Codice Civile art. 2327 - Ammontare minimo del capitale (1).Ammontare minimo del capitale (1). [I]. La società per azioni deve costituirsi con un capitale non inferiore a cinquantamila euro. (1) Articolo modificato, da ultimo, dall'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116. Originariamente, ai sensi dell'art. 4, d.lg. 24 giugno 1998 n. 213, il capitale non doveva essere inferiore a 200 milioni di lire, cifra che era stata portata a 120 mila euro dall'art. 1, d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6. L'articolo era stato sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge aveva modificato l’intero capo V, ed era stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. InquadramentoLa previsione di una soglia predeterminata quale capitale inziale minimo fu introdotta con il codice civile del 1942 il quale fissò tale soglia in un milione di lire (sul punto, Niccolini, 27). Il capitale minimo fu poi innalzato a duecento milioni di lire dalla l. 16 dicembre 1977, n. 904 al fine di tener conto del fenomeno inflazionistico e della correlativa perdita di significato monetario subito dall'originaria disposizione (Maugeri, 162). Con l'introduzione della moneta europea, a far data dal 1° gennaio 2002, il capitale minimo venne portato a 100.000 euro e, con la riforma del diritto societario, ulteriormente innalzato alla cifra di 120.000 euro. L'inversione di tendenza rispetto all'innalzamento del valore del capitale sociale minimo si è avuta con l'art. 20, comma 7, d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (convertito con modif. in l. 11 agosto 2014, n. 116) che lo ha ridotto a 50.000 euro. Il capitale sociale indica l'ammontare monetario dei conferimenti che i soci si sono impegnati ad eseguire al momento della costituzione della società. Capitale sociale e patrimonio sociale. Le funzioni del capitale sociale.I concetti giuridici di capitale sociale e di patrimonio sociale, pur presentando qualche elemento di correlazione, particolarmente accentuato nel momento della costituzione della società, sono diversi ed inconfondibili. Il capitale sociale traduce in cifra precisa (suscettibile di norma di variazione nella sua entità giuridica e contabile solo a seguito di modifica nelle forme legali dell'atto che lo abbia determinato) l'ammontare complessivo degli apporti dei soci all'atto della costituzione. Il patrimonio sociale invece è formato dal complesso dei diritti ed obblighi, dai rapporti giuridici attivi e passivi che, nel corso della gestione, vengano man mano ad accentrarsi nella società ed è pertanto soggetto alle fluttuazioni e trasformazioni determinate dalle esigenze e dagli effetti della realtà economica, e – visto in un particolare momento – identifica il complesso dei beni dei quali, nel momento medesimo, la società e titolare (Cass. n. 488/1965). In dottrina, si osserva che la cifra del capitale sociale indica la frazione, intesa come quota ideale, del patrimonio netto non distribuibile fra i soci e perciò assoggettata ad un vincolo di destinazione stabile all'attività sociale (capitale reale) (Campobasso, 7 e 186; Satta, 488). Tradizionalmente, vengono attribuite al capitale sociale due distinte funzioni. In primo luogo, il capitale sociale assume una funzione vincolistica di garanzia dei creditori sociali, in quanto indica il valore delle attività patrimoniali che i soci si sono impegnati a non distrarre dall'attività di impresa e che non possono ripartirsi durante la vita della società: che si risolve in un margine di garanzia patrimoniale supplementare per i creditori che possono fare affidamento su un attivo patrimoniale eccedente le passività (Campobasso, 7; Corvese, 646). Il capitale sociale ha, in secondo luogo, una funzione organizzativa costituendo, da una parte, il termine di riferimento per l'accertamento degli utili o delle perdite e, dall'altra, la base di misurazione di alcune fondamentali situazioni soggettive dei soci sia di carattere amministrativo (diritto di voto) che di carattere patrimoniale (diritto agli utili e quota di liquidazione) (Campobasso, 8). Questa seconda funzione, tuttavia, risulta messa in discussione dalla riforma del diritto societario. Il capitale sociale assume una terza funzione, denominata produttivistica, in quanto è funzionale a dotare la società e, dunque, l'impresa dei mezzi necessari per lo svolgimento dell'attività ed il raggiungimento dello scopo sociale. Tuttavia, sul punto, il legislatore prescrive che la società sia dotata di un capitale sociale minimo senza richiedere che esso sia, in concreto, adeguato per gli scopi sociali. In questo contesto, quindi, si è affermato che non è sindacabile la congruità del capitale rispetto all'oggetto sociale essendo la relativa quantificazione rimessa, nel rispetto del minimo stabilito dalla legge prefissato dal legislatore, alla libera determinazione dei soci ai quali spetta ogni valutazione in ordine all'apprezzamento, per mezzo del capitale di rischio o altrimenti, dei mezzi finanziari necessari o, comunque, opportuni per il conseguimento dell'oggetto sociale (App. Milano 13 luglio 1996, in Riv. not. 1996, 1524; Trib. Trieste 18 dicembre 1985, in Giur. comm. 1987, II, 331). È, invece, rimasto del tutto isolato l'orientamento dottrinario, pur autorevolmente sostenuto (Portale, 41) secondo il quale non è sufficiente che l'entità del capitale sociale sia rispettosa della previsione normativa inerente al minimo legale, essendo invece necessario che esso non sia manifestamente inadeguato rispetto all'esercizio dell'attività sociale. Tale tesi ha avuto, tuttavia, qualche seguito nella giurisprudenza di merito. È stato, in passato, affermato che ha oggetto impossibile, e non può dunque esserne omologato l'atto costitutivo, la società di capitali nella quale il capitale sociale sia assolutamente incongruo rispetto all'oggetto sociale (Trib. Udine 12 giugno 1982, in Foro it. 1982, I, 2619; Trib. Roma, 14 dicembre 1977, in Giur. comm. 1978, II, 738). In senso contrario, si è evidenziata (Maugeri, 166; Niccolini, 18; Stella Richter, 287; Satta, 488): la difficoltà logica di contenere il relativo riscontro «omologatorio» nei limiti della verifica di legittimità; la difficoltà pratica di sindacare la congruità della misura del capitale anche in relazione alle dimensioni che l'impresa potrebbe assumere nel tempo; la difficoltà sistematica di fondare quel sindacato di congruità sulla disciplina dello scioglimento per impossibilità di conseguimento dell'oggetto sociale (in questo senso, invece, Portale, 78) anche in relazione alla circostanza che la società potrebbe attingere ad ulteriori risorse provenienti da finanziamenti anche dei soci. Di fronte alla esiguità della soglia minima del capitale sociale oggi vigente, parte della dottrina ha evidenziato come appare difficile annettere alla previsione di un capitale minimo la funzione di tutelare i creditori sociali e di costituire un contrappeso al «privilegio» della limitazione di responsabilità di cui gode l'azionista (Maugeri, 162; Miola, 1209). La disposizione dell'art. 2327 designa una condizione di fruibilità del tipo, nel senso di precludere l'utilizzo della forma organizzativa azionaria alle imprese minime (Maugeri, 163; Niccolini, 28). Secondo una parte della dottrina, l'inesistenza di un obbligo di congrua capitalizzazione della società trova un indispensabile bilanciamento nella estensione anche alla società per azioni della disciplina sui finanziamenti «anomali» dei soci e sulla postergazione della loro restituzione dettata, per la società a responsabilità limitata, dall'art. 2467 c.c. (Maugeri, 167; si rinvia, per una verifica dell'applicabilità della norma da ultimo menzionata, ai diversi tipi sociali, al commento dell'art. 2467 c.c.). In giurisprudenza, si segnala una pronunzia secondo cui il fatto che il capitale sociale, non diversamente dalle riserve e da tutte le altre poste che concorrono a formare il patrimonio netto della società, debba essere iscritto al passivo del bilancio non vale certo a farlo considerare alla stregua di una posta debitoria, il cui annullamento o la cui riduzione comporti un vantaggio patrimoniale per la società. Il capitale e le altre voci di patrimonio netto non costituiscono passività e la loro iscrizione nella colonna del passivo risponde unicamente alla finalità contabile di far coincidere il totale del passivo con quello dell'attivo. Quelle poste identificano l'eccedenza delle attività rispetto alle vere e proprie passività e rappresentano, quindi, il «valore netto» del patrimonio di cui la società può disporre: i cosiddetti mezzi propri della società. Ne consegue che gli eventi destinati ad incidere negativamente sul patrimonio netto (capitale e riserve) per ciò stesso implicano un decremento di valore della società e, quindi, essendo questa un soggetto dotato di autonoma personalità giuridica e di un proprio distinto assetto patrimoniale, costituiscono per essa un danno (non certo un beneficio), senza che occorra attardarsi a congetturare quale uso la società avrebbe potuto fare dei maggiori mezzi patrimoniali dei quali sia stata illecitamente privata (Cass. n. 21641/2005). Il capitale minimo nelle società di diritto speciale.Numerose leggi speciali prevedono che le società che esercitano una particolare attività siano dotate di un capitale sociale più elevato rispetto a quello previsto dall'articolo in commento. In particolare, si segnalano gli artt. 14, comma 1, lett. b), e 106, comma 2, lett. c), d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, per le società rispettivamente bancarie e operanti nel settore finanziario; l'art. 19, comma 1, lett. b), d.lgs. 24 agosto 1998, n. 58, in tema di società di intermediazione mobiliare (Sim); l'art. 19, comma 1, lett. d), d.lgs. 24 agosto 1998, n. 58, per le società di gestione del risparmio. Al riguardo, si vedano gli appositi commenti, in questo Codice. BibliografiaAbriani, Costituzione della S.p.A., in Tr. Res., 16, IV, Torino, 2012; Bertuzzi, Manferoce, Platania, Società per azioni. Costituzione, patti parasociali, conferimenti (artt. 2325-2354), Milano, 2006; Di Sabato, Blandini, Diritto delle società, Milano, 2011; Corvese, Sub art. 2327, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di D. Santosuosso, in Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Milano, 2015; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e la società, Milano, 2011; Frè, Sbisà, Sub artt. 2325-2409, Della società per azioni, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 1997; Grosso, Costituzione della S.p.A., in Società per azioni. Costituzione e finanziamento, a cura di Cottino, Sarale, Torino, 2013; Maugeri, Sub art. 2327, in Abbadessa, Portale, Società per azioni, Codice civile e norme complementari, Milano, 2016; Miola, Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società di capitali, in Riv. soc. 2005; Niccolini, Il capitale sociale minimo, Milano, 1981; Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Tr. Colombo-Portale, , , I, Torino, 2004; Satta, Sub art. 2327, in Codice delle società, a cura di Abriani, Torino, 2016; Stella Richter jr., Sub artt. 2326-2328, in Costituzione -Conferimenti. Artt. 2325-2345, a cura di Notari, in Commentario alla riforma della società, a cura di Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari , Milano, 2008; Stella Richter jr, La costituzione delle società di capitali, in Abbadessa, Portale, Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Milano, 2007. |