Codice Civile art. 2311 - Bilancio finale di liquidazione e piano di riparto.

Lorenzo Delli Priscoli

Bilancio finale di liquidazione e piano di riparto.

[I]. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre ai soci il piano di riparto.

[II]. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, e il piano di riparto devono essere comunicati mediante raccomandata ai soci, e s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel termine di due mesi dalla comunicazione [2492, 2964 ss.].

[III]. In caso d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore può chiedere che le questioni relative alla liquidazione siano esaminate separatamente da quelle relative alla divisione, alle quali il liquidatore può restare estraneo.

[IV]. Con l'approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci [218 trans.].

Inquadramento

Comune è il convincimento che il bilancio finale di liquidazione non ha niente a che fare con il bilancio di esercizio (Ferrara, 309; Graziani, 553; Porzio, 174). Il bilancio finale di liquidazione suppone la conversione dei beni in denaro, l'avvenuto pagamento delle passività e la restituzione dei beni conferiti in godimento ed indica all'attivo le somme esistenti ed al passivo l'importo complessivo dei conferimenti di capitale e distintamente gli utili ed è, in sostanza, il rendiconto della gestione dei liquidatori, mentre il piano di riparto è una proposta di divisione fra i soci dell'atto residuo (Campobasso, 424). Secondo altri il bilancio finale di liquidazione rappresenta, invece, una situazione contabile che si aggiunge al rendiconto, del quale costituisce un complemento (così ancora Ferrara, 310).

Al termine della liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione e proporre ai soci un piano di riparto. Il primo è un rendiconto della gestione dei liquidatori (Campobasso, 423) il quale – esponendo le entrate e le uscite verificatesi (conto economico) nonché la situazione patrimoniale finale (denaro in cassa ed eventuali beni in natura) – presenterà la contrapposizione tra l'attivo realizzato e le voci del passivo comprensive delle passività non ancora esigibili; il bilancio è un atto dei liquidatori (Campobasso, 425).

Il piano di riparto, invece, costituisce una proposta di divisione del residuo attivo tra i soci e, precisamente, dell'eventuale eccedenza attiva residua dopo il pagamento dei debiti sociali, la restituzione dei beni in godimento ed il rimborso dei conferimenti (Campobasso, 425).

La Cassazione, con una pronuncia ormai risalente nel tempo, ha precisato che nel bilancio finale di liquidazione debbono necessariamente figurare i conti dei singoli soci accreditati della loro quota od addebitati di quella ancora dovuta, i dividendi scaduti e non riscossi, le somme sborsate e le esazioni fatte per conto della società, le somme ritirate ed i relativi interessi (Cass. I, n. 431/1947).

Anche i creditori di una società in nome collettivo, postasi volontariamente in liquidazione, hanno il diritto di chiedere al liquidatore il rendiconto della gestione, surrogandosi ai soci (Cass. I, n. 1747/1942, in Foro it. 1943, I, 236).

Nell'ipotesi di assegnazione di azienda rientra l'atto con il quale uno dei soci receda da una società in nome collettivo composta da due soli soci, dando quietanza dell'avvenuta liquidazione della quota, mentre l'altro contestualmente dichiari di non voler ricostituire la società, ma di voler proseguire in proprio, quale imprenditore individuale, l'attività d'impresa. Ciò in quanto lo scioglimento della società, che a norma dell'art. 2272, n. 4, c.c. si determina per la sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci, se la società non sia ricostituita nel termine di sei mesi, quando riguarda una società di persone non determina alcuna modificazione soggettiva dei rapporti facenti capo all'ente, la titolarità dei quali si concentra nell'unico socio rimasto; l'attesa semestrale dell'eventuale ricostituzione della pluralità dei soci può essere anticipatamente interrotta dalla scelta del socio superstite di non trovare altri soci, bensì di continuare l'attività come impresa individuale. Una siffatta vicenda non integra una trasformazione nel senso tecnico inteso dall'art. 2498 c.c., riferito alla trasformazione di una società da un tipo ad un altro, bensì un rapporto di successione tra soggetti distinti, distinguendosi, appunto, persona fisica e persona giuridica per natura, e non solo per forma. L'atipica «trasformazione» in parola è preceduta dallo scioglimento della società e dalla liquidazione della stessa, concludentesi con l'assegnazione del patrimonio sociale residuo al socio superstite ai fini della successiva estinzione della società stessa (artt. 2311 e 2312 c.c.: Cass. V, n. 3670/2007).

La sottoscrizione dei liquidatori

Si è ritenuto che il bilancio di liquidazione mancante della firma di uno o di tutti i liquidatori non comporti nullità o inesistenza del bilancio medesimo quando esso provenga e sia stato formato da tutti i liquidatori (Trib. Campobasso 22 marzo 1947, in Giur. it. 1948, I, 2, 545).

L'impugnazione

L'opponente ha l'onere di formulare in maniera specifica – a pena di inammissibilità – i motivi di impugnazione del bilancio e del piano di riparto (Trib. Rossano 27 maggio 1949, in Dir. fall. 1949, II, 314). Per contro, l'onere di provare che i cespiti attivi non siano stati sufficienti a pagare le passività di una società in nome collettivo in sede di liquidazione, incombe al liquidatore, il quale si sia rifiutato di rendere il conto, pur avendo amministrato la società e provveduto da solo alla liquidazione del patrimonio della medesima (Cass. I, n. 6419/1984); mentre la convenzione con la quale i soci di una società di fatto procedono alla liquidazione della società, ripartendo direttamente tra loro attività e passività sociali, contiene un accertamento negoziale dei risultati della gestione sociale e, come tale, preclude tanto l'istanza di rendiconto, che non sia fondata su variazioni connesse a specifiche sopravvenienze attive o passive, quanto l'impugnativa per errore fondata sulla insufficienza degli elementi documentali e delle informazioni sulla gestione sociale, considerati dalle parti in sede di accordo (Cass. I, n. 1468/1981).

Ripartizioni parziali

Le azioni dirette ad impugnare le ripartizioni parziali dei beni di una società in nome collettivo in liquidazione, che non siano fatte puramente in acconto su quanto risulterà poi dovuto a ciascun socio in base al piano di riparto finale, nascono non appena approvata ed effettuata ciascuna ripartizione parziale. E da questo momento decorre, quindi, il termine di prescrizione dell'azione stessa, anziché dal momento dell'approvazione del bilancio finale di liquidazione (Trib. Milano 9 gennaio 1958, in Foro pad. 1958, I, 646; in Monit. trib. 1958, 684).

Bibliografia

G.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; Ferrara, Imprenditori e società, Milano, 1978; Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963; Porzio, L'estinzione delle società, Napoli, 1959.

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