Difetto di ius postulandi dell’avvocato stabilito: nullità insanabile?

31 Luglio 2018

La questione giuridica esaminata dalla pronuncia in commento riguarda la validità della procura alle liti rilasciata a favore di un avvocato stabilito in assenza di un'intesa con l'avvocato italiano affiancante. Il difetto dello ius postulandi da parte dell'avvocato stabilito produce una nullità sanabile ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c.?
Massima

Dalla mancanza della dichiarazione di intesa discende il difetto dello ius postulandi in capo al procuratore. Poiché tale difetto dà luogo ad una nullità assoluta ed insanabile, è escluso che il giudice possa concedere, ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c., un termine perentorio per la sanatoria di un vizio insuscettibile di essere sanato.

Il caso

La pronuncia in commento definisce con una declaratoria di inammissibilità un giudizio di risarcimento danni promosso dall'attrice nei confronti del proprio commercialista a causa di un'erronea dichiarazione dei redditi.
In particolare, l'attrice chiedeva che il commercialista convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni da individuarsi sia negli importi richiestile dall'Agenzia dell'Entrate a causa dell'errore commesso dal commercialista sia nei costi derivanti dal riscatto del proprio capitale precedentemente investito, resosi necessario per fare fronte alle richieste dell'Agenzia dell'Entrate, nonché dalla conseguente perdita di accrescimento del capitale.
Il commercialista convenuto si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente la nullità dell'atto di citazione per difetto dello ius postulandi in capo all'avvocato stabilito che assisteva l'attrice e contestando nel merito le pretese attoree.

La questione

La questione giuridica esaminata dalla pronuncia in commento riguarda la validità della procura alle liti rilasciata a favore di un avvocato stabilito in assenza di un'intesa con l'avvocato italiano affiancante, specificamente riferita alla lite in oggetto. Nello specifico l'avvocato stabilito si era costituito in giudizio sulla base di una procura alle liti, in assenza, però, di uno specifico accordo di affiancamento per tale lite con un avvocato italiano. La pronuncia in esame si occupa delle conseguenze derivanti dalla mancanza delle predette condizioni, segnatamente, se il difetto dello ius postulandi da parte dell'avvocato stabilito produca o meno una nullità sanabile ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c..

Le soluzioni giuridiche

Il tribunale di Milano rigetta la domanda avanzata dall'attrice dichiarandola inammissibile per difetto dello ius postulandi in capo all'avvocato stabilito.

Il tribunale di Milano esordisce nel suo iter motivazionale ritenendo necessario esaminare in via preliminare l'eccezione di nullità dell'atto di citazione per difetto di ius postulandi sollevata dal convenuto. A tal proposito la sentenza si sofferma inizialmente sull'esame dei presupposti normativi che disciplinano l'esercizio della professione di avvocato e di avvocato stabilito (in tal caso, art. 8 d.lgs. n. 96/2001), unitamente ai principali orientamenti giurisprudenziali. La pronuncia in esame nega che nella fattispecie al suo vaglio l'Avvocato stabilito di parte attrice avesse rispettato i dettami previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 8 d.lgs. n. 96/2001, non rinvenendo negli atti di causa, sia anteriori alla costituzione sia in sede di atto di citazione, la prescritta dichiarazione d'intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, idonea ad assicurare i rapporti con l'autorità adita o procedente. La sentenza, dopo aver sottolineato la natura imperativa dell'art. 8 d.lgs. n. 96/2001 e la sua evidente finalità pubblicistica, afferma che la conseguenza di una tale condizione processuale sia il difetto di ius postulandi in capo al procuratore avvocato stabilito della parte attrice. La pronuncia prosegue, pertanto, con la valutazione delle conseguenze derivanti dal difetto dello ius postulandi in capo al procuratore della parte attrice. A tal proposito il Tribunale ritiene che, richiamando una risalente pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, n. 4357/1985), il difetto dello ius postulandi dà luogo ad una nullità assoluta ed insanabile escludendo l'assegnazione del termine ex art. 182, comma 2, c.p.c. per la sanatoria. Infatti, prosegue la sentenza, l'assegnazione del termine ex art. 182, comma 2, c.p.c. è prevista per la sola regolarizzazione del difetto di assistenza, rappresentanza o autorizzazione, ma è priva di rilevanza allorché non si tratti di difetti attinenti alla capacità processuale, come nel caso di specie al vaglio del Tribunale.

Per tali ragioni il Tribunale rigetta la domanda, ritenendo assorbiti gli ulteriori profili dedotti in giudizio dalle parti.

Osservazioni

La soluzione offerta dalla pronuncia di merito sembra discostarsi dalla chiara indicazione normativa ricavabile dal novellato art. 182, comma 2, c.p.c. e dalla relativa e prevalente interpretazione offertane dalla giurisprudenza di legittimità.

In effetti la pronuncia in esame partendo dall'esame preliminare dei presupposti normativi che disciplinano l'esercizio della professione di avvocato e di avvocato stabilito con i relativi orientamenti interpretativi giurisprudenziali giunge a ritenere che nella fattispecie al suo esame l'avvocato stabilito, procuratore di parte attrice, non avesse rispettato i dettami previsti dalla legge. A tal proposito, infatti, l'art. 8 d.lgs.n. 96/2001 stabilisce che «1. Nell'esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali è necessaria la nomina di un difensore, l'avvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il quale assicura i rapporti con l'autorità adita o procedente e nei confronti della medesima è responsabile dell'osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori. 2. L'intesa di cui al comma 1 deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all'autorità procedente, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell'assistito». Nella fattispecie l'avvocato stabilito, procuratore di parte attrice, nell'atto di citazione introduttivo del giudizio aveva soltanto dichiarato di agire di intesa con un avvocato, ma non aveva prodotto la relativa dichiarazione d'intesa in alcuna delle forme consentite dal secondo comma della sopracitata disposizione di legge. Il Tribunale evidenzia correttamente che, in ragione della natura imperativa delle richiamate disposizioni normative nonché della finalità pubblicistica dalle stesse perseguita, dalla mancanza della dichiarazione di intesa ne discende un difetto di ius postulandi in capo al procuratore della parte attrice. Tuttavia, il Tribunale, richiamando una risalente pronuncia di legittimità (Cass. civ. n. 4357/85), ha ritenuto che il difetto di ius postulandi determina una nullità assoluta ed insanabile della procura alle liti, escludendo a priori che il Giudice possa concedere il termine perentorio di cui all'art. 182, comma 2, c.p.c. per la sanatoria del vizio. Per il Tribunale si tratterebbe infatti di un vizio che non può essere sanato ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c. – il quale è applicabile solo ai difetti attinenti alla capacità processuale –, nemmeno attraverso il rilascio di una nuova procura alle liti in sede di memoria ex art. 183, comma 3, n. 1, c.p.c. (così come avvenuto nel caso di specie al suo vaglio).

Tale conclusione, a sommesso parere di chi scrive, appare contrastare con l'indicazione normativa di cui al novellato art. 182, comma 2, c.p.c. nonché con la prevalente interpretazione offertane dalla giurisprudenza di legittimità e di merito. In effetti, proprio con specifico riguardo al difetto di ius postulandi in capo all'avvocato stabilito, si evidenzia come la Corte d'appello di Reggio Calabria con una pronuncia del 23 giugno 2016 abbia, al contrario, stabilito che l'atto giudiziario e la procura sottoscritti solo dall'avvocato stabilito, che utilizzi il titolo di avvocato (e non quello corretto di abogado) e non dichiari di agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, sono affetti da nullità sanabile ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c., come novellato dalla legge n. 69/2009 (che consente l'assegnazione di un termine per il rilascio della procura alle liti e per la sua rinnovazione e, quindi, anche in ipotesi di inesistenza della stessa). Anche la prevalente giurisprudenza di legittimità (inter alia cfr. Cass. civ., sez. II, 7 maggio 2018, n. 10885) ritiene che non abbia più alcun rilievo la distinzione tra nullità ed inesistenza della procura in considerazione della possibilità attribuita al giudice di porre rimedio anche alle ipotesi di assenza della procura. Ciò in quanto l'attuale formulazione dell'art.182, comma 2, c.p.c. prevede che il giudice, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, debba assegnare alle parti un termine perentorio per sanare il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione. Per la prevalente giurisprudenza di legittimità dall'interpretazione letterale della norma si evince la previsione della sanatoria dei vizi della procura, attraverso l'assegnazione di un termine da parte del giudice, anche quando la procura sia del tutto mancante; in caso contrario non si spiegherebbe il richiamo testuale all'assegnazione del termine per il "rilascio della procura o per le rinnovazione della stessa". Con la riforma dell'art. 182 c.p.c. da parte del legislatore del 2009 si accede ad una visione meno formalistica del processo, ammettendo che, attraverso la segnalazione del giudice, la parte possa sanare qualunque vizio della procura; la disposizione, infatti, evitando una pronuncia in rito, risponde ad esigenze di economia processuale connesse al proliferare di giudizi a seguito della dichiarazione di nullità della procura.

Per tale ragione il testo novellato dell'art. 182, comma 2, c.p.c. ha previsto l'obbligo per il giudice di assegnazione di un termine per la regolarizzazione ("il giudice assegna alle parti un termine") in luogo della facoltà, nel testo anteriore alla modifica di cui alla legge n.69/2009 ("il giudice può assegnare un termine"). Inoltre, mentre il testo previgente prevedeva la possibilità di regolarizzazione della procura solo nei casi di difetto di rappresentanza, assistenza ed autorizzazione, l'attuale formulazione estende la sanatoria ai casi di assenza della procura ovvero ai casi di rinnovazione, facendo salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, che si verificano fin dal momento della prima notificazione, se il termine per la sanatoria viene rispettato.

La riforma del 2009 ha in sostanza esteso il rimedio della sanatoria a tutti i casi di difetto di rappresentanza (legale, volontaria, organica e tecnica), assistenza e autorizzazione, nel solco di un generale ripensamento della grammatica processuale. I punti cardine del nuovo regime sono così riassumibili: (i) estensione del rimedio della sanatoria al difetto di rappresentanza tecnica delle parti (difetto di procura), precedentemente esperibile soltanto per il difetto di rappresentanza processuale;(ii) doverosità della concessione da parte del giudice del termine, di fronte ad un difetto di rappresentanza processuale o di assistenza tecnica rilevabili dal giudice in ogni stato e grado del processo;(iii) perentorietà del termine assegnato dal giudice per la sanatoria dei vizi; (iv) previsione della retroattività della sanatoria con conservazione degli effetti della domanda (efficacia sostanziale e processuale della sanatoria). L'art. 182 c.p.c., inoltre, si applicherebbe sia alla nullità della procura ad litem sia al difetto di rappresentanza processuale (così, Cass. civ., Sez. Un., 22 dicembre 2011, n. 28337).

L'interpretazione appena riferita è peraltro condivisa anche dalla dottrina maggioritaria (cfr. G. Balena, D. Turroni, C. Mandrioli – A. Carratta), anche se, ciononostante, il nuovo art. 182, comma 2, c.p.c. non ha mancato di destare incertezze, tant'è vero che si registrano anche pronunce di legittimità di segno opposto (Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2015, n. 19868).

Ciò detto, la pronuncia in commento non si è conformata all'orientamento prevalente, dichiarando inammissibile la domanda giudiziale. In tal modo il Tribunale di Milano avrebbe riabilitato, una distinzione, quella fra procura nulla (sanabile) e procura inesistente (insanabile), presente in seno alla giurisprudenza formatasi anteriormente alla legge n. 69/2009 (Cass. civ., sez. I, 9 settembre 2002, n. 13069; Cass. civ., Sez. Un., 10 maggio 2006, n. 10706; Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2006, n. 10029; Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2014, n. 14674, che si è pronunciata su una vicenda processuale, cui non era applicabile, ratione temporis, il nuovo testo dell'art. 182, comma 2, c.p.c.). L'interpretazione del Tribunale di Milano contrasterebbe con il tenore letterale dell'art.182 c.p.c. e con la relativa interpretazione offertane dalla Suprema Corte; l'art. 182, comma 2, c.p.c., infatti, prevedendo l'obbligo, e non la facoltà per il giudice, di assegnare alla parte un termine per il rilascio e la rinnovazione della procura, ritiene possibile la sanatoria anche in casi ben più gravi in cui la procura manchi del tutto.

In definitiva ed ad uno sguardo più attento, le sole ipotesi di effettiva insanabilità del vizio inerente alla procura alle liti dovrebbero identificarsi con quelle peculiari previsioni normative alla luce delle quali il rilascio della procura ovvero il suo deposito è previsto a pena di inammissibilità e/o di improcedibilità, come nei casi di cui agli artt. 365, 366 comma 1 n. 5, 369, comma 1, n. 3 in tema di procura speciale per il ricorso per cassazione.

Guida all'approfondimento
  • G. Balena, La nuova pseudo riforma della giustizia civile, in Giust. proc. civ., 2009;
  • C. Mandrioli - A. Carratta, Come cambia il processo civile, Torino, 2009;
  • D. Turroni, Il nuovo art. 182, cpv., c.p.c.: sempre rimediabili i difetti di capacità processuale e di procura al difensore, in Giur. it., 2009.

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