Codice Civile art. 2368 - Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni 1.Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni 1. [I]. L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita quando e rappresentata almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari 2. [II]. L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita quando è rappresentata almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea 34 . [III]. Salvo diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea. Le medesime azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del soggetto al quale spetta il diritto di voto di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione della deliberazione 5.
[1] Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. [2] Le parole: «con l'intervento di tanti soci che rappresentino» sono sostituite dalle parole «quando e rappresentata» dall'art. 1, comma 3, del d.lg. 27 gennaio 2010 n. 27 [3] Comma modificato dall'art. 1, comma 3, del d.lg. 27 gennaio 2010 n. 27. Il testo precedente recitava: «L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea». [4] Per la deroga alle disposizioni del presente comma sino alla data del 30 giugno 2021, vedi l'art. 44, commi 1 e 2, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modif., in l. 11 settembre 2020, n. 120, con entrata in vigore il 15 settembre 2020. [5] La parola «socio» è stata sostituita dalle parole «soggetto al quale spetta il diritto di voto» dall'art. 1, comma 3, del d.lg. 27 gennaio 2010 n. 27 InquadramentoRatio della disciplina riformata è quella di ridisegnare la capacità decisionale dell'organo assembleare, in attuazione dell'art. 4, comma 7, lettera d) della legge delega 3 ottobre 2001 n. 366, che enunciava la finalità di “determinare, anche con adeguato spazio all'autonomia statutaria e salve le disposizioni di leggi speciali, i quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea, in relazione all'oggetto della deliberazione, in modo da bilanciare la tutela degli azionisti, le esigenze di funzionamento dell'organo assembleare, lasciando all'autonomia statutaria di stabilire il numero delle convocazioni”. Nella fattispecie a formazione progressiva che porta alla formazione delle delibere societarie, la fase centrale è costituita dallo svolgimento dell'assemblea, nei suoi momenti cruciali della costituzione e della votazione, in cui si realizza l'attività decisionale, retta dai principi di collegialità e di maggioranza, intesa con riferimento alla rappresentatività capitalistica. La riforma del 2003 ha introdotto, in via generale, le convocazioni dell'assemblea successive alla seconda, in precedenza previste solo nel Testo unico finanziario. La previsione, pure innovativa, delle azioni a voto plurimo (articolo 2351, quarto comma) ex d.l. n. 91/2014, convertito in l. n. 116/2014, ha posto il problema se esse incidano sul solo quorum deliberativo. Altra modifica , di natura lessicale, è derivata dalla Direttiva 2007/36/CE, che ha espunto la parola “soci”, in considerazione del cd. record date (titolarità delle azioni ad una data certa, anteriore all'assemblea: restando irrilevanti eventuali trasferimenti, nelle more). Secondo l'art. 83-sexies, secondo comma, T.U.F., la data è quella del settimo giorno di mercato aperto, prima dall'assemblea. Le modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale; ed i soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso (art. 34, sesto comma, d.lgs. n. 5/2003, non abrogato dalla legge 18 giugno 2009 n. 69). È stata mantenuta la previsione che per la nomina delle cariche sociali lo statuto possa stabilire norme particolari: tra le quali non può, però, ritenersi ammissibile il voto segreto (che, peraltro, era stata addirittura imposto nelle società quotate dall'articolo 147-ter T.U.F., secondo comma, introdotto dalla l. 28 dicembre 2005, n. 262 - Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari: comma, poi abrogato dal d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 303 (Coordinamento con la legge 28 dicembre 2005, n. 262, del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), stante il disposto dell'art. 2375 che impone la verbalizzazione nominativa dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti.
Assemblea ordinariaL'assemblea ordinaria si distingue da quella straordinaria ratione materiae, sulla base delle competenze rispettivamente attribuite dagli artt. 2364 e 2365. In taluni ordinamenti, come ad es. in Germania e Spagna, sono considerate, invece, straordinarie le assemblee convocate con uno specifico ordine del giorno, mentre, le assemblee ordinarie sono quelle che si riuniscono almeno una volta l'anno (era così anche nel codice di commercio italiano del 1882, art. 154). Il quorum costitutivo, o strutturale, fa riferimento agli aventi diritto al voto, in astratto (e non più, letteralmente, ai soci), in ordine all'argomento posto all'ordine del giorno: ne consegue che l'assemblea è soggetta a composizione variabile, in funzione della proposta in discussione ed in dipendenza del computo, o no, delle azioni a voto limitato o subordinato a condizioni non meramente potestative (art. 2351, secondo comma). In generale, poiché il quorum è una frazione, si tratta, di volta in volta, di stabilire il denominatore: se l'intero capitale, il capitale rappresentato in assemblea, o gli effettivi votanti. Quando la legge richiede la maggioranza assoluta, solo quest'ultima opzione sembra da escludere, perché non si distinguerebbe dalla maggioranza relativa o semplice. Si reputano, per lo più, inammissibili clausole statutarie che esigano la (quasi) unanimità, giacché nella legge si parla sempre di maggioranza, il cui principio appare di ordine pubblico, ai fini del funzionamento dell'assemblea. L'assemblea ordinaria, in prima convocazione prevede un quorum costitutivo del 50% del capitale sociale, inderogabile, e qualunque aliquota in seconda convocazione. I titolari degli strumenti finanziari, anche con diritti corporativi, non hanno legittimazione a partecipare all'assemblea generale degli azionisti (art. 2346, ultimo comma), ma solo alle assemblee speciali o alle votazioni col metodo referendario, perché non sono soci. Non rientrano nel quorum costitutivo le azioni istituzionalmente prive di voto, a differenza delle azioni con voto temporaneamente sospeso: e tale regola, benché espressamente prevista per l'assemblea ordinaria deve intendersi, senza dubbio, applicabile anche a quella straordinaria. Non sono quindi computate le azioni di risparmio, né le azioni di godimento, salvo diversa disposizione dello statuto (art. 2353). Si devono invece computare nel quorum costitutivo le azioni proprie, le azioni di soci in conflitto di interessi (che possono votare), nonché le azioni a voto sospeso: quali, le azioni possedute da società controllate (art. 2359-bis, quinto comma), le azioni del socio moroso (art. 2344, quarto comma), e le azioni la cui sospensione del voto dipende da violazione degli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti alla Consob, ex art. 120, quinto comma, T.U.F., o degli obblighi di pubblicità dei patti parasociali (art. 2341-ter, secondo comma; art. 122, quarto comma, T.U.F.). La riforma ha soppresso l'incipit dell'articolo 2373 con il divieto di voto del socio in conflitto di interessi , ma ha conservato il divieto di voto per l'amministratore sulla proposta di azione di responsabilità nei suoi confronti. Nel primo caso le azioni rientrano, quindi, de plano nel quorum costitutivo; ma eguale soluzione si deve adottare nel secondo, ai sensi dell'art. 2368, ultimo comma, trattandosi di divieto solo occasionale di voto. È da notare che, nel vigore del testo originario della norma, la disciplina del diritto di voto delle azioni proprie non era espressa ed era desunta dalla sospensione del voto disposto dell'art. 2357 (nel testo anteriore alla sostituzione operata dal d.P.R. 10 febbraio 1986, n. 30): nel senso che di esse non si dovesse tener conto né a fini costitutivi dell'assemblea, né ai fini dell'assunzione delle deliberazioni. Il capitale richiamato dai quorum era quindi rappresentato solo dalle azioni in astratto idonee a consentire ai loro titolari la partecipazione alle assemblee. Nella Relazione al codice civile del 1942 si affermava: “L'acquisto delle proprie azioni, che può costituire una sana forma di impiego degli utili dell'impresa sociale, non deve prestarsi in alcuna forma d'operazioni di carattere speculativo, né può rappresentare per gli amministratori un sistema per crearsi una comoda maggioranza a spese del patrimonio sociale”. In attuazione della direttiva CEE 13 dicembre 1976, n. 77/91, l'art. 2357 è stato riformulato, nel senso di regolare solo l'acquisto delle azioni; mentre si aggiunsero altri articoli, dei quali l'art. 2357-ter è stato destinato a dettare la disciplina durante il tempo in cui le azioni siano rimaste nella proprietà della società. In particolare, le azioni proprie, detenute dalla stessa società emittente, di cui pure è sterilizzato l'esercizio dei diritti sociali, concorrono a formare sempre il quorum costitutivo, e, in deroga alla regola generale, formano anche il quorum deliberativo, ma solo nelle società cd. chiuse (art. 2357-ter, secondo comma, nel testo sostituito dall'art. 1 d.lgs. n. 224/2010); mentre, non vengono conteggiate nelle società aperte, per contenere l'incidenza dell'assenteismo, proprio delle società a capitale diffuso (artt. 2357-ter, secondo comma, e 2368, terzo comma). Ratio del duplice computo sembra essere, infatti, quella di mantenere inalterati i rapporti di forza tra soci, evitando che, in seguito all'acquisto da parte della società di una certa percentuale del capitale sociale già appartenente ad un socio di maggioranza, con conseguente sospensione del diritto di voto, un socio di minoranza possa conseguire la maggioranza dei voti. La lettera dell'articolo succitato e la relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 224/2010 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 142, recante attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva 77/91/CEE relativamente alla costituzione delle società per azioni, nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale) mostrano, infatti, la chiara scelta operata dal legislatore in direzione della più ampia tutela dei soci di minoranza (Trib. Milano, 28 aprile 2012, in Banca borsa tit. cred., 2013, 3, 305). È dubbio se i quorum costitutivi debbano essere accertati solo in apertura dell'assemblea e sia quindi irrilevante il loro mantenimento nel prosieguo, fino alla votazione che conclude l'adunanza: con la conseguente inammissibilità di una richiesta di verifica successiva del numero legale. Al riguardo, il contrasto è tra chi valorizza l'esigenza di efficienza e non ritiene, perciò, necessaria la presenza del quorum fino al momento deliberativo (Trib. Napoli il 7 gennaio 1999, in Soc., 1999, 839; Trib. Milano 11 dicembre 2003, in Giur. it., 2004, 1, 2348) e chi ritiene, invece, indefettibile la permanenza del numero legale: di fatto, assimilando l'assemblea abbandonata all'assemblea deserta. La prima tesi appare indirettamente confermata dalla rilevanza, nel quorum costitutivo, di azioni occasionalmente prive del diritto di voto e, quindi, inidonee ad incidere sull'esito finale (art. 2368, terzo comma). Essa appare altresì in linea con la ratio di contrastare l'abuso di minoranza consistente nel rifiuto sistematico e ingiustificato di partecipare alle votazioni, che si traduce in una forma di ostruzionismo, suscettibile di provocare perfino lo scioglimento della società. Non sembra dubbio che nel calcolo del quorum costitutivo debbano rientrare anche i voti espressi per corrispondenza, consentiti dall'art. 2370, quarto comma, dal momento che sarebbe contraddittorio escluderli, visto che concorrono a formare il quorum deliberativo. Parte della dottrina ne deriva la conseguenza che è ammissibile un'assemblea praticamente virtuale, in assenza fisica di soci e con la presenza unicamente del presidente e del segretario (o notaio), che deliberi sulla base dei soli voti per corrispondenza. Il quorum deliberativo o funzionale nell'assemblea ordinaria di prima convocazione è pari alla maggioranza assoluta: e cioè, alla metà più uno del valore delle azioni presenti. Dalla facoltà statutaria di richiedere una maggioranza più elevata si evince, a contrario, l'inammissibilità della riduzione del quorum di prima convocazione. Tenuto conto, peraltro, che la prima convocazione ha scarsissima rilevanza, nella prassi, ci si può chiedere perché non consentire, de jure condendo, una riduzione del quorum deliberativo, invece di passare per l'immancabile assemblea deserta di prima convocazione (un'unica convocazione è consentita, del resto, per le società che fanno ricorso al capitale di rischio, escluse quelle cooperative: art. 2369, primo comma). La norma novellata prevede testualmente che nel quorum deliberativo non rientrino le azioni per le quali il socio, pur potendo votare, ha dichiarato di astenersi perché in conflitto di interessi; con la possibile conseguenza di una delibera approvata da soci in rappresentanza di una frazione anche minima del capitale sociale. A contrario, dovrebbero calcolarsi nel quorum deliberativo, secondo parte della dottrina, le azioni dei soci che si siano astenuti per ragioni diverse dal conflitto d'interessi. Concorrono a formare il quorum deliberativo le azioni del socio moroso, con voto sospeso. È legittimo, l'aumento dei quorum, per clausola statutaria, purché non paralizzante, in quanto risolventesi, di fatto, in un inammissibile potere di veto. È dubbio se nel calcolo del quorum deliberativo dell'assemblea ordinaria, la maggioranza assoluta degli intervenuti includa non solo gli astenuti, ma anche quelli allontanatisi prima del voto: la tesi affermativa appare in linea con la ritenuta necessità della conservazione del quorum costitutivo fino al momento della votazione. La deliberazione assembleare di una società per azioni, di cui si assuma la non corretta modalità di computo delle maggioranze all'uopo occorrenti ai fini del quorum deliberativo, è meramente annullabile e non inesistente; infatti, la sua difformità al modello legale, già nel contesto normativo anteriore alla riforma societaria di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ne lascia permanere i lineamenti essenziali, trattandosi di una decisione assunta dai soci con la proclamazione del risultato ed è un atto giuridico certamente venuto ad esistenza, laddove la conseguenza dell'inesistenza sarebbe contraria alle fondamentali esigenze di certezza e di affidamento che ispirano (ed ispiravano anche nel regime anteriore alla riforma societaria) la disciplina degli artt. 2377 e seguenti (Cass. I, n. 1361/2011). In tema di raggiungimento del quorum deliberativo, una recente sentenza del Trib. Milano 22 aprile 2021 (in Soc., 2022, 433, con nota di Bartalena) ha statuito che il socio escluso dall'assemblea è legittimato ed interessato ad agire per l'impugnazione della delibera ivi assunta, anche se il suo voto sia ininfluente per il raggiungimento del quorum deliberativo, non applicandosi la cd. prova di resistenza. Secondo il giudice ambrosiano, alla mancata ammissione all'assemblea del socio titolare di una partecipazione marginale, di per sé ininfluente ai fini del raggiungimento del quorum deliberativo, in presenza di una maggioranza consolidata, non si applica l'art. 2377, quinto comma, c.c., che regola la speculare situazione della partecipazione all'assemblea di soggetti non legittimati, che non dà luogo ad alcun vizio se la partecipazione non sia stata determinante ai fini della regolare costituzione l'assemblea. Tale norma, quindi, non si occupa delle conseguenze della mancata partecipazione del socio che assuma di essere legittimato: fattispecie, riguardata, per contro, dall'art. 2379 c.c., che sancisce di nullità le delibere assunte in caso di mancata convocazione, tutelando in tal modo il diritto di tutti i soci alla partecipazione, a prescindere dalla rilevanza del voto esprimibile. La diversa opzione interpretativa legittimerebbe, paradossalmente, la sistematica esclusione, senza sanzione alcuna, della minoranza da ogni assemblea, perché il suo voto non supererebbe mai, per definizione, la prova di resistenza. In dottrina, si è confutata la tesi dominante secondo cui l'astensione volontaria dal voto sia sempre da considerare come voto negativo (Busani, in Soc., 2020, 1064). Assemblea straordinariaAnche dal terzo comma modificato dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. 27 gennaio 2010 n. 27, è stata espunta, per le ragioni già chiarite, la parola “soci” che figurava sia nel testo originario, che in quello novellato dal d.lgs. n. 6/2003. Nelle società per azioni cd. chiuse è direttamente previsto, per l'assemblea straordinaria, il quorum deliberativo di più del 50% del capitale sociale, con possibilità di deroga solo al rialzo, per via statutaria. Se ne deduce che il quorum costitutivo, di cui non si fa menzione, deve essere per lo meno eguale. Il quorum costitutivo, invece, è positivamente stabilito per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nel 50% del capitale sociale, o nella maggiore percentuale prevista dallo statuto; mentre, il quorum deliberativo è pari ai due terzi del capitale rappresentato in assemblea. La legislazione emergenziale pandemicaIl d.l. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 120/2020 – Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale (decreto Semplificazioni) ha introdotto emendamenti alla disciplina societaria in tema di quorum delle assemblee straordinarie: emendamenti, volti ad agevolare l'approvazione di talune deliberazioni, in tempi di maggiore difficoltà di riunione, dovuta alla perdurante pandemia da coronavirus. Il presupposto della straordinaria necessità e urgenza di contenere gli effetti negativi che l'emergenza sanitaria sta producendo sul tessuto socioeconomico nazionale è espresso nella premessa del testo normativo (Ritenuta altresì la straordinaria necessità e urgenza .... di adottare misure di semplificazione in materia di attività imprenditoriale.... al fine di fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all'emergenza epidemiologica da Covid-19...”). In quest'ottica, il provvedimento si pone, quindi, in linea di continuità con il precedente d.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni dalla l. n. 27/2020 - Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 (Decreto Cura Italia), che aveva emendato l'art. 2364, secondo comma, c.c. (oltre che l'art. 2478 bis c.c., riguardo alle s.r.l.), allo stesso scopo di agevolare lo svolgimento delle assemblee sociali in tempi di emergenza sanitaria, comportante restrizioni di vario genere alla libertà di movimento e di raggruppamento materiale di persone. Si tratta, ancora una volta, di modifiche di durata transitoria, il cui termine ultimo, fissato al 30 aprile 2021 nel testo originario del d.l. n. 76/2020, è stato poi prorogato, in sede di conversione, al 30 giugno 2021: senza previsione espressa di un alternativo termine mobile, legato alla prosecuzione ininterrotta dello stato d'emergenza sul territorio nazionale, relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19: come invece disponeva l'art. 106, settimo comma, del d.l. n. 18/2020. Il testo vigente dell'art. 44 d.l n. 76/2020, frutto di sostituzione integrale ad opera della legge di conversione 11 settembre 2020 n. 120, diverge sensibilmente dalla formulazione originaria. La modifica dei quorum concerne le delibere aventi ad oggetto gli aumenti del capitale sociale con nuovi conferimenti, ai sensi degli artt. 2439 (non menzionato nel testo originario del d.l. n. 76/2020), 2440 e 2441 c.c. (per il quale ultimo il testo originario alla lett. B indicava espressamente la clausola che consente di escludere il diritto di opzione) e l'introduzione nello statuto della delega agli amministratori ad aumentare il capitale sociale, ai sensi dell'art. 2443 del c.c. Ma soprattutto, la norma, nel testo originario del decreto-legge, era formulata in forma negativa (“...non si applica la maggioranza rafforzata del voto favorevole di almeno due terzi del capitale...”) ed incideva selettivamente sul secondo periodo del secondo comma dell'art. 2368 c.c.: modificando, quindi, il quorum deliberativo rafforzato dell'assemblea straordinaria delle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Per contro, l'attuale testo dell'articolo 44 – sostituito, come detto, dalla legge di conversione n. 120/2020 – ha modificato l'intero secondo comma: estendendo, quindi, il minor quorum deliberativo, unitariamente fissato nella maggioranza del capitale rappresentato in assemblea, anche in deroga alla maggiore percentuale eventualmente prevista da clausola statutaria, a tutte le ipotesi di assemblea straordinaria: sia delle s.p.a che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (per le quali il quorum stabilito dalla norma codicistica era invece dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea), sia delle s.p.a. “chiuse” (per le quali il quorum era di più della metà del capitale sociale). Stando alla lettera della norma (“sono approvate...le deliberazioni...”) il termine finale di vigenza al 30 giugno 2021 dovrebbe essere riferito alla data di effettiva approvazione della delibera: il che vale ad escludere, “de plano”, che il dies ad quem riguardi invece l'avviso di convocazione. BibliografiaBartalena, Ammissione in assemblea al voto nelle società quotate, in Soc. 2022, 433; Busani, Il voto di astensione è davvero un voto negativo?, in Soc. 2020, 1064; Cian, Sub art. 2368, in Commentario breve al codice civile, a cura di G. Cian, Milano-Padova, 2016; Dal Soglio, Azioni proprie e quorum assembleari prima e dopo il decreto legislativo 29 novembre 2010 n. 224, in Giur. comm., 2013, 2, 322; Gallo, Sub art. 2368, in Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004; Grippo, L’assemblea nelle società per azioni, in Tr. 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