Codice Civile art. 2411 - Diritti degli obbligazionisti (1).Diritti degli obbligazionisti (1). [I]. Il diritto degli obbligazionisti alla restituzione del capitale ed agli interessi può essere, in tutto o in parte, subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri creditori della società. [II]. I tempi e l'entità del pagamento degli interessi possono variare in dipendenza di parametri oggettivi anche relativi all'andamento economico della società. [III]. La disciplina della presente sezione (2) si applica inoltre agli strumenti finanziari, comunque denominati, che condizionano i tempi e l'entità del rimborso del capitale all'andamento economico della società. (1) V. nota al Capo V. (2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153. InquadramentoIl codice non contiene, neppure in esito alla riforma del 2003, una puntuale definizione delle connotazioni tipiche delle obbligazioni societarie. Ciò trova giustificazione in una delle ragioni di fondo che attraversa lo stesso intervento di riforma: l'esigenza, esplicitata dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge delega (l. 3 ottobre 2001, n. 366) di favorire lo sviluppo delle imprese «anche attraverso il loro accesso ai mercati interni ed internazionali dei capitali» (D'Ambrosio, 669). In quest'ottica, l'elasticità di contenuto dei prestiti obbligazionari assume rilievo non indifferente: non costringendo la fattispecie all'interno di un ristretto perimetro normativo, si è infatti garantito «il più ampio spazio all'incessante “forza creatrice” dell'autonomia privata, unica in grado di favorire gli adattamenti meglio rispondenti alle multiformi esigenze finanziarie delle società emittenti» (Rossi, 483). La norma in commento, in coerenza, se per un verso, rispetto alla disciplina previgente, dà contenuto ad una serie di tipizzazioni possibili del diverso atteggiarsi, nella prassi, dei prestiti obbligazionari, frutto di una canonizzazione di valutazioni giurisprudenziali formatesi nel tempo (in particolare con riferimento alle obbligazioni postergate di cui al primo comma ed a quelle partecipative di cui al secondo comma), per altro verso ha un valore esemplificativo perché, confermando i tratti fondamentali delle obbligazioni sociali previste dal codice, dà conto della potenziale varietà di contenuti del prestito obbligazionario, tale da poter mettere in crisi le connotazioni identitarie della figura in oggetto. Va, tuttavia, precisato da subito che tale varietà di contenuti trova un confine insuperabile nella necessaria demarcazione tra capitale di rischio e capitale di debito, con le obbligazioni che devono ritenersi compatibili solo con quest'ultimo, rimanendo estranee al primo. Il che non equivale a dire altro se non che la struttura del prestito obbligazionario si rivela non compatibile con clausole che mettono in discussione la restituzione del capitale alla scadenza perché intimamente legate alla sorte imprenditoriale della impresa. I vari tipi di obbligazione.Di certo, lo statuto tipico del prestito obbligazionario muove dalla natura di fondo del rapporto e dunque vede i suoi cardini essenziali nel rimborso del capitale alla scadenza e nella remunerazione dell'erogato offerta dalla emittente, attraverso il riconoscimento di interessi, di norma pagati con cedole semestrali o annuali. E non a caso l'articolo in disamina, i cui primi due commi vanno letti congiuntamente con l'art. 2414, n. 4, laddove si prevede che nei titoli devono essere indicati «i diritti con essi attribuiti, il rendimento o i criteri per la sua determinazione e il modo di pagamento e di rimborso, l'eventuale subordinazione dei diritti degli obbligazionisti a quelli degli altri creditori della società» (Brancadoro, 933), coerentemente con questo contenuto essenziale, contiene espliciti riferimenti sia all'obbligo di restituzione del capitale erogato che al profilo della remunerazione dell'erogato nelle sue variabili di tempo e misura. Si tratta di diritti che non riposano sul contratto sociale ma sul rapporto di finanziamento che ne costituisce il fondamento: non trova in coerenza applicazione la specifica disciplina dettata dall'art. 2949, comma 1, c.c. in tema di prescrizione dei diritti sociali, ma operano la previsione ordinaria decennale per la restituzione del capitale e quella di cui all'art. 2948 c.c. per il pagamento degli interessi. Quale che sia la scadenza per l'obbligazione restitutoria dell'erogato prevista dal regolamento di emissione, intervenuto il fallimento il rapporto ex art. 55 l. fall. si scioglie ed il diritto alla restituzione legittima alla insinuazione al passivo fallimentare nei termini sanciti dal successivo art. 58 della stessa legge. Tipi diversificati in riferimento alle regole sul rimborso del capitale. Nella sua ordinaria configurazione, l'obbligazione impone la restituzione del capitale erogato nel suo valore nominale alla scadenza prevista in sede di emissione. Ciò non toglie che, secondo la dottrina dominante, devono ritenersi compatibili con tale figura negoziale anche clausole che incidono sul quantum da restituire alla scadenza del rapporto. La norma commentata, nel suo comma 2, prevede espressamente la variabilità avuto riguardo alla remunerazione; tace, per contro, sulla possibilità di indicizzare il capitale legandolo a parametri oggettivi che possano influire sulla misura finale dell'importo da da rimborsare. Lo snodo di passaggio, nel valutare la legittimità di tali possibili previsioni, ancora oggi è offerto, pur se in termini più circoscritti in ragione dell'attuale disposto dell'art. 2412 c.c. (Giannelli, 63), dal rapporto di compatibilità che corre fra meccanismi di indicizzazione e limiti di emissione previsti dalla norma citata da ultimo. Se a tali limiti si attribuisce una funzione di garanzia dell'equilibrio fra capitale sociale e capitale di debito, ciò che rileva «è solo ciò che l'emittente domanda al mercato (e riceve) in rapporto al capitale di rischio al momento dell'emissione, e non quanto dovrà essere rimborsato alla scadenza» (Rossi, 485). Per tale via si ritengono correttamente configurate obbligazioni indicizzate in linea capitale. Stando alla lettera della legge, l’indicizzazione può riferirsi solo ai tempi e all’entità del pagamento degli interessi. I parametri di indicizzazione devono tuttavia essere oggettivi e soprattutto esterni (Giannelli, 65): a differenza che per gli interessi (comma 2 dell'articolo commentato), la variabilità non può essere condizionata dall'andamento economico dell'emittente, a meno di non voler ricondurre anche le obbligazioni all'interno del capitale di rischio, eliminandone ogni tratto di differenziazione con gli strumenti finanziari indicati dall'ultimo comma dell'articolo in disamina (Brancadoro, 935). Non si pone in termini distonici con quanto evidenziato la possibilità, oggi riconosciuta dal comma 1 dell'art. in commento, di emissione di obbligazioni la cui restituzione del capitale (oltre che il pagamento degli interessi) risulti subordinata alla prevista soddisfazione di diritti di altri creditori della società. La postergazione, infatti, non neutralizza né mette in discussione a priori il diritto alla restituzione. Lo gradua, semmai, posponendolo a quello degli altri creditori della società, aumentando il rischio di passiva partecipazione al default della emittente, comunque insito in ogni operazione finanziaria. Per questa ragione, al fine di evitare che sul titolare di obbligazioni subordinate ricadano i rischi propri e tipici degli azionisti, occorre prestare particolare attenzione al contenuto delle clausole di subordinazione. Il contenuto delle clausole di subordinazione è vario; queste ultime, infatti, in forza del disposto “in tutto o in parte” ex art. 2411, comma 1 c.c., possono prevedere la subordinazione del credito in tutto o in parte. Inoltre, deve ammettersi la legittimità delle clausole di subordinazione anche in relazione agli interessi o per una determinata percentuale del credito e degli interessi. Non sembra, piuttosto, coerente con lo statuto del prestito obbligazionario la postergazione del diritto alla restituzione rispetto alla pretesa restitutoria dei soci finanziatori: una soluzione opposta, infatti, non consentirebbe di distinguere tra le due, distinte, operazioni finanziarie, connotate da fondamenti causali evidentemente distinti. In ordine al tempo del rimborso, sono frequenti le clausole che consentono all'emittente la possibilità di ottenere un rimborso anticipato, in genere modulando appositamente anche le pattuizioni sul rendimento (prevedendo, di norma, interessi più elevati in proporzione ad ipotesi di rendimento più ridotte in ragione di tale possibile anticipata soluzione del rapporto); ancora, che permettono una restituzione graduale nel tempo del capitale (secondo un piano di ammortamento previsto in sede di emissione che consenta all'emittente di graduare l'onere finanziario della restituzione); oppure, che favoriscono una definizione anticipata del singolo rapporto di finanziamento (e non del titolo, che potrebbe ancora essere veicolato negozialmente dalla emittente) inserendo clausole di riacquisto delle obbligazioni da parte della società debitrice. Anche secondo la giurisprudenza (Cass. I, n. 13854/2016), pur nell'aumentata autonomia privata in tema di finanziamento dell'impresa, permane la summa divisio tra capitale di rischio e capitale di debito giacché il carattere tipico dell'obbligazione in discorso è il diritto alla restituzione della somma concessa dal sottoscrittore. La corresponsione al medesimo di un rendimento, trova, in coerenza, la sua ragion d'essere solo in costanza del prestito, che ne giustifica la dazione remunerativa; al contempo, perde fondamento dopo la cessazione del rapporto in seguito all'avvenuto rimborso integrale del capitale, restando del tutto teorica l'ipotesi che le parti specificamente pattuiscano l'adempimento dell'obbligazione accessoria del pagamento di un rendimento alla scadenza di un termine successivo alla ormai avvenuta restituzione dell'intero capitale mutuato. Segue. ... o in relazione al regime del rendimento La seconda delle connotazioni tipiche del prestito obbligazionario è quella legata alla remunerazione del capitale, in genere ottenuta tramite il riconoscimento di interessi corrisposti periodicamente e rapportati al capitale erogato legato a ciascuna sottoscrizione. Il disposto attuale della disposizione in commento legittima la fluidità negoziale delle previsioni relative al rendimento, non solo in ordine al quando ma anche al quantum della relativa prestazione, essendo oggi consentita la relativa parametrazione anche in relazione all'andamento economico della società, cosi da rendere le obbligazioni partecipative della sorte imprenditoriale dell'emittente, attraverso i più vari meccanismi di riferimento (tipico quello alla misura degli utili prodotti per ciascun esercizio). Gli indici, interni o esterni, purché oggettivi nella loro predeterminazione negoziale, possono portare a variazioni sia al rialzo che al ribasso del tasso di rendimento del titolo: nulla esclude, dunque, che le dinamiche di riferimento determinino una neutralizzazione della remunerazione del capitale. In linea di principio, del resto, il prestito può essere infruttifero, in coerenza con la previsione generale di cui all'art. 1815 c.c. la quale, come noto, lascia spazio in tal senso alla autonomia negoziale. Non sono tuttavia infruttifere le c.d. clausole «a sconto», laddove il rendimento è garantito dalla previsione di una restituzione corrispondente al valore nominale del capitale portato dal titolo quando, per contro, la somma in origine erogata è inferiore a tale importo. Né lo sono quelle «a premio», in cui il rendimento, per quanto soggetto all'alea del sorteggio chiamato a riconoscere soltanto ad alcuni degli obbligazionisti la remunerazione prevista dal regolamento di emissione (il premio, per l'appunto), è comunque previsto (Rossi, 486). Segue...o in funzione della durata complessiva del rapporto Più dubbia è la possibilità di ritenere coerente con la struttura tipica dei prestiti obbligazionari regimentati dal codice civile l'ipotesi dei c.d. prestiti irredimibili, laddove non è prevista la scadenza del titolo o la stessa è talmente differita nel tempo da coincidere nella sostanza con la stessa esistenza in vita dell'ente emittente. Si tratta di obbligazioni emesse da istituti di credito, come tali sottratte alle disposizioni codicistiche perché regolamentate positivamente dalla disciplina di settore (TUB, art. 12), in cui il diritto al rimborso può essere condizionato dall'andamento negativo della gestione sociale e quello alla remunerazione del capitale può essere compresso, o meglio sospeso (Rossi, 487) «in caso di andamenti negativi della gestione, [...] nella misura necessaria a evitare o limitare il più possibile l'insorgere di perdite». La natura partecipante, tale da rendere aleatoria la rimborsabilità del titolo in ragione della sorte economica della emittente, dunque mal si concilia con le connotazioni essenziali dell'obbligazione sociale prevista dal codice. Possono riscontrarsi, piuttosto, in caso di titoli legati a prestiti irredimibili emessi da soggetti diversi dalle banche, gli estremi propri degli strumenti finanziari atipici previsti dall'art. 2436, comma 6, cui l'art. 2411, comma 3, estende la disciplina codicistica delle obbligazioni. Gli altri strumenti finanziari soggetti alle regole dei prestiti obbligazionariSi è detto che l'art. 2346, comma 6, c.c. consente l'emissione di «strumenti finanziari» forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi, escluso, tra questi ultimi, il voto nell'assemblea generale degli azionisti; ancora, che la norma in commento, al comma 3, estende a tali titoli la disciplina, delle obbligazioni, purché gli stessi vedano condizionati tempi ed entità del rimborso del capitale all'andamento economico della società. Viene così uniformata la disciplina di riferimento per tutti gli strumenti che, pur a fronte di diversità ontologiche, sono accomunati dalla medesima funzionalità: supportare finanziariamente la emittente. In ordine alle connotazioni proprie di tali titoli, si rimanda al commento della relativa disposizione. Preme, piuttosto, evidenziare, in questa sede, che tali strumenti sono «partecipativi» dell'andamento economico dell'emittente rispetto anche al profilo del rimborso del capitale. Anche quando la specifica disciplina consente il rimborso dell'apporto erogato alla scadenza, si differenziano dalle obbligazioni perché rispetto a queste ultime assegnano al titolare la disponibilità di diritti amministrativi (ad esempio, quello di ispezione). Il che consente, ancora una volta, di confermare che il tratto costitutivo delle obbligazioni sociali disciplinate dal codice è sempre dato dalla insensibilità dell'obbligazione restitutoria afferente il capitale rispetto all'andamento economico della società essendo la variabilità legata a siffatto indice ammessa solo per gli interessi. Da ciò deriverebbe la nullità di una clausola di un regolamento di prestito obbligazionario che preveda che anche il diritto al rimborso (e non solo il rendimento) partecipi al rischio di impresa (Brancadoro, 934). BibliografiaBrancadoro, Sub art. 2410, in Società di capitali: commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004; Campobasso, Le obbligazioni, in Tr. Colombo-Portale, V, Torino, 1994; Cavallo Borgia, Sub artt. 2410-2420-ter, Della società per azioni, Delle obbligazioni, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 2005; Cottino, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1999; D'Ambrosio, Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfanti, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2001; Galgano, Il nuovo diritto societario, in Tratt. Galgano, XXIX, Padova, 2003; Giannelli, Delle obbligazioni, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2006; Marocchi, Ai confini del debito: le obbligazioni subordinate, indicizzate e irredimibili, in Giur. Comm., 2020, fasc. 6, p. 1126; Pisani, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Abbadessa, Portale, I, Torino, 2006; Rossi, Il prestito obbligazionario tra identità e meticciato, in Giur. comm., 2017, 3, 482. |