Codice Civile art. 1121 - Innovazioni gravose o voluttuarie 1 .Innovazioni gravose o voluttuarie1. [I]. Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. [II]. Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. [III]. Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera [1108 1]. [1] In deroga al presente articolo v. art. 10, comma 9 d.l. 18 aprile 2019, n. 32, conv. con modif. in l. 14 giugno 2019, n. 55. InquadramentoDal combinato disposto degli artt. 1120 c.c. – al cui commento si rinvia – e 1121 c.c. si desume che il legislatore accoglie nei riguardi delle innovazioni tre diverse soluzioni: a) talora le ammette, a mezzo di deliberazione adottata con la maggioranza prevista dall'art. 1120, comma 1, c.c., ove «dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni», ovvero con la maggioranza inferiore prevista in ipotesi di innovazioni a quorum facilitato, di cui al secondo comma della stessa disposizione; b) talora le vieta, trattandosi di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, ovvero che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 1120 c.c.; c) talora le consente, esonerando i dissenzienti dalle spese, qualora siano gravose o voluttuarie, ma, trattandosi di innovazioni suscettibili di utilizzazione separata, consentendo loro successivamente di far proprie le innovazioni dietro pagamento del necessario contributo. A tale ultimo riguardo, si possono definire le due diverse fattispecie di innovazioni: a) per innovazione gravosa, si intende quell'«opera nuova» la quale comporti, per la sua realizzazione, una spesa gravosa, vale a dire un esborso pecuniario, a titolo di onere condominiale ed a carico dei condomini, di una certa entità; b) per innovazione voluttuaria, ci si riferisce a quell'opera nuova che, pur essendo destinata a servizio od ornamento di un preesistente bene comune, non comporta una rilevante utilità per la compagine condominiale ovvero non fornisce rilevabili vantaggi (Celeste). Due le possibilità che le innovazioni gravose o voluttuarie abbiano luogo: ciò può accadere da un lato in caso di opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, con conseguente possibilità di esonero dei condomini dissenzienti da ogni contribuzione, dall'altro lato, in caso di opere non suscettibili di utilizzazione separata, se – in forza del secondo comma della disposizione in commento – la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o comunque accettata si assume l'integrale carico della relativa spesa, che in ogni caso non può gravare sui condomini dissenzienti (Cass. II, n. 5028/1996; Cass. II, n. 428/1984). La differenza sta in ciò, che nella prima fisiologica ipotesi il condomino dissenziente non contribuisce, almeno provvisoriamente, alle spese ma, fintanto che non decida di aderire, neppure si avvale dell'innovazione, mentre, nella seconda ipotesi – si immagini il caso di lavori di abbellimento della facciata di rilievo tale da dar luogo alla fattispecie dell'innovazione – non contribuisce in via definitiva alle spese e, nondimeno, gode anch'egli dell'innovazione. L'onere della prova del carattere gravoso o voluttuario della spesa è posto a carico del condomino interessato, ossia di colui il quale, una volta riconosciuta la gravosità o voluttuarie età, ne verrebbe esonerato, vertendosi in ipotesi di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali (Cass. II, n. 2408/1981). Occorre infine segnalare che l'art. 1121 c.c. non è ricompreso tra quelli inderogabili ad opera del regolamento condominiale. È stato tuttavia affermato che la previsione della norma in commento debba essere nondimeno giudicata inderogabile in quanto espressione di un principio di tutela della minoranza dissenziente (Branca, 444). Caratteri generali delle innovazioni gravose o voluttuarieSecondo un'opinione dottrinale, il carattere molto gravoso della spesa da sostenere ai fini dell'innovazione va desunto anche in considerazione della condizione finanziaria di coloro che la debbono sopportare, raffrontata alla utilità che dalla sua erogazione possa derivare (Salis, 150). Come è stato osservato, tale opinione non solo appare pienamente coerente con l'intero sistema normativo sul condominio – nel quale non è consentito alla maggioranza incidere sui diritti esclusivi dei singoli – ma consente anche una regolamentazione degli interessi più rispondente a criteri di solidarietà tra conviventi nel medesimo edificio (Celeste). La Suprema Corte, diversamente dalla dottrina, propende per la connotazione esclusivamente oggettiva della gravosità, alla luce del dato testuale, riferito alle particolari condizioni ed all'importanza dell'edificio (Cass. II, n.428/1984; App. Milano 9 settembre 1988; v. pure Trib. Milano 4 maggio 1989, secondo cui la circostanza che l'impugnante fosse uno studente privo di reddito da lavoro proprio non incideva sulla legittimità della deliberazione dell'assemblea). In particolare, in assenza di un criterio normativo, è affidata alla valutazione discrezionale del giudice stabilire se i lavori straordinari deliberati dall'assemblea condominiale siano o meno da ritenere innovazione gravosa o voluttuaria ex art. 1121 (Trib. Bari 4 settembre 2012). La conseguenza diretta dell'utilizzazione di un criterio oggettivo nella valutazione della gravosità o voluttuarietà di un'innovazione consiste nel fatto che le condizioni economiche o le preferenze personali dei singoli condomini sono del tutto irrilevanti in ordine a detta valutazione. Quanto alle innovazioni voluttuarie, si afferma che devono qualificarsi tali non già quelle arbitrarie, bizzarre o capricciose, bensì le innovazioni dirette a rendere più confortevole l'uso del bene, anche in considerazione delle caratteristiche dello stabile condominiale: sicché, ad esempio, deve ammettersi la legittimità dell'installazione di un giardino pensile sul lastrico solare di una casa di lusso, ma non di una casa popolare (Costantino, 297). Secondo altri, la innovazione deve considerarsi voluttuaria quando la spesa che comporta la sua esecuzione e manutenzione non è compensata da un corrispondente aumento di vantaggi che ai singoli proprietari di appartamenti derivano dal godimento della parte comune in cui essa è introdotta, o dell'impianto, manufatto in cui essa consiste; tale criterio va temperato, nelle varie ipotesi pratiche, tenendo conto del carattere dell'edificio, del sistema di costruzione, dei materiali impiegati, della destinazione data dai proprietari agli appartamenti che compongono l'edificio (Triola, 362). Il giudizio sul carattere voluttuario dell'intervento ha dunque carattere oggettivo, giacché non sono prese in considerazione dalla norma le condizioni concernenti la sfera soggettiva dei condomini, e tuttavia relativo, considerata la evidenziata necessità di tener conto dello specifico edificio (Visco, 270). In giurisprudenza si tende ad intendere le innovazioni voluttuarie quali innovazioni sostanzialmente prive di utilità (Cass. II, n.428/1984; App. Milano 9 settembre 1988). In sintesi, con riguardo ad entrambe le categorie, si può affermare che: a) un'innovazione va qualificata come gravosa se tale è il suo costo in relazione alle specifiche caratteristiche dell'edificio alla quale accede, a prescindere dalla capacità reddituale personale dei singoli condomini; b) un'innovazione va qualificata come voluttuaria se il suo rapporto di accessorietà con i beni comuni non comporta, per questi ultimi, una rilevante utilità, a prescindere dall'effettivo utilizzo da parte delle persone dei condomini o delle loro individuali preferenze in ordine al godimento di tale nuova opera. Con particolare riguardo all'attitudine della cosa all'utilizzazione separata, opera un criterio di tipo oggettivo, collegato alle caratteristiche del bene e non alla volontà e dei comportamenti dei singoli condomini; l'utilizzazione separata, cioè, richiede che l'innovazione, nel suo oggettivo rilievo, sia strutturalmente idonea a servire una parte dei condomini, indipendentemente dalla loro volontà di avvalersene, e sempre che ciò determini una limitazione dell'utilizzo dei restanti beni. Perciò, come si diceva, nel caso di innovazione gravosa o voluttuaria il cui utilizzo possa essere riservato ad una parte soltanto dei condomini, gli altri condomini non partecipano ad alcuna spesa finalizzata all'innovazione, mentre, in caso di innovazione gravosa o voluttuaria non suscettibile di utilizzazione separata, per le sue caratteristiche funzionali o strutturali, essa è posta a servizio e godimento dell'intera compagine condominiale, ma la relativa spesa di realizzazione è posta a carico dei soli condomini che intendono realizzarla. Nel caso delle innovazioni gravose o voluttuarie, pertanto, non trova applicazione il sistema ordinario di gestione dei beni comuni condominiali, il quale si basa sul sistema maggioritario, in forza del quale la volontà della maggioranza vincola la minoranza dissenziente anche in ordine al riparto delle spese. In tal senso, si afferma che, quando l'innovazione importi una spesa molto gravosa o quando la sua esecuzione abbia carattere voluttuario, viene meno il principio generale secondo cui la delibera, che, con la maggioranza prevista dalla legge, dispone un'innovazione, vincola tutti i partecipanti al condominio, i quali sono obbligati a contribuire alla relativa spesa (Trib. Milano 19 settembre 1960). Tale lettura del dato normativo trova conferma nella giurisprudenza di legittimità secondo la quale la norma di cui all'art. 1120 c.c., nel prescrivere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, tende a disciplinare l'approvazione di quelle innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condomini; viceversa, ove non debba procedersi a tale ripartizione per essere stata la spesa relativa alle innovazioni di cui si tratta assunta interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui all'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, ed in applicazione della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto, e, pertanto, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune; ne consegue che, ricorrendo dette condizioni, il condomino ha facoltà di installare a proprie spese nella tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini, e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo (Cass. II, n. 3508/1999). In definitiva, nel caso considerato non si è dinanzi ad una deliberazione assembleare riconducibili alla consueta tipologia, giacché non esiste una minoranza dissenziente la quale subisca gli effetti giuridici ed economici della deliberazione adottata. In definitiva, la disciplina dettata dall'art. 1121 c.c., più che inalvearsi nel solco della norma generale dettata in materia di innovazioni, ossia l'art. 1120 c.c., sembra essere piuttosto debitrice della fondamentale regola posta dall'art. 1102 c.c., in applicazione del quale «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto» potendo a tal fine «apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa». Ciò trova evidente riscontro, del resto, come osservato in dottrina (Celeste), nel collegamento tra le due norme ravvisato dalla giurisprudenza, laddove si sofferma ad individuare gli esatti limiti previsti dall'art. 1102 c.c. per l'attività migliorativa effettuata dal singolo condomino, includendovi anche gli interventi innovativi, giacché alle modificazioni consentite al singolo condomino ex art. 1102, comma 1, c.c. si applica anche, in via analogica, per l'identità di ratio, il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato previsto in materia di innovazioni dall'art. 1120, ultimo comma, c.c. (Cass. II, n. 12343/2003). La proprietà dell'innovazioneConsiderato, quindi, che, nel caso delle innovazioni gravose o voluttuarie – a prescindere dalla ripartizione delle spese di realizzazione che è posta sempre a carico dei condomini che hanno deciso l'opera – si verificano due distinte ipotesi dipendenti dalla possibilità (o meno) di un godimento separato dell'opera, occorre, a questo punto, analizzare quali sono le conseguenze giuridiche in ordine alla proprietà dell'opera nuova. A tale proposito, appare quasi scontato affermare che i condomini che hanno realizzato (e sostenuto economicamente) l'opera nuova ne divengono i soli proprietari nella misura in cui, però, la destinazione del bene realizzato (si pensi all'ascensore) sia quella di essere a servizio od ornamento esclusivo delle porzioni immobiliari di loro proprietà; qualora, invece, la destinazione della nuova opera realizzata con l'innovazione (si pensi ad un intervento innovativo sulla facciata) sia a servizio dell'intero stabile – o anche di una parte di esso la quale, comunque, comprenda porzioni di piano i cui titolari hanno preferito non partecipare all'innovazione e non sostenerne le spese di realizzazione – la relativa proprietà spetterà in capo ai titolari delle porzioni immobiliari esclusive servite. Tale affermazione ben può definirsi pacifica e corrisponde all'applicazione del principio in base al quale la destinazione del bene è in grado di determinarne la proprietà in deroga all'art. 1117 c.c. (vale a dire allo stesso modo del titolo contrario ivi previsto). Per tale impostazione si veda la pronuncia in base alla quale il diritto di condominio sulle parti comuni dell'edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l'esistenza oppure che siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune – nella specie, spazio esterno al fabbricato assimilato al cortile – e di tali parti, l'art. 1117 c.c. fa un'elencazione non tassativa ma meramente esemplificativa, per cui la disposizione può essere superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno in questi casi il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione particolare del bene vince l'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario (Cass. II, n. 7889/2000). Per quanto riguarda le innovazioni gravose o voluttuarie, è confermato un identico principio dalla massima secondo cui, con particolare riferimento alla comproprietà dell'ascensore, quest'ultimo, quando non sia installato originariamente nell'edificio all'atto della sua costruzione e vi venga installato successivamente per iniziativa di tutti o parte dei condomini, non costituisce proprietà comune di tutti i condomini, bensì appartiene in proprietà a quei condomini che l'hanno impiantato a loro spese, salva la facoltà degli altri condomini prevista dall'art. 1121, ultimo comma, c.c., di partecipare successivamente alla innovazione (Cass. II, n. 3314/1971). In piena conformità con l'indicato orientamento è stato anche di recente ribadito che l'ascensore, installato nell'edificio dopo la costruzione di quest'ultimo per iniziativa di parte dei condomini, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene in proprietà a quelli di loro che l'abbiano impiantato a loro spese. Ciò dà luogo nel condominio ad una particolare comunione parziale dei proprietari dell'ascensore, analoga alla situazione avuta a mente dall'art. 1123, comma 3, c.c., comunione che è distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi. L'art. 1121, comma 3, c.c. fa, infatti, salva agli altri condomini la facoltà di partecipare successivamente all'innovazione, divenendo partecipi della comproprietà dell'opera, con l'obbligo di pagarne pro quota le spese impiegate per l'esecuzione, aggiornate al valore attuale (Cass. II, n. 10850/2020). La gestione dell'innovazioneSe è vero che la realizzazione di un'innovazione gravosa o voluttuaria viene stabilita dai soli condomini interessati (e solo da questi economicamente sostenuta), tanto che difficilmente, a tale proposito, si può parlare di delibera basata sul principio maggioritario, una volta compiuta l'opera nuova, la gestione (ordinaria e straordinaria) della stessa deve essere ricondotta nel normale alveo della disciplina condominiale. In altri termini, una volta concretizzato il nuovo bene, la sua gestione torna ad essere decisa in sede assembleare, nel rispetto del procedimento previsto dal codice civile, ed in attuazione del principio maggioritario in base al quale la formazione della volontà dell'ente condominiale corrisponde alla volontà della maggioranza dei partecipanti (a volte, secondo quorum qualificati). Nel caso che l'opera riguardi solo alcuni condomini – circostanza assolutamente consequenziale nel caso di un'innovazione gravosa o voluttuaria con uso separato – si verificherà il fenomeno del c.d. condominio parziale in applicazione del quale l'ente condominiale si restringerà ad una sola parte dei partecipanti in relazione ai quali andranno applicate le norme gestionali e procedimentali previste dal codice; in altri termini, qualora l'opera sia di proprietà di alcuni condomini, all'assemblea convocata per le decisioni in merito alla sua gestione dovranno essere convocati i soli condomini interessati, i quali soltanto avranno diritto di partecipare alle relative decisioni. È espressione di tale impostazione la pronuncia secondo la quale i presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per l'uso, oppure sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'art. 1123, comma 3, c.c. che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti; ne consegue che, dalle situazioni di c.d. condominio parziale, derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazione delle spese, in particolare non sussistendo il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto (Cass. n. 7885/1994). FattispecieGuardando al responso giurisprudenziale, è stato escluso il carattere gravoso o voluttuario della sostituzione di una inefficiente cabina dell'ascensore con una nuova dello stesso tipo, trattandosi invece di riparazione straordinaria resa necessaria dall'antieconomicità del semplice ripristino attraverso interventi di manutenzione ordinaria (Cass. II, n. 62/1968). Nella stessa prospettiva si è detto che non costituisce innovazione gravosa o voluttuaria il rivestimento in travertino della facciata dello stabile condominiale fino all'altezza di m. 2,65, ed a maggior ragione il rifacimento del rivestimento in marmo già esistente (Pret. Taranto 27 maggio 1986). Parimenti, la sostituzione del cancello di ingresso al piano interrato, ove si trovano i box di proprietà dei condòmini integra non innovazione gravosa o voluttuaria, ma intervento di carattere conservativo (App. Lecce 27 agosto 2004). Allo stesso modo l'applicazione dell'art. 1121 c.c. è stata esclusa in un caso in cui oggetto della delibera era la ratifica dell'esecuzione di lavori di fornitura e posa in opera di rinforzi metallici per recinzione esistente e cancelletto con tamponatura e cappottina superiore, per una spesa totale di € 2123,00 da ripartire tra i condomini (Trib. Bari 29 giugno 2016). Ancora, è di interesse la pronuncia secondo cui la realizzazione di un «cappotto termico» sulle superfici esterne dell'edificio condominiale non rientra tra le innovazioni voluttuarie o gravose di cui all' art. 1121 c.c., né configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell'intero fabbricato ma, in quanto finalizzata alla coibentazione dell'edificio condominiale ed al miglioramento della sua efficienza energetica, va ricompresa tra le opere destinate al vantaggio comune dei proprietari, inclusi quelli dei locali terranei; ne consegue che, ove la sua realizzazione sia deliberata dall'assemblea, trova applicazione l' art. 1123, comma 1, c.c., per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (Cass. II n. 10371/2021). Non costituisce innovazione gravosa o voluttuaria neppure la trasformazione della superficie del cortile antistante il fabbricato condominiale, avente caratteristiche di lusso, da terra battuta in piastrelle di cemento pressato (Trib. Roma 28 ottobre 1970), ovvero la sostituzione di un'antenna televisiva centralizzata per la ricezione in bianco e nero con un'altra per la ricezione a colori (Pret. Roma 13 febbraio 1979). Per espressa previsione legislativa, inoltre, l'installazione di antenna centralizzata Tv parabolica non configura l'innovazione voluttuaria suscettibile di utilizzazione separata di cui all'art. 1121: difatti, la l. 20 marzo 2001, n. 66, di conversione del d.l. 23 gennaio 2001, n. 5, recante «Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni rediotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi», all'art. 2-bis, comma 13, d.l. n. 5 del 2001, prevede testualmente, come si è visto nel commento all'art. 1120 c.c., che al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c. (Trib. Novara 14 luglio 2009). Al contrario, è stato detto – ma si tratta di una linea di ragionamento che non appare più attuale, anche alla luce del modificato quadro normativo – che l'installazione di una antenna televisiva centralizzata, deliberata dall'assemblea dei condomini, è una innovazione suscettibile di utilizzazione separata, e, di regola, è anche di carattere voluttuario, considerato che il vantaggio della innovazione consiste non tanto nel far usufruire della televisione, esistendo già l'impianto individuale, quanto nel consentire una migliore o più ampia ricezione di programmi. Pertanto i condòmini dissenzienti hanno diritto di essere esonerati, ai sensi dell'art. 1121 c.c., dal contribuire alle spese (App. Genova 3 aprile 1984). È stato stabilito che condominio degli edifici, le innovazioni per le quali è consentito al singolo condomino, ex art. 1121 c.c. di sottrarsi alla spesa per la quota che gli compete, sono quelle che, oltre a riguardare impianti suscettibili di utilizzazione separata, hanno natura voluttuaria, cioè siano prive di utilità, ovvero risultino molto gravose, con riferimento oggettivo alle condizioni e alla importanza dell'edificio (Cass. II, n. 10483/2015, secondo cui non è un'innovazione voluttuaria ex art. 1121 c.c. l'apertura di un secondo ingresso, anche se non necessario, su una diversa strada, di uso più comodo ed agevole). Ha ricordato la Suprema Corte che in materia di condominio degli edifici, le innovazioni per le quali è consentito al singolo condomino, ai sensi dell'art. 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa per la quota che gli compete, sono quelle che, oltre a riguardare impianti suscettibili di utilizzazione separata, hanno natura voluttuaria, cioè siano prive di utilità, ovvero risultano molto gravose, con riferimento oggettivo alle condizioni e alla importanza dell'edificio. La relativa valutazione integra un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua. Nella specie, la corte di appello, tenuto conto delle oggettive condizioni e dell'importanza dell'edificio, aveva accertato, con motivazione adeguata e logica, che l'apertura di un nuovo accesso da una strada più larga e pianeggiante, costituiva un oggettivo miglioramento rispetto al precedente unico accesso da una strada di larghezza esigua ed in salita, facilitando anche le operazioni di carico e scarico di oggetti ingombranti e la sosta di vetture per il trasporto di persone e di cose. Correttamente, di conseguenza, la sentenza impugnata aveva escluso il carattere voluttuario dell'innovazione deliberata, non potendosi attribuire un simile connotato a un'opera che, benché non strettamente necessaria, si riveli comunque utile per il condominio, comportando, come nel caso un esame, un oggettivo miglioramento della funzionalità del fabbricato. Realizzazione dell'ascensore ad opera di alcuni condominiCaso ricorrente nella pratica è quello – cui si è avuto modo di accennare anche in precedenza – dell'ascensore realizzato in un preesistente stabile condominiale per iniziativa e a spese di alcuni soltanto dei condomini, generalmente quelli proprietari delle unità immobiliari collocati ai piani più alti. In generale, la realizzazione ex novo dell'impianto di ascensore in uno stabile che ne sia privo costituisce innovazione volta a soddisfare le esigenze dell'intera compagine condominiale giacché diretta nell'interesse di tutti al miglioramento o all'uso più comodo della cosa comune, sicché la relativa delibera va approvata con la maggioranza indicata dall'art. 1120, comma 1, c.c., al cui commento si rinvia, ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti pari ad almeno i due terzi del valore dell'edificio, secondo quanto previsto dall'art. 1136, comma 5, c.c. Se, però, l'installazione dell'ascensore abbia lo scopo dell'eliminazione di barriere architettoniche (art. 1120, comma 2, n. 1, c.c.: v. nel commento a detta disposizione) il quorum deliberativo si abbassa, trovando applicazione quello fissato dall'art. 1136, comma 2, c.c., ossia maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio. In ciascuna ipotesi, le spese di installazione dell'impianto ricadono su tutti i condomini secondo i millesimi di proprietà. Questione differente (Nicoletti) è quella, riconducibile alla previsione contenuta nell'art. 1121 c.c., dell'installazione dell'ascensore ad opera solo di quei condomini che ne abbiano sopportato integralmente la spesa. Già in epoca remota è stato affermato che l'installazione dell'ascensore in un edificio in condominio costituisce innovazione che può essere deliberata dall'assemblea condominiale con le maggioranze prescritte dall'art. 1136 c.c. e che, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, può essere attuata anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell'innovazione contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera. L'accertare se lo stato di fatto posto in essere in conseguenza della innovazione renda o meno talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino si risolve in un accertamento di fatto, di esclusiva competenza del giudice del merito e quindi sottratto ad ogni sindacato in sede di Cassazione quando sia sufficientemente motivato con ragionamento scevro di vizi logici e giuridici (Cass. II, n. 614/1963, in una fattispecie di ascensore installato all'esterno dell'edificio, in un angolo del cortile, con parziale utilizzazione delle finestre della scala per la fermata della cabina ai singoli piani)., L'interesse all'installazione, nonostante il dissenso di alcuni condòmini, dell'impianto di ascensore è cioè funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all'uso o al godimento degli altri condòmini, faciliti l'accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani (Cass. II , n. 19087/2022, in fattispecie in cui l'installazione di un ascensore, seppure di dimensioni ridotte, comportava una riduzione dell'ampiezza della scala, generando un disagio veramente minimo nell'uso quotidiano della stessa). I condomini ad iniziativa dei quali viene operata l'installazione dell'ascensore danno luogo, in questo caso, al sorgere di un condominio parziale sul bene (v. sub artt. 1117 e 1120 c.c.), ma non possono escludere il diritto degli altri condomini ad una partecipazione successiva all'innovazione, sebbene essi, in un primo tempo, abbiano dichiarato il proprio disinteresse ai vantaggi ad esso connessi. In tale ipotesi trova difatti applicazione la norma in commento, che attribuisce ai condomini inizialmente rimasti estranei all'innovazione il diritto di aderire successivamente, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera, diritto potestativo trasmettibile ai successori particolari fintanto che tutti i condomini non abbiano optato per la partecipazione all'innovazione (Cass. II, n. 8746/1993). In breve, come è stato anche di recente ribadito, la installazione ex novo di un ascensore in un edificio condominiale (le cui spese, a differenza di quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore già esistente, vanno ripartite non ai sensi dell'art. 1124 c.c., secondo l'art 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino) costituisce innovazione che può essere deliberata dalla assemblea condominiale con le maggioranze prescritte dall'art. 1136 c.c., oppure direttamente realizzata con il consenso di tutti i condomini, così divenendo l'impianto di proprietà comune. Trattandosi, tuttavia, di impianto suscettibile di utilizzazione separata, proprio quando la innovazione, e cioè la modificazione materiale della cosa comune (nella specie: il vano scale) conseguente alla realizzazione dell'ascensore, non sia stata approvata in assemblea (lo stesso art. 1121 c.c., al comma 2, parla di maggioranza dei condomini che abbia deliberato o accettata la innovazione), essa può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all'art. 1102 c.c.), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuente nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera. Deriva da quanto precede, pertanto, ha osservato la Suprema corte, che l'ascensore installato nell'edificio dopo la costruzione di quest'ultimo, per iniziativa di parte dei condomini, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini ma appartiene in proprietà a quelli di loro che l'abbiano impiantato a loro spese. Ciò da luogo nel condominio a una particolare comunione parziale dei proprietari dell'ascensore (Cass. II, n. 20713/2017). Quanto all'applicazione della previsione dettata dall'ultimo comma dell'art. 1121 c.c. in ordine alla contribuzione alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera, può in generale procedersi determinando la spesa sostenuta inizialmente per l'installazione dell'impianto, addizionata delle successive spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, e ripartirlo secondo i millesimi di proprietà, procedendo poi a rivalutare gli importi ottenuti. Va al riguardo precisato che il termine «manutenzione» utilizzato dal legislatore deve essere riferito solo agli interventi di natura ordinaria e straordinaria effettuati sulla struttura dell'impianto nel corso degli anni, escludendo quelli correlati alla gestione del bene. Questi ultimi, infatti, sono strettamente connessi all'uso dell'impianto e, pertanto, non possono essere addebitati a coloro che intendono avvalersi del diritto loro riservato dall'art. 1121 c.c. È da ritenere inoltre che, nel calcolo dei costi debba essere considerato anche il deprezzamento del bene in conseguenza del suo utilizzo nel tempo (Nicoletti). Nella giurisprudenza di merito, dopo l'affermazione secondo cui l'installazione di un ascensore in un edificio condominiale che ne sia sprovvisto può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, purchè sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione dell'impianto ed a quelle di manutenzione dell'opera, sia viceversa sostenuto, in particolare quanto alla previsione dell'art. 1121 c.c. che fa menzione alle spese di manutenzione, che la norma deve essere interpretata nel senso che debba trattarsi di spese di manutenzione straordinaria e che queste ultime non siano connesse all'effettivo uso della cosa (Trib. Napoli 18 aprile 2001). Dissenso del condomino e sua successiva accettazioneIl condomino che non voglia partecipare alla spesa per opere molto dispendiose deliberate dal condominio deve manifestare il suo proposito in assemblea o comunque nei modi e nei termini previsti per l'impugnazione delle delibere (Cass. II, n. 1215/1969). L'onere della prova di tali estremi, come si è accennato, grava sul condomino interessato, vertendosi in tema di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali (Cass. n. 2408/1981; Pret. Taranto 27 maggio 1986). Il condomino che dichiari di voler beneficiare di un'innovazione gravosa, in precedenza deliberata senza il suo consenso, implicitamente accetta tutti gli obblighi derivanti dalle decisioni assembleari relative a tale innovazione e viene a porsi sullo stesso piano degli altri condomini: ne consegue che gli oneri per l'esecuzione dell'innovazione e l'estensione della medesima in favore di detto partecipante, ancorché derivanti da opere direttamente richieste da quest'ultimo, configurano, dopo quella dichiarazione, spese condominiali, la cui ripartizione in quote, anche per la parte a carico del predetto partecipante, rientra fra le specifiche competenze dell'assemblea (Cass. II, n. 4138/1976). In particolare le spese di esecuzione e di manutenzione, alle quali deve contribuire pro quota il condomino che partecipa successivamente ai vantaggi dell'innovazione, vanno ragguagliate al valore attuale della moneta, al fine di evitare arricchimenti in danno dei condòmini che hanno assunto l'iniziativa dell'opera (Cass. II, n. 8746/1993). BibliografiaBranca, Comunione. Condominio negli edifici, in Comm. S.B., Libro III, Della proprietà, Roma-Bologna, 1982; Celeste, Innovazioni gravose e voluttuarie, in Condominioelocazione.it, 21 settembre 2017; Costantino, Contributo alla teoria della proprietà, Napoli, 1967; Nicoletti, Partecipazione successiva dei condomini al godimento dell'ascensore e relativi costi, in Condominioelocazione.it, 30 gennaio 2018; Salis, Il condominio negli edifici, Torino, 1959; Triola, Il condominio, VII, Beni, proprietà e diritti reali, in Tr. BES, Torino, 2002; Visco, Le case in condominio, Milano, 1964. |