Notifica di atti a mezzo posta e raccomandata informativa

Sergio Matteini Chiari
19 Settembre 2018

La questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte è stata quella di stabilire se, ai fini della dimostrazione dell'avvenuta spedizione della comunicazione di avvenuta notifica, prescritta dall'art. 7, comma 6, della l. n. 890/1982 (nel testo vigente ratione temporis) per il caso di consegna del plico contenente l'atto da notificare a persona diversa dal destinatario, debba considerarsi sufficiente l'attestazione dell'avvenuta spedizione della raccomandata informativa, con l'indicazione dei relativi estremi, inserita dall'agente postale nell'avviso di ricevimento del plico.
Massima

Nell'ipotesi di notifica di un atto, a mezzo posta, a persona diversa dal destinatario, ai sensi dell'art. 7, comma 6, della l. n. 890/1982, ai fini della dimostrazione dell'avvenuto invio della raccomandata informativa (cd. CAN) e, quindi, del perfezionamento della notifica, non è necessaria la produzione della ricevuta di spedizione laddove l'attestazione di tale adempimento, con l'indicazione di tutti i relativi estremi, sia stata inserita dall'agente postale nell'avviso di ricevimento del plico.

Il caso

AAA proponeva opposizione avverso cartella di pagamento con cui il Comune di ZZZ gli aveva intimato il pagamento di somma per violazione di norme del codice della strada, chiedendo che l'atto fosse dichiarato nullo per nullità della notifica (eseguita a mezzo posta mediante consegna dell'atto a persona diversa dal destinatario e seguita dalla comunicazione di avvenuta notifica mediante raccomandata non assistita dalla ricevuta di spedizione).

Sia il giudice di pace adito in prima istanza che il tribunale adito in sede di gravame respingevano la domanda, ritenendo la regolarità della notifica.

Avverso la seconda pronuncia AAA proponeva ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.

Il Comune di ZZZ resisteva con controricorso.

La questione

La questione giuridica sottoposta alla Corte Suprema di cassazione che interessa in questa sede è stata quella di stabilire se, ai fini della dimostrazione dell'avvenuta spedizione della comunicazione di avvenuta notifica (cd. CAN), prescritta dall'art. 7, comma 6, della l. n. 890/1982 (nel testo vigente ratione temporis) per il caso di consegna del plico contenente l'atto da notificare a persona diversa dal destinatario, debba considerarsi sufficiente, come avvenuto nel caso di specie, l'attestazione dell'avvenuta spedizione della raccomandata informativa, con l'indicazione dei relativi estremi, inserita dall'agente postale nell'avviso di ricevimento del plico oppure sia occorrente fornire prova dell'invio della raccomandata informativa mediante la produzione della ricevuta di spedizione.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha ritenuto infondata la doglianza (nullità della notifica per mancata produzione della ricevuta di spedizione della raccomandata informativa - cd. CAN) proposta dal ricorrente, argomentando come segue.

i) L'art. 7, comma 6, della l.n. 890/1982, nel testo vigente ratione temporis (la disposizione è stata abrogata dall'art. 1, comma 97-bis lett. f), della l. n. 190/2014, come modificato dall'art. 1, comma 461, della l. n.205/2017, a decorrere dal 1° gennaio 2018), recitava: «Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata».

ii) Le sentenze del Giudice di legittimità (Cass. civ., sez. I, 4 aprile 1998, n. 3497; Cass. civ., sez. V, 10 dicembre 2014, n. 25985; Cass. civ., sez. V, 8 maggio 2015, n. 9358) richiamate da parte ricorrente per dare supporto alla tesi che la prova della spedizione della raccomandata contenente il CAN sia data mediante la produzione in giudizio della relativa ricevuta di spedizione dovevano ritenersi non pertinenti, giacché pronunciate con riferimento ad un tessuto normativo affatto diverso da quello venuto in considerazione nel caso concreto, riferendosi alla procedura notificatoria di cui all'art. 140 c.p.c. e, in particolare, alla comunicazione di avvenuto deposito dell'atto nella casa comunale che l'ufficiale giudiziario o il messo notificatore devono effettuare nel caso in cui destinatario della notificazione non sia stato reperito nella sua residenza per temporanea assenza; comunicazione che, per espresso disposto normativo, deve essere spedita con raccomandata con avviso di ricevimento.

iii) La Suprema Corte ha, quindi, osservato che, con riguardo al caso venuto all'attenzione, la comunicazione di avvenuta notifica dell'atto a persona diversa dal destinatario, in assenza di una prescrizione normativa di utilizzo della raccomandata con avviso di ricevimento, può essere legittimamente effettuata con raccomandata semplice; ponendosi, così, sul solco tracciato da Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2015, n. 10554, secondo cui «la previsione letterale della sola raccomandata senza avviso di ricevimento, quando si tratta di dare notizia al destinatario dell'avvenuta notifica dell'atto a persona che, secondo una ragionevole previsione, è a contatto con il destinatario, trova giustificazione della propria diversità nell'ambito di un sistema dove è richiesto sempre l'avviso di ricevimento per la notificazione dell'atto e dove lo stesso avviso viene richiesto qualora l'atto non si sia potuto consegnare a persona "vicina", ma è stato depositato in un ufficio lontano dal normale accesso del destinatario. Ed infatti, le persone che ricevono l'atto sono soggetti che, o per vincoli contrattuali o per vincoli parentali, secondo l'id quod plerumque accidit consegneranno l'atto al destinatario».

iv) La Suprema Corte ha, inoltre,osservato che nulla poteva ritenersi ostativo a che anche con riguardo alla comunicazione di avvenuta notifica di cui all'art. 7 dellal. n. 890/1982 fosse applicabile il principio, già più volte affermato con riguardo a fattispecie similari, secondo cui l'attestazione di avvenuto invio di una raccomandata, con l'indicazione del solo numero (ossia senza che si precisi a chi, ed in quale indirizzo, essa sia stata spedita), copre con fede privilegiata soltanto la dichiarazione di avvenuto invio di una raccomandata con quel numero; con la conseguenza che, in tal caso, la prova del fatto che la stessa sia stata spedita al destinatario della notifica, presso il suo indirizzo, va fornita, da chi è interessato a dimostrare la ritualità della notifica, producendo la relativa ricevuta di spedizione o deducendo altro idoneo mezzo di prova.

v) Immediatamente a seguire, la Suprema Corte ha, peraltro, annotato che, nel caso concreto, così come rilevato dal giudice di merito, con accertamento di fatto che non aveva formato oggetto di specifica censura nel ricorso per cassazione, doveva ritenersi provato l'invio della raccomandata informativa, senza necessità che ne fosse prodotta la relativa ricevuta di spedizione, giacché nell'avviso di ricevimento della raccomandata contenente il verbale di contestazione era presente «l'attestazione di spedizione a cura dell'ufficiale postale completa dell'indicazione dei relativi estremi» e che tale presenza della completa indicazione degli estremi della raccomandata informativa (e, dunque, non del solo numero di tale raccomandata, ma di tutte le indicazioni necessarie a fornire la prova della persona a cui essa era stata spedita e dell'indirizzo di spedizione) – soddisfaceva le esigenze probatorie a cui fa riferimento il principio di diritto riportato sub iv), rendendo quindi irrilevante, nella specie, la mancata produzione della ricevuta di spedizione».

Osservazioni

i) Alla sentenza in commento, ben scritta e ben motivata, nonché conforme al pensiero più volte espresso dai Giudici di legittimità (si vedano Cass. civ., sez. VI, 7 giugno 2018, n. 14722 e Cass. civ., sez. L, 16 giugno 2016, n. 12438) non può, ormai, attribuirsi se non valore storico, pur potendo rivestire interesse per situazioni similari, peraltro non agevolmente ipotizzabili.

Nell'attualità, invero,in ragione delle modifiche apportate dall'art. 1, comma 461, dellalegge 27 dicembre 2017, n. 205 (cd. legge di stabilità 2018), è venuta meno (abrogazione implicita) la proposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 7 della l. n. 890/1982, secondo cui nelle ipotesi in cui il piego non fosse stato consegnato personalmente al destinatario, l'addetto alla notifica aveva l'obbligo di dare notizia al destinatario medesimo, mediante lettera raccomandata, dell'avvenuta notificazione dell'atto.

In altri termini, è stato soppresso l'obbligo di invio della raccomandata cd. informativa, in tal modo dando valenza normativa alla «supposizione», forse un po' troppo fideistica, che le persone (quelle indicate nell'art. 139 c.p.c.) che abbiano ricevuto l'atto da notificare in assenza del destinatario dello stesso sono soggetti che, o per vincoli contrattuali o per vincoli parentali, secondo l'id quod plerumque accidit consegneranno l'atto al destinatario.

ii) Merita, inoltre, osservare che la Suprema Corte sarebbe potuta pervenire alla medesima soluzione data anche nell'ipotesi in cui la notifica in questione si fosse potuta ritenere affetta da vizio di nullità.

Ed invero, tale eventuale vizio si sarebbe dovuto ritenere sanato ex art. 156, comma 3, c.p.c., con efficacia ex tunc, in ragione del raggiungimento dello scopo della notifica («provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità»), stante la constatata insussistenza di vulnera all'esercizio del diritto di difesa da parte dell'intimato, esplicato mediante la tempestiva opposizione alla cartella di pagamento, anche se mirata al solo fine di eccepire la nullità della notifica della stessa (v., in tal senso, Cass. civ., Sez. Un., 20 luglio 2016; Cass. civ., sez. V, 9 maggio 2018, n. 11051; Cass. civ., sez. V, ord. 25 maggio 2018, n. 13093; Cass. civ., sez. V, 9 maggio 2018, n. 11043; Cass. civ., sez. VI, ord. 12 luglio 2017, n. 17198).

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