Gli effetti dell'accordo transattivo avente ad oggetto il compenso all'avvocato distrattario

Vito Amendolagine
19 Luglio 2018

L'accordo transattivo stipulato tra l'avvocato della parte e la controparte, avente ad oggetto il pagamento del compenso spettante al medesimo difensore ex art. 93 c.p.c., può ritenersi implicitamente esteso anche alla disposizione della lite, al fine di integrare un atto stragiudiziale dimostrativo della volontà di rinunciare a proseguire il giudizio pendente in grado di appello?
Massima

L'atto di transazione stipulato tra il difensore distrattario delle spese di lite e la parte soccombente in primo grado, non comporta l'implicito riconoscimento del diritto accertato in sentenza, rimanendo estraneo a tale accordo il rapporto concernente il diritto sostanziale oggetto della controversia tra le contrapposte parti processuali.

Il caso

La parte vittoriosa nel giudizio di primo grado impugna con ricorso per cassazione la sentenza resa dalla corte d'appello con la quale, il giudice del gravame aveva rilevato che l'atto di transazione stipulato dalla parte soccombente con il legale della parte vittoriosa aveva ad oggetto unicamente le somme liquidate a titolo di compenso in favore del medesimo avvocato in qualità di distrattario ex art. 93 c.p.c., sicché doveva escludersi qualsiasi riflesso di detto accordo in ordine alla contestazione giudiziale della parte soccombente relativa al distinto diritto riguardante petitum e causa petendi della controversia insorta tra le stesse parti litiganti.

La questione

L'accordo transattivo stipulato tra l'avvocato della parte e la controparte, avente ad oggetto il pagamento del compenso spettante al medesimo difensore ex art. 93 c.p.c., può ritenersi implicitamente esteso anche alla disposizione della lite, al fine di integrare un atto stragiudiziale dimostrativo della volontà di rinunciare a proseguire il giudizio pendente in grado di appello?

Le soluzioni giuridiche

La Corte rigetta il ricorso, rilevando che correttamente il giudice di appello aveva ritenuto di escludere che l'accordo transattivo sul compenso spettante al difensore distrattario denotasse l'acquiescenza della parte soccombente alla sentenza emessa dal giudice di prime cure.

Infatti, i giudici di legittimità osservano come il difensore aveva partecipato alla stipula dell'atto unicamente come procuratore antistatario, senza spendere il nome della parte processuale assistita, non essendo neppure stato allegato che il medesimo difensore fosse munito anche di una procura ad negotia idonea a vincolarla stragiudizialmente.

Infatti sussiste la legittimazione del difensore distrattario ad agire autonomamente in executivis nei confronti della parte soccombente, in base al titolo esecutivo costituito dalla sentenza di primo grado, al fine di conseguire coattivamente il proprio credito, potendo ciò giustificare la volontà della stessa parte soccombente di non soggiacere all'esecuzione forzata, sostenendo ulteriori spese, ed in tale ottica, preferendo concordare transattivamente il pagamento di un complessivo importo del compenso in misura inferiore al dovuto.

La conclusione a cui perviene la Cassazione è che la stipula dell'accordo transattivo sulle spese di lite distratte a favore del legale non implicava in alcun modo anche la necessaria partecipazione della propria cliente, essendo pacifico che il difensore, se è vero che non può assumere la qualità di parte del processo ed impugnare il capo sulle spese, sia per quanto riguarda la condanna, sia per quanto attiene alla liquidazione, è altrettanto vero che è comunque titolare di un'autonoma pretesa a conseguire direttamente il pagamento della prestazione dalla parte processuale soccombente, essendo quest'ultima tenuta al pagamento, e, per l'effetto, in tale modo, verificandosi l'estinzione del credito vantato dal medesimo difensore al rimborso delle anticipazioni ed al compenso professionale esigibile nei confronti del proprio cliente, secondo una tecnica del tutto simile alla delegazione di pagamento.

Ciò in quanto, la parte che è stata assistita è, da un lato, debitrice del proprio difensore ai sensi dell'art. 1720 c.c. (norma che nel disciplinare il pagamento delle spese e compenso del mandatario dispone che il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta), e, dall'altro, è portatrice del credito alla rifusione delle spese di lite nei confronti della parte soccombente condannata al relativo pagamento, ragione per cui l'assenso espresso o tacito della parte assistita alla dichiarazione di distrazione resa in giudizio dal proprio difensore, perfeziona una fattispecie delegatoria per cui la parte soccombente è tenuta ad adempiere la propria obbligazione direttamente nei confronti del difensore-distrattario, estinguendo il debito per le spese di lite nei confronti della parte processualmente vittoriosa.

Pertanto, con la stipula dell'atto di transazione avente ad oggetto il pagamento delle spese di distrazione il difensore-distrattario compie un atto dispositivo del proprio credito che riverbera esclusivamente nella sua sfera giuridica patrimoniale, rinunciando parzialmente ad un diritto del quale egli è già esclusivo titolare laddove non intervenga la contestazione della dichiarazione di distrazione, rimanendo invece del tutto estraneo a tale accordo il rapporto concernente il diritto sostanziale oggetto della controversia tra le parti processuali.

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 93 c.p.c. il difensore della parte patrocinata in giudizio può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate. Ciò posto, la stessa norma precisa che finché il medesimo difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte assistita può chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di avere soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese.

In virtù del provvedimento di distrazione delle spese processuali in favore del difensore con procura della parte vittoriosa, si instaura, fra costui e la parte soccombente, un rapporto autonomo rispetto a quello fra i contendenti che, nei limiti della somma liquidata dal giudice, si affianca a quello di prestazione d'opera professionale fra il cliente vittorioso ed il suo difensore (Cass. civ., 21 marzo 2014, n. 6763).

La stessa giurisprudenza ha chiarito che rimane integra la facoltà di quest'ultimo non solo di rivolgersi al cliente anche per la parte del credito professionale che ecceda la somma liquidata dal giudice che gli sia stata corrisposta dalla parte soccombente, ma anche di richiedere al proprio cliente l'intera somma dovutagli, per competenze professionali e spese, nonostante la distrazione disposta (Cass. civ., 12 novembre 2008, n. 27041; Si è quindi affermato il principio che la parte sostanziale vittoriosa è legittimata ad impugnare il capo della sentenza di primo grado che, pur distraendo le spese processuali in favore del difensore, le ha liquidate in misura insufficiente, in quanto – essendo comunque tenuta a corrispondere al proprio difensore la differenza fra quanto liquidato dal giudice e quanto dovutogli in base agli accordi od al tariffario professionale – ha interesse a che la liquidazione giudiziale sia quanto più possibile esaustiva delle legittime pretese del professionista, in tale senso, cfr. Cass. civ., 30 maggio 2017, n. 13516).

In tale ultima evenienza, tuttavia, la parte, anche se ha provveduto al pagamento per intero delle competenze dovute al proprio difensore, per quanto distrattario, non può agire esecutivamente nei confronti della controparte per essere soddisfatta delle somme oggetto di distrazione se non dopo aver richiesto la revoca della distrazione, ai sensi dell'art. 93 c.p.c., provando di avere soddisfatto il credito del difensore prima della distrazione o anche successivamente.

Pertanto, finché non sia intervenuta tale revoca, il difensore distrattario è l'unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorari (Cass. civ., 12 novembre 2008, n. 27041, cit.).

L'adeguamento alle statuizioni di una sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non si configura come comportamento idoneo ad escludere l'ammissibilità dell'impugnazione (Cass. civ., 28 agosto 2007, n. 18187; Cass. civ., 16 giugno 2000, n. 8223).

Nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità, la parte soccombente si era meramente adeguata alla statuizione della sentenza esecutiva di primo grado, in base ad una valutazione dell'interesse pubblico a non fare gravare il bilancio della Asl di oneri per ulteriori spese giudiziali occorrenti laddove il difensore avesse scelto di agire in executivis, sulla cui scorta appare quindi inconsistente ogni ipotesi di acquiescenza che resta correlata indefettibilmente all'emergere di un'univoca volontà abdicativa, nella specie, del tutto inesistente.

La motivazione espressa nella sentenza in commento, ricorda come sia pacifica nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione per cui affinché possa dirsi integrata la fattispecie dell'acquiescenza tacita ad una sentenza di primo grado, successivamente impugnata dalla parte soccombente, è necessario che emerga, dal comportamento del presunto rinunziante, l'inequivoca volontà di accettare, definitivamente ed incondizionatamente, la decisione giudiziale, atteso che il semplice pagamento, anche se effettuato senza riserve, delle spese di lite o l'adempimento del dictum della sentenza provvisoriamente esecutiva, non può comportare alcuna acquiescenza ad impugnarla, neppure quando il pagamento sia antecedente alla minaccia di esecuzione forzata od all'intimazione dell'atto di precetto, dovendosi presumere da tale comportamento unicamente la finalità di evitare l'esecuzione forzata ed altri più gravi pregiudizi in danno della stessa parte soccombente (Cass. civ., 25 giugno 2014, n. 14368).

In buona sostanza, il pagamento di un debito risultante da una sentenza o da qualsiasi altro provvedimento dotato di efficacia esecutiva si configura, in linea di massima, come atto di dovuta esecuzione della sentenza o del provvedimento giudiziario immediatamente esecutivo (trattandosi di un fatto equivoco che può essere determinato dal fine di evitare il danno derivante dall'esperimento degli atti esecutivi, anche se non sia stata minacciata l'esecuzione od intimato il precetto, cfr. Cass. civ., Sez. Un., 1 dicembre 2000, n. 1242), con la conseguenza che, nella carenza di una rigorosa prova positiva del contrario, nella fattispecie non allegata, non può essere inteso come una sorta di comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi del mezzo di impugnazione, ossia come acquiescenza preclusiva della stessa proponibilità del gravame (Cass. civ., 11 giugno 2009, n. 13630; Cass. civ., 7 marzo 1995, n. 2618), non rilevando, al riguardo, neppure la circostanza che il pagamento si appalesi effettuato prima della notificazione della decisione che lo impone, essendo da presumere che una tale solutio si correli all'intento di evitare i costi anche degli atti prodromici all'esecuzione forzata legittimamente esperibile dal creditore (Cass. civ., Sez. Un., 21 novembre 1997, n. 1616), nella fattispecie, identificabile con la persona dell'avvocato in qualità di distrattario delle spese di lite.

Nella sentenza in commento si precisa la diversa questione, che tuttavia non rileva nella fattispecie decisa, relativa alla sorte dell'accordo transattivo, il cui oggetto rimane sub judice in quanto dipendente da un capo della sentenza di primo grado, immediatamente esecutiva, che potrebbe in sede di impugnazione essere riformato, con la conseguente insorgenza degli obblighi restitutori.

Ebbene, a dimostrazione dell'autonomia del credito esigibile direttamente dall'avvocato difensore della parte vittoriosa che abbia ottenuto nella pronuncia giudiziale la distrazione delle spese di lite, su tale quaestio sovviene l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, nell'aver affermato il principio che in tema di distrazione delle spese, ai sensi dell'art. 93 c.p.c., allorché sia riformata la sentenza, costituente titolo esecutivo, di condanna alle spese in favore del difensore della parte vittoriosa dichiaratosi antistatario, ad essere tenuto alla restituzione delle somme pagate a detto titolo è il medesimo difensore distrattario, come titolare di un rapporto instauratosi con la parte già soccombente (Cass. civ., 27 gennaio 2016, n. 1526).

Infatti come chiarito da Cass. civ., 4 aprile 2013, n. 8215, in caso di riforma, in appello, della sentenza di condanna di una parte al pagamento delle spese in favore del difensore dell'altra parte che ne aveva chiesto la distrazione, la condanna alla restituzione deve essere emessa nei confronti del difensore e non della parte (Cass. civ., 11 maggio 2007, n. 10827).

In tale ottica, va comunque precisato che il difensore distrattario delle spese assume la qualità di parte, sia attivamente sia passivamente, in sede di gravame solo quando l'impugnazione riguarda la pronuncia di distrazione in sè considerata (Cass. civ., 30 maggio 2017, n. 13516, cit.), con esclusione delle contestazioni relative all'ammontare delle spese liquidate, giacché l'eventuale erroneità della liquidazione non pregiudica i diritti del difensore, che potrà rivalersi nei confronti del proprio assistito, bensì quelli della parte vittoriosa, che sarà tenuta al pagamento della differenza al proprio difensore (Cass. civ., 30 maggio 2017, n. 13516, cit.).

Invero, sul punto, è stato affermato che l'azione di ripetizione di quanto pagato in virtù della sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, non si inquadra nell'istituto della condictio indebiti ex art. 2033 c.c., ricollegandosi ad un'esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza, non prestandosi il comportamento dell'accipiens a valutazioni di buona o mala fede in quanto non possono venire in rilievo gli stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti (Cass. civ., 20 ottobre 2011, n. 21699).

Pertanto, l'azione in parola, mirando alla mera riduzione in pristino della situazione patrimoniale anteriore al pagamento, vede come legittimati soltanto il solvens e l'accipiens, prescindendo dall'esistenza del rapporto sostanziale, e non potendo il relativo rapporto processuale che intrattenersi tra il soggetto che ha ricevuto il pagamento non dovuto, per effetto della sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ed il soggetto che ha provveduto al pagamento ed ha quindi diritto ad essere indennizzato dell'intera diminuzione patrimoniale subita, vale a dire alla restituzione della somma con gli interessi dovuti a partire dal giorno dell'effettivo pagamento.

In tale ottica, si è quindi affermato che l'entità della restituzione deve includere anche gli accessori, come gli interessi e le spese, atteso che la riforma o la cassazione della sentenza provvisoriamente eseguita ha un effetto di restitutio in integrum e di ripristino della situazione precedente (Cass. civ., 30 aprile 2009, n. 10124).

La riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado determina dunque la caducazione ex lege della statuizione sulle spese e il correlativo dovere, per il giudice d'appello, di provvedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle stesse (Cass. civ., 18 luglio 2005, n. 15112).

Ciò comporta che la pronuncia sulle spese, in ossequio al principio della globalità del giudizio sulle stesse, deve avvenire con riferimento all'intero processo ed all'esito finale della lite, indipendentemente dalla sorte delle fasi incidentali eventualmente apertesi nel suo corso (Cass. civ., 19 gennaio 2005, n. 1082).

Ciò, salvo come precisato nella sentenza in commento, che all'atto di transazione non si riconduca un effetto abdicativo della ripetizione del quantum corrisposto al legale, magari con un'apposita clausola negoziale ad hoc, nel caso in cui la parte processuale soccombente in primo grado dovesse risultare successivamente vittoriosa nel merito in secondo grado.

Guida all'approfondimento
  • Carrato, Il credito del difensore distrattario, in Corr. giur., 2010, 1165 e ss.;
  • Giordano, Distrazione delle spese e qualità di parte processuale dei difensore nel giudizio di impugnazione, in Giust. civ., 2013, 719 e ss.;
  • Giorgetti, In tema di legittimazione ad impugnare del difensore distrattario, in Riv. dir. proc., 1994, 316 e ss.;
  • Spiazzi, Cassazione con rinvio della sentenza, obbligo conseguente del difensore distrattario di restituire le somme versate dalla parte soccombente, e diritto di tale parte di chiedergli la restituzione nel giudizio di rinvio, in Giur. It., 1987, 1107 e ss.

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