Riparto della spesa condominiale relativa ai danni subiti da un condomino proprietario di più unità immobiliari nell'edificio

Massimo Ginesi
26 Luglio 2018

Il Tribunale è chiamato a statuire in ordine alla nullità di una deliberazione condominiale che, a fronte di una condanna del condominio a risarcire i danni ad un singolo condomino proprietario di più unità immobiliari, ha ritenuto di imputare anche al condomino vittorioso parte delle somme liquidate del Tribunale, oltre a stabilire di ripartire le spese di...
Massima

In caso di lite fra condominio e singolo condomino, titolare di più unità immobiliari poste nell'edificio, costui rappresenta un unico centro di imputazione soggettivo contrapposto al condominio; è pertanto nulla la delibera che imputi al singolo, risultato vittorioso nella lite, importi per danni e spese liquidate dal giudice e poste a carico del condominio soccombente ai sensi dell'art. 91 c.p.c. . È parimenti nulla la delibera che si discosti dai criteri legali di riparto in tema di riscaldamento, derogando alla relativa tabella predisposta in funzione dei consumi effettivamente registrati.

Il caso

Un condomino è proprietario di più unità poste nell'edificio condominiale; in uno di tali immobili si verificano copiose infiltrazioni, a seguito delle quali il condomino agisce in giudizio contro il condominio ed ottiene, nel 2014, dal Tribunale di Avellino sentenza di condanna del condominio - accertata la esclusiva responsabilità dell'ente collettivo - a risarcirgli i danni subiti ed a rifondere le spese di lite e di CTU.

L'assemblea del condominio, nell'approvare il piano di riparto di tali importi, ha ritenuto di imputare anche alla parte vittoriosa le spese di lite in funzione dei millesimi di proprietà relativi alle unità immobiliari non coinvolte nella controversia, esentando il singolo unicamente per il valore millesimale riconducibile all'unità danneggiata; ha altresì posto a suo carico la metà dell'importo dei danni liquidati (si trattava di unità posta al di sotto del marciapiede condominiale, dunque ritenendo - plausibilmente di applicare l'art. 1125 c.c.).

Nella stessa delibera, l'assemblea ha deciso di ripartire le spese di combustibile per il riscaldamento derogando alla relativa tabella ed in forza dei millesimi generali ex art. 1123, comma 1, c.c.

Il condomino è costretto a ricorrere nuovamente al Tribunale, per sentir accertare la nullità di entrambi i deliberati, pronuncia che puntualmente perviene con la sentenza in commento.

La questione

La pronuncia affronta due temi, l'uno pacifico nella giurisprudenza di legittimità, ovvero quello relativo alla deroga alla tabella riscaldamento, non essendo consentito all'assemblea di deliberare discostandosi volontariamente dai criteri di riparto stabiliti ex lege o convenzionalmente, essendo gli artt. 1123 ss. c.c. derogabili con il consenso di tutti gli aventi diritto. Ove l'assemblea volontariamente proceda a ripartire le spese in maniera difforme dai criteri legali o negoziali, darà luogo a delibera nulla (mentre la stessa sarà solo annullabile ove l'applicazione di un criterio non pertinente sia frutto di mero errore).

L'altro punto risolto dalla pronuncia campana presenta profili di peculiarità, quanto alla fattispecie, anche se il decisum appare invece del tutto conforme ai principi sostanziali e processuali che governano la materia: nella causa fra condominio e singolo condomino i due soggetti devono essere ritenuti soggettivamente parti contrapposte: rileva, in tal caso, l'unitarietà soggettiva del proprietario di più immobili sotto il profilo delle c.d. “teste” - individuate dall'art 1136 c.c. - e non potrà rilevare, invece, ai fini del riparto delle spese, il frazionamento della proprietà singola in più unità individuali.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice avellinese prende le mosse dalla tradizionale bipartizione tratteggiata da Cass. civ., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806 (e, fra le più recenti, da Cass. civ., sez. VI, 21 giugno 2018, n. 16389), evidenziando come debbano ritenersi decisioni nulle quelle «prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, se incidono sui diritti individuali sulle cose comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, e, infine, se comunque invalide in relazione all'oggetto».

Quanto all'aspetto del riparto delle spese di lite e dei danni che il condominio è stato condannato a risarcire, il Tribunale osserva che, nel momento in cui il giudice pone le competenze di difesa a carico del condominio ed a favore del condomino, controparte nel giudizio, l'assemblea condominiale doveva attenersi al provvedimento giudiziale e ripartire tali spese solo a carico dei condomini diversi dal singolo vittorioso.

Osservazioni

L'approdo a cui perviene la sentenza è condivisibile, anche se non paiono convincenti tutti i passaggi dell'iter argomentativo espresso nella motivazione.

Il giudice campano richiama l'unica norma del codice civile che disciplina i rapporti fra singolo e condominio in caso di lite, ovvero l'art. 1132 c.c. e, da quella via, perviene a quanto osservato in sede di legittimità circa la sussistenza di parti contrapposte in caso di lite condominiale interna: in tal caso - a differenza che nell'ipotesi di causa pendente fra terzo estraneo e condominio - l'unità dei partecipanti alla compagine condominiale viene necessariamente a sciogliersi, dando vita a due gruppi contrapposti e riconducibili, rispettivamente, alla figura di attore e convenuto, sì che il regime delle spese sarà disposto dal giudice in funzione della soccombenza e, comunque, secondo i principi dettati dall'art. 91 c.p.c.; è solo il parametro processuale che stabilisce quale fra le due parti debba essere tenuta a sopportare gli oneri della condanna (per capitale e spese), a nulla rilevando che una parte sia costituita dal condominio rappresentato dall'amministratore (Cass. civ., sez. II, 18 giugno 2014 n. 13885).

Da tale cristallina delineazione deriva, come conseguenza totalmente logica, che il regime delle spese debba essere risolto alla luce del disposto della sentenza, laddove questa condanni espressamente una parte in favore dell'altra, a nulla rilevando i sottostanti criteri sostanziali di imputazione.

Il Tribunale campano sottolinea che tali spese dovranno essere considerate spese personali dei soccombenti e contabilizzate - secondo tale parametro - separatamente, imputandole ai singoli che hanno infruttuosamente agito o resistito, poiché «la ripartizione delle spese legali, affrontate per una causa che si è persa, ha criteri propri rispetto al motivo della causa stessa»; sotto tale profilo l'assunto non convince del tutto, essendo piuttosto un onere la cui imputazione è disciplinata da norme processuali e che afferisce al condominio in quanto tale (posto che nelle liti fra condomini e condominio non è neanche consentita la dissociazione ex art 1132 c.c., che avrebbe peraltro mera rilevanza interna), sì che il condomino vittorioso ne viene esentato non tanto per la personalità della relativa spesa quanto per la sua qualifica di controparte vittoriosa.

La sentenza afferma poi - con un passaggio decisamente sibillino - che solo ove il giudice statuisca espressamente sul punto potrà sussistere un diritto al rimborso delle spese di lite da parte dei condomini soccombenti, ipotesi che in realtà parrebbe più ascrivibile ad una eventuale compensazione disposta in sentenza piuttosto che ad un successivo diritto di rimborso (che vanificherebbe, altrimenti, la pronuncia giudiziale sulle spese).

Quanto al merito, ovvero alla condanna relativa al risarcimento del danno subita dal condomino, la sentenza ricorre agli stessi principi, condivisibili nel caso di specie, poiché il Tribunale - nel titolo giudiziale cui fa riferimento la delibera impugnata - aveva riconosciuto una responsabilità del condominio ex art 2051 c.c., condannato unicamente quest'ultimo.

Sotto tale profilo, tuttavia, a differenza del punto che attiene alle liti, l'esenzione del condomino attore dalle spese di lite non appare sempre così scontata, atteso che - ove costui non dimostri di aver senza frutto sollecitato il condominio ad intervenire - potrebbe vedersi imputare, pro quota, i danni, statuizione che comunque compete al giudice del merito chiamato a pronunciarsi sul singolo caso concreto; si tratta di fattispecie di frequente giunta all'esame anche del giudice di legittimità, con riguardo all'applicazione del riparto dei danni ex art 1126 c.c. derivanti dai lastrici solari e dalle terrazze a livello (Cass. civ., sez. II, 7 febbraio 2017, n. 3239; Cass. civ., sez. II, 10 maggio 2016, n. 9449; Cass. civ., sez. II, 11 settembre 1998 n. 9009).

Assolutamente e totalmente condivisibile appare invece l'individuazione del condomino titolare di più appartamenti come unica controparte processuale, sì che lo stesso non potrà essere comunque chiamato a rispondere delle spese di lite per le diverse proprietà non interessate dalle infiltrazioni: per costante giurisprudenza di merito e di legittimità in tema di formazione delle maggioranze ex art 1136 c.c., con argomenti che tuttavia, mutatis mutandis paiono applicabili anche al caso di specie, la rilevanza soggettiva del titolare di più unità immobiliare è unitaria, quale che sia l'entità della quota che rappresenta e senza che abbia rilievo che la stessa sia frazionata in una o più unità immobiliari distinte (Trib. Roma 14 gennaio 2016, n. 630; Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 1988 n. 6671).

Ne discende che, se il singolo condomino è considerato un'unica parte dal punto di vista soggettivo e sotto il profilo sostanziale, non potrà giungersi a conclusioni difformi neanche sotto il profilo processuale, apparendo del tutto incongruo ed illegittimo riconoscere effetto alla sentenza in funzione delle unità di cui è titolare, di talché gli effetti favorevoli della pronuncia si produrranno nei suoi confronti integramente, senza che sia consentito all'assemblea statuire in maniera difforme.

Se le tesi sin qui esposte appaiono del tutto lineari in rapporto all'impianto sistematico della normativa condominiale, qualche riflessione meno lineare sulla compartimentazione stagna fra parte e controparte nel contenzioso condominiale potrebbe tuttavia argomentarsi invece dalle sentenze in tema di conflitto di interesse e legittimazione al voto da ultimo espresse dalla corte di legittimità (Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2018, n. 1853; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015 n. 19131), ove la controparte sarebbe comunque ammessa al voto sulla decisione in ordine alla lite.

Più lineare e pacifica appare invece la soluzione della questione relativa alla deroga alla tabella di riscaldamento disposta dall'assemblea, che il giudice campano risolve sulla scorta del generale principio dettato dalla citata Cass. civ., sez. un. 07 marzo 2005 n. 4806; è tema ripreso da recenti pronunce specifiche, nelle quali si rileva che l'adozione di criteri difformi dalla tabella predisposta secondo i criteri di legge in tema di riscaldamento finisce per alterare la misura degli obblighi di contribuzione dei singoli e, dunque, non può essere adottata a maggioranza, dandosi altrimenti luogo a delibera nulla (Cass. civ., sez. II, 4 agosto 2017, n. 19651).

Il criterio cui si ispira la ripartizione di dette spese, prosegue il giudice campano, deve essere rinvenuto nell'art. 1123, comma 2, c.c., sì che il criterio millesimale può essere adottato solo ove manchi una specifica tabella radicata sul consumo (Cass. civ., sez. II, 7 novembre 2016, n. 22573), mentre in taluni casi si è ritenuto corrispondente alla norma il criterio della superficie radiante (Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 1995, n. 946).

Se la conclusione appare ineccepibile sotto il profilo formale e sostanziale, rimane aperto il dubbio - ipotesi ventilata nella pronuncia - di una possibile deroga a maggioranza dei criteri di riparto laddove si siano adottati dispositivi di contabilizzazione del calore: la disciplina introdotta dal d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102, e la successiva adozione della norma Uni sulla predisposizione dei relativi criteri di misurazione ed imputazione, rappresentano strumenti ricettivi di direttive europee volte al contenimento dei consumi energetici in funzione dell'inquinamento e della salute pubblica, oltre che della miglior gestione delle risorse energetiche disponibili, criteri di rilevanza pubblica (peraltro presenti sin dalla approvazione della l. 9 gennaio 1991 n. 10) che hanno fatto ritenere a taluni interpreti che si tratti di parametri su cui non possa più incidere neanche apposita convenzione fra i condomini, la cui ammissibilità e meritevolezza dovrà essere valutata alla stregua degli ordinari principi in tema di contratti (Trib. Milano 30 gennaio 2009)

Guida all'approfondimento

Ginesi, Guida alle liti condominiali, Milano, 2018;

AA.VV., Il nuovo condominio a cura di Triola, Torino, 2017;

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, aggiornamento a cura di Celeste, Salciarini e P. Terzago, Milano, 2015;

Celeste, Liti condominiali e nuovo processo civile, Milano, 1999.

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