Diritto all'oblio e diritto di cronaca: quali sono i criteri per il bilanciamento?

29 Giugno 2018

In tema di diritto alla riservatezza, il diritto all'oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca solamente in presenza di alcuni specifici presupposti.
Massima

Il diritto all'oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca solo se la diffusione dell'immagine o della notizia contribuisce a un dibattito di interesse pubblico, vi è un interesse effettivo e attuale alla sua diffusione, il soggetto rappresentato ha un elevato grado di notorietà nella vita pubblica del Paese, la notizia è veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo e scevra da considerazioni personali ed è stata data preventiva informazione circa la sua pubblicazione o trasmissione per consentire all'interessato il diritto di replica prima della divulgazione.

Il caso

Un noto cantante italiano conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a., per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti per effetto della messa in onda di un servizio che riguardava una tentata e fallita intervista, registrata ben cinque anni prima, e già mandata in onda a quell'epoca dalla RAI, questa volta in relazione alla «classifica dei personaggi più antipatici e scorbutici del mondo dello spettacolo» con commenti sul fatto che l'artista «forse (...) non è più abituato alle luci della ribalta. Del resto ormai è molto tempo che non lo illuminano più».

Il Tribunale adito, con la decisione n. 529/2007, rigettava la domanda.

La Corte d'appello di Roma con sentenza n. 124/2014 del pari rigettava l'appello proposto avverso la decisione di prime cure ritenendo:

a) sussitente una deroga alla necessità del consenso, richiesto dall'art. 96 l. 22 aprile 1941, n. 633 per la pubblicazione della propria immagine, fondata, a norma del successivo art. 97 l. n. 633/1941, sulla notorietà del personaggio e sull'interesse pubblico dei fatti oggetto della pubblicazione, svoltisi altresì in un luogo pubblico;

b) inesistente il preteso diritto all'oblio;

c) lecita la trasmissione, sotto il profilo dell'essenzialità della notizia e della normativa in materia di privacy;

d) sussistente, quanto all'asserito carattere lesivo dei commenti alle immagini, l'esimente del diritto di satira;

e) nuova la domanda (come tale improponibile in appello, ai sensi dell'art. 345 c.p.c.) relativa all'utilizzo a fini commerciali dell'immagine del cantante.

Avverso detta pronuncia il ricorrente proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, ai quali la resistente RAI replicava con controricorso.

La questione

La pronuncia in commento affronta il tema del diritto all'oblio e del suo rapporto con il diritto di cronaca definendo i termini del loro bilanciamento.

Le soluzioni giuridiche

Il primo termine dell'analisi è proprio il diritto all'oblio, quel diritto definito come right to be forgotten che, nonostante la apparente semplicità della dizione, dipinge ed enuclea un vero e proprio diritto soggettivo, frutto di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale e delle Autorità garanti europee e rientrante fra gli attributi fondamentali della personalità.

Tale diritto ha assunto nel tempo diversi significati: la sua prima accezione è propria dei tempi della carta stampata quando si faceva riferimento al diritto di un soggetto a non vedere riproposte notizie relative a vicende già pubblicate che avevano subito dei cambiamenti durante il lasso di tempo trascorso dalla pubblicazione.

Esiste poi un'altra versione del diritto all'oblio, calata nel contesto della diffusione via internet e dei motori di ricerca: quella “eurounitaria”, altrimenti detta “diritto alla deindicizzazione”, a tenore della quale, trascorso un certo lasso di tempo dagli avvenimenti che l'hanno visto protagonista, un individuo, i cui dati personali figurano su una pagina web, anche se non c'è nulla da obiettare sulla pubblicazione nel sito, può rivolgersi ai gestori dei motori di ricerca o al soggetto che ha pubblicato la pagina web stessa per impedire che l'utenza possa servirsi di tali strumenti per trovare la notizia.

Comunque lo si declini, tale diritto si sostanzia dunque nella pretesa di un individuo a tornare padrone della propria storia personale e di recuperarne il controllo anche dopo che la stessa è stata oggetto di divulgazione, ritrovando quindi il diritto alla propria autodeterminazione. Diritto che assume il significato di diritto a cancellare, ad eliminare ciò che non appartiene più alla propria identità agendo quindi su quello che è stato il passato di un soggetto per tutelare il suo futuro, con ciò agevolmente ricollegandosi all'alveo del diritto all'identità personale tutelato dall'art. 3 Cost. e all'art. 2 d.lgs. n. 196/2003.

Ed infatti, proprio perché l'identità personale fotografa l'individuo nella sua unicità rappresentandone le caratteristiche, in una visione dinamica e come tale soggetta a mutamenti nel corso del tempo, così le vicende e gli accadimenti di un certo momento storico possono non essere più rispondenti all'identità attuale dell'individuo ed alla sua proiezione sociale.

Si pone altresì la necessità di bilanciare il diritto all'oblio, quale proiezione della personalità, con altri diritti che trovano espressione nella Carta costituzionale tra cui il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero di cui all'art. 21 Cost. la cui principale espressione è il diritto di cronaca, da intendersi come il diritto di portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti e vicende su temi politici, economici, scientifici di attualità.

La cronaca e l'informazione possono risultare lesive dell'identità, della riservatezza, come pure dell'onore e della reputazione di una persona ed il problema che si pone è appunto quello di trovare un bilanciamento tra i diritti dell'interessato ed il diritto di cronaca, come anche quello di critica e di satira. Uno dei problemi che si pone all'interprete è quello di stabilire se la pubblicazione di notizie e di vicende in origine lecita e come tale divenuta di pubblico dominio divenga illecita con il decorso del tempo ed il mutare del quadro di riferimento, ovvero se l'interessato possa invocare il diritto all'oblio con riguardo a notizie che non rientrano nell'ambito della tutela della riservatezza, una volta venuta meno la loro attualità.

Ai tradizionali criteri di verità, pertinenza e continenza, atti a garantire la liceità della divulgazione di una notizia altrimenti diffamatoria o comunque lesiva della personalità dell'interessato, va aggiunto, appunto, quello della “attualità della notizia”, nel senso che non è lecito divulgare nuovamente, dopo un consistente lasso di tempo, una notizia che in passato era stata legittimamente pubblicata, perché sussiste il giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata (salvo che, ove il fatto precedente per altri eventi sopravvenuti ritorni di attualità, rinasce un nuovo interesse pubblico alla informazione non strettamente legato alla stretta contemporaneità fra divulgazione e fatto pubblico che si deve contemperare con quel principio).

La decisione in commento si inscrive nell'alveo dell'interpretazione della latitudine del diritto all'oblio e del suo rapporto con il diritto di cronaca svolgendo un'ampia disamina delle fonti e delle decisioni di matrice nazionale ed europea e tracciando i confini di un rapporto e per certi versi di una osmosi, a sua volta espressione dei valori e della sensibilità giuridica di una società in un dato momento storico.

La pronuncia non manca di esaminare la matrice europea del diritto de quo partendo dalla sentenza della Corte di Giustizia UE 13 maggio 2014 nella causa Google Spain SL e Google c. Agencia Española de Protección de Datos e Costeja González in base alla quale, trascorso un certo lasso di tempo, la persona i cui dati figurano su una pagina web può rivolgersi ai gestori dei motori di ricerca per impedire che l'utenza possa servirsi di tali strumenti per trovare la notizia non più attuale. In altri termini esiste il diritto a che il proprio nome non sia associato da una ricerca in rete a un qualche risultato, evento, circostanza; diritto che si traduce, operativamente, in quello alla de-indicizzazione, de-listing, del risultato.

Alla luce di ciò, secondo la Corte UE l'interpretazione sistematica dei principi fondamentali della Carta di Nizza e degli artt. 12, lett. b), e 14, comma 1, lett. a), Direttiva 95/46 (che disciplinano il diritto di accesso e di rimozione dei dati da parte dell'interessato) può ammettere un solo limite, ravvisabile ove «risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l'ingerenza nei suoi diritti fondamentali e' giustificata dall'interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, in virtù dell'inclusione summenzionata, all'informazione di cui trattasi».

Viene altresì citata la sentenza della Corte EDU 19 ottobre 2017 Fuschsmann/Germania che enuclea i criteri in base ai quali una informazione non è più di apprezzabile interesse per la collettività negando nella specie la sussistenza del diritto all'oblio del Fuschsmann in ordine alla notizia di suoi legami con la criminalità essendo lo stesso personaggio pubblico ed essendo quindi la notizia di interesse apprezzabile per la collettività.

Ai medesimi principi si richiamano i precedenti della Suprema Corte afferenti al bilanciamento tra il diritto all'oblio ed il diritto di cronaca ove si afferma che in tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che le vicende personali del passato non siano pubblicamente rievocate, nel caso specifico si trattava di una militanza in bande terroristiche) può essere compresso a fronte del diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla diffusione della notizia, nel senso che quanto recentemente accaduto (nella specie, il ritrovamento di un arsenale di armi nella zona di residenza dell'ex terrorista) trovi diretto collegamento con la vicenda del passato rinnovandone l'attualità. A contrario, qualora tale collegamento con l'attualità non sussista la persistente diffusione dell'informazione si risolverebbe in un'illecita lesione del diritto alla riservatezza (Cass., sez. III, n. 16111/2013).

Tra i precedenti citati (vedi Cass. n. 5525/2012 e 19761/2017) viene in particolare menzionata Cass. n. 13161/2016 ove la Suprema Corte ha confermato la pronuncia del Tribunale di Chieti che aveva condannato al risarcimento del danno per violazione del diritto all'oblio sia il direttore che l'editore di una testata giornalistica telematica per la permanenza a tempo indeterminato di un articolo su una vicenda giudiziaria di natura penale che aveva coinvolto i ricorrenti per un fatto avvenuto tempo addietro e che non si era ancora conclusa. L'illecito trattamento di dati personali è stato specificamente ravvisato non già nel contenuto e nelle originarie modalità di pubblicazione e diffusione on line dell'articolo di cronaca e nemmeno nella conservazione e archiviazione informatica di esso, ma nel mantenimento del diretto ed agevole accesso ad un risalente servizio giornalistico e della sua diffusione sul Web.

Tornando alla pronuncia in commento, la Suprema Corte, alla luce dei principi tracciati dal diritto europeo e richiamandosi ai propri precedenti, enuclea per la prima volta un “decalogo” per operare il bilanciamento tra diritto all'oblio e diritto di cronaca, affermando che il diritto all'oblio può subire delle compressioni solo in presenza dei seguenti parametri:

1) contributo arrecato dalla notizia a un dibattito di interesse pubblico;

2) ragioni di giustizia, di polizia, scopi scientifici, didattici e culturali;

3) certezza del diritto dei terzi garantita dalla pubblicità legale ai fini della lealtà delle transazioni commerciali e, quindi, del buon funzionamento del mercato interno;

4) stato di figura pubblica;

5) notizia veritiera, di attualità e continente;

6) concessione del diritto di replica prima della diffusione della notizia.

Alla luce di tali criteri la Suprema Corte ha quindi ritenuto, in ciò ribaltando il giudizio di entrambi i giudici di merito, che nel caso di specie la trasmissione della Rai, recante «la classifica dei personaggi più scorbutici dello spettacolo», non rivestisse i caratteri della notizia di interesse pubblico né tantomeno avesse il carattere dell'attualità riportando peraltro un evento verificatosi ben cinque anni prima. Inoltre, dal punto di vista soggettivo, ha reputato che, pur essendo il protagonista della vicenda un noto cantante, lo stesso non potesse definirsi un personaggio pubblico.

Sulla scorta di tali rilievi, la Suprema Corte ha quindi concluso per l'insussistenza dei presupposti per una compressione del diritto all'oblio del cantante, peraltro attuato nella specie da una trasmissione televisiva unicamente per finalità commerciali.

Osservazioni

Così delineato il quadro del rapporto tra diritto all'oblio e diritto di cronaca, si possono porre alcuni quesiti: come si stabilisce che un determinato dato sia di effettivo interesse pubblico? Quando un soggetto può dirsi personaggio pubblico? Ovvero si tratta semplicemente di soggetti appartenenti al mondo della politica e delle istituzioni o anche di personaggi dello spettacolo? Tali interrogativi in realtà evidenziano il rapporto di questo diritto non solo con diritti e libertà individuali (comunque di eguale importanza e di necessaria tutela), ma anche con diritti collettivi e diffusi che appartengono alla collettività ovvero il diritto dell'opinione pubblica a essere informata. È importante quindi che venga bilanciato il diritto del singolo ad essere dimenticato con la necessità di garantire che le informazioni che sono o sono state di cronaca e che hanno o hanno avuto rilievo civile o sociale, non siano oggetto di opere di censura improprie.

Il tema si arricchisce poi di ulteriori sfaccettature, che toccano anche discipline diverse come la sociologia e la psicologia, se si indaga sulle conseguenze del riconoscimento di questa garanzia nel mondo di internet, il quale ha modificato non solo i processi di comunicazione, ma lo stesso modo di vivere la realtà e di confrontarci con gli altri.

Da ultimo non può non farsi cenno al nuovo Regolamento comunitario sulla protezione dei dati (Reg. (UE) n. 679/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 4 maggio 2016 n. 119 ed operativo negli Stati UE dal 25 maggio 2018, che prevede tra le maggiori novità l'espressa regolamentazione (art. 17) del diritto alla cancellazione ovvero del diritto all'oblio disciplinandone portata e limiti.

Guida all'approfondimento

S. Bonavita, R. Pardolesi, La Corte Edu contro il diritto all'oblio?, in Danno e resp. 2018, fasc. 2;

G.M. Riccio, Il difficile equilibrio tra diritto all'oblio e diritto di cronaca,in Nuova giur. civ. comm., 2017, fasc. 4.

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