Lottizzazione abusiva “mista”. Individuazione del momento consumativo del reato e applicabilità della confisca

10 Settembre 2018

La questione che viene in evidenza nella fattispecie è quella della individuazione del momento di consumazione del reato di lottizzazione abusiva nella forma “mista” e della possibilità di applicazione della confisca quando risulti che il frazionamento negoziale...
Massima

La lottizzazione abusiva nella sua forma mista – che si realizza attraverso l'attività materiale di frazionamento di una più vasta area e l'attribuzione, tramite la stipulazione di puntuali atti negoziali, ai singoli quotisti delle frazioni di terreno sulle quali vengono poi realizzate le opere abusive – è reato che, sebbene possa dirsi già integrato con il solo frazionamento dei terreni, è tuttavia permanente fino alla cessazione dell'attività edificatoria, anche se successiva agli atti negoziali di attribuzione dei singoli lotti di terreno.

Il caso

Nella fattispecie era stato posto in essere il reato di lottizzazione abusiva nella forma “mista” – la quale si realizza attraverso l'attività materiale di frazionamento di una più vasta area e l'attribuzione, realizzata tramite la stipulazione di puntuali atti negoziali, ai singoli quotisti delle frazioni di terreno sulle quali vengono, poi, realizzate le opere abusive – e la Corte di appello, pur rilevando la prescrizione del reato, aveva disposto la confisca dei terreni abusivamente lottizzati.

La questione

La questione che viene in evidenza nella fattispecie è quella della individuazione del momento di consumazione del reato di lottizzazione abusiva nella forma “mista” e della possibilità di applicazione della confisca quando risulti che il frazionamento negoziale dei terreni sia stato posto in essere in epoca anteriore alla sua introduzione nell'ordinamento, avvenuta con la legge 47/985, mentre l'attività edilizia sia successiva.

Nella specie, infatti, i ricorrenti riferivano il tempus commissi delicti al momento in cui era iniziata l'attività concernente l'avvenuta lottizzazione, consistente nel materiale frazionamento del terreno in singole piazzole, risalente all'anno 1976 e deducevano che, essendo la confisca del terreno oggetto di una lottizzazione abusiva una misura sanzionatoria introdotta solo a seguito della entrata in vigore della citata legge 47, la stessa non poteva essere applicata, ai sensi dell'art. 2 c.p., a condotte poste in essere prima della vigenza di tale disposizione normativa.

Le soluzioni giuridiche

La risposta della S.C. si è articolata in tre passaggi.

In primo luogo ha richiamato il pacifico orientamento giurisprudenziale (Cass. pen., Sez. III, n. 24985/2015; Cass. pen., Sez. III, n. 42361/2013 e Cass. pen., Sez. III,n. 19732/2007) secondo cui la lottizzazione nella sua forma mista è reato che, sebbene possa dirsi già integrato con il solo frazionamento dei terreni, si caratterizza per essere, tuttavia, permanente in quanto suscettibile di perfezionarsi definitivamente solo con la cessazione dell'attività edificatoria, di tal che di esso, in caso di svolgimento di tale attività successivamente alla realizzazione degli atti negoziali di attribuzione dei singoli lotti di terreno, perdura la flagranza sino alla cessazione di dette attività all'interno di ciascuna delle singole frazioni di terreno così realizzate.

Di conseguenza, stante la natura di illecito di durata che caratterizza il reato permanente, il momento qualificativo della violazione normativa non va individuato in quello in cui la condotta è stata primieramente posta in essere ma in quello in cui la condotta criminosa cessa, atteso che è in tale momento, e non in quello iniziale, che viene meno la posizione di contrasto fra l'operato del soggetto agente e la norma precettiva che vieta un determinato comportamento.

Principio questo che si riflette anche sulla applicabilità della confisca, in quanto la legge applicabile alle condotte integranti un reato permanente non è quella vigente al momento dell'insorgere del reato ma è quella in vigore al momento della cessazione della permanenza, ancorché si possa trattare di normativa più rigorosa (la sentenza richiama Cass. pen., Sez. III, 29 ottobre 2015, n. 43597, in fattispecie relativa alla violazione della normativa in tema di tutela del paesaggio e delle bellezze naturali, secondo cui «il reato previsto dall'art. 181, comma 1-bis del D.lgs. n. 42 del 2004 ha natura permanente e si consuma con la definitiva ultimazione dei lavori ovvero con l'interruzione della condotta per qualsiasi motivo, con la conseguenza che nell'ipotesi di condotta protrattasi unitariamente sotto l'imperio di due diverse leggi, l'ultima delle quali abbia aggravato il regime sanzionatorio del fatto, elevandolo da contravvenzione a delitto, va applicata solo la disposizione vigente alla data della cessazione della permanenza e, per l'effetto, il più lungo termine di prescrizione», nonché Cass. pen., Sez. VI, 8 gennaio 2016, n. 550 e Cass. pen., Sez. I, 21 aprile 1993, n. 870).

Il secondo passaggio argomentativo riguarda la motivazione circa l'epoca di consumazione del reato, che non può dirsi assente, come dedotto dai ricorrenti, ma deve desumersi dalla collocazione nel tempo al 2007 della cessazione delle opere abusive conseguenti alla intervenuta lottizzazione, statuizione che nel contempo fissa a tale data la consumazione dei reati edilizi contestati ai prevenuti, additando, per implicito, in quella vigente a tale momento quale fosse la disciplina sanzionatoria riferibile ad essi.

Proprio per tale ragione, ed è questo il terzo passaggio argomentativo, il motivo di ricorso avverso l'applicazione della confisca deve ritenersi fondato, anche se per ragioni diverse e, in particolare, non già perché non ancora introdotta nell'ordinamento all'epoca del frazionamento negoziale, quanto piuttosto perché il reato era già prescritto all'epoca di esercizio dell'azione penale (avvenuto in data 16 novembre 2012, momento in cui il P.M. aveva emesso il decreto di citazione a giudizio a carico dei ricorrenti, per cui tale primo atto interruttivo della prescrizione era intervenuto dopo che era già decorso il termine ordinario di prescrizione di 4 anni).

La S.C. ha quindi fatto applicazione del consolidato principio secondo cui non è consentito, in caso di lottizzazione abusiva, disporre la confisca dei terreni interessati da essa nonché dei manufatti su di essa insistenti – confisca altrimenti obbligatoria in ipotesi di accertamento, anche in via astratta, della penale responsabilità degli imputati – ove il reato in questione debba intendersi già prescritto al momento in cui è stata esercitata l'azione penale, in quanto la intervenuta prescrizione, comportando comunque la estinzione del reato e, pertanto, la irrilevanza penale del fatto storico commesso, si pone come fattore assolutamente preclusivo all'accertamento, anche sotto la più limitata prospettiva ora in discorso, della ricorrenza degli elementi oggettivi e soggettivi da cui dipende la esistenza del reato (la sentenza richiama Cass. pen., Sez. III, 16 febbraio 2011, n. 5857 e Cass. pen., Sez. III,24 luglio 2009, n. 30933, nonché, nel senso della illegittimità anche del sequestro preventivo dell'area lottizzata in una fattispecie del tipo di quella descritta, Cass. pen., Sez. III, 23 agosto 2016, n. 35313, secondo cui «il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei terreni oggetto di ipotizzata lottizzazione abusiva non può essere legittimamente adottato quando l'esercizio dell'azione penale risulti precluso, essendo già maturata la prescrizione del reato, poiché in tal caso è impedito al giudice di compiere, nell'ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la piena partecipazione degli interessati, l'accertamento del reato -nei suoi estremi oggettivi e soggettivi - e della sussistenza di profili quanto meno di colpa nei soggetti incisi dalla misura, presupposto necessario per disporre la confisca anche in presenza di una causa estintiva del reato»).

Osservazioni

La sentenza ripropone la questione della responsabilità per il reato di lottizzazione abusiva nella forma mista, la cui configurabilità si iscrive nel pacifico orientamento (anche di recente ribadito da Cass. pen., Sez. III, 20 febbraio 2018, n. 14053) secondo cui la contravvenzione di lottizzazione abusiva è reato a forma libera e progressivo nell'evento, che sussiste anche quando l'attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o all'esecuzione delle opere, posto che tali iniziali attività non esauriscono l'"iter" criminoso, che si protrae attraverso gli ulteriori interventi che incidono sull'assetto urbanistico, con ulteriore compromissione delle scelte di destinazione ed uso del territorio riservate all'autorità amministrativa competente).

Perché possa parlarsi di lottizzazione abusiva "mista" è necessario che già l'attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti integri il reato poi protrattosi nella successiva edificazione (trattasi, infatti, come precisato da Cass. pen., Sez. III, 28 febbraio 2012, n. 12772, di reato progressivo nell'evento, che sussiste anche quando l'attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o alle opere già eseguite, non esaurendo tali iniziali attività il percorso criminoso e protraendosi quest'ultimo attraverso gli interventi successivi incidenti sull'assetto urbanistico).

Ai fini della rilevanza penale dell'attività di frazionamento, va ribadito il costante orientamento secondo cui la vendita di un terreno frazionato in lotti, ovvero sulla base di quote che impongono al suolo un equivalente assetto proprietario, è idonea ad integrare il reato di lottizzazione abusiva c.d. negoziale, tutte le volte che da elementi indiziari - indicati con elencazione non tassativa dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30, comma 1, (T.U.) - risulti in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (Cass. pen., Sez. III, 26 ottobre 2007, n. 6080).

Di conseguenza, non integra il reato di lottizzazione abusiva il frazionamento di un terreno in più lotti, all'interno dei quali siano realizzate opere conformi alla vocazione agricola dell'area, trattandosi di interventi che non costituiscono mutamento della destinazione d'uso o trasformazione in senso urbanistico della zona (Cass. pen., Sez. III, 3 dicembre 2013, n. 965, in una fattispecie in cui la Corte ha annullato il sequestro dei terreni sui quali erano state messe a dimora siepi e piante di alto fusto e realizzate opere irrigue e Cass. pen., Sez. III, 11 luglio 2012, n. 38505, in una fattispecie di frazionamento di un terreno agricolo in più lotti espressamente destinati dal venditore alla coltivazione e di fatto adibiti dagli acquirenti a tale finalità).

Inoltre, il frazionamento di un terreno non deve necessariamente avvenire mediante apposita operazione catastale che preceda le vendite o comunque gli atti di disposizione, ma può realizzarsi con ogni altra forma di suddivisione fattuale dello stesso, dovendosi ritenere che il termine "frazionamento" presente nel cit. T.U., art. 30, comma 1 - sia stato utilizzato dal legislatore in modo atecnico, con riferimento a qualsiasi attività giuridica che abbia per effetto la suddivisione in lotti di una più ampia estensione territoriale, comunque predisposta od attuata ed anche se avvenuta in forma non catastale, attribuendone la disponibilità ad altri al fine di realizzare una non consentita trasformazione urbanistica o edilizia del territorio (Cass. pen., Sez. III, 4 novembre 2014, n. 6180, in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza impugnata che aveva giudicato penalmente rilevante la materiale suddivisione di un fondo attraverso la realizzazione di muretti e recinzioni per separare i singoli lotti dall'area in cui era stato abusivamente realizzato un edificio).

Può configurarsi, perciò, lottizzazione negoziale anche nell'ipotesi corrispondente a quella in esame in cui venga stipulato un solo atto di trasferimento a più acquirenti, i quali pervengano nella disponibilità e/o nel godimento di quote di un terreno indiviso e questo, anzi, è un meccanismo al quale si è fatto frequentemente ricorso proprio con l'intento di aggirare, attraverso una forma stipulatoria "mascherata", il divieto di lottizzazione posto dal legislatore (Cass. pen., Sez. III, n. 6080/2008, cit.).

L'elemento essenziale, quindi, è che risulti in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio degli immobili oggetto dell'attività negoziale (Cass. pen., Sez. III, 14 luglio 2010, n. 35968), i quali non devono essere necessariamente lotti o terreni, ma ben possono essere anche edifici già costruiti, quando il loro frazionamento si ponga in contrasto con le scelte programmatiche sull'uso del territorio compiute dalle competenti autorità locali (Cass. pen., Sez. III, 16 maggio 2013, n. 38001, che ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che ha ravvisato la sussistenza del reato con riguardo ad una vicenda di "conversione" di un complesso immobiliare alberghiero in una pluralità di unità immobiliari autonome, attuata mediante plurimi atti di compravendita; in tema v. anche Cass. pen., Sez. III, 13 luglio 2009, n. 39078, che, dopo aver ribadito il principio secondo cui il reato di lottizzazione abusiva è configurabile non soltanto nel caso in cui oggetto della condotta illecita siano terreni illegittimamente frazionati, ma anche nel caso in cui si tratti di edifici già costruiti, in quanto l'alienazione frazionata dei singoli immobili, per il principio dell'accessione, è intimamente connessa al frazionamento in lotti del terreno su cui tali immobili sono stati edificati, ha precisato che tale esegesi non viola il divieto di analogia "in malam partem", ma è frutto di un'interpretazione logicamente estensiva dell'art. 30, d.P.R. 380/2001).

Dal principio che anche il reato di lottizzazione abusiva è integrato già con il frazionamento e la vendita dei terreni e può proseguire con la successiva esecuzione delle opere edilizie e di urbanizzazione primaria e secondaria, poiché queste compromettono ulteriormente le scelte di pianificazione dell'assetto urbanistico riservate alla pubblica amministrazione, deriva che il concorso nel reato del venditore lottizzatore permane sino a quando continua l'attività edificatoria degli acquirenti, anche se successiva all'alienazione dei lotti (Cass. pen., Sez. III, 18 settembre 2013, n. 42361).

In generale, infatti, il momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva "mista" si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento; ne consegue che, ai fini del calcolo del tempo necessario per la prescrizione, per il concorrente non è rilevante il momento in cui è stata tenuta la condotta di partecipazione, ma quello di consumazione del reato, che può intervenire anche a notevole distanza di tempo (Cass. pen., Sez. III, 20 settembre 2017, n. 48346; conforme Cass. pen., Sez. III, 14 luglio 2010, n. 35968, secondo cui il momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva "mista" si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento).

Di conseguenza, l'alienazione delle costruzioni realizzate sui singoli lotti, già oggetto di frazionamento abusivo, non costituisce un "post factum" non punibile, ma protrae la commissione del reato di lottizzazione mista, nella sua forma negoziale, per tutti coloro che partecipano all'atto (Cass. pen., Sez. III, 20 aprile 2011, n. 20006, in cui la Corte ha ulteriormente precisato che la permanenza continua per ogni concorrente nel reato di lottizzazione abusiva sino a che perdura la condotta volontaria di ciascuno di essi e la possibilità di far cessare la condotta antigiuridica dei concorrenti).

La natura negoziale o mista della lottizzazione incide, infine, anche sull'oggetto della confisca.

Infatti, nel caso in cui si accerti un preventivo frazionamento di un'area abusivamente lottizzata, la confisca prevista dall'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 investe l'intera area interessata dall'intervento lottizzatorio e dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere urbanizzative, non rilevando l'esistenza in atto di un'attività edificatoria; diversamente, nel caso in cui si sia conferito di fatto un diverso assetto al territorio senza predisporre un frazionamento fondiario, la confisca deve limitarsi a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dall'edificazione e dalla realizzazione delle infrastrutture (Cass. pen., Sez. III, 26 giugno 2008, n. 37472).

Guida all'approfondimento

GALASSO, La lottizzazione abusiva comprende qualsiasi forma di frazionamento urbano, in Diritto & Giustizia;

PAGANINI, Esclusa la lottizzazione abusiva a scopo edificatorio con il mero frazionamento del terreno promesso in vendita, in Diritto & Giustizia, ;

RAMACCI, I reati edilizi, Giuffrè 2016, 215 ss;

RUGGIERO, Lottizzazione abusiva: pubblica amministrazione e rigore giurisprudenziale, in Ambiente e sviluppo, 2003, VII, 671;

SPENA, Caratteri essenziali del reato di lottizzazione abusiva: autonomia della fattispecie rispetto all'irrogazione della confisca e possibili effetti su soggetti terzi in seguito alla condotta illecita perpetrata, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, 2011, I, 283.

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