La legittimazione passiva dell'amministratore non è preclusa dal fatto che non trattasi di bene condominiale

16 Agosto 2018

Nella sentenza che si annota, la Cassazione interviene sull'esatta individuazione della legittimazione passiva dell'amministratore, che deve ritenersi estesa ad ogni questione riguardante parti e servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti gli stessi beni comuni, precisando che l'amministratore...
Massima

La legittimazione passiva dell'amministratore sussiste per qualunque azione che abbia ad oggetto parti comuni dello stabile condominiale, e l'individuazione della natura del bene controverso deve avvenire tenendo conto che l'art. 1117 c.c. contiene un'elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune di tutte o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà individuale.

Il caso

Con atto di citazione gli attori assumendo di avere la proprietà di un appartamento sito all'interno di un edificio condominiale evocano dinanzi al Tribunale il soggetto che occupa il medesimo appartamento chiedendone la condanna all'immediato rilascio.

Instaurato il contraddittorio, il detentore dell'anzidetto appartamento eccepisce di detenerlo da oltre trenta anni a titolo di locazione, corrispondendone il canone direttamente all'amministratore del condominio, con la conseguente eccezione di carenza di legittimazione attiva degli attori. Nello stesso giudizio interviene il condominio volontariamente, in persona del suo amministratore pro-tempore, deducendo la proprietà comune di tutti i condomini del bene de quo.

Il Tribunale in accoglimento della domanda attorea, condanna il condominio e l'occupante all'immediato rilascio dell'appartamento.

La sentenza del giudice di prime cure viene gravata da appello interposto dal condominio, il quale insiste nella proprietà comune dell'appartamento. La Corte di Appello dichiara la nullità della sentenza impugnata rimettendo le parti avanti al giudice di primo grado, evidenziando che poiché trattasi di bene che non rientra fra quelli condominiali strictu senso, sebbene di proprietà di tutti i condomini, dovendo essere accertata la natura condominiale o meno dello stesso appartamento, con relativa pronuncia di accertamento negativo di un diritto dei singoli condomini, ed esclusione della loro facoltà di godimento, il contraddittorio andava integrato nei confronti dei condomini pretermessi. Avverso la sentenza della corte di merito viene interposto ricorso per cassazione.

La questione

La fattispecie devoluta all'attenzione della Cassazione verte sulla quaestio juris se considerata la legittimazione processuale dell'amministratore del condominio, autorizzato dall'assemblea condominiale ad intervenire nel giudizio di rivendica, il quale ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., può agire e resistere nella controversia in oggetto, la Corte di merito, in tale contesto, possa ritenere sussistente un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti di altri soggetti, che si assume possano essere i comproprietari di un bene non condominiale ed annullare conseguentemente la sentenza di primo grado per disporre l'integrità del contraddittorio anche riguardo a tali soggetti.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione risolve la quaestio juris sottoposta al suo esame, muovendo dall'attento scrutinio della presente fattispecie, il quale, evidenzia come a determinare la necessità del litisconsorzio di tutti i condomini non è l'oggetto rivendicativo dell'azione bensì la stessa linea difensiva assunta dall'ente convenuto, negando la proprietà esclusiva del bene oggetto di rivendica ed assumendone, viceversa, la natura condominiale.

Il fattore determinante risiede nella natura dell'accertamento proprietario, che, in quanto sollecitato da una mera eccezione, avviene incidenter tantum, e, quindi, assumendo carattere puramente incidentale, l'accertamento dominicale non eccede l'ambito di legittimazione passiva dell'amministratore escludendo il litisconsorzio necessario dal lato passivo di tutti i condomini.

Così inquadrata la fattispecie, muovendo dall'assunto del carattere generale della legittimazione passiva dell'amministratore, che - contenuta nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c. - è estesa ad ogni interesse condominiale, la questione sequenziale che si pone è se di fronte al chiaro disposto dell'art. 1131, comma 2, c.c., in base al quale l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, possa escludersi tale legittimazione nel caso in cui un condomino o un terzo rivendichi la proprietà esclusiva di parti dell'edificio che non siano espressamente ricomprese nell'art. 1117 c.c..

Ebbene, la Corte ritenuto come un dato pacifico che nella fattispecie la proprietà del bene di cui si discute trae origine nell'ambito di un sistema condominiale, e premesso che l'art. 1117 c.c. contiene un'elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune, rileva come al riguardo è mancata ogni indagine da parte del giudice di merito, essendosi negata la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio tout court sull'assunto che non trattasi di un bene condominiale soltanto perché non ricompreso nella presunzione di comunione di cui alla citata disposizione normativa.

Osservazioni

Ai fini della trattazione dell'argomento proposto, come efficacemente osservato nella sentenza in commento, viene in esame la natura giuridica dell'organo cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa e cioè dell'amministratore, unitamente alle funzioni allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di cui sono rispettivamente titolari l'ente condominiale e i singoli condomini, per determinare l'estensione teleologica della legittimazione passiva dell'amministratore con riferimento ai rapporti col litisconsorzio passivo dei condomini e alla dialettica propria dei giudizi di rivendicazione.

Pertanto, sulla scorta del duplice presupposto che il condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l'amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare condominiale, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il fondamento normativo del potere di rappresentanza di tale figura professionale ed i suoi stessi limiti.

Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che, rispettivamente, disciplinano, il primo, le attribuzioni dell'amministratore e il secondo, in forma specifica, la rappresentanza del condominio da parte dell'amministratore.

Infatti, dall'art. 1131 c.c. si deduce che il potere di rappresentanza dell'amministratore condominiale è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e ai servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni.

In particolare, in tema di controversie condominiali, la legittimazione dell'amministratore del condominio dal lato attivo coincide con i limiti delle sue attribuzioni ex art. 1131 c.c., mentre dal lato passivo non incontra limiti e sussiste in ordine ad ogni azione, anche di carattere reale o possessorio, concernente le parti comuni dell'edificio (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2015, n. 8998; Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2014, n. 2438; Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2013, n. 28141; Cass. civ., sez. un., 13 novembre 2013, n. 25454).

All'amministratore del condominio compete poi l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea dei condomini nonché, in genere, tutta l'attività di ordinaria amministrazione, giusto l'elenco analitico di attribuzioni previsto dall'art. 1130 c.c.

Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea dei condomini, egli ha quindi la rappresentanza dei medesimi condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri ex art. 1131, commi 1 e 2, c.c. (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2013, n. 28141).

Ed invero, se non si dubita che, dal lato attivo, non occorre la partecipazione di tutti i condomini nei giudizi promossi a tutela dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni art. 1130, n. 4), c.c., non diversamente deve ritenersi per quanto concerne la legittimazione passiva dell'amministratore, che è prevista dall'art. 1131, comma 2, c.c., con una specifica disposizione dettata in materia di condominio.

Peraltro, tale legittimazione ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale, essendo la ratio della norma in questione diretta ad evitare il gravoso onere a carico del terzo o del condomino, che intenda agire nei confronti del condominio, di evocare in giudizio singolarmente tutti i condomini.

Naturalmente, per le cause aventi a oggetto materie che eccedono le attribuzioni dell'amministratore, ai sensi del citato art. 1131, comma 3, c.c., il potere di rappresentanza in giudizio dell'amministratore è subordinato all'autorizzazione a resistere o anche alla semplice ratifica da parte dell'assemblea dei condomini, alla quale l'amministratore è comunque tenuto senza indugio a riferire (Cass. civ., sez. un., 6 agosto 2010, n.18331; Cass. civ., sez. II, 26 novembre 2004, n. 22294).

Il sistema che si delinea consiste, allora, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur essendo ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purché costui gli conferisca espressamente una procura ad hoc.

Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dall'ordinario modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni.

In base alla giurisprudenza consolidata, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato, anche se come carattere meramente sussidiario, tenendo presente, ovviamente, come del resto è desumibile, che la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, compiti e poteri stabiliti dall'art. 1130 c.c.

Con una disposizione rimasta inalterata nella riforma del condominio di cui alla l. n. 220/2012, l'art. 1131 c.c. stabilisce che l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio (comma 2) e che egli, ove l'atto di citazione abbia un contenuto esorbitante dalle sue attribuzioni, è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini (terzo comma), pena la revoca dall'incarico e la responsabilità per danni (quarto comma), trattandosi di un obbligo di mera rilevanza interna ed in quanto tale, non incidente sulla rappresentanza processuale.

Come si è già avuto modo di precisare, la stessa giurisprudenza di legittimità individua la ratio della previsione normativa sulla legittimazione passiva dell'amministratore nell'obiettivo di facilitare ai terzi la convocazione in giudizio del condominio (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2005, n. 9213; Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 2005, n.19460), in tal modo, riconoscendo l'illimitatezza di tale legittimazione e l'asimmetria rispetto alla legittimazione attiva, quest'ultima circoscritta entro i limiti delle attribuzioni proprie dell'amministratore.

Guida all'approfondimento

Del Chicca, Ancora sulla rappresentanza nel condominio da parte dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 2011, 316;

Cusano, La capacità dell'amministratore di stare in giudizio, in Arch. loc. e cond., 2011, 277;

Piombo, L'incerta sorte dei poteri rappresentativi processuali dell'amministratore di condominio, dopo l'intervento delle sezioni unite della Cassazione, in Foro it., 2010, I, 3364;

Celeste, Le sezioni unite ridimensionano la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio bilanciandola con il potere decisionale dell'assemblea, in Foro it., 2010, I, 3361;

Piazzese, La rappresentanza processuale dell'amministratore di condominio, in Il Civilista, 2010, fasc. 9, 14;

Izzo, L'amministratore e la difesa del condominio, in Giust. civ., 2006, 113;

De Tilla, Sulla legittimazione passiva dell'amministratore di condominio, in Arch. loc. e cond., 2000, 266;

De Tilla, Azione di revindica e legittimazione dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 1998, 394.

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