Codice Civile art. 2262 - Utili.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Utili.

[I]. Salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili [2433] dopo l'approvazione del rendiconto.

Inquadramento

Ritiene la Cassazione che il diritto del singolo socio a percepire gli utili è subordinato, ai sensi dell'art. 2262 c.c., alla approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale, quanto ai criteri di valutazione, a quella di un bilancio e non è surrogabile dalle dichiarazioni fiscali della società (Cass. I, n. 28806/2013).

Secondo l'art. 2214 c.c., tutte le imprese commerciali sono obbligate a tenere il libro giornale, il libro degli inventari e a redigere il bilancio di esercizio. Con riferimento alle imprese individuali e alle società di persone, il bilancio è un documento interno all'impresa, redatto dagli amministratori per fornire periodiche informazioni ai soci, nel caso di società, o al proprietario, in caso di impresa, tanto che il codice civile non prevede che debba essere portato a conoscenza di terzi, sebbene debba essere conservato ai fini di eventuali accertamenti sulla dichiarazione fiscale dei redditi e possa essere richiesto in visione dalle banche in sede di istruttoria per la concessione di fidi. Tuttavia, alcune società di persone, sebbene non obbligate, certificano il bilancio, per dare prestigio alla società. Diversamente, con riferimento alle società di capitali, il bilancio di esercizio va redatto dagli amministratori e approvato dall'assemblea dei soci, va portato a conoscenza dei terzi attraverso la sua pubblicazione, resa obbligatoria dalla legge, secondo un procedimento scansionato dagli artt. 2423 c.c. Conseguentemente, mentre per le imprese individuali e per le società di persone, il bilancio è un documento a valenza interna, per le società di capitali e per le società cooperative, il bilancio è un documento a valenza esterna, che, una volta approvato, va depositato, in formato elettronico, presso la Camera di Commercio di competenza, diventando oggetto di notevole interesse per i creditori, i dipendenti, i fornitori, i clienti, gli uffici fiscali, i potenziali fornitori, le autorità pubbliche. La ragione per cui la legge prevede un diverso trattamento, rispetto alle imprese individuali e alle società di persone, è da ricercare nella responsabilità limitata di cui godono le società di capitali, da cui consegue la necessità, per i creditori delle società di capitali, di conoscere l'andamento economico della società, la sua capacità di produrre utili e la sua solidità patrimoniale, perché è da questi elementi che dipende la capacità dell'azienda di far fronte ai propri debiti. Al contrario, per le imprese individuali e le società di persone, la responsabilità illimitata dell'imprenditore e dei soci, permette al creditore, se l'azienda non è in grado di far fronte ai debiti, di rivalersi sul patrimonio personale dell'imprenditore e dei soci e, pertanto, la legge non prevede l'obbligo di rendere pubblico il bilancio (T.A.R. Calabria II, 17 dicembre 2013 n. 1162).

Diritto agli utili: presupposti

Il diritto agli utili, che costituisce elemento caratterizzante del contratto di società, nelle società personali (e a differenza di quando previsto per le società di capitali: vedi sub art. 2433 c.c.) sorge, in capo al socio, al momento della approvazione del rendiconto (o bilancio): Trib. Catania 30 giugno 1987; Trib. Lecco 23 maggio 1990; Trib. Milano 29 aprile 1991.

Da tale momento, pertanto, le somme relative che devono ritenersi acquisite al patrimonio dei singoli soci (Trib. Torino 12 giugno 1969) e, appunto per questo, l'accantonamento di utili già accertati può essere disposto solo con il consenso di tutti i soci (App. Catania 31 luglio 1987).

Dalla salvezza del «patto contrario», contenuta nel primo comma della norma in epigrafe, si è dedotto che nelle società di persone è possibile distribuire ai soci somme a titolo di utili, conseguiti in uno o più esercizi sociali, anche prima dell'approvazione del rendiconto (Cass. I, n. 10786/2003).

In senso contrario v. tuttavia Ferri, 756, il quale afferma: a) che non è configurabile, prima dell'approvazione del rendiconto, il diritto dei soci alla percezione di utili per la decisiva ragione che, prima di quel momento, la loro esistenza non è stata ancora accertata; b) che il pagamento di somme in favore dei soci ai soci prima dell'approvazione del rendiconto non può essere previsto nel contratto sociale che sotto forma di «acconti sugli utili» e, quindi, « solo in quella misura in cui possa presumersi che utili saranno effettivamente realizzati e con la condizione che utili effettivamente si realizzino».

Definitività del rendiconto

Dall'art. 2262 c.c. si desume che il rendiconto non è definitivo fino a quando non è approvato dai soci (Cass. I, n. 2434/1973, in cui si afferma che «spetta ai soci, cui è sottoposto il rendiconto, verificare le poste del conto ed apportarvi le modificazioni o aggiunte che ritengono opportune», precisando che «in quella sede può essere anche richiesta la modificazione o l'esclusione di annotazioni in bilancio»; in senso analogo: Cass. I, n. 187/1965).

Da ciò si è dedotto che l'amministratore, se include nel rendiconto una maggiore quota per ammortamenti (incidendo così sulla quantità degli utili da distribuire), non eccede dalle sue attribuzioni, dal momento che il rendiconto è sottoposto all'approvazione dei soci (Cass. I, n. 2434/1973).

Modalità di approvazione

La legge non precisa le modalità di approvazione del rendiconto. In giurisprudenza, si è ritenuto che essa debba avvenire con il consenso di tutti i soci (Trib. Catania 31 ottobre 1985).

In tal senso è orientata anche la dottrina prevalente: G. Ferri, 757; Ferrara, 265; Galgano, 334; contra, tuttavia, Graziani, 116.

In Cass. I, n. 1240/1999, che ha riferimento ad una società in accomandita semplice, si afferma che l'approvazione del bilancio spetta ai (soli) soci accomandatari, potendo gli accomandanti solo impugnarlo giudizialmente: la portata di tale affermazione è stata tuttavia successivamente ridimensionata dalla stessa Corte (Cass. I, n. 6410/1996, con la quale è stata affermata l'inderogabile necessità che gli accomandanti concorrano all'approvazione del bilancio).

La mancata approvazione del bilancio viene ad incidere, anche nelle società personali, sulla regolarità della gestione «poiché solo tale atto conferisce certezza in ordine ai risultati economici conseguiti... e, se protratta nel tempo, può determinare la paralisi dell'attività sociale» (Cass. I, n. 6410/1996).

Naturalmente, l'impugnazione del bilancio, del quale si contesti la veridicità sotto il profilo dell'occultamento di attività ulteriori rispetto a quelle in esso risultanti, non fa venir meno l'esigibilità degli utili maturati e portati dal medesimo, pur regolarmente approvato (Trib. Lecco 23 maggio 1990).

Termine per la presentazione del rendiconto

Dall'assimilazione del rendiconto al bilancio di esercizio si è dedotto che il termine di presentazione del rendiconto, nelle società personali, è quello stesso fissato dall'art. 2364 c.c., per la presentazione del bilancio delle società di capitali (Trib. Roma 9 ottobre 1987).

Determinazione degli utili

Gli utili di esercizio alla gestione di un'azienda societaria devono essere accertati sulla base delle scritture contabili, in quanto esistenti e non contestate, e non già per mezzo della determinazione della capacità produttiva dell'impresa (Trib. Milano 9 aprile 1984).

Tuttavia, la Cassazione ha precisato che nel giudizio promosso dal socio di una società di fatto per la determinazione ed il pagamento degli utili a lui spettanti, l'inosservanza della parte convenuta all'ordine di presentazione del rendiconto comporta che la suddetta liquidazione resta necessariamente soggetta ad elementi induttivi e criteri di approssimazione, senza che detta parte inadempiente possa avvantaggiarsi della mancanza di specifica documentazione in proposito (Cass. I, n. 4502/1985).

Natura del diritto agli utili

Il diritto del socio di una società di persone di percepire, dopo l'approvazione del rendiconto dell'amministrazione, la sua parte di utile, in quanto ha ad oggetto una somma di denaro, ha natura di credito di valuta, e, pertanto, ove resti insoddisfatto, a prescindere dalle cause dell'inadempimento dell'obbligato, non è suscettibile di automatico adeguamento per effetto della sopravvenuta svalutazione monetaria, salvo restando il risarcimento dell'eventuale maggior danno, ai sensi e nei limiti di cui all'art. 1224, comma 2, c.c. (Cass. n. 3356/1985).

La relativa obbligazione, inoltre, deve essere adempiuta al domicilio del socio creditore e non è quindi necessario che la società sia messa in mora (Trib. Milano 30 gennaio 1989).

In senso contrario, in dottrina, Di Chio, 441.

Prescrizione

Il diritto all'utile di esercizio si prescrive nelle società nel termine di cinque anni (Trib. Milano 9 aprile 1984; App. Catania 31 luglio 1987).

Utili fittizi

Nel caso in cui siano stati versati ai soci di una società semplice utili fittizi, ovvero acconti su utili poi non realizzati effettivamente, il socio che li abbia percepiti è tenuto alla restituzione, anche se sia stato in buona fede nel riceverli (Cass. I, n. 2776/1956).

Bibliografia

Di Chio, «Portable» o «quérable» l'obbligazione del pagamento degli utili in una società di persone?, in Giur. it. 1989, I, 2, 441; Ferrara, Imprenditori e società, Milano, 1978; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Galgano, Le società in genere, le società di persone, in Trattato di Diritto civile e commerciale, già diretto da Cicu, Messineo, Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2015; Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963.

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