Codice Civile art. 2353 - Azioni di godimento (1).

Gianluca Scarchillo

Azioni di godimento (1).

[I]. Salvo diversa disposizione dello statuto, le azioni di godimento attribuite ai possessori delle azioni rimborsate non danno diritto di voto nell'assemblea. Esse concorrono nella ripartizione degli utili che residuano dopo il pagamento delle azioni non rimborsate di un dividendo pari all'interesse legale e, nel caso di liquidazione, nella ripartizione del patrimonio sociale residuo dopo il rimborso delle altre azioni al loro valore nominale.

(1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo recitava: «[I]. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, le azioni di godimento attribuite ai possessori delle azioni rimborsate non danno diritto di voto nell'assemblea. Esse concorrono nella ripartizione degli utili che residuano dopo il pagamento alle azioni non rimborsate di un dividendo pari all'interesse legale e, in caso di liquidazione, nella ripartizione del patrimonio sociale residuo dopo il rimborso delle altre azioni al loro valore nominale».

Inquadramento

Il contenuto della disposizione è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al regime previgente, probabilmente a causa dello scarso utilizzo dello strumento azionario in commento nella prassi (di cui l'esiguità dei provvedimenti giurisprudenziali in materia ha costituito l'immediata ricaduta).

Unica modifica intervenuta è quella della sostituzione di «atto costitutivo» con «statuto»: variazione che non importa, tuttavia, conseguenze di rilievo in ordine all'interpretazione della norma.

Si è osservato che sin dal vigore del codice di commercio del 1882 numerose società avevano introdotto nei propri statuti le azioni di godimento, sebbene la fattispecie non fosse ancora regolata dal legislatore (Patriarca, 165; Rogantini, 812). Il codice civile del 1942 costituisce, dunque, la prima fonte normativa di regolamentazione dell'istituto, dovuta in buona parte proprio alla diffusa prassi del suo utilizzo – poi disattesa, come si è anticipato, successivamente all'unificazione dei codici – e ispirata alla ratio della tutela patrimoniale dei soci rimborsati al valore nominale della partecipazione e, per questo, mancati beneficiari del plusvalore di quanto conferito (Ghionni Crivelli Visconti, 980).

A seguito della riforma del diritto societario del 2003, l'assenza di una regolamentazione più precisa rispetto alla scarna disciplina del codice civile è stata ritenuta un'occasione perduta di risolvere alcune criticità interpretative nel frattempo sorte e di possibile verificazione anche all'esito della riforma (Abriani, 349).

Presupposti per l'emissione delle azioni godimento e natura giuridica delle stesse.

L'emissione delle azioni di godimento è ricollegata alla riduzione reale del capitale sociale (chiaro il riferimento normativo al rimborso delle azioni, richiamato dall'art. 2445 c.c.: «La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci») e, in particolare, alla tutela della posizione dei soci rimborsati, al valore nominale, in quella sede e perciò pregiudicati in quanto non beneficiari del plusvalore eventualmente presente (c.d. valore reale delle azioni) e potenzialmente consistente (i) in plusvalenze patrimoniali e (ii) utili non distribuiti in misura superiore all'interesse legale (Ghezzi, 512; Ghionni Crivelli Visconti, 981).

Ci si chiede se l'emissione di dette azioni costituisca – al ricorrere dei presupposti indicati dalla legge – un obbligo a carico della società ovvero una semplice facoltà: nel primo senso parte autorevole della dottrina (Bione, 93; Patriarca, 41 ss.), sottolineando la natura di strumento necessario per garantire la parità di trattamento tra i soci.

Parte degli interpreti aveva ritenuto possibile l'emissione delle azioni in esame anche a seguito di rimborsi avvenuti mediante l'utilizzo di utili non distribuiti nei precedenti esercizi e dunque senza necessità di procedere all'effettiva riduzione del capitale (Mazzone, 659); opinione però efficacemente contrastata dall'osservazione secondo cui l'operazione, in tal caso, sarebbe assimilabile piuttosto all'acquisto di azioni proprie (Bione, 163).

Altro problema sollevato da parte della dottrina riguarda l'applicazione dell'articolo in esame all'ipotesi di riduzione nominale del capitale (soprattutto laddove le perdite accumulate determinino la perdita integrale dello stesso), ipotizzandosi l'emissione delle azioni di godimento a seguito della ricapitalizzazione della società cui non partecipi parte della compagine sociale, allora destinataria dei titoli in discorso proprio al fine di consentire alla stessa la partecipazione ai valori patrimoniali inespressi o ai risultati positivi generati e non emergenti (Di Sabato, 256; Ghezzi, 521 ss.; Marchetti, 894).

Paiono tuttavia maggiormente convincenti le opinioni contrarie, nel senso della non estensibilità della disciplina in commento alla riduzione del capitale per perdite, sulla base del seguente rilievo: come anticipato, la ratio della norma consiste nella tutela patrimoniale dei soci rimborsati al valore nominale della partecipazione e, per questo, mancati beneficiari del plusvalore di quanto conferito, cosicché il legislatore interviene al fine di riequilibrare la disparità di trattamento intervenuta a seguito del rimborso del solo nominale.

Disparità che, però, non è dato ravvisare nel caso della riduzione per perdite, in occasione della quale queste ultime vengono automaticamente distribuite tra tutti i soci in proporzione della quota da ciascuno posseduta (Bione, 94), con la conclusione che l'emissione delle azioni di godimento non sarebbe possibile, mancando il principale presupposto indicato dalla legge e cioè proprio la situazione di disparità che invece in questa sede non si verificherebbe.

Discorso diverso attiene alla dibattuta natura giuridica delle azioni di godimento, posto che parte della dottrina (Figà Talamanca, 38) ne ha messo in dubbio la configurazione alla stregua di azioni all'esito della considerazione secondo cui esse non avrebbero più valore nominale, in quanto esso sarebbe stato restituito ai soci tramite il suo rimborso anticipato: ulteriore conseguenza del rimborso sarebbe che esse non sarebbero (più) supportate dal conferimento del socio. Secondo alcuni autori, dunque, esse rappresentano solo il titolo di credito che legittima la riscossione dei diritti patrimoniali di cui all'art. 2353 c.c., perché a fronte dell'azione di godimento non vi sarebbe più un conferimento, dato che il valore nominale dell'azione è stato rimborsato.

Diversamente, si è osservato, le azioni di godimento sono autentiche partecipazioni sociali, sia pur modificate nel loro contenuto, dal momento che, per effetto dell'esecuzione del conferimento, il socio partecipa a una quota ideale del patrimonio sociale, come dimostra il fatto che egli continua a essere socio in sede di liquidazione quando gli sia stato rimborsato il valore nominale della partecipazione e debba ancora ricevere eventuali ulteriori somme da ripartire (Di Sabato, 255 ss.).

Pertanto, il valore nominale andrebbe parametrato a quello originario dei titoli rimborsati ai soci (Angelici, 243; Bione, 95), allo scopo di utilizzare il medesimo non quale effettiva frazione del capitale ma piuttosto quale unità di misura dei diritti spettanti ai possessori delle azioni di godimento.

La giurisprudenza – come detto raramente sollecitata a esprimersi sull'istituto – ha tuttavia avuto occasione di occuparsi dello specifico problema dell'applicazione dell'art. 2353 c.c. all'ipotesi di riduzione del capitale per perdite, propendendo per la tesi favorevole all'estensione dei presupposti di emissione delle azioni di godimento (Trib. Milano, decr., 27 giugno 1996).

I diritti spettanti ai possessori di azioni di godimento.

Quanto al diritto di voto in assemblea, la legge stabilisce una regola di default – e cioè quella che sottrae agli azionisti di godimento tale diritto – suscettibile tuttavia di essere derogata dalla volontà dei soci in atto costitutivo o con successiva modifica del medesimo, sul presupposto che l'avvenuta liquidazione della partecipazione al valore nominale non elimina il rapporto sociale (Ghionni Crivelli Visconti, 986).

In tale ultima evenienza le azioni di godimento devono essere incluse ai fini del calcolo sia del quorum costitutivo che di quello deliberativo (Angelici, 244) e beneficiare dei diritti connessi a quello di voto, individuati principalmente (i) nel diritto di intervento in assemblea; (ii) in quello di essere computati nella percentuale di soci (come noto, il decimo del capitale sociale o la minore percentuale prevista nello statuto) che, ai sensi dell'art. 2367 c.c., possono richiedere all'organo amministrativo della società la convocazione, senza ritardo, dell'assemblea; (iii) in quello di impugnativa delle delibere assembleari.

Secondo autorevole dottrina, come ricordato (Di Sabato, 256), essendo l'azionista di godimento socio a prescindere dal fatto che le azioni siano o meno munite di diritto di voto in assemblea, la sua partecipazione (quota di capitale sottoscritta) deve essere computata ai fini della regolare costituzione dell'assemblea dei soci (e cioè ai fini del calcolo del quorum costitutivo) mentre invece, ai fini del raggiungimento del quorum deliberativo, occorrerà distinguere se le azioni sono dotate di diritto di voto – e saranno allora necessarie ai fini del suddetto calcolo – o meno – caso in cui non si terrà conto di esse.

Ci si può poi chiedere, alla luce dell'introduzione delle azioni a voto plurimo di cui all'art. 2351, comma 4, c.c. (come inserito dall'art. 20, comma 8-bis, d.l. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 116) – che dispone che «Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di tre voti» –, se alle azioni di godimento possa essere attribuita la maggiorazione del voto: se è corretta l'affermazione secondo cui la circostanza che il modello di default preveda la negazione del diritto di voto non toglie che, laddove venga esercitata l'opposta opzione statutaria, a siffatte azioni devono essere riconosciuti anche i diritti strumentali al voto (Ghionni Crivelli Visconti, 987), nulla impedisce, in via di principio, la creazione di azioni di godimento a voto multiplo, sebbene appaia improbabile l'attribuzione a titoli che in via di principio non consentono affatto l'espressione del voto assembleare (e appartenenti a soggetti che hanno, verosimilmente, interesse alla percezione dei valori ancora non liquidati più che all'incidenza nelle decisioni dell'assemblea dei soci) di una maggiorazione dello stesso.

In ordine ai diritti patrimoniali, la legge – con disposizione ritenuta inderogabile (Angelici, 240) – stabilisce che le azioni di godimento concorrono alla ripartizione degli utili che sopravanzino dopo il pagamento alle azioni ordinarie di un dividendo pari all'interesse legale.

In caso di liquidazione della società, esse concorrono nella ripartizione del capitale sociale dopo, però, che sia stato rimborsato ai soci titolari di azioni ordinarie il valore nominale di queste ultime (valore che, come si è osservato, gli azionisti di godimento hanno già ricevuto).

La disposizione ha sollevato un'ulteriore questione relativa alla sorte degli azionisti di godimento a fronte dell'operazione di aumento gratuito del capitale sociale: segnatamente, ci si è chiesto se essi partecipino o meno a tale operazione (e, nell'ipotesi affermativa, quali azioni debbano essere loro assegnate).

La risposta, evidentemente, è differente in base alla tesi cui si aderisca in ordina alla natura giuridica delle azioni in commento.

Per la dottrina secondo cui le azioni di godimento rappresentano meri titoli di credito sulla base dei quali pretendere la corresponsione dei diritti patrimoniali di cui all'articolo 2353 c.c., in caso di aumento gratuito nulla deve essere assegnato ai titolari delle azioni di godimento.

La parte degli autori che, invece, definisce le azioni di godimento quali autentiche partecipazioni sociali, sia pur modificate nel loro contenuto, ritiene, alternativamente: (i) che agli azionisti di godimento non possano essere assegnate azioni ordinarie perché altrimenti essi tornerebbero a godere di diritti che invece dovrebbero essere ormai loro negati (Genghini; Simonetti), e pertanto potranno essere destinatari di ulteriori azioni di godimento. Altri autori ritengono, invece, che in presenza di azioni di godimento il principio di parità di trattamento dei soci finisce col prevalere sul principio di omogeneità (in virtù del quale l'aumento gratuito dovrebbe sempre comportare la distribuzione di azioni con caratteristiche uguali a quelle in circolazione e in proporzione alle stesse), ragion per cui l'esigenza che gli azionisti, che hanno già una volta visto compresso il diritto ad essere soci a tutti gli effetti, non siano nuovamente pregiudicati imporrebbe di attribuire loro azioni ordinarie (Bione; Angelici).

Bibliografia

Abriani, Commento all'art. 2353, in Il nuovo diritto societario. Commentario, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, I, 349; Angelici, Della società per azioni. Le azioni. Artt. 2346 - 2356, Comm. S., Milano, 1992; Bione, Le azioni, in Tr. Colombo-Portale, Torino, 1991, 2, 1; Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2011; Figà Talamanca, Il valore nominale delle azioni, Milano, 2001; Genghini, Simonetti, Le società di capitali e le cooperative, Padova, 2015; Ghezzi, Commento all'art. 2353, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2008, 513; Ghionni Crivelli Visconti, Commento all'art. 2353, in Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza. Artt. 2247 - 2378, a cura di Santosuosso, , in Commentario del codice civile, a cura di E.Gabrielli, Torino, 2015, 978; Marchetti, Verso la riscoperta delle azioni di godimento?, in Riv. soc. 1996, 891; Patriarca, Le azioni di godimento, Padova, 1992; Mazzone, La natura giuridica delle azioni di godimento, in Riv. dir. comm. 1924, I, 661; Pazzaglia, Natura giuridica delle azioni di godimento, in Banca, borsa, tit. cred. 1950; I, 75; Rogantini, Le azioni di godimento. Esposizione sistematica delle clausole statutarie delle società italiane dal 1900 in poi, in Riv. soc. 974, 811; Santoro, Commento all'art. 2353, in La riforma delle società, diretto da M.Sandulli, V.Santoro, Torino, 2003, I, 162; Stagno d'Alcontres, Commento all'art. 2353, in Società di capitali. Commentario, a cura di Stagno d'Alcontres, Niccolini, Napoli, 2004, I, 321.

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