Codice Civile art. 2268 - Escussione preventiva del patrimonio sociale.InquadramentoÈ pacifico che il beneficium excussionis concesso ai soci illimitatamente responsabili di una società di persone, in base al quale il creditore sociale non può pretendere il pagamento da un singolo socio se non dopo l'escussione del patrimonio sociale (ovvero, nel caso di società semplice o di società irregolare, dopo l'escussione dei beni sociali che il socio richiesto del pagamento gli abbia indicato come agevolmente idonei a soddisfarlo), opera esclusivamente in sede esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo aver agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce al predetto creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per potere iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili di quest'ultimo, sia per poter prontamente agire in via esecutiva contro il medesimo, una volta che il patrimonio sociale venga a risultare incapiente (Cass. I, n. 5479/1986). Come è chiarito dalla formulazione dell'art. 2268 c.c., esso peraltro (a differenza di quanto accadeva nel vigore di commercio: Cass. I, n. 666/1943) opera anche se la società è in liquidazione (Cass. I, n. 2105/1972). Ma può essere opposto solo ai creditori sociali e, pertanto, il socio personale non può, se chiamato al pagamento della quota di liquidazione al socio receduto, invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale (Trib. Milano 8 giugno 1972). Sempre in argomento, si è altresì statuito che, ultimata la liquidazione e sciolta la società, i creditori insoddisfatti possono direttamente agire contro gli ex soci per far valere ogni superstite diritto vantato nei confronti dell'ente societario, senza che si possa dai convenuti in giudizio opporre l'obbligo della preventiva escussione di un patrimonio comune, che più non esiste (Cass. I, n. 3029/1953). La Cassazione ha puntualizzato che la responsabilità del socio assume carattere solidale anche nei rapporti con la società, osservando che i concetti di solidarietà e sussidarietà «non si pongono in rapporto di antitesi, bensì di eventuale complementarietà», la quale oltretutto rileva in fase (non cognitiva, ma) esecutiva, traducendosi nell'obbligo della preventiva escussione del patrimonio sociale: in definitiva, secondo la Corte la sussidarietà costituisce un vantaggio del condebitore nella fase di esercizio del credito, ma non esclude che la sua obbligazione coesista con le altre secondo lo schema della solidarietà passiva, nella quale i singoli debitori, pur avendo un grado diverso, sono tuttavia tutti obbligati per l'intero in modo che l'adempimento dell'uno libera gli altri (Cass. I, n. 18653/2004). PresuppostiLa Cassazione ha precisato che l'art. 2268 c.c. non presuppone che il creditore sia già munito di un titolo esecutivo nei confronti della società né che questa partecipi al giudizio instaurato contro il singolo socio, in quanto il giudicato, ottenuto dal creditore nei confronti di quest'ultimo non pregiudica, nell'eventuale azione di rivalsa, la difesa della società o degli altri soci rimasti estranei al primo giudizio (Cass. I, n. 1313/1971). Secondo la Cassazione, il beneficio della preventiva escussione non implica che il creditore sociale, prima di agire nei confronti del socio illimitatamente responsabile, sia tenuto ad escutere anche il patrimonio di eventuali coobbligati solidali della società partecipata: nel caso di specie, un creditore aveva agito nei confronti del socio illimitatamente responsabile di una società personale che aveva ceduto ad un terzo l'azienda sociale senza conseguire la liberazione dai debiti relativi all'azienda ceduta; il socio aveva opposto che il creditore avrebbe potuto soddisfarsi sui beni del cessionario, ma tale assunto è stato respinto, osservando che detto «beneficio» concerne solo i rapporti tra il socio illimitatamente responsabile e il patrimonio della società cui partecipa (Cass. I, n. 12310/1999). Rilevabilità su eccezione di parteA differenza di quanto stabilito per la società in nome collettivo, nella quale il creditore non può pretendere il pagamento dal socio se non dopo l'escussione del patrimonio sociale (v., subart. 2304 c.c.) il socio della società semplice (la cui disciplina si applica anche alla società di fatto: Cass. I, n. 11921/1990) allorquando venga convenuto in giudizio per il pagamento di un credito sociale, può paralizzare – in via d'eccezione – l'azione del creditore opponendo utilmente il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale, ma a tal fine occorre che nella causa promossa dal creditore sociale il socio convenuto proceda alla citazione degli altri soci o con l'istanza, rivolta al giudice, chieda di essere autorizzato ad esercitare la loro chiamata in causa ed all'uopo vi provveda, senza che possa configurarsi al riguardo un obbligo del giudice di procedere ex officio a tale chiamata in giudizio (Cass. I, n. 198/1983; nello stesso senso Ragusa Maggiore, 332). Pertanto, il beneficium excussionis non può essere rilevato dal giudice ex officio né può essere dedotto per la prima volta nel giudizio di cassazione (Cass. I, n. 198/1983). Ma può essere eccepito già in sede di opposizione a precetto (Pret. Verona, 20 settembre 1990). Riconoscimento di debitoLa Cassazione ha puntualizzato che il riconoscimento del debito effettuato dall'amministratore di una società di persone (nella specie, si trattava di una società c.d. di fatto) è efficace sia nei confronti della medesima, ai fini ed entro i limiti del potere di rappresentanza, sia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali ne subiscono, di riflesso, gli effetti, quali soggetti responsabili personalmente e solidalmente delle obbligazioni sociali (Cass. I, n. 9917/2005). Associazioni non riconosciuteIl beneficium excussionis non è accordato ai membri di una associazione non riconosciuta, ma tale mancata previsione non determina – a giudizio della Cassazione – alcuna irragionevole disparità di trattamento, lesiva del principio costituzionale di eguaglianza, rispetto all'art. 2268 c.c. che tale beneficio accorda ai soci delle società di persone, trovando essa giustificazione nelle marcate distinzioni funzionali e strutturali esistenti tra i due tipi di enti collettivi presi in considerazione (Cass. I, n. 2648/1987). Profili processuali: litisconsorzio; limiti soggettivi del giudicato e del titolo esecutivoPer la liquidazione della quota del socio receduto dalla s.n.c. rispondono in solido la società e l'unico socio superstite rimasto illimitatamente responsabile, rispetto al quale la regola della preventiva escussione del patrimonio sociale ex art. 2268 c.c. trova applicazione solo in sede esecutiva e non di cognizione. Tale obbligazione, avendo ad oggetto una somma di denaro, ha natura di debito di valuta e non di valore ed è dunque soggetto al principio nominalistico di cui all'art. 1277 c.c. (Trib. Milano, sez. spec. Impresa, 1° agosto 2016). È stato osservato (Campobasso, 251; Ferri, 653) che il problema si ricollega a quello dell'efficacia verso i soci del titolo esecutivo formato solo contro la società. Se si ritiene che il titolo esecutivo valga automaticamente nei confronti del socio (non essendo necessario uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio), questi potrà opporre il beneficio di preventiva escussione in sede di esecuzione. Qualora, invece, si ritenga necessario un titolo esecutivo autonomo nei confronti del socio, questi dovrà far valere il beneficio nel procedimento di cognizione promosso contro di lui, mentre nel procedimento di esecuzione instaurato in forza del titolo esecutivo formato nei confronti della società, egli potrà far valere l'inidoneità soggettiva del titolo nei suoi confronti. Dal rapporto di sussidiarietà che collega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società la Cassazione ha tratto argomento, sul piano processuale, per escludere il litisconsorzio necessario e l'inscindibilità delle cause; e per affermare, conseguentemente, che, ove la sentenza di primo grado sia stata notificata ai soci e questi l'abbiano impugnata tardivamente, il giudice di appello è tenuto a dichiarare l'inammissibilità di tale impugnazione, dovendosi applicare l'art. 332 e non l'art. 331 c.p.c. (Cass. I, n. 20891/2008). La stessa Corte – pur tenendo fermo che, in assenza di norme che diversamente dispongano, il giudicato che si formi tra la società e un terzo (nella specie, l'erario) non è opponibile al socio che sia rimasto estraneo al relativo giudizio o non sia stato posto in condizione di parteciparvi (Cass. I, n. 14417/2005) – è costante nell'affermare che la sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall'esistenza dell'obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio, salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale (Cass. I, 19946/2004: in motivazione si precisa che «l'esistenza dell'obbligo della società ... è costitutiva dell'obbligo del socio, fatte salve le eccezioni personali di costui» e che «sul piano processuale ... la sentenza emessa nei confronti della società in nome collettivo spiega, come titolo esecutivo, effetti riflessi anche nei confronti del socio, la posizione del quale dipende da quella della società, nel senso che qualunque obbligo sociale, in qualsiasi modo sorto, fa nascere in lui l'obbligo corrispondente»); in quest'ultimo senso v. Cass. I, n. 1040/2009. In materia, v. ora l'art. 26 d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, relativo alla c.d. società di avvocati (v.), il cui quarto comma è così formulato: «La sentenza pronunciata nei confronti della società fa stato ed è efficace anche nei confronti ... dei soci illimitatamente responsabili», cui riconosce il diritto di «intervenire nel giudizio e impugnare la sentenza». BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Ragusa Maggiore, Escussione del socio di una società di fatto e obbligo di costui di convenire in giudizio gli altri soci, in Dir. fall. 1983, II, 332. |