Bonus affitti: illegittimo chiedere un periodo di residenza solo agli immigrati

Redazione Scientifica
19 Settembre 2018

Secondo la Corte costituzionale è discriminatorio richiedere solo ai cittadini di Paesi non UE una certa durata di residenza quale requisito necessario per accedere al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione.

Il caso. La Corte d'appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 3, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 in riferimento all'art. 3 Cost..

Secondo la Corte rimettente, infatti, a parità di condizioni di bisogno tale norma discriminerebbe i cittadini dei Paesi non appartenenti all'UE in quanto richiederebbe solo per questi ultimi un periodo di residenza sul territorio nazionale o regionale, senza che sia ravvisabile alcuna ragionevole correlazione tra la durata della residenza e l'accesso alla misura di sostegno al pagamento del canone di locazione.

Illegittimo chiedere solo agli immigrati una certa durata di residenza. Secondo la Corte costituzionale nel merito la questione è fondata.

Il sostegno alle abitazioni in locazione è stato istituito dall'art. 11, l. 9 dicembre 1998, n. 431 e consiste in un contributo destinato al pagamento del canone, da erogarsi a soggetti che si trovino in una situazione di indigenza qualificata. Dieci anni dopo l'istituzione del fondo, il d.l. n. 112/2008 ha introdotto una distinzione tra i conduttori beneficiari, richiedendo requisiti ulteriori per accedere ai fondi ai solo cittadini di Stati non appartenenti all'UE o apolidi.

In particolare l'art. 11, comma 13, prevede solo per gli “immigrati” una certa durata della residenza, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale mentre per i cittadini italiani ed europei tale requisito non è richiesto, fermi restando i criteri di carattere economico e l'attestazione di un contratto di locazione registrato ex art. 2 l. n. 431/1998.

È evidente, sostiene la Corte, che la disposizione censurata introduce un'irragionevole discriminazione a danno dei cittadini di Paesi non europei in quanto richiede solo ad essi il possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione per accedere a un beneficio volto ad alleviare situazioni di estrema povertà.

Non è da escludere che il legislatore possa prevedere il possesso di requisiti attestanti il radicamento sociale del richiedente (di carattere residenziale o lavorativo) ma ciò deve avvenire nel rispetto dei principi costituzionali e della normativa europea.

Per questi motivi, la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, comma 13, d.l. n. 112/2008.

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