Codice Civile art. 2273 - Proroga tacita.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Proroga tacita.

[I]. La società è tacitamente prorogata a tempo indeterminato [2285 1] quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali.

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 2273 c.c.l'esercizio della normale attività societaria viene considerato espressione della volontà dei soci stessi, che deve essere unanime, di rimuovere la causa di scioglimento. Ciò in applicazione delle norme e dei criteri generali di interpretazione dei contratti, ed in particolare del comma 2 dell'art. 1362 c.c., in base al quale nell'interpretare un contratto si deve indagare quale sia la comune intenzione delle parti, valutandone il comportamento complessivo anche successivamente alla scadenza del contratto medesimo. Dal momento che con la proroga tacita non viene stabilito esplicitamente un ulteriore preciso termine per la durata della società, questa è da intendersi prorogata a tempo indeterminato, come espressamente previsto nello stesso art. 2273 c.c. In tal caso resta salva, ai sensi dell'art. 2285, comma 1, c.c., la facoltà di ogni socio dissenziente di recedere dalla società, preavvisandone gli altri soci, anche verbalmente, con un anticipo di almeno tre mesi. La proroga costituisce inoltre giusto titolo, per il creditore particolare del socio, per richiedere la liquidazione della quota del proprio debitore, a norma dell'art. 2270 c.c. Quanto esposto vale, ai sensi dell'art. 2307 c.c., anche per la società in nome collettivo; in tal caso è consentito al creditore particolare del socio di fare opposizione alla proroga della società entro tre mesi dall'iscrizione della deliberazione di proroga nel registro delle imprese. Se l'opposizione, che deve essere proposta in giudizio, è accolta, la società deve liquidare la quota del socio debitore. Sia nel caso delle società di persone, sia in quello delle società di capitali, il consenso unanime dei soci, che rappresentino l'intero capitale sociale, può fissare un nuovo termine di durata del contratto sociale; naturalmente, nelle società di capitali la rimozione della causa di scioglimento e la revoca dello stato di liquidazione deve essere oggetto di apposita delibera soggetta a pubblicazione. L'art. 2273 c.c. è dunque applicazione del generale principio secondo il quale, per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto: l'art. 2273 c.c. ammette, appunto, che possa essere posteriore alla scadenza del termine il comportamento delle parti, dal quale si desume la loro volontà di prorogare la società; ma questa volontà, sebbene desunta da comportamenti successivi, deve essere una volontà presente nei soci già al momento della scadenza del termine» (Galgano, 89).

La necessità del consenso unanime, sia pur tacito, di tutti i soci è confermata anche dalla Cassazione, secondo cui la deliberazione di proroga del termine di durata della società adottata dopo la scadenza di esso, con la quale i soci, manifestando la volontà che l'ente sociale debba continuare ad esistere senza soluzione di continuità, eliminano la causa di scioglimento e revocano la liquidazione intrapresa, non dà luogo alla costituzione di un nuovo ente separato e distinto dal precedente, ma determina la ripresa della normale attività della società e il ritorno di questa allo stato antecedente al verificarsi della causa di scioglimento. Perché si verifichi la proroga tacita delle società di persone dopo il decorso del termine, originariamente previsto, è necessario il consenso implicito di tutti i soci, che deve intervenire senza che si operi soluzione di continuità tra lo scioglimento della società e l'inizio della proroga, e deve consistere in atti o fatti che facciano presupporre l'esistenza di una volontà in tal senso nei reciproci rapporti tra i soci (Cass. I, n. 315/1965).

La necessità del consenso di tutti i soci è stata successivamente ribadita da Cass. I, n. 9709/1990, concernente un consorzio costituito fra privati per scopi di miglioramento fondiario, che si è ritenuto essere assoggettato alla disciplina della società semplice per quanto concerne la sua gestione. Ha in particolare affermato il Supremo Collegio che un consorzio costituito fra privati per scopi di miglioramento fondiario, rientrando tra i fenomeni genericamente associativi, è assoggettato alla disciplina della società semplice per quanto concerne la sua gestione. Ne consegue che esso deve intendersi tacitamente prorogato a tempo indeterminato allorché, scaduto il termine inizialmente stabilito per la sua durata, i consociali continuino a svolgere operazioni consortili (art. 2273 c.c.).

Bibliografia

Galgano, Le società in genere, le società di persone, in Trattato di Diritto civile e commerciale, già diretto da Cicu, Messineo, Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2015.

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