Autoriciclaggio. La Cassazione limita le condotte non punibili

Redazione Scientifica
17 Luglio 2018

La Corte di cassazione, Sez. II, sentenza n. 30399, depositata il 5 luglio 2018, ha affermato il seguente principio di diritto: «La clausola di non punibilità prevista nell'art. 648-ter.1 c.p., comma 4, a norma della quale "fuori dai casi di cui ai commi precedenti …", va intesa e interpretata nel senso fatto palese dal significato proprio delle suddette parole ...

La Corte di cassazione, Sez. II, sentenza n. 30399, depositata il 5 luglio 2018, ha affermato il seguente principio di diritto:

«La clausola di non punibilità prevista nell'art. 648-ter.1 c.p., comma 4, a norma della quale fuori dai casi di cui ai commi precedenti …, va intesa e interpretata nel senso fatto palese dal significato proprio delle suddette parole e cioè che la fattispecie ivi prevista non si applica alle condotte di cui ai commi precedenti. Di conseguenza, l'agente può andare esente da responsabilità penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni proventi del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta a ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa».

Il Collegio si è così discostato dall'orientamento giurisprudenziale secondo cui la clausola fuori dai casi di cui ai precedenti commi costituirebbe una causa di non punibilità da applicare tutte le volte in cui la condotta “autoriciclatoria”, di per sé punibile, sia stata finalizzata alla utilizzazione o godimento personale del denaro, dei beni o delle altre attività provento del delitto presupposto. La clausola deve, dunque, leggersi secondo il senso fatto palese dal significato proprio delle suddette parole: fuori dai casisignifica la fattispecie prevista è diversa e autonoma rispetto a quelle previste nei commi precedenti.

Tale soluzione, secondo la Suprema Corte, risulterebbe altresì coerente con la ratio legis.

«Con l'introduzione del reato di autoriciclaggio il legislatore ha avuto come obiettivo quello di sterilizzare il profitto conseguito con il reato presupposto e, quindi, di impedire all'agente sia di reinvestirlo nell'economia legale sia di inquinare il libero mercato, ledendo l'ordine economico con l'utilizzo di risorse economiche provenienti da reati: fu proprio questa, infatti, la ragione principale per cui venne messo in discussione e superato il c.d. privilegio dell'autoriciclatore. L'ubi consistam del reato di autoriciclaggio (e di riciclaggio) consiste, quindi, nel divieto di condotte decettive finalizzate a rendere non tracciabili i proventi del delitto presupposto, proprio perché, solo ove i medesimi siano tracciabili si può impedire che l'economia sana venga infettata da proventi illeciti che ne distorcano le corrette dinamiche.

Sarebbe, quindi, paradossale consentire all'agente del reato presupposto di effettuare una tipica condotta di autoriciclaggio (rendere non tracciabile i proventi del reato) e, al contempo, consentirgli di usufruire della clausola di non punibilità.

La non punibilità trova, infatti, una sua logica e coerente spiegazione nel divieto del ne bis in idem sostanziale (punizione di due volte per lo stesso fatto) ma solo e solamente a condizione che l'agente si limiti al mero utilizzo o godimento dei beni provento del delitto presupposto senza che ponga in essere alcuna attività decettiva al fine di ostacolarne l'identificazione quand'anche la suddetta condotta fosse finalizzata ad utilizzare o meglio godere dei suddetti beni».

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