Codice Civile art. 2405 - Intervento alle adunanze del consiglio di amministrazione e alle assemblee (1).

Enrico Quaranta

Intervento alle adunanze del consiglio di amministrazione e alle assemblee (1).

[I]. I sindaci devono assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione, alle assemblee e alle riunioni del comitato esecutivo.

[II]. I sindaci, che non assistono senza giustificato motivo alle assemblee o, durante un esercizio sociale, a due adunanze consecutive del consiglio d'amministrazione o del comitato esecutivo, decadono dall'ufficio.

(1) V. nota al Capo V.

Inquadramento

L'art. 2405, comma 1, c.c. prevede l'obbligo per i membri del collegio sindacale di assistere alle assemblee, alle adunanze del collegio sindacale e alle riunioni del comitato esecutivo.

La ragione di tale obbligo si fonda sulla stessa funzione dell'organo di controllo: vigilare sul rispetto della legge e dello statuto da parte degli ulteriori organi sociali, a tutela sia dell'interesse dei soci che dei creditori sociali.

Principale forma di attuazione dell'obbligo di controllo e vigilanza è, dunque, la partecipazione alle assemblee, alle adunanze del consiglio di amministrazione e alle riunioni del comitato esecutivo, al fine di assicurare la prevenzione di attività illegali ed abusi.

La dottrina ritiene l'intervento uno strumento fondamentale ed un momento decisivo per l'attuazione della funzione di controllo, consentendo ai sindaci di apprendere notizie ed informazioni essenziali all'esercizio del proprio incarico, potendo essi impedire tempestivamente che gli organi sociali assumano deliberazioni contra legem o contrarie all'atto costitutivo. In tale prospettiva, l'intervento dei sindaci si pone come forma di tutela preventiva ad atti di mala gestio che potrebbero pregiudicare sia la società che i creditori sociali (Fré, 562; Domenichini, 1985, 562 e 567; Cavalli, 110).

La norma ha rappresentato il punto di arrivo di una complessa evoluzione normativa e di un lungo ed antico dibattito dottrinale, in quanto nel codice di commercio del 1882 si prevedeva l'obbligo per il collegio sindacale di intervenire alle assemblee generali ed il diritto, invece, di assistere alle adunanze dell'organo gestorio.

Il codice del 1942 aveva, invece, invertito il precedente disposto normativo prescrivendo l'obbligo di partecipare alle adunanze del consiglio di amministrazione e il diritto di intervenire nelle riunioni del comitato esecutivo.

Questa scelta legislativa era salutata con favore da una parte della dottrina che riteneva eccessivo per la natura delle funzioni affidate al collegio sindacale rendere obbligatoria la partecipazione alle adunanze del consiglio di amministrazione, rilevando come la responsabilità dell'organo gestorio dovesse comunque far capo a questo e non ad altri e rimettendo ai soci la scelta di rendere la presenza dei sindaci obbligatoria in via statutaria (Fré, 562; Cavalli, 1994, 110).

L'orientamento qui esposto è stato progressivamente superato in ragione del fatto che le decisioni di maggiore rilevanza venivano assunte in sede di comitato e di organi delegati che venivano poi successivamente ratificate dai consiglieri non esecutivi (Cavalli, 1996, 807; Patroni Griffi, 74; Tedeschi, 278; Cagnasso, 103).

Prima l'art. 149 TUF con riguardo alle società quotate e poi l'intervento della riforma attuata con d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in relazione alle fattispecie codicistiche, hanno recepito le critiche poste in essere dalla dottrina, prevedendo un generale obbligo di partecipazione dei sindaci alle assemblee, alle adunanze del collegio e alle riunioni del comitato esecutivo, in tal modo dando maggiore importanza all'organo di controllo, le cui funzioni erano in precedenza considerate di scarso rilievo.

La giurisprudenza amministrativa, in tempi remoti, ha ritenuto l'art. 2405 c.c. non passibile di automatica applicazione agli enti pubblici, spettando al singolo ente la scelta di determinare i limiti e le forme di partecipazione dei membri del collegio sindacale e dei revisori dei conti (Cons. St. 21 ottobre 1981 n. 909, in Foro it. 1983, I, 966).

La norma in questione non trova, infine, applicazione nemmeno con riguardo al sistema dualistico ai sensi dell'art. 2409-quaterdecies c.c., in cui è previsto che i componenti del consiglio di sorveglianza hanno l'obbligo di assistere alle riunioni dell'assemblea e la facoltà di assistere alle riunioni del consiglio di gestione. Invece, l'art. 2409-octiesdecies c.c., in riferimento al sistema monistico, rinvia al solo comma 1 dell'art. 2405 c.c.

Contenuto dell'obbligo

La previsione dell'obbligo di assistenza da parte dei sindaci nelle assemblee, nelle adunanze del collegio sindacale e nelle riunioni del comitato esecutivo ha portato poi ad interrogarsi sul contenuto di detto obbligo.

Per alcuni autori, l'assistenza richiesta ai sindaci poteva essere costituita anche da un mero comportamento passivo inteso quale semplice presenziare all'assemblea o adunanza in questione (Buttaro, 1989, 366).

L'orientamento prevalente ritiene però che l'assistenza dei membri del collegio sindacale debba tradursi in un quid plurisrispetto al mero presenziare.

In particolare, ai sindaci deve essere consentito l'intervento nella discussione e la possibilità di fare rilievi e considerazioni, come emerge anche dall'art. 2406, comma 2, c.c. che attribuisce ai sindaci il potere di convocare l'assemblea in presenza di fatti censurabili (Domenichini, 2004, 761;; Tedeschi, 277; Valsenise, 151).

Mancata convocazione dei sindaci alle riunioni

L'art. 2405 c.c., nel prescrivere l'obbligatorietà dell'assistenza da parte dei sindaci, a completamento di un corretto esercizio della funzione di controllo da questi esercitata considera, tuttavia, la loro partecipazione non essenziale alla formazione del decisum dell'organo.

L'obbligo di assistere è riferito ai soli sindaci effettivi in carica al momento della riunione, anche se vi è stato chi ha ritenuto che il sindaco sostituito nel corso dell'anno potrebbe avere diritto di partecipazione all'assemblea per l'approvazione del bilancio di esercizio in quanto coinvolgente anche il suo operato (Giuliani, 962).

I sindaci devono quindi essere destinatari di una preventiva informazione ed essere appositamente convocati.

Per l'orientamento prevalente in dottrina, l'assenza dei sindaci non si ripercuote sulla validità della delibera, essendo sufficiente la sua regolare costituzione ed il corretto procedimento formativo (Tedeschi, 248; Niccolini, 524; Copani, 967).

Parte minoritaria della dottrina sostiene invece che l'assenza dei sindaci e la mancata convocazione di questi determinino l'annullabilità della delibera (Giannattasio, 1875) o delle delibere consiliari (Fré-Sbisà, 904).

Altri autori ritengono, ancora, che la mancata partecipazione alle adunanze non avrebbe ripercussioni sulla validità della delibera soltanto ove i sindaci fossero stati regolarmente convocati (Cagnasso, 267).

La giurisprudenza ha invece ritenuto la non iscrivibilità nel registro delle imprese di una deliberazione assembleare assunta in presenza di due dei membri del collegio sindacale in quanto carente del quorum necessario affinché il collegio potesse ritenersi validamente costituito ed effettivamente presente (App. Catanzaro, decr. 18 gennaio 1989, Soc. 1989, 300).

Tuttavia, la mancata ammissione di uno dei sindaci alla discussione assembleare non produce effetti sulla validità della delibera, purché il sindaco non dimostri che l'intervento che avrebbe voluto esercitare in assemblea avrebbe inciso sulla formazione del deliberato assembleare (Trib. Roma 27 aprile 1998, Soc. 1998, 1442).

Differente è il caso dell'assemblea totalitaria in cui la mancata partecipazione dei sindaci sembra avere effetti in punto di validità, in quanto la mancata convocazione dei sindaci non consentirebbe il formarsi di detta assemblea. L'art. 2366, comma 4, c.c. richiede infatti che all'assemblea totalitaria debba essere presente non soltanto l'intero capitale sociale ma anche la maggioranza degli organi gestorio e di controllo.

Gli interpreti sono divisi sugli effetti della mancata partecipazione dei sindaci, tra l'invalidità della delibera (Cavalli, 1994, 111) e l'annullabilità (Niccolini, 524; Trib. Cosenza 3 febbraio 1986, in Dir. fall. 1987, 545; Trib. Cosenza 3 gennaio 1985, in Soc. 1985, 419).

Mancata partecipazione dei sindaci regolarmente convocati alle riunioni e decadenza sanzionatoria.

Il comma 2 dell'art. 2405 c.c. commina un'apposita sanzione per i sindaci non osservanti l'obbligo di assistenza di cui al comma 1 della norma in commento: si prevede una forma di decadenza c.d. sanzionatoria la quale si contrappone a quella ordinaria di cui all'art. 2399 c.c. (Cocito, 141; Domenichini, 1985, 552; Cavalli, 58).

Incorre nella decadenza sanzionatoria il sindaco che per due volte sia assente ingiustificato purché la mancata giustificazione dell'assenza venga accertata dall'assemblea in base alla prassi seguita o alle formule usate (Trib. Genova 19 luglio 1993, Giur. it. 1994, I, 2, 328), spettando al sindaco l'onere di fornire le adeguate giustificazioni al fine di non incorrere nella decadenza (Tedeschi, 249).

Presupposto indispensabile della decadenza è che il sindaco sia stato correttamente informato senza avere giustificato la propria impossibilità di partecipare (Ferraro, 576; Magnani, 237).

L'orientamento prevalente in giurisprudenza ha ritenuto l'automatica operatività della decadenza sanzionatoria non ritenendo necessaria un'apposita denuncia assembleare. A questo punto la delibera con cui l'assemblea dovesse riscontrare l'avvenuta decadenza sarebbe una delibera di mero accertamento e non di accertamento costitutivo (Cass. n. 3768/1995; Trib. Genova 27 aprile 1995, in Soc. 1995, 1605; Cass. n. 2009/1982).

Vi è però un ulteriore ricostruzione giurisprudenziale che ritiene che debba essere il collegio sindacale o, in alternativa, l'assemblea a dover accertare l'avvenuta decadenza, non potendo nelle more di tale accertamento operare il meccanismo di sostituzione dei sindaci previsto all'art. 2401 c.c.

La necessità dell'accertamento sarebbe preordinata all'iscrizione e pubblicazione della carica nel registro delle imprese e, dunque, vi sarebbe sottesa un'esigenza di certezza ai fini dell'opponibilità ai terzi (Trib. Genova 19 luglio 1993, in Giur. it. 1994, I, 2, 328).

La norma in commento distingue tuttavia le conseguenze della mancata partecipazione alle assemblee, essendo in tal caso sufficiente una sola assenza ingiustificata per incorrere nella decadenza (Fré-Sbisà, 562; Cavalli, 1996, 728; Santini, 249) rispetto all'assenza alle riunioni degli organi amministrativi per la quale affinché il sindaco possa dirsi decaduto è necessaria l'assenza per due adunanze consecutive.

Non risulta operante la decadenza in caso di assemblee di prima convocazione andate deserte e, quindi, quando un'adunanza sia effettivamente mancata (Cass. n. 2764/1992).

La giurisprudenza di merito ha ritenuto che la decadenza dalla carica di sindaco di società di capitali di cui all'articolo in commento operiautomaticamente e la delibera assembleare che ne accerta il verificarsi ha natura meramente dichiarativa (App. Napoli 973/2022).

Società quotate

Trova applicazione con riguardo alle società quotate l'art. 149 comma 2 TUF in luogo dell'art. 2405 c.c. prevedendo l'obbligo di assistenza da parte dei membri del collegio sindacale alle assemblee, alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, incorrendo anch'essi in decadenza sanzionatoria dove l'eventuale assenza non sia giustificata.

La norma ricalca l'art. 2405 c.c. differenziandosi tuttavia nell'operatività della decadenza del sindaco per l'assenza senza giustificato motivo per la mancata partecipazione a due adunanze del consiglio di amministrazione nel corso del medesimo esercizio, anche non consecutive.

Bibliografia

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