Barriere fonoassorbenti autostradali: il condomino ha diritto al risarcimento del danno emergente per il deprezzamento del valore dell’immobile

Maurizio Tarantino
25 Luglio 2018

Chiamato ad accertare il danno determinato dalla società autostradale nell'esecuzione di lavori di ammodernamento (pannelli fonoassorbenti) ed adeguamento del tratto autostradale confinante con il medesimo condominio, il Tribunale di Napoli ha evidenziato che...
Massima

In tema di danno cagionato dall'esecuzione dell'opera pubblica nei confronti della proprietà privata, per essere indennizzabile a norma dell'art. 46 della l. 25 giugno 1865, n. 2359 (oggi art. 44 d.p.r. n. 380/2001), deve consistere nella compromissione di una condizione di fatto essenziale per l'utilizzazione e il godimento dello stesso, così risolvendosi, sul piano economico, in un'effettiva diminuzione del valore venale del bene. Ne consegue che anche il deprezzamento di valore può essere considerato nella valutazione dell'indennità, purché si tratti di un pregiudizio conseguente ad una diminuzione di un reddito in precedenza direttamente ricavato dal bene stesso. In tale situazione, nella quantificazione del diritto all'indennità, deve tenersi conto soltanto dell'effettiva diminuzione del valore del fondo (danno emergente), e non anche dei danni derivanti dal mancato reddito (lucro cessante).

Il caso

Innanzi al Tribunale di Napoli, il condomino Tizio aveva citato in giudizio la Società beta (società autostradale) eccependo che il lato nord del fabbricato (scala B) del condominio era parallelo e prospiciente la sede autostradale A3 (Napoli-Pompei-Salerno) e che la società convenuta, in esecuzione di lavori di ammodernamento ed adeguamento del tratto autostradale confinante con il medesimo condominio, aveva realizzato una terza corsia, erigendo, al margine esterno della carreggiata, barriere fonoassorbenti di circa 4,5 mt. di altezza completamente offuscanti. In pratica, secondo l'attore, la costruzione del nuovo muro di contenimento, da parte della società convenuta, aveva determinato una riduzione della distanza tra la sede autostradale e l'unità immobiliare. Difatti l'installazione delle barriere fonoassorbenti, unitamente alla riduzione della distanza tra il condominio e la sede autostradale, aveva determinato la perdita di luce e di veduta ed un peggioramento delle condizioni di vivibilità dell'unità immobiliare a causa dell'incremento delle immissioni sonore e delle esalazioni dei gas di scarico delle autovetture, nonché un deprezzamento del valore commerciale dell'unità immobiliare.

Per le suesposte ragioni, l'attore aveva chiesto al giudice adito la condanna della società convenuta alla eliminazione delle immissioni, nonché la condanna al pagamento dell'indennizzo in conseguenza dei pregiudizi lamentati e per il deprezzamento del valore commerciale dell'unità immobiliare, quantificati nella somma complessiva di circa 130 mila euro. Costituendosi in giudizio, la società Beta eccepiva il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e l'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo adducendo che l'oggetto della domanda verteva sulle modalità, i criteri e la tipologia di infrastrutture scelte a servizio dell'autostrada (barriere fonoassorbenti e muro di contenimento). Inoltre, la convenuta, evidenziava la propria carenza di legittimazione passiva atteso che la proprietà del bene era dell'A.N.A.S. Per tali ragioni chiedeva l'integrazione del contradditorio nei confronti di quest'ultima.

La questione

La questione in esame è la seguente: in merito alla riduzione della distanza tra la sede autostradale e l'unità immobiliare, è applicabile l'indennizzo al condomino a causa della diminuzione permanente di luce nella propria unità immobiliare?

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente, in merito alle eccezioni sollevate dalla parte convenuta, il giudice adito ha evidenziato che la domanda formulata da parte attrice era diretta a conseguire la determinazione e la corresponsione della indennità ex art. 46 l. n. 2359/1865, oggi art. 44 del d.p.r. n. 380/2001. Dunque una controversia di natura civile meramente patrimoniale, in relazione alla quale risultavano estranee al thema decidendum le modalità mediante le quali il potere era stato esercitato. Quanto alla carenza di legittimazione passiva, il tribunale ha rilevato che, per effetto della concessione amministrativa, la società convenuta aveva acquistato poteri e facoltà trasferitegli dalla amministrazione concedente, pertanto era divenuta l'unica titolare di tutte le obbligazioni che ad essa si ricollegavano. Quindi la convenuta beta è stata riconosciuta dal giudice adito quale unica legittimata passiva ai fini dell'accertamento e della condanna all'indennizzo previsto dalla citata normativa. Infine quanto all'integrazione del contradditorio, a parere del giudice non sussisteva una ipotesi di litisconsorzio necessario tra la società convenuta e l'A.N.A.S.; inoltre la società beta nel costituirsi in giudizio tardivamente era incorsa nelle decadenze di cui all'art. 167, comma 3, c.p.c.

Premesso quanto innanzi esposto, dopo le questioni preliminari, il Tribunale si è soffermato sul merito della vicenda. A tal proposito si evidenzia che, nel corso del giudizio, la domanda proposta dall'attore era stata ridimensionata per effetto della rinuncia a seguito della compravendita dell'unità immobiliare in corso di causa; sicché la domanda era stata circoscritta alla sola indennità. Detto ciò, a seguito dell'istruttoria di causa, il giudicante ha osservato che la particolare condizione prevista dall'art. 44 d.p.r. 380/2001 costituisce ipotesi di responsabilità e che al fine dell'operatività della citata norma devono ricorrere congiuntamente tre condizioni:

a) un'attività lecita della pubblica amministrazione;

b) la produzione di un danno permanente che si concreta in «una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà»;

c) il nesso causale tra l'esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità e il danno permanente che ne è conseguito.

Secondo il Tribunale di Napoli, dalla espletata C.T.U., erano emerse tutte le condizioni richieste dall'art. 44 del d.p.r. n. 380/2001 ai fini dell'accoglimento della domanda formulata da parte attrice. Difatti, la C.T.U. ha consentito di accertare che, a seguito dell'ampliamento della rete autostradale realizzato ad opera della convenuta Società Beta, si era verificato una riduzione permanente di immissione di luce ed aria nell'appartamento coinvolto nel presente giudizio con conseguente deprezzamento del valore immobiliare del bene. Tuttavia, come accuratamente osservato dal C.T.U., il deprezzamento determinato dall'esecuzione dell'opera pubblica era contenuto, in considerazione del fatto che l'immobile presentava, già prima della realizzazione delle barriere fonoassorbenti, caratteristiche negative in termini di prospicienza, luminosità, salubrità ed inquinamento. Difatti l'unità immobiliare era sita ad un piano basso, più nello specifico, ad una quota complanare alla quota della sede stradale. Invero, nel corso del giudizio, è stato acclarato che il fabbricato in cui è ubicato l'immobile nel fronte prospiciente il tratto autostradale distava da quest'ultimo circa 6,50 mt. e, quindi, si trovava all'interno della fascia di rispetto autostradale per cui già a monte presentava caratteristiche negative. Su tale argomento la giurisprudenza è alquanto chiara quando evidenzia che il danno in parola deve essere certamente determinato da una situazione stabile e duratura, che trae origine dall'esecuzione dell'opera pubblica e che non può essere eliminato se non incidendo sull'opera stessa (Cass. civ., sez. I, 26 giugno 1995, n. 7224). Sulla natura indennitaria della previsione di cui all'art. 44 del d.p.r. n. 380/2001, l'orientamento giurisprudenziale è pacifico nell'affermare, in queste situazioni che il ristoro economico debba essere limitato al solo danno emergente ovvero all'oggettiva diminuzione di valore subita dal bene, calcolata nella differenza tra il valore del fondo prima e dopo l'esecuzione dell'opera, con esclusione del lucro cessante (Cass. civ., sez. I, 23 novembre 2000, n. 15130; Cass. civ., sez. I, 26 giugno 1995, n. 7224; Cass. civ., sez. I, 22 gennaio 1993, n. 778).

Per le suesposte ragioni, il giudicante, aderendo a quell'orientamento che equipara l'indennità ex art. 44 del d.p.r. n. 380/2001 all'indennità di esproprio, fa sì, quale ulteriore conseguenza, che si è in presenza di un debito di valuta e non di valore, che, in quanto tale, non è suscettibile di rivalutazione monetaria (Cass. civ., sez. I, 12 dicembre 1996, n. 11080; Cass. civ., sez. I, 17 novembre 1994, n. 9706).

Di conseguenza il Tribunale di Napoli ha reputato corretto l'operato del C.T.U. nonché la quantificazione da quest'ultimo operata dell'indennità ex art. 44 del d.p.r. 380/2001, determinata in misura pari a 11 mila euro. Del resto, il giudice ha rigettato ogni altra domanda del merito.

Osservazioni

La pronuncia in commento offre punti interessanti in merito ai problemi della rumorosità e delle distanze legali. Quanto all'aspetto della rumorosità, a tal proposito, giova ricordare che per attenuare l'onda sonora e quindi la trasmissione del rumore proveniente dalle autostrade, vengono impiegati diversi materiali fonoassorbenti che sfruttano la dinamica della riflessione, cercando di intrappolare il suono in un percorso che progressivamente lo attenua prima di restituirlo di rimbalzo nell'ambiente. È importante evidenziare che la valutazione d'impatto ambientale concerne progetti esattamente individuati dal legislatore con ricorso ad un criterio tipologico e riguarda progetti che possono avere impatti “significativi e negativi” sull'ambiente e sul patrimonio culturale.

Tale impatto, secondo il Consiglio di Stato, non ricorre nel caso di apposizione di barriere fonoassorbenti in un tratto autostradale con funzione di riduzione dell'inquinamento acustico e realizzate in materiale trasparente, ancorché alte 5 metri, compreso un cordolo di sostegno in cemento di oltre un metro. Di talché sarebbe legittima l'autorizzazione comunale all'installazione di barriere stradali fonoassorbenti vicino ad edifici residenziali, in una zona destinata a parcheggio (Cons. Stato, sez. IV, 3 maggio 2017, n. 2016). Dunque, con i pannelli isolanti antirumore, dovrebbe essere rispettato il diritto alla salute tutelato contro il frastuono proveniente dall'autostrada e, in particolare, dai motori delle auto e dei tir che procedono ad alta velocità. Per meglio dire, la mancanza di una specifica normativa applicabile ad un determinato settore, soprattutto quella in espansione, molto frequente nel nostro ordinamento, è stata risolta con il ricorso al procedimento analogico: gli artt. 2 e 32 Cost., individuano il diritto alla salute quale diritto fondamentale dell'individuo e l'art. 844 c.c. disciplina le immissioni anche rumorose nei rapporti tra privati, esprimendo il principio di riferimento della normale tollerabilità.

In questo senso, quindi, non vi sarebbero ostacoli all'applicabilità del criterio comparativo differenziale per determinare la soglia dell'intollerabilità anche nei rapporti tra i privati ed i concessionari della Pubblica Amministrazione, che comunque sono tenuti ad osservare gli standard ambientali. Ne consegue che ai fini della valutazione del superamento della soglia di rumore “tollerabile”, la Pubblica Amministrazione soggiace agli stessi criteri stabiliti dal codice civile per regolare i rapporti tra i privati. Di conseguenza la società che gestisce un'autostrada e non installa barriere fonoassorbenti può essere chiamata a risarcire per i danni, anche esistenziali, se l'inquinamento acustico diventa intollerabile (Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18195).

Fatte queste dovute precisazioni, occorre valutare l'altro problema: le distanze legali. Su tale aspetto è importante il precedente del Tribunale di Venezia, Sezione Distaccata di Dolo (ordinanza 18 luglio 2005). L'ordinanza cautelare che si commenta è venuta a pronunciarsi sulla concreta applicabilità della disciplina civilistica sulle distanze legali alla costruzione di barriere fonoassorbenti. Secondo il ragionamento del Giudice veneziano, una barriera antirumore composta da pannelli in tutto o in gran parte trasparenti potrebbe anche non configurare una “costruzione” in senso tecnico-giuridico, in quanto sarebbe capace di consentire almeno il passaggio della luce.

Dopo tale premessa, però, il Tribunale evidenzia anche che la disciplina civilistica sulle distanze legali mira a consentire la libera circolazione dell'aria, prima ancora che della luce, nel senso che la duplice esigenza di aerazione e luminosità è finalizzata - così globalmente intesa - a garantire un ambiente igienico e salubre (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2005, n. 400; Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2004, n. 7044 e Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2003, n. 627).

Deve, quindi, concludersi che un certo manufatto debba necessariamente consentire sia la circolazione della luce che quella dell'aria, allo scopo di non essere considerato “costruzione” ai fini delle distanze legali, con la conseguenza che anche una barriera fonoisolante, pur del tutto trasparente, dovrebbe comunque essere assoggettabile alla disciplina sulle distanze minime di legge, in quanto risulterebbe, in ogni caso, idonea ad ostacolare l'aerazione e, dunque, a creare un'intercapedine nociva (che il solo passaggio della luce non potrebbe chiaramente scongiurare). Per le ragioni esposte, il Tribunale di Venezia ha disposto il conseguente ordine di demolizione per l'evidente violazione delle distanze legali previste dallo strumento urbanistico locale, integrativo dell'art. 873 c.c.

Guida all'approfondimento

Frivoli - Tarantino, Il contenzioso del condominio, Milano, 2018, 47;

Anceschi, Le distanze legali tra costruzioni, Milano, 2008, 136;

Chinello, Costruzione di barriere fonoassorbenti e disciplina delle distanze legali, in Il merito, Sole 24 Ore, 1 ottobre 2005, fasc. 10, 19.

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