilità di ricevere pacchi e somme di denaro dall'esterno; la partecipazione alle rappresentanze dei detenuti, la corrispondenza e, infine, la durata e le modalità della permanenza all'aperto.

Con riguardo a quest'ultimo aspetto la lett. f) del citato comma 2-quater prescrive il divieto di permanenza all'aperto per periodi superiori a due ore al giorno e in gruppi di persone superiori a quattro.

Sul punto mette conto rammentare che l'art 10, comma 1, ord. pen. stabilisce che «ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto è consentito di permanere almeno per due ore al giorno all'aria aperta» limite che può essere ridotto a non meno di un ora al giorno per motivi eccezionali. L'art 16, comma 3 del d.P.R. 230 del 2000 (Regolamento penitenziario) puntualizza che tale riduzione della permanenza all'aperto deve essere limitata a tempi brevi e deve essere disposta con provvedimento motivato del direttore dell'istituto di pena; il provvedimento restrittivo deve inoltre essere comunicato al magistrato di sorveglianza che esercita la vigilanza sull'istituto di pena .

Come indicato dal citato art 16 la permanenza all'aperto costituisce uno «strumento di contenimento degli effetti negativi della privazione della libertà personale» e risulta funzionale ad assicurare il benessere psicofisico e la salute del detenuto. A sua volta l'art 14-quater, comma 4,ord. pen. nel determinare le modalità esecutive del regime di sorveglianza particolare prevede che «in ogni caso le restrizioni non possono riguardare [...] la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno salvo quanto disposto dall'art. 10»;

Quella che l'art. 10 indica con riguardo ai detenuti comuni come durata minima della permanenza all'aperto (almeno due ore) per i detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all'art 41-bis ord. pen. costituisce invece il limite massimo – come detto l'art. 41-bis comma 2-quater, lett. f) prescrive il divieto di permanenza all'aperto per periodi superiori a due ore al giorno e in gruppi di persone superiori a quattro.

L'art 11, comma 2, della circolare 3676/2016 emanata dal Dap il 2 ottobre 2017 stabilisce che le persone sottoposte al regime detentivo speciale possono permanere all'aperto per non più di due ore al giorno da trascorrere all'aria aperta o svolgendo, sempre nell'ambito del limite massimo di due ore, attività ricreative/sportive in appositi locali adibiti a biblioteca, palestra e sala hobby. In tal modo viene accolto quello che potrebbe essere definito come il criterio della fungibilità o interscambiabilità tra l'ora di permanenza all'aperto e l'ora da destinarsi alla socialità nel senso che il detenuto sottoposto al regime differenziato può scegliere se trascorrere entrambe le ore all'aperto ovvero se destinare una delle due ore allo svolgimento di altre attività, mentre viene escluso che egli possa fruire per lo svolgimento di attività ricreative, sportive o culturali di una ulteriore ora in aggiunta alle due ore di permanenza all'aperto.

L'indicazione contenuta nella circolare è stata puntualmente recepita dalle direzioni degli istituti di pena ove sono ristrette le persone sottoposte al regime differenziato le quali hanno contestato tale prassi interpretativa ed applicativa avvalendosi dello strumento di tutela previsto dagli artt. 69, comma 6, lett. b) e 35-bis ord. pen.

L'orientamento seguito dall'amministrazione penitenziaria è stato disatteso da parte della giurisprudenza di merito (cfr. le ordinanze emesse dal magistrato di sorveglianza di Spoleto e da quello di Sassari di cui infra) che si è pronunciata sui reclami proposti ai sensi delle due norme sopra richiamate ritenendo illegittima la circolare del Dap e i provvedimenti amministrativi adottati sulla base di tale circolare procedendo di conseguenza alla disapplicazione di tali atti ex art. 5 l. 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, e ordinando all'amministrazione penitenziaria di consentire al detenuto di trascorrere, in aggiunta alle due ore di permanenza all'aperto, una ulteriore ora per svolgere attività ricreative e/o sportive da svolgersi in appositi locali.

A sostegno di questa soluzione sono state dedotte le seguenti argomentazioni:

a) in primo luogo si è evidenziato che la formulazione letterale della norma si riferisce esclusivamente alla permanenza all'aria aperta e non anche alla generica permanenza al di fuori della cella;

b) in secondo luogo si è affermato che la tesi sostenuta dall'Amministrazione penitenziaria appare difficilmente conciliabile con la disciplina dettata dagli artt. 10 ord. pen. e 16, comma 3, d.P.R. 230 del 2000 nella misura in cui consente al detenuto di fruire di una sola ora di permanenza all'aperto (essendo l'altra destinata, per scelta del detenuto, alla socialità in locali all'uopo adibiti) in mancanza delle condizioni prescritte dalla norma (sussistenza di motivi eccezionali e limitazioni a brevi periodi): il detenuto che sceglie di fruire di una ora di socialità vede ridursi in via permanente il periodo di permanenza all'aperto da due ore ad un ora in difetto delle condizioni previste dalle norme sopra richiamate: si è così affermato che «le due ore d'aria sono dunque un tempo assolutamente minimo ed indispensabile salvo situazioni particolarmente serie e del tutto transitorie» nel senso che «la riduzione ad un ora del tempo all'aria aperta può essere infatti imposta soltanto in relazione alle già citate circostanze eccezionali e con i limiti indicati dall'art 16» del regolamento penitenziario (mag. sorv. Spoleto ord. 27 marzo 2018, inedita);

c) in terzo luogo si è fatto notare che il silenzio dell'art. 41-bis, comma 2,ord. pen. sulla c.d. socialità «significa chiaramente che la norma istitutiva del regime differenziato non ha dettato una disciplina speciale dell'istituto, con contestuale espansione della regolamentazione ordinaria. La disciplina amministrativa, pertanto, non potrebbe spingersi fino ad obliterare del tutto, la possibilità per i detenuti sottoposti a regime differenziato di fruire di momenti dedicati alle attività in comune»(Mag. sorv. Sassari ord. 6 marzo 2017, inedita);

d) in quarto luogo si è osservato che la permanenza all'aperto è funzionale alla tutela della salute del detenuto mentre il tempo destinato alla c.d. socialità è funzionale al trattamento rieducativo cosicché il quest'ultimo non deve essere “scomputato” dalle due ore di permanenza all'aperto, né può essere «completamente pretermesso perché funzionale alla rieducazione e ad attenuare gli effetti desocializzanti che sono insiti in un regime differenziato caratterizzato da giustificate ma gravose compressioni delle ordinarie regole del trattamento» (Mag. sorv. Spoleto, cit.);

e) infine si è sottolineato che la soluzione applicativa proposta dall'Amministrazione penitenziaria non appare funzionale al perseguimento delle finalità preventive (impedire flussi comunicativi tra il detenuto e l'associazione criminale di riferimento) alle quali tende il regime detentivo speciale.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione adottata dal magistrato di sorveglianza di Viterbo con l'ordinanza in commento diverge da quella seguita dalla giurisprudenza che a oggi appare prevalente (dovendosi per altro segnalare la recente ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza di Novara il 31 maggio 2018, inedita, che ha aderito alla soluzione interpretativa e applicativa dell'ordinanza de qua).

Come detto il magistrato di sorveglianza di Viterbo ha rigettato il reclamo ritenendo l'operato dell'amministrazione penitenziaria conforme a quanto stabilito dall'art 41-bis, comma 2-quater, lett.f) ord. pen.

Secondo il giudice dal tenore letterale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f) si evince che l'Amministrazione penitenziaria ha l'obbligo di assicurare al detenuto la permanenza all'aria aperta per un massimo di due ore e di assicurare che tale tempo sia trascorso con altri detenuti (fermo restando che il “gruppo” non deve superare le quattro persone) in modo che il condannato abbia la possibilità di “socializzare” con altri ristretti; il detenuto, così come può decidere di rinunciare a fruire delle due ore di permanenza all'aperto, può decidere di dedicare una delle due ore ad attività diverse (es. attività sportiva in palestra, attività culturali in biblioteca […]) ma ciò che la norma primaria «prevede è che (il detenuto) deve poter fruire delle due ore in gruppo secondo una modalità sociale».

Viceversa la norma risulterebbe violata nel caso in cui la direzione dell'istituto di pena imponesse al detenuto di trascorrere all'aria aperta una sola ora in carenza dei motivi eccezionali richiamati dall'art 10 ord. pen., ovvero nel caso in cui imponesse al detenuto di trascorrere le due ore di permanenza all'aperto da solo impedendogli di socializzare con altri detenuti.

Nella motivazione della pregevole ordinanza si evidenzia come tale soluzione sia conforme alla ratio del regime detentivo speciale; il ragionamento svolto dal magistrato di sorveglianza di Viterbo valorizza i seguenti elementi:

a) le limitazioni e le restrizioni che connotano il contenuto del regime detentivo speciale sono funzionali a evitare i flussi di informazioni da e verso l'esterno;

b) modificare la portata di tali limitazioni aumentando il numero di ore a disposizione per socializzare con altri detenuti o aumentando il numero di detenuti che il condannato può incontrare durante la permanenza all'aperto comporta l'aumento del rischio di contatti con le associazioni criminali di riferimento;

c) deve pertanto ritenersi che i limiti previsti dalla legge in ordine al numero delle ore di permanenza all'aperto e al numero delle persone che possono partecipare al singolo gruppo costituisca espressione di un bilanciamento di interessi contrapposti effettuato direttamente dal Legislatore nel senso che quest'ultimo ha ritenuto che i limiti de quibus rappresentino la soluzione idonea a contemperare «le opposte esigenze da un lato di socializzazione tra detenuti, stante l'importante valore trattamentale sotteso, e dall'altro di tutelare la sicurezza interna ed esterna attraverso la limitazione dei flussi informativi».

Osservazioni

Alla luce delle considerazioni che precedono appare pertanto evidente che, poiché il tempo da trascorrere all'aperto e per socializzare con altri detenuti è stabilito direttamente dalla legge, «se un detenuto avesse la possibilità di uscire più di due ore si incorrerebbe nella violazione diretta della legge che ha disciplinato non solo il tempo di permanenza all'aria aperta, ma anche il tempo che il detenuto può trascorrere con altri detenuti».

Opinando diversamente si potrebbero creare le premesse per attribuire al magistrato di sorveglianza la facoltà di modificare il contenuto, legislativamente predeterminato, del regime detentivo speciale rimettendo al prudente apprezzamento del giudice investito del reclamo il potere di stabilire se il condannato abbia il diritto di trascorrere fuori dalla cella una o più ore in aggiunta alle due ore di permanenza all'aperto previste in via generale dalla normativa vigente.

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