Codice Civile art. 2409 sexiesdecies - Sistema basato sul consiglio di amministrazione e un comitato costituito al suo interno (1).

Francesca Rinaldi

Sistema basato sul consiglio di amministrazione e un comitato costituito al suo interno (1).

[I]. Lo statuto può prevedere che l'amministrazione ed il controllo siano esercitati rispettivamente dal consiglio di amministrazione e da un comitato costituito al suo interno.

(1) V. nota al Capo V.

Inquadramento

Il modello alternativo di amministrazione e controllo monistico, di matrice anglo-americana, è stato introdotto nel nostro ordinamento, assieme al modello c.d. dualistico, con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, nell'ambito della Riforma organica delle società di capitali e società cooperative.

Tale sistema – disciplinato, per la generalità delle società per azioni, negli articoli da 2409-sexiesdecies a 2409-noviesdecies c.c. e, per le società quotate, da ulteriori disposizioni specifiche del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58viene definito monistico per l'assenza di separatezza strutturale tra l'organo deputato alla gestione della società e l'organo dotato delle funzioni di controllo sulla gestione.

L'assetto organizzativo delle società per azioni di stampo monistico si caratterizza rispetto a quelle che adottano il modello tradizionale o quello dualistico per la compresenza, all'interno di un medesimo organo, il consiglio di amministrazione, di amministratori con funzioni esecutive e di amministratori appartenenti ad un apposito comitato interno titolare di funzioni di vigilanza.

In funzione della peculiarità di tale sistema di amministrazione e controllo alcuni componenti del consiglio di amministrazione, pur essendo dotati del potere di gestione, così come i consiglieri di amministrazione nel sistema tradizionale, sono investiti di specifici compiti di controllo indicati dall'art. 2409-octiesdecies c.c.

Il consiglio di amministrazione viene eletto dall'assemblea dei soci in modo tale da comprendere nel suo interno alcuni componenti indipendenti, fra i quali saranno, poi, scelti i membri del comitato di controllo, che lo stesso consiglio provvederà a nominare.

Il controllo contabile, come previsto per il sistema dualistico, deve essere necessariamente affidato ad un revisore esterno iscritto nel registro tenuto dal Ministero della giustizia.

In ordine alle competenze dell'assemblea ed ai rapporti fra quest'ultima e l'organo gestorio non emerge, invece, nessuna differenza rispetto al modello tradizionale.

Il sistema monistico è stato concepito in funzione, sia della società quotata che intenda adottare una struttura agile di amministrazione e controllo, sia delle società chiuse nelle quali, indipendentemente dalle dimensioni imprenditoriali, i soci siano portatori sia di istanze di gestione che di controllo dell'impresa (Guaccero, 909).

Come l'altro modello alternativo di amministrazione e controllo, ai sensi dell'art. 2380 c.c., la previsione del sistema dualistico deve essere necessariamente contemplata dallo statuto, all'atto della costituzione dell'ente o al momento di una successiva modifica dei patti sociali.

Nell'ipotesi di adozione del modello monistico da parte di società per azioni già costituite, qualora la deliberazione assembleare con cui si dispone la modifica statutaria non disponga diversamente, la variazione del sistema di amministrazione e controllo ha effetto alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'esercizio successivo.

La dottrina ha evidenziato che, nel caso di variazione sopravvenuta del sistema, e quindi di correlativa modificazione statutaria, i soci dissenzienti, astenuti o assenti non avranno diritto di recedere. Si esclude, infatti, che il diritto di recesso possa conseguire alla modificazione del sistema di amministrazione o controllo, non  essendo una ipotesi legale di recesso (e, specificamente, quelle di cui alle lettere g) e b) dell'art. 2437, comma 1, cod. civ.) (Stella Richter jr.).

L'opzione per il modello di governance monistico nella gestione delle società azionarie rappresenta una novità inattesa nel nostro ordinamento.

Tale previsione era, infatti, completamente assente nel disegno di legge Mirone di riforma del diritto societario, approvato dal Consiglio dei Ministri il 26 maggio 2000, c.d. «Legge Mirone», che si limitava a prospettare come alternativa al modello tradizionale, esclusivamente il modello di amministrazione e controllo dualistico, di ispirazione germanica (Salinas, 1220 ss.).

Il sistema monistico venne inserito nella novella durante il passaggio parlamentare ed un primo riferimento al modello in questione si rinviene nella legge delega n. 366/2001 che introduce all'art. 4 la prospettiva di «Un sistema che preveda la presenza di un consiglio di amministrazione, all'interno del quale sia istituito un comitato preposto al controllo interno sulla gestione, composto in maggioranza da amministratori non esecutivi in possesso di requisiti di indipendenza, al quale devono essere assicurati adeguati poteri di informazione e di ispezione. Nella definizione dei requisiti di indipendenza, il governo favorirà lo sviluppo di codici di comportamento e di forme di autoregolamentazione».

La stessa legge delega, all'art. 2, poneva chiare delucidazioni sulle finalità perseguite dal progetto di riforma attraverso la previsione di differenti modelli di amministrazione e controllo societario: semplificare la disciplina delle società, tenendo conto delle esigenze delle imprese e del mercato concorrenziale; ampliare gli ambiti dell'autonomia statutaria, tenendo conto delle esigenze di tutela dei diversi interessi coinvolti ed adeguare la disciplina dei modelli societari alle esigenze delle imprese, anche in considerazione della composizione sociale e delle modalità di finanziamento, escludendo comunque l'introduzione di vincoli automatici in ordine all'adozione di uno specifico modello societario.

In particolare, negli obiettivi del legislatore della Riforma del 2003, evidenziati nella Relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. n.6/2003, la regolamentazione del sistema dualistico era tesa a consentire alle società per azioni unagovernancesemplificata e flessibile con una più efficiente circolazione delle informazioni, maggiore trasparenza e risparmi di tempi e costi. Inoltre, come si legge nella relazione menzionata «la circostanza che la vigilanza sull'amministrazione sia svolta, invece che dal collegio sindacale, da un comitato formato all'interno del consiglio di amministrazione, non determina un minor rigore dell'attività di controllo, poiché la professionalità, l'indipendenza, i doveri e i poteri di tale comitato coincidono con quelli del collegio sindacale, e possono anzi essere integrati dai codici di comportamento (art. 2409-noviesdecies, che richiama l'art. 2387 c.c.)».

Profili comparatistici

La disciplina del modello monistico – ampiamente utilizzata nelle sue numerose varianti nel panorama internazionale – è stata fortemente ispirata dallacorporategovernanceanglosassone ma anche dalle disposizioni del Regolamento del Consiglio dell'Unione Europea n. 2157 dell'8 ottobre 2001 che regolano la Società Europea.

Nel nostro ordinamento, peraltro, una struttura organizzativa di amministrazione e controllo simile a quella delineata dalla Riforma per il modello monistico con un organo di vigilanza costituito all'interno del consiglio di amministrazione non è del tutto nuova.

Essa si rinveniva già nella disciplina del mercato della borsa ed, in particolare, nell'art. 10 del codice di autodisciplina redatto dal Comitato per la corporate governance delle società quotate di Borsa Italiana s.p.a. (c.d. Codice Preda).

Limitatamente alle società quotate il Codice di autodisciplina suggeriva la previsione di un comitato interno con funzioni di ausilio al consiglio di amministrazione, salva sempre la presenza del collegio sindacale secondo le norme generali.

Il sistema monistico – one tier system – è il modello di governance diffuso tra le società inglesi, comune anche agli Stati Uniti ed al quale spesso viene associato con la denominazione di modello «anglosassone» (amplius, sui sistemi di governance adottati in Gran Bretagna e negli Stati Uniti d'America cfr. Riolfo, 189 ss.; Alvaro, D'Eramo, Gasparri, 57 ss.; Bertolotti, 351-354; Lorenzoni, 66 ss.)

In quanto ordinamenti di common law, i modelli di governance societaria anglosassone si caratterizzano per la sostanziale assenza di norme imperative di rango primario in materia di controlli interni, essendo la disciplina della materia quasi interamente rimessa a regole di autodisciplina.

Tratto tipico delle società di common law è l'accentuata separazione fra proprietà (degli azionisti) e potere di gestione (dei managers).

Nelle grandi società quotate in borsa, caratterizzate dalla dispersione del capitale e dall'assenteismo dei soci-investitori, l'organo centrale è rappresentato dal board of directors, nominato dall'assemblea degli azionisti.

In quanto organo delegato dagli stessi azionisti, esso ha il potere di vincolare con i propri atti la società nei confronti dei terzi e può esercitare tutti i poteri sociali con le sole limitazioni derivanti dallo statuto o da specifiche delibere assembleari. Il consiglio deve fissare gli obiettivi strategici della società, garantire le necessarie risorse per soddisfare gli stessi e verificare le performance di gestione. Per quanto concerne la composizione, il board può essere costituito da soli amministratori esecutivi oppure può avere una connotazione mista, con la contemporanea presenza di amministratori esecutivi e non esecutivi. Al fine di assicurare l'adozione di decisioni imparziali ed in assenza di conflitti di interesse, il requisito dell'indipendenza è richiesta per i membri dei principali comitati interni al board. Il consiglio di amministrazione è presieduto da un chairman, che è responsabile del complessivo andamento del board e del corretto funzionamento dei rapporti tra amministratori esecutivi e non esecutivi.

All'interno del Consiglio di Amministrazione è, poi, costituito l'Audit Committee nominato dallo stesso Consiglio di Amministrazione e costituito da almeno tre amministratori non esecutivi.

Compete all'Audit Committee verificare la corretta redazione dei documenti finanziari redatti dal consiglio di amministrazione, revisionare la contabilità tenuta dagli executive directors, scegliere gli Auditors esterni e proporre il loro compenso al consiglio di amministrazione.

La previsione di un audit committee, articolazione del consiglio di amministrazione con il compito di supervisionare la gestione della società, sopperisce dunque alla mancanza di un controllo diretto da parte dei soci e, al contempo, ha funzione essenzialmente consultiva per le scelte strategiche adottate dai directors ed attuate dai managers. Nelle società ad azionariato diffuso, public companies, le funzioni concretamente gestorie sono spesso affidate ad alti dirigenti dell'impresa che rappresentano, all'interno del consiglio di amministrazione, il c.d. management.

Il modello italiano. L'effettività della funzione di controllo

Il sistema monistico regolato dagli artt. 2409-sexiesdecies ss. del codice civile solo formalmente appare assimilabile ai sistemi propri delle società anglosassoni, assumendo connotazioni del tutto specifiche ed originali.

Nell'ambito del modello di governance monistico la legge attribuisce al comitato per il controllo per la gestione solo in via facoltativa la supervisione sull'operato del revisore ai sensi dell'art. 2409- octiesdecies, comma 5, lett. c), c.c.

Il nucleo delle attribuzioni del comitato si concentra attorno alla funzione di vigilanza sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione di cui all'art. 2409-octiesdecies, comma 5, lett. b), c.c. (Guaccero, 910; Mancuso, 1968 ss.).

L'eliminazione di un organo cui sono attribuite specifiche funzioni di controllo, in favore della previsione di un organo interno a quello di amministrazione, rappresenta un'oggettiva semplificazione strutturale della società, in quanto favorisce l'osmosi di dati ed informazioni tra i consiglieri amministratori ed i consiglieri vigilanti.

Peraltro, proprio la convivenza all'interno del medesimo organo delle due tipologie di consiglieri e, soprattutto, il fatto che i controllori siano nominati direttamente dai controllati e con questi si riuniscano e votino ha indotto una parte della dottrina a criticare tale modello alternativo di amministrazione e controllo, all'interno del quale l'effettività del controllo si realizzerebbe solo con la sicura indipendenza dei controllori rispetto agli amministratori esecutivi (Campobasso, 442; Salafia, 921 ss.)

Sotto altra impostazione, tesa a valorizzare i profili di semplificazione operativa che connota il modello monistico, si osserva che il sistema monistico di amministrazione e controllo trova la propria naturale collocazione in una concezione «evolutiva» dei controlli societari, sempre più concepiti come controlli ex ante – ossia come attività di monitoraggio da condurre su base continuativa durante lo svolgimento dell'attività gestoria – e non più soltanto ex post, e più efficacemente eseguibili da soggetti che, in quanto inseriti a pieno titolo all'interno dell'organo amministrativo, dovrebbero poter beneficiare di tutti i flussi informativi necessari ai fini dello svolgimento dell'attività di verifica.

Secondo tale prospettiva, il modello monistico, annullando la distanza fra controllori e controllati, scongiura il rischio che all'organo di controllo possa sfuggire il disegno complessivo perseguito dagli amministratori, nonché la migliore valutazione del loro operato (Regoli, 593 ss.).

Relativamente ai timori sulle minori garanzie di imparzialità connesse alla circostanza che il comitato per il controllo sulla gestione sia di fatto emanazione diretta del consiglio di amministrazione, si rileva che, così come nel sistema tradizionale l'assemblea elegge gli amministratori ed i sindaci, nel sistema monistico, essa elegge l'intero consiglio di amministrazione. Pertanto, l'assemblea dei soci, essendo in entrambi i sistemi di governance societaria a conoscenza dell'identità, del profilo e delle competenze di ciascuno dei candidati alle cariche sociali, dispone di tutti gli strumenti necessari per esprimere il voto in modo informato, ben sapendo chi fra gli amministratori eletti potrà ricoprire la carica di componente del comitato per il controllo sulla gestione (Irrera, 526 ss., secondo il quale il sistema monistico rappresenta un'efficace alternativa al complicato sistema dei controlli, nel modello tradizionale di amministrazione e controllo).

Il quadro delle norme applicabili al modello monistico

Al modello monistico sono dedicati soli quattro articoli del codice civile, cioè dall'art. 2409- sexiesdecies all'art. 2409- noviesdecies c.c., e la relativa disciplina è in gran parte stabilita mediante la tecnica del richiamo alle disposizioni dettate per quello tradizionale, nonché mediante il rinvio all'autonomia statutaria.

A norma dell'art. 223-septies disp. att. c.c., le norme dettate per gli amministratori ed i sindaci si applicano, se compatibili e, se non diversamente disposto, anche ai membri del consiglio di amministrazione ed ai componenti del comitato interno per il controllo sulla gestione.

La stessa norma chiarisce, poi, che ogni riferimento al collegio sindacale o ai sindaci presente nelle leggi speciali si intende effettuato anche al comitato per il controllo sulla gestione ed ai loro componenti ove compatibile con le specificità di tali organi (art. 223-septies, secondo comma, disp. att. trans. c.c.).

Il sistema di amministrazione e controllo monistico può essere adottato anche nelle società che operano in settori disciplinati da norme speciali quali, ad esempio, banche o società emittenti azioni quotate nei mercati regolamentati, con la precisazione che, stante il rapporto fra legge generale e legge speciale, la disciplina codicistica trova applicazione in queste società solo se non diversamente disposto dalla legislazione speciale.

Nonostante l'art. 223-septies disp. att. c.c. richieda all'interprete, con riferimento ai due sistemi alternativi di amministrazione e controllo, dualistico e monistico, il compimento di un medesimo vaglio di compatibilità preliminare all'applicazione delle norme dettate per il sistema tradizionale, la concorde dottrina evidenzia come la traslazione di tali norme al sistema monistico sia più complessa di quella compiuta con riferimento al modello dualistico.

Invero, con riguardo al sistema monistico, non è possibile affermare, come per il modello dualistico, la generale utilizzabilità di tutte le norme dettate sull'amministrazione e sul controllo della società che adottano il modello tradizionale e non solo di quelle specificamente richiamate (cfr. commento subart. 2409-octies c.c.) e ciò in ragione dell'assenza, nel sistema alternativo in questione, di quell'omogeneità di funzione fra i rispettivi organi che si riscontra fra gli organi del modello dualistico e di quello tradizionale (Guaccero, 911; Valensise, 725).

Il ruolo di vigilanza attribuito al comitato per il controllo sulla gestione è strutturato in maniera nettamente diversa a quello spettante al collegio sindacale, sicché occorre porre particolare attenzione nella valutazione preventiva di compatibilità delle norme da importare nel modello monistico.

Peraltro, se la dottrina è concorde in merito all'impossibilità di operare un generale ed automatico richiamo alle norme del sistema tradizionale, risulta problematica l'individuazione del criterio ermeneutico da impiegare per selezionare le norme non espressamente richiamate che si possono considerare applicabili al modello monistico.

Secondo una tesi il criterio preferibile è quello fondato sull'individuazione delle funzioni in concreto affidate al comitato per il controllo e che valorizza il dato testuale di cui all'art. 2409-octiesdecies, comma 5, lett. b), c.c. che, a differenza di quanto disposto dall'art. 2403 c.c. per il collegio sindacale, attribuisce al comitato la vigilanza sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione, ma non anche la vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principî di corretta amministrazione (Guaccero, Di Marcello, 728-730).

Nell'ambito di questa prospettiva trovano, dunque, applicazione al comitato tutte le disposizioni del sistema tradizionale che non hanno quale presupposto l'attribuzione all'organo di controllo di un potere di vigilanza sulla legittimità e correttezza della gestione societaria ma che possono essere funzionali ad un controllo essenzialmente strutturale.

Inoltre, stante la peculiare configurazione del comitato di controllo, quale organo interno del comitato, sono suscettibili di applicazione solo le norme del sistema tradizionale che non presuppongono una rigida alterità soggettiva tra i componenti dell'organo amministrativo e i componenti dell'organo di controllo.

Minori problematiche sollevano, invece, i richiami contenuti nell'art. 2380, comma terzo, e art. 223-septies, primo comma, disp. att. c.c. in tema di consiglio di amministrazione dal momento che l'art. 2409-noviesdecies, comma primo, c.c. compie un integrale richiamo alle corrispondenti disposizioni dettate per il sistema di amministrazione e controllo, attribuendo quindi all'organo una totale identità di funzioni. La medesima conclusione vale per le norme in tema di controllo contabile, esclusa la facoltà di attribuire alle società che adottano il modello monistico di attribuire all'organo di controllo intero anche le funzioni di revisore dei conti.

Accanto ai menzionati rinvii di carattere generale alle norme sugli amministratori e sui sindaci vi sono, poi, norme come gli artt. 2409-octiesdecies e 2409-noviesdecies c.c. che rendono applicabili al modello monistico specifiche diposizioni dettate per il sistema tradizionale.

Tale duplice e parallelo sistema di rinvii, di carattere generale e particolare, induce l'interprete a chiedersi se le norme non espressamente richiamate siano applicabili o meno al sistema monistico per via dei rinvii generali o se, invece, debbano intendersi sottratte a tali richiami e, pertanto, siano inapplicabili al modello.

Stante l'impossibilità di concepire una risposta univoca per il problema, appare corretto affidare, come anche per il sistema dualistico, la soluzione delle specifiche questioni ad un'analisi caso per caso delle diverse norme considerate.

L'operatività del sistema monistico nelle altre società di capitali

Come il sistema dualistico anche il modello monistico regolato dagli artt. 2409-sexiesdecies ss. c.c. pone all'interprete il problema della compatibilità di tale sistema organizzativo basato sul consiglio di amministrazione ed un comitato per il controllo sulla gestione al suo interno con le altre società di capitali diverse dalla società per azioni.

La società cooperativa può adottare il modello di amministrazione e controllo di tipo monistico, come si deduce dall'art. 2544, terzo comma, c.c. ai sensi del quale, se la cooperativa ha adottato il sistema di amministrazione di cui all'articolo 2409-sexiesdecies c.c., agli amministratori eletti dai possessori di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore ad un terzo, non possono essere attribuite deleghe operative né gli stessi possono fare parte del comitato esecutivo (per l'individuazione degli adattamenti delle disposizioni peculiari al carattere mutualistico delle cooperative, in caso di adozione da parte della società del modello monistico, si rinvia a Mancuso, 1991-1992).

Il modello monistico non appare adottabile dalle società in accomandita per azioni atteso che l'art. 2459 c.c., mentre prevede espressamente l'ipotesi di scelta statutaria per il modello dualistico, nulla dispone in merito al sistema monistico (in tema cfr. Guaccero, Di Marcello, 791-794, i quali ritengono che la lacuna normativa sia comunque superabile, non essendo di per sé incompatibile la presenza del socio accomandatario con la nozione di indipendenza dell'amministratore in quanto le funzioni di gestione attribuibili agli accomandatari, così come le funzioni gestorie attribuibili agli amministratori delle società per azioni, non implicano necessariamente lo svolgimento di attività esecutive, ma possono limitarsi alle sole attività esercitabili dagli amministratori senza delega, le quali sono senza dubbio compatibili con i requisiti imposti per l'incarico di componente per il controllo della gestione).

La questione dell'applicabilità del sistema monistico nelle società a responsabilità limitata era controversa in dottrina, specialmente prima dell'entrata in vigore del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, conv., con modificazioni in l. 4 aprile 2012, n. 35, che ha modificato l'art. 2477 c.c., prevedendo al quinto comma che, nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni.

La dottrina che si è espressa alla luce del novellato disposto normativo ha ritenuto che l'espresso rinvio alla disciplina del collegio sindacale delle s.p.a., ovvero ad un organo di controllo esterno al quello gestorio, debba essere interpretato nel senso dell'esclusione della compatibilità del sistema monistico con le società a responsabilità limitata, sia nelle ipotesi di obbligatorietà che di facoltatività dei controllori (Di Marcello, 259 ss.; contraMosco, 51 ss., il quale valorizza, al fine dell'ammissibilità, la formulazione neutra del novellato art. 2477 c.c., che fa generico riferimento alla nomina di un «organo di controllo»).

Il sistema monistico nelle società quotate

Nel nostro ordinamento il modello monistico appare naturalmente destinato alle società quotate ed il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, così come modificato dal d.lgs. n. 37/2004, contiene norme rivolte agli organi caratterizzanti tale sistema di governance.

Con riguardo alle società quotate che adottano il modello monistico, anche il TUF, nel definire la disciplina applicabile, utilizza in gran parte la tecnica del rinvio alle disposizioni riferite al sistema tradizionale.

Ai sensi dell'art. 1, comma, 6-quater, del TUF, se non diversamente disposto, le norme del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 che fanno riferimento al collegio sindacale, ai sindaci ed all'organo che svolge la funzione di controllo si applicano anche al comitato per il controllo sulla gestione e ai loro componenti.

I più significativi punti di distacco delle società quotate, rispetto alle società di diritto comune organizzate secondo il sistema monistico, riguardano: i) la struttura del consiglio di amministrazione e del comitato per il controllo sulla gestione, in particolare quanto alle modalità di nomina dei componenti ed ai requisiti soggettivi di eleggibilità; ii) le funzioni del comitato per il controllo sulla gestione; iii) i poteri attribuiti al comitato e, singolarmente, ai suoi componenti (Guaccero, Di Marcello, 783).

La nomina dei componenti del consiglio di amministrazione avviene mediante lo strumento del voto di lista.

Dalla lista di minoranza più eletta deve essere tratto almeno un amministratore in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza previsti per i sindaci dall'art. 148, commi 3-4 TUF (art. 147-ter, comma terzo): ciò si spiega in quanto costui sarà componente di diritto del comitato per il controllo sulla gestione ex art. 148, comma 4-ter, TUF.

I membri del comitato per il controllo devono possedere requisiti previsti per i sindaci dall'art. 148 TUF, più rigorosi di quelli previsti nel codice civile all'art. 2399 c.c.

Ai componenti del consiglio di amministrazione, inoltre, si applicano le disposizioni, introdotte nel TUF dall'art. 1, comma 3, l. 12 luglio 2011, n. 120, tese a garantire, all'interno degli organi delle s.p.a. quotate, l'equilibrio di genere fra i componenti (art. 147-ter, comma 1-ter, TUF).

Tali regole, peraltro, trovano applicazione limitatamente al consiglio di amministrazione e non anche al comitato per il controllo sulla gestione, come si deduce dal mancato richiamo con riferimento al comitato per il controllo sulla gestione, a fronte dello specifico richiamo a proposito del consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico (Di Marcello, 183).

Le competenze ed i poteri attribuiti ai componenti del comitato per il controllo sulla gestione delle s.p.a. quotate, inoltre, sono più incisivi rispetto alle società chiuse e sono oggetto di più analitica disciplina (per l'approfondimento del comitato per il controllo sulla gestione nelle s.p.a. quotate si rinvia al commento subart. 2409-octiesdecies c.c.).

Il sistema monistico nelle banche

Regole particolari riguardano il sistema monistico delle banche

Le Disposizioni di vigilanza sul governo societario delle banche, emanate dalla Banca d’Italia (Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013) - in attuazione dell’art. 53 del TUB, che attribuisce alla Banca d’Italia il potere di emanare disposizioni generali in materia di governo societario - impongono, infatti, alle banche che adottano il modello monistico di introdurre apposite clausole statutarie volte ad attribuire espressamente al comitato per il controllo sulla gestione, “il compito di vigilare sull’osservanza delle norme di legge, regolamentari e statutarie” ed il potere di “procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione o controllo” e prevedono che ,nel modello monistico, come in quello dualistico, le banche debbano “adottare idonee cautele – statutarie, regolamentari e organizzative – volte a prevenire i possibili effetti pregiudizievoli per l’efficacia e l’efficienza dei controlli derivanti dalla compresenza nello stesso organo di funzioni di amministrazione e controllo”, garantendo alle “cariche dei componenti dell’organo di controllo (…) caratteristiche di stabilità idonee a preservare la continuità nell’azione di controllo”.

Nell’assegnare un ruolo di primo piano ai componenti non esecutivi degli organi sociali con funzione di gestione, le Disposizioni fanno propria l’indicazione offerta per il sistema monistico dall’art. 2409 octiesdecies, precisando che per “non esecutivi si intendono, in linea con le previsioni civilistiche, i consiglieri che non sono membri del comitato esecutivo, non sono destinatari di deleghe e non svolgono, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa”. Si dispone inoltre che, “al fine di assicurare l’efficacia dei controlli”, i componenti del comitato per il controllo sulla gestione non possano essere meno di tre, precludendo l’assunzione di altre cariche in organi diversi da quelli di controllo presso altre società del gruppo o del conglomerato finanziario o presso società nelle quali la banca detenga, anche indirettamente, una partecipazione strategica.

A presidio dell’efficacia e dell’indipendenza dell’organo di controllo le Disposizioni stabiliscono, inoltre, che “lo statuto delle banche che adottano il modello monistico” deve “attribuire all’assemblea il compito di nominare e revocare i componenti del comitato per il controllo sulla gestione ai sensi di quanto consentito dall’art. 2409 octiesdecies c.c.” e che la revoca debba “in ogni caso essere debitamente motivata”.

D La dottrina ha evidenziato, proprio alla luce dell’atteggiarsi delle norme sul sistema monistico nelle banche, che il controllo sulla gestione spettante al Comitato non è tanto un sindacato sul merito ma una partecipazione attiva e diretta alla definizione dei contenuti di merito dell’azione gestoria e che è, pertanto, su questi piani che vanno ricercate e valorizzate le peculiarità del sistema monistico e del suo peculiare organo di controllo interno, atteso che ricondurlo al modello del collegio sindacale, e dunque, per così dire, “sindacalizzarlo”, significherebbe alterarne l’essenza, snaturare i connotati di unicità e concentrazione delle funzioni che connotano il sistema, mortificando le opportunità insite nel modello e, in definitiva, privare di senso l’adesione al monistico (Abriani).

Bibliografia

Abriani, Banche e sistema monistico: l’ultimo sarà il primo?, in Diritto Bancario, Rassegna, 2019; Alvaro, D'Eramo, Gasparri, Modelli di amministrazione e controllo nelle società quotate. Aspetti comparatistici e linee evolutive, in Quaderni giuridici Consob, n. 7, 2015; Bertolotti, I controlli nella s.p.a., Bologna, 2018; Campobasso, Diritto commerciale, Diritto delle società, II, Torino, 2012; Di Marcello, Sistema monistico e organizzazione delle società di capitali, Milano, 2013; Ghezzi, Sub art. 2409-sexiesdecies, in Sistemi alternativi di amministrazione e controllo, a cura di Ghezzi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, 2005, 191; Guaccero, Del sistema monistico, in Società di capitali. Commentario a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004, 908- 927; Guaccero, Di Marcello, Del sistema monistico, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di Santosuosso, in Commentario del codice civile, diretto da Gabrielli, II, Torino, 2015, 722-796; Irrera, Assetti organizzativi e sistema monistico, in Giur. comm. 3, 2015, 526; Lorenzoni, ll comitato per il controllo sulla gestione nel sistema monistico: alcune riflessioni comparatistiche, in Giur. comm. 2006, I 66; Mancuso, Sub art. 2409-sexiesdecies, in Le Società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da Abbadessa e Portale, I, Milano, 2016, 1965; Mosco, Funzione amministrativa e sistemi di amministrazione, in Trattato sulla responsabilità limitata a cura di Ibba, Marasà, V, Padova, 2012; Regoli, La funzione di controllo nel sistema monistico, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società: liber amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, 584-611; Riolfo, Il sistema monistico nelle società di capitali e cooperative, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 2010; Salafia, Il sistema monistico nell'amministrazione e controllo della società per azioni, in Soc. 2003, 7, 921; Salinas, Sub artt. 2409-sexiesdecies ss., in Il nuovo diritto societario, a cura di Cottino e Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004; ; Stella Richter jr., Le opportunità del sistema monistico per il diritto societario, in Riv. soc., 2019, 517 ss.; Valensise, Sub artt. 2409-sexiesdecies ss., in La riforma delle società, a cura di Sandulli, Santoro, Torino, 2003, I, 718.

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