La notificazione dell'intimazione di sfratto a mezzo PEC

Giuseppe Nappo
05 Settembre 2018

L'ordinanza in commento affronta una delle questioni non ancora risolte in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica certificata: se quest'ultima possa essere quoad effectum equiparata a quella a mani proprie.
Massima

La notificazione dell'intimazione di licenza o di sfratto a mezzo posta elettronica certificata è assimilabile alla notificazione a mani proprie, producendo la prima effetti a quest'ultima equipollenti.

Il caso

L'intimata proponeva opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c. all'ordinanza di convalida di sfratto emessa dall'adito tribunale di Roma, altresì formulando istanza di sospensione, in forza di due motivi:

a) l'impossibilità per il legale rappresentate della medesima intimata di prendere visione della PEC ricevuta per asseriti problemi personali di salute;

b) la presunta nullità della notifica dell'atto di citazione, per essere la stessa avvenuta giusta PEC, senza l'effettuazione dell'avviso, di cui all'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c. (sul presupposto che l'invio telematico dell'atto non possa essere assimilato alla consegna in mani proprie di cui agli artt. 137 e ss. c.p.c.).

La questione

L'ordinanza in commento affronta una delle questioni non ancora risolte in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica certificata: se quest'ultima possa essere quoad effectum equiparata a quella a mani proprie.

Le soluzioni giuridiche

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la notificazione dell'intimazione di sfratto a mezzo posta elettronica certificata non potrebbe essere considerata alla stregua di quella effettuata a mani proprie; in caso di mancata comparizione dell'intimato all'udienza di convalida di sfratto, sarebbe d'uopo rinnovare la notifica dell'intimazione seguendo l'iter della notificazione a mani proprie.

Secondo l'impostazione di contrario tenore, le due modalità di notificazione si appaleserebbero appieno equipollenti, garantendo la PEC la certezza della ricezione da parte del destinatario.

L'ordinanza in commento aderisce a quest'ultimo indirizzo. Stando, infatti, al provvedimento che si annota, atteggiandosi la notificazione a mezzo PEC a strumento idoneo a garantire che l'atto giudiziario raggiunga direttamente e tempestivamente il suo destinatario, dovrebbe essere equiparata a quella a mani proprie.

Osservazioni

Come è noto, stando all'art. 660, comma 1, c.p.c., l'intimazione di sfratto deve essere notificata «a norma degli articoli 137 e seguenti», ossia in mani proprie; stando, poi, al dettato dell'ultimo comma del disposto, ove l'intimazione non sia stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario è tenuto a spedire avviso all'intimato dell'effettuata notificazione con lettera raccomandata, ed allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione (in argomento, Di Marzio M., Il procedimento per convalida di licenza e sfratto, Milano, 1998).

La ratio della norma si appunta nella necessità di assicurare che il conduttore abbia piena ed effettiva conoscenza dell'intimazione di cui è destinatario, attesi gli effetti fortemente pregiudizievoli che su di esso ricadrebbero nell'ipotesi di una mancata comparizione all'udienza fissata per la convalida (art. 663, comma 1, c.p.c.).

Posti il tenore della norma e la ratio che la informa, è necessario chiedersi se la notificazione in via telematica possa ritenersi compatibile con il richiamato, garantista, dettato positivo.

Soccorre, anzitutto, l'art. 1 della l. n. 53/1994, secondo cui ciascun avvocato, munito di procura speciale, ha la facoltà di servirsi della «notificazione degli atti in materia civile a mezzo posta certificata», senza alcuna limitazione in merito alla tipologia di atti che possono essere notificati telematicamente.

Fatti, dunque, salvi gli specifici casi in cui la legge riserva espressamente il potere di notificare gli atti giudiziari a soggetti forniti di speciale qualifica, gli ufficiali giudiziari, l'avvocato è appieno legittimato ad eseguire la notificazione di un atto in materia civile avvalendosi della posta elettronica certificata; e l'art. 660 c.p.c. non prevede alcuna ‘esclusiva' dell'ufficiale giudiziario nella notificazione dell'intimazione.

Ciò premesso, è d'uopo chiedersi se la notifica telematica – che è, per quanto si è detto, ammissibile – assolva alla ratio di garantire l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario, segnatamente il conduttore nel procedimento di convalida di sfratto.

Alla domanda deve rispondersi in senso affermativo.

Infatti, la notificazione a mezzo PEC garantisce appieno, attraverso un meccanismo tecnicamente collaudato, l'effettiva conoscenza degli atti notificati; essa notifica non si perfeziona con il mero invio telematico dell'atto, bensì con l'effettiva consegna del plico informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario, la cui prova è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna trasmessa al mittente.

Pertanto, non rileva la circostanza che il destinatario del plico informatico abbia letto il messaggio di posta elettronica certificata; così come, nella notificazione cartacea, non rileva la circostanza che il destinatario del plico cartaceo lo abbia aperto e ne abbia letto il contenuto.

Può, dunque, agevolmente dirsi che, per entrambe le tipologie di notificazione (cartacea e telematica), lo scopo viene perseguito nel momento in cui il destinatario è nella legale possibilità di sapere dell'esistenza di un plico – informatico o cartaceo – contenente un atto giudiziario a lui diretto, costituendo poi suo onere accertarsi del contenuto dell'atto (in questo senso, con ampia ed articolata motivazione, l'ordinanza che si annota).

Il mezzo telematico è, dunque, idoneo a portare l'atto direttamente nella sfera di conoscenza del destinatario (considerato, peraltro, che, le società sono obbligate a dotarsi di un indirizzo PEC), il quale è pertanto messo in condizione di sapere che un atto giudiziario gli è stato notificato e di accedere, tempestivamente ed agevolmente, al suo contenuto; “imputet sibi” se, poi, non vi accede, pur essendo nella legale possibilità di farlo.

L'ordinanza in commento aderisce, quindi, ad un condivisibile orientamento antiformalista, consonante, non solo con lo spirito che informa l'intero codice del rito civile (art. 121 c.p.c., nonché art. 156 c.p.c.), ma anche con le più recenti legislazione e giurisprudenza, entrambe ispirate ad un evidente favor per il mezzo telematico (v., ad es., quanto al processo amministrativo telematico, Cons. St., Ad. Plen., 19 settembre 2017, n. 6, che ha posto fine ad una vessata querelle anche nella detta materia).

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