Codice Civile art. 2379 bis - Sanatoria della nullità (1).Sanatoria della nullità (1). [I]. L'impugnazione della deliberazione invalida per mancata convocazione non può essere esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell'assemblea. [II]. L'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva. La deliberazione ha effetto dalla data in cui è stata presa, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione. (1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. InquadramentoNella sua linea politica di sostanziale attenuazione del regime delle invalidità, il legislatore della riforma ha previsto all'art. 2379-bis, di nuova formulazione, due modalità inedite di sanatoria delle delibere invalide. Al primo comma, l'assenso dei soci allo svolgimento dell'assemblea svoltasi in loro assenza sana la nullità dovuta alla mancata convocazione. È opinione condivisa che si applichi anche alle delibere annullabili (ad es., per tardività della convocazione). Concerne i soli soci, dato che i terzi non hanno interesse ad impugnare la delibera sulla sola base della mancata convocazione, e, stando al dato letterale, dovrebbe manifestarsi in forma espressa, dal momento che la norma parla di dichiarazione: plausibilmente recettizia, come tale rivolta, per l'ordinario, al legale rappresentante, visto che formalmente legittimata passiva dell'azione di nullità è la società. Potrebbe però essere espressa nella stessa assemblea, ed in questo caso sarebbe efficace nonostante l'eventuale assenza del legale rappresentante. Non vi è invece ragione di ritenere necessaria la comunicazione dell'assenso anche agli altri soci non presenti in assemblea, che resteranno naturalmente legittimati a far valere autonomamente la mancanza di convocazione nei loro confronti. Nonostante la dizione letterale della disposizione, non sembrano esservi ostacoli, sotto il profilo teleologico, ad un assenso manifestato per fatti concludenti: in tal modo, attribuendo alla dichiarazione espressa solo natura di forma normale, ma non esclusiva, dell'assenso. Ed una manifestazione tacita potrebbe ravvisarsi nella partecipazione del socio non convocato all'assemblea, senza riserve o obiezioni, diverse dall'opposizione alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato: comportamento, che implicitamente confermerebbe, peraltro, la volontà di considerare valida l'assemblea (art. 2366, comma 4), e risulterebbe conforme al principio generale del raggiungimento dello scopo, immanente alla disciplina delle comunicazioni. La manifestazione di volontà del socio, per essere sanante, deve essere posteriore all'omessa convocazione. Contrariamente all'opinione possibilista di parte della dottrina, non sembra ammissibile un assenso preventivo, necessariamente “al buio”, tenuto conto che l'interesse ad impugnare potrebbe derivare dalla piega, magari imprevista, concretamente assunta dal voto: tanto meno, in forma di dispensa per una serie indefinita di convocazioni, eventualmente contenuta in una clausola statutaria. Non sembra necessario, per contro, il presupposto della consapevolezza del vizio da parte del socio consenziente, dal momento che la convocazione omessa non ha natura negoziale e non si verte, quindi, in una fattispecie riconducibile, in sede concettuale, alla convalida del contratto annullabile, (art. 1444), o alla conferma di atti di disposizione nulli (artt. 590, 799), richiedenti la conoscenza del motivo di invalidità. In definitiva, la sanatoria della nullità da mancata convocazione tramite assenso del socio pretermesso allo svolgimento dell'assemblea sembra tradursi nella preclusione di un'impugnazione successiva, correlata al principio nemo potest venire contra factum proprium: la cui ratio non appare neppure eccezionale, trovando rispondenza, ad es., nel diritto processuale, nell'ipotesi del litisconsorte necessario non citato in primo grado, che accetti la sentenza, rinunziando a far valere la nullità in grado d'appello (Cass. II, n. 23701/2014; Cass. I, n. 9752/2011). In ogni caso, la partecipazione totalitaria del capitale sociale sana il vizio di omessa convocazione (Trib. Roma 15 giugno 2015, in Riv. not., 2016, 731). La controversia sulla nullità della delibera assembleare in relazione all'omessa convocazione del socio, in quanto soggetta al regime di sanatoria previsto dall'art. 2379-bis c.c., è demandabile ad arbitri, atteso che l'area della non compromettibilità è ristretta all'assoluta indisponibilità del diritto e, quindi, alle sole nullità insanabili (Cass. VI, n. 15890/2012; Trib. Milano 10 maggio 2013, in Soc., 2014, 341, con nota di Capelli). La sanatoria della nullità da mancata convocazioneLa sanatoria della mancanza del verbale, mediante la verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva – più economica che non la rinnovazione o sostituzione della delibera stessa – ha enormemente dilatato il termine per adempiere tale formalità, che prima della riforma veniva limitato ai giorni immediatamente successivi all'assemblea. A differenza dell'ipotesi prevista dal primo comma, non si tratta di una convalida consensuale, essendo necessaria la redazione materiale dell'atto omesso. La portata della disposizione è stata ritenuta, in giurisprudenza, estensivamente applicabile a forme associative diverse dalla s.p.a, quale il consorzio con attività esterna per il coordinamento della produzione e dello scambio (App. Torino 14 aprile 2011, in Corr. mer., 2011, 1051, con nota di De Simone). È possibile che anche il verbale tardivo presenti lacune o inesattezze, tali da impedire l'accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione. In questo caso, si deve ammettere la riapertura del termine per impugnare la deliberazione con azione di annullamento (art. 2377, comma 5, n. 3). Si verificherebbe, infatti, la sostituzione della delibera nulla con altra annullabile: con un effetto pur sempre sanante, anche se solo parzialmente. In senso contrario, altra dottrina ritiene invece che unicamente la verbalizzazione rituale comporti la sanatoria: onde, il giudice dinanzi a cui penda l'azione di nullità già promossa potrebbe esaminare, incidenter tantum, la regolarità della nuova verbalizzazione, ai fini della dichiarazione di cessazione della materia del contendere. La salvezza dei diritti acquistati dai terziLa disposizione di chiusura dell'art. 2379-bis, secondo comma, fa salvi, per l'ipotesi di sanatoria per verbalizzazione tardiva, i diritti incompatibili con la deliberazione dei terzi che in buona fede la ignoravano, perché non risultante documentalmente. Sembra doversene dedurre “a contrario” che non è invece tutelabile il terzo che, sia pure in buona fede, abbia riposto affidamento proprio nell'invalidità della delibera non verbalizzata, da lui conosciuta e ritenuta per tale vizio improduttiva di effetti. Non si può escludere un danno risarcibile per effetto della delibera nulla, anche se l'ipotesi di un pregiudizio diretto sembra limitata alle delibere organizzative autoesecutive, che incidano su posizioni soggettive di soci o di terzi: come nell'ipotesi di deliberazione di revoca, non verbalizzata, di amministratori (privi, a differenza dei sindaci di tutela reale: artt. 2383, comma 3, e 2400, comma 2) che abbiano proseguito la loro opera, incolpevolmente ignari della revoca. Nella maggioranza dei casi, però, il danno, più che dalla delibera stessa, sarà cagionato dagli atti esecutivi posti in essere dagli amministratori; e dunque confluirà nella fattispecie generale prevista dall'art. 2384, comma 2, c.c. secondo cui le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultino dallo statuto o dalla decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società. BibliografiaCentonze, Sub art. 2379-bis, in Commentario del codice civile diretto da Gabrielli, Torino, 2015; Chiappetta, Sub art. 2379-bis, in Commentario alla riforma delle società diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2008; Cian, Sub art. 2379-bis, in Commentario breve al codice civile, Milano-Padova, 2016; Guerrieri, Sub art. 2379-bis, in Commentario breve al Diritto delle società diretto da Maffei Alberti, Padova-Milano, 2017; Silvetti, Sub art. 2379-bis, in Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004; Stagno d’Alcontres, L’invalidità delle deliberazioni dell’assemblea di s.p.a. La nuova disciplina, in Liber amicorum Gian Franco Campobasso, II, 169, 210. |