Codice Civile art. 2271 - Esclusione della compensazione.Esclusione della compensazione. [I]. Non è ammessa compensazione [1246] fra il debito che un terzo ha verso la società e il credito che egli ha verso un socio. InquadramentoIn materia di diritto societario, l'unico specifico riferimento ad un divieto di compensazione è quello previsto dall'art. 2271 c.c., relativo al debito che un terzo ha verso la società e il credito che egli ha verso un socio. In tema di società per azioni non vi è invece alcuna disposizione specifica, né potrebbe a questo proposito essere invocata la vicenda della conversione delle obbligazioni in azioni, per la quale è espressamente previsto un complesso procedimento, disciplinato da norme eccezionali e perciò non suscettibile di essere utilizzato per ricavarne regole generali (Dentamaro, 1035). La disposizione di cui all'art. 2271 c.c., secondo la quale non è ammessa compensazione tra il debito che un terzo ha verso la società e il credito che egli ha verso il socio, costituisce una conseguenza della separazione formale ed effettiva, a causa della predetta autonomia patrimoniale, del patrimonio sociale (e delle relative obbligazioni esterne) dal patrimonio dei singoli soci (Cass. I, n. 676/1973). e questo spiega perché il divieto di compensazione non possa essere violato dall'accordo della società con il terzo creditore del socio (Cagnasso 345; Ferri, 674). Invece il terzo che sia escusso dal socio di una società di fatto per il pagamento di un suo credito personale, legittimamente può opporgli in compensazione il suo credito verso la società; unica eccezione che in tal caso compete al socio è quella delbeneficium excussionis (art. 2268 c.c.), che, peraltro, al fine di paralizzare la compensazione, deve essere fatto valere esplicitamente e con indicazione dei beni sociali sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi (Cass. I, n. 1134/1958). Nello stesso senso Ferri, 675; Petitti, 20. Il credito di un socio di una società di capitali (o di un terzo) nei confronti della società è compensabile con il debito relativo alla sottoscrizione di azioni emesse in sede di aumento del capitale sociale, non essendo ravvisabile un divieto implicito, desumibile da principî inderogabili del diritto societario che impedisca in tal caso l'operatività della compensazione ex art. 1246 n. 5 c.c. D'altra parte, il divieto da ultimo menzionato in realtà si riferisce alla differente ipotesi contemplata dall'art. 2271 c.c., secondo cui non è ammessa compensazione fra il debito che un terzo ha verso la società ed il credito che egli ha verso un socio (Trib. Isernia, 27 luglio 2004). Il principio stabilito dall'art. 2271 c.c. che esclude la compensazione fra il debito che un terzo ha verso la società ed il credito che egli ha verso un socio, trova applicazione pure con riguardo all'impresa familiare coltivatrice, di cui all'art. 48 della l. n. 203/1982, ed opera anche, osservate le norme contenute negli art. 2267 e 2268, nel caso inverso di un terzo che sia creditore della detta impresa e debitore del singolo suo componente (Cass. III, n. 1274/1991). BibliografiaCagnasso, La società semplice, in Trattato di diritto civile, diretto da Sacco, Torino, 1998; Dentamaro, Aumento di capitale e compensazione, in Riv. soc., 1997; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Petitti, Su alcune questioni di compensazione in materia di società di persone, in Riv. dir. comm. 1959, II, 20. |