Codice Civile art. 2424 bis - Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale (1).

Claudio Sottoriva

Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale (1).

[I]. Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni.

[II]. Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell'articolo 2359 si presumono immobilizzazioni.

[III]. Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati o l'ammontare o la data di sopravvenienza.

[IV]. Nella voce: "trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato" deve essere indicato l'importo calcolato a norma dell'articolo 2120.

[V]. Le attività oggetto di contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine devono essere iscritte nello stato patrimoniale del venditore.

[VI]. Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l'entità dei quali vari in ragione del tempo.

[VII]. Le azioni proprie sono rilevate in bilancio a diretta riduzione del patrimonio netto, ai sensi di quanto disposto dal terzo comma dell'articolo 2357-ter (2).

(1) V. nota al Capo V.

(2) Comma inserito dall'art. 6, d.lg. 18 agosto 2015, n. 139, Le disposizioni del decreto entrano in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data.

Inquadramento

L'art. 2424-bis integra le disposizioni dell'art. 2424 c.c. disciplinando specifiche voci dello stato patrimoniale.

La distinzione tra immobilizzazioni e attivo circolante

Per la classificazione degli elementi attivi del patrimonio aziendale alla chiusura dell'esercizio, la distinzione che occorre effettuare è tra le immobilizzazioni e l'attivo circolante. Il legislatore prevede che gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni, di cui alla classe B) dello schema obbligatorio di stato patrimoniale previsto dall'art. 2424 c.c.

Le immobilizzazioni vengono tipicamente suddivise in immobilizzazioni immateriali, immobilizzazioni materiali e immobilizzazioni finanziarie. I principî contabili nazionali analizzano le prime nell'OIC 24, mentre le seconde sono analizzate nell'OIC 16. Analogamente i principî contabili internazionali considerano le immobilizzazioni materiali nello IAS 16 (Immobili, impianti e macchinario) e nello IAS 38 (Attività immateriali).

Le immobilizzazioni immateriali sono attività normalmente caratterizzate dalla mancanza di tangibilità. Esse sono costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi.

Le immobilizzazioni immateriali comprendono:

- oneri pluriennali (costi di impianto e di ampliamento; costi di sviluppo);

- beni immateriali (diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; concessioni, licenze, marchi e diritti simili);

- avviamento;

- immobilizzazioni immateriali in corso;

- acconti.

I benefici economici futuri derivanti da un'immobilizzazione immateriale includono i ricavi originati dalla vendita di prodotti o servizi, i risparmi di costo o altri benefici derivanti dall'utilizzo dell'attività immateriale da parte della società.

Le immobilizzazioni materiali sono beni tangibili di uso durevole costituenti parte dell'organizzazione permanente delle società, la cui utilità economica si estende oltre i limiti di un esercizio. Il riferirsi a fattori e condizioni durature non è una caratteristica intrinseca ai beni come tali, bensì alla loro destinazione. Esse sono normalmente impiegate come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e non sono, quindi, destinate alla vendita, né alla trasformazione per l'ottenimento dei prodotti della società. Possono consistere in:

- beni materiali acquistati o realizzati internamente;

- beni materiali in corso di costruzione;

- somme anticipate a fronte del loro acquisto o della loro produzione.

La classe delle immobilizzazioni finanziarie comprende quattro voci:

- partecipazioni;

- crediti;

- altri titoli;

- strumenti finanziari derivati attivi.

Le partecipazioni iscritte nelle immobilizzazioni sono investimenti duraturi nel capitale di rischio di un'altra impresa; i crediti iscritti nelle immobilizzazioni, a differenza di quelli iscritti nell'attivo circolante, sono crediti di prestito (a differenza dei crediti di regolamento che devono essere iscritti nell'attivo circolante); gli altri titoli sono investimenti in titoli di debito pubblici o privati o azioni. L'ultima voce delle immobilizzazioni finanziarie è costituita dagli strumenti finanziari derivati.

La classificazione delle partecipazioni

La classificazione nell'attivo immobilizzato e nell'attivo circolante dipende dalla destinazione della partecipazione.

Le partecipazioni destinate ad una permanenza durevole nel portafoglio della società si iscrivono tra le immobilizzazioni, le altre vengono iscritte nell'attivo circolante. Al fine di determinare l'esistenza della destinazione a permanere durevolmente nel patrimonio dell'impresa si considerano la volontà della direzione aziendale e l'effettiva capacità della società di detenere le partecipazioni per un periodo prolungato di tempo.

Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore ad un quinto del capitale della partecipata, ovvero ad un decimo se quest'ultima ha azioni quotate in mercati regolamentati sono normalmente classificate tra le immobilizzazioni finanziarie, per presunzione non assoluta (iuris tantum) di legge. Le partecipazioni non inferiori al quinto (o al decimo) fanno parte dell'attivo circolante se sono destinate ad essere alienate entro breve termine.

In coerenza con quanto sopra, in relazione alle proprie strategie aziendali, gli organi amministrativi possono destinare, nel rispetto del criterio della destinazione economica, un portafoglio di partecipazioni della medesima specie, in parte ad investimento duraturo, da iscriversi nell'attivo immobilizzato, in parte alla negoziazione, da iscriversi nell'attivo circolante.

Le partecipazioni in società a controllo congiunto (joint venture) sono classificate nelle partecipazioni in imprese collegate.

Le partecipazioni detenute nella società controllante sono classificate nell'attivo immobilizzato, alla voce BIII 1) c) «partecipazioni in imprese controllanti», oppure nell'attivo circolante alla voce CIII 3) «partecipazioni in imprese controllanti», avendo avuto riguardo alla destinazione attribuita. Al momento dell'iscrizione nell'attivo delle azioni della società controllante, secondo le modalità ed entro i limiti consentiti dall'art. 2359-bis c.c., in contropartita va costituita una riserva di pari ammontare denominata «Riserva per azioni (quote) dell'impresa controllante in portafoglio», da indicare distintamente alla voce AVI «Altre Riserve» del Patrimonio Netto.

I proventi dell'investimento in partecipazioni costituiti dai dividendi sono rilevati nel conto economico nella voce C15) «proventi da partecipazioni», con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime. Non rileva, ai fini della classificazione, il fatto che la partecipazione sia iscritta nelle immobilizzazioni o nell'attivo circolante.

Gli utili o le perdite che derivano dalla cessione di partecipazioni immobilizzate o iscritte nel circolante, quale differenza tra il valore contabile e il prezzo di cessione, sono iscritti nel conto economico rispettivamente nella voce C15) «proventi da partecipazioni», con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime, e nella voce C17) «interessi e altri oneri finanziari», con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime.

Le spese di cessione delle partecipazioni si rilevano autonomamente nel conto economico in base alla loro natura, senza contribuire al saldo dell'eventuale plus/minusvalenza derivante dal realizzo delle partecipazioni.

La svalutazione di partecipazioni (sia immobilizzate, sia iscritte nell'attivo circolante) rispetto al valore di iscrizione nell'attivo deve essere rilevata nella voce D19a) «svalutazioni di partecipazioni».

Il ripristino di valore, nel caso in cui sia venuta meno la ragione che aveva indotto gli organi amministrativi a svalutare in precedenza una partecipazione, deve essere rilevato nel conto economico nella voce D18a) «rivalutazioni di partecipazioni».

Gli accantonamenti per rischi ed oneri

Il terzo comma dell'art. 2424-bis c.c. tratta indistintamente dei fondi per rischi e dei fondi per oneri. In generale, i fondi per rischi e oneri rappresentano passività di natura determinata, certe o probabili, con data di sopravvenienza o ammontare indeterminati.

Il principio contabile nazionale OIC 31 precisa che i fondi per rischi rappresentano passività di natura determinata ed esistenza probabile, i cui valori sono stimati. Si tratta, quindi, di passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato d'incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro.

I fondi per oneri rappresentano invece passività di natura determinata ed esistenza certa, stimate nell'importo o nella data di sopravvenienza, connesse a obbligazioni già assunte alla data di bilancio, ma che avranno manifestazione numeraria negli esercizi successivi.

I fondi per rischi e oneri accolgono, quindi, gli accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti aventi, alla chiusura dell'esercizio, le seguenti caratteristiche:

- natura determinata;

- esistenza certa o probabile;

- ammontare o data di sopravvenienza della passività indeterminati;

- ammontare della passività attendibilmente stimabile.

I fondi sono iscritti nel rispetto del principio di competenza a fronte di somme che si prevede verranno pagate ovvero di beni e servizi che dovranno essere forniti al tempo in cui l'obbligazione dovrà essere soddisfatta.

Tenuto conto dei requisiti per la rilevazione di un accantonamento, un fondo rischi e oneri non può iscriversi per:

a) rettificare i valori dell'attivo;

b) coprire rischi generici, in quanto non correlati a perdite o debiti con natura determinata e, pertanto, non riferibili a situazioni e condizioni che alla data del bilancio hanno originato una passività;

c) effettuare accantonamenti per oneri o perdite derivanti da eventi avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio e relativi a situazioni che non erano in essere alla data di bilancio;

d) rilevare passività potenziali ritenute probabili, ma il cui ammontare non può essere determinato se non in modo aleatorio ed arbitrario. Conseguentemente, la relativa perdita ancorché probabile, non è suscettibile di alcuna stima attendibile, neanche di un importo minimo o di un intervallo di valori;

e) rilevare passività potenziali ritenute possibili o remote.

In particolare, in relazione al grado di realizzazione e di accadimento, gli eventi futuri possono classificarsi come probabili, possibili o remoti. Un evento è probabile quando il suo accadimento è ritenuto più verosimile del contrario. Un evento è possibile quando dipende da una circostanza che può o meno verificarsi; quindi il grado di accadimento dell'evento futuro è inferiore al probabile. Si tratta dunque di eventi contraddistinti da una ridotta probabilità di realizzazione. Un evento è remoto quando ha scarsissime possibilità di verificarsi; ovvero, potrà accadere solo in situazioni eccezionali.

L'accantonamento a fondo rappresenta la contropartita economica (onere o perdita) correlata alla rilevazione patrimoniale, di competenza dell'esercizio, nei fondi per rischi e oneri. Gli accantonamenti ai fondi rischi e oneri sono iscritti prioritariamente nelle voci di costo di conto economico delle pertinenti classi (B, C o D), dovendo prevalere il criterio della classificazione «per natura» dei costi. Tutte le volte in cui non è attuabile questa correlazione tra la natura dell'accantonamento ed una delle voci alle suddette classi, gli accantonamenti per rischi e oneri devono essere iscritti nel conto economico alle voci B12 e B13 del conto economico.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 24 novembre 2022 ha stabilito che la valutazione quanto al “rischio” di effettiva sussistenza di passività non ancora determinate al momento di chiusura dell’esercizio consiste (non nel rilievo di una vicenda gestoria oggettivamente già conclusa ma) nell’apprezzamento ex ante delle probabilità/possibilità di evoluzione di una situazione: la correttezza di tale apprezzamento – spettante in primis all’organo amministrativo quale redattore della bozza di bilancio e poi all’assemblea dei soci all’atto dell’approvazione del documento contabile – non è dunque ancorata a dati oggettivi, ma va rapportata ai canoni generali di prudenza e ragionevolezza che presiedono alla redazione del bilancio, la sola violazione dei quali può portare a far ritenere scorretta la valutazione e, conseguentemente, inficiato il bilancio da carenze quanto all’appostazione di fondo rischi e, quindi, contrastante anche con il principio di verità.

Il Tribunale di Milano con sentenza del 16 ottobre 2021 ha statuito che l’iscrizione di poste contabili in un apposito fondo per rischi ed oneri deve essere finalizzata alla copertura di perdite o debiti di natura determinata, nonché di esistenza certa o probabile. L’apprezzamento del rischio dell’effettiva sussistenza di passività non ancora determinate al momento di chiusura dell’esercizio si concretizza in un giudizio ex ante delle probabilità/possibilità di evoluzione di una determinata situazione, la cui correttezza non è ancorata a dati oggettivi ma va rapportata ai canoni generali di prudenza e ragionevolezza che presiedono alla redazione del bilancio, la violazione solo dei quali può quindi portare a fare ritenere scorretta tale valutazione e, conseguentemente, inficiato il bilancio nonché il principio di verità ad esso sotteso.

Con riferimento alle partecipazioni sociali, non è censurabile la valorizzazione in bilancio al costo d’acquisto anziché al minor valore pari alla corrispondente frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle partecipate, qualora la svalutazione sia ritenuta non durevole sulla base di opportuna motivazione riportata in nota integrativa. 

 

Il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato

Il trattamento di fine rapporto (TFR) rappresenta la prestazione cui il lavoratore subordinato ha diritto in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, ai sensi dell'articolo 2120 c.c., «Disciplina del trattamento di fine rapporto».

La normativa, di cui alla l. 27 dicembre 2006, n. 296, non si applica alle società che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 dipendenti; per tali aziende resta in vigore la precedente normativa. Per queste imprese, permane quindi la disciplina contabile prevista prima della riforma della previdenza complementare. Tuttavia anche per detti dipendenti è prevista la facoltà di aderire ai fondi di previdenza complementare.

Il TFR maturato al 31 dicembre 2006 e quello maturato successivamente, mantenuto in azienda per effetto delle scelte operate da detti dipendenti, è rilevato nell'apposita voce del passivo. Il TFR eventualmente oggetto di trasferimento ai fondi di previdenza complementare deve essere rilevato con le stesse modalità contabili previste per il TFR maturato destinato alle stesse forme di previdenza per le società con 50 o più dipendenti.

Il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato deve essere iscritto nella voce C del passivo. Il relativo accantonamento è effettuato nel conto economico alla voce B9 c) «trattamento di fine rapporto».

Il TFR spettante al personale dipendente in forza di legge o di contratto (articolo 2120 c.c.) al momento di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, costituisce onere retributivo certo da iscrivere in ciascun esercizio con il criterio della competenza economica. L'indennità relativa al preavviso non è inclusa nella voce “Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato”. Il TFR è determinato in conformità al disposto dell'articolo 2120 c.c. e dei contratti nazionali ed integrativi in vigore alla data di bilancio per le categorie di lavoro subordinato e considerando ogni forma di remunerazione avente carattere continuativo.

La passività per TFR include anche le eventuali somme erogate a titolo di prestito, di cui il TFR maturato costituisce garanzia, le quali sono rilevate tra i crediti nella voce «verso altri» delle immobilizzazioni finanziarie o dell'attivo circolante in relazione alla durata del prestito. Da detta passività sono invece detratte le anticipazioni parziali del TFR maturato ed erogate in forza di contratti collettivi o individuali o di accordi aziendali, per le quali non ne è richiesto il rimborso. Nel caso in cui i contratti in vigore siano scaduti prima della data di bilancio e gli effetti del loro rinnovo sul trattamento di fine rapporto siano ragionevolmente stimabili, ancorché non formalmente definiti alla data di formazione del bilancio, per l'eventuale accantonamento a tale data si tiene conto di quanto previsto per la rilevazione degli effetti relativi ai fatti intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio (OIC 29). Qualora la società abbia provveduto alla stipulazione di polizze a fronte del trattamento di fine rapporto maturato a suo carico prima della riforma della previdenza complementare, l'entità del premio corrisposto alla compagnia assicuratrice rappresenta un credito immobilizzato da esporre alla voce B) III) 2) dello stato patrimoniale attivo.

La maggiore entità rimborsabile dalla compagnia rispetto all'indennità maturata dal personale dipendente, derivante dalla rivalutazione dei premi versati, costituisce componente positivo di reddito di natura finanziaria per l'impresa contraente, rilevabile annualmente per competenza economica con il conseguente incremento del credito, esponibile nella stessa voce di cui al precedente paragrafo. Gli ammontari di TFR relativi a rapporti di lavoro cessati, il cui pagamento è già scaduto o scadrà ad una data determinata dell'esercizio successivo, soddisfano i criteri per essere considerati debiti e sono quindi classificati nello stato patrimoniale nel passivo nella voce D14.

I contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine

Le operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione sono operazioni di vendita che possono avere per oggetto beni, titoli o valori, che comportano l'obbligo di riacquisto da parte del venditore della cosa originariamente venduta a una certa data e ad un certo prezzo. Il loro trattamento contabile è disciplinato dall'art. 2423-bis c.c. e dall'art. 2425-bis c.c.

In particolare, le attività oggetto della compravendita con obbligo di retrocessione rimangano iscritte come tali nello stato patrimoniale del venditore a «pronti», il trattamento contabile della somma ricevuta dal cedente/ corrisposta dall'acquirente per la vendita/acquisto iniziale dipende dalla natura, finanziaria o operativa, dell'operazione.

Nel caso di operazione finanziaria, caratterizzata da prezzo a pronti inferiore al prezzo a termine, il venditore a pronti iscrive in contropartita alla somma ricevuta per la vendita iniziale un debito verso il venditore a termine. La differenza tra prezzo a termine (maggiore) e prezzo a pronti (minore) sarà imputata nel conto economico per competenza nella voce C.17 «Interessi e altri oneri finanziari» e, come contropartita, troverà il debito verso il venditore a termine. Tale debito si chiuderà al momento dell'operazione di retrocessione (ovvero quando sarà restituita la somma ricevuta maggiorata dei relativi oneri).

Specularmente l'acquirente a pronti iscriverà un credito finanziario, che si chiuderà al momento dell'operazioni di retrocessione, in contropartita alla somma corrisposta in sede di acquisto iniziale e la differenza tra prezzo a termine (maggiore) e prezzo a pronti (minore) sarà imputata nel conto economico per competenza quale provento finanziario nella voce C.16 «Altri proventi finanziari».

Nell'altra ipotesi, in cui cioè l'operazione ha una natura operativa (prestito di un bene), ovvero quando il prezzo a pronti è superiore al prezzo a termine, è necessario distinguere se l'operazione verte su un bene di natura finanziaria o di altra natura. Se l'operazione verte su un bene di natura non finanziaria (ad es. un impianto) il venditore a pronti iscrive in contropartita alla somma ricevuta per la vendita iniziale:

- un debito verso il debitore a termine corrispondente al prezzo pattuito per il futuro riacquisto, e

- un risconto passivo per la differenza (positiva) tra il prezzo a pronti ed il prezzo a termine, che rappresenta il corrispettivo ricevuto per aver concesso l'uso del bene al venditore a termine, e sarà rilasciato nel conto economico in quote costanti come provento (alla voce A.5 «Altri ricavi e proventi»).

L'acquirente a pronti rileva invece i mezzi finanziari utilizzati per l'acquisto iniziale come crediti, ma limitatamente alla parte corrispondente al prezzo pattuito per la futura retrocessione del bene. La parte corrisposta al venditore a pronti in relazione al godimento temporaneo del bene è invece iscritta tra i risconti attivi e rilasciata per competenza nel conto economico nella voce B8 «Costi per il godimento di beni di terzi».

Se invece l'operazione verte su un bene di natura finanziaria (ad es. partecipazioni o titoli) la differenza tra prezzo a pronti (maggiore) e prezzo a termine (minore) sarà imputata dal venditore a pronti nel conto economico per competenza come provento finanziario nella voce C.16 «Altri proventi finanziari».

L'acquirente a pronti iscriverà specularmente la differenza tra prezzo a pronti (maggiore) e prezzo a termine (minore) nel conto economico per competenza come onere finanziario nella voce C.17 «Interessi e altri oneri finanziari».

Nella nota integrativa dovranno essere indicati, come richiesto dall'art. 2427, comma 1, lettera 6-ter, c.c., distintamente per ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei debiti relativi ad operazioni che prevedono l'obbligo per l'acquirente di retrocessione a termine.

I ratei e i risconti

L'art. 2424-bis, comma 6, c.c. definisce i requisiti per l'iscrizione di un rateo o un risconto. Secondo quanto previsto dalla norma sopraindicata, la rilevazione di un rateo o di un risconto avviene quando sussistono le seguenti condizioni:

- il contratto inizia in un esercizio e termina in uno successivo;

- il corrispettivo delle prestazioni è contrattualmente dovuto in via anticipata o posticipata rispetto a prestazioni comuni a due o più esercizi consecutivi;

- l'entità dei ratei e risconti varia con il trascorrere del tempo.

I ratei attivi rappresentano quote di proventi di competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio, che avranno manifestazione finanziaria in esercizi successivi.

I ratei passivi rappresentano quote di costi di competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio, che avranno manifestazione finanziaria in esercizi successivi.

I risconti attivi rappresentano quote di costi che hanno avuto manifestazione finanziaria nel corso dell'esercizio in chiusura o in precedenti esercizi, ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi. Essi rappresentano la quota parte dei costi rinviata ad uno o più esercizi successivi.

I risconti passivi rappresentano quote di proventi che hanno avuto manifestazione finanziaria nel corso dell'esercizio in chiusura o in precedenti esercizi ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi. Essi rappresentano la quota parte dei proventi rinviata ad uno o più esercizi successivi.

Con riferimento alla classificazione contabile dei retei e dei risconti, l'art. 2424 del codice civile prevede che:

- i ratei e i risconti attivi siano rilevati nell'attivo dello stato patrimoniale alla voce D «Ratei e risconti»;

- i ratei e i risconti passivi siano rilevati nel passivo dello stato patrimoniale alla voce E «Ratei e risconti».

La contropartita nel conto economico dell'iscrizione di un rateo trova collocazione fra i proventi e i costi secondo la natura del rapporto economico. La contropartita nel conto economico dell'iscrizione di un risconto trova collocazione a rettifica dei correlati proventi e costi già contabilizzati. La rettifica così attuata produce la diretta riduzione dell'onere o del provento originariamente rilevato in modo che, nel conto economico, emerga la sola quota di competenza dell'esercizio.

Non possono essere inclusi tra i ratei e i risconti, in quanto non vengono rispettate le condizioni sopraindicate, i proventi e gli oneri la cui competenza è maturata per intero nell'esercizio cui si riferisce il bilancio o in quelli successivi. A titolo esemplificativo, non comportano la rilevazione di ratei o risconti: le fatture ancora da emettere e ricevere, interessi attivi maturati ma non ancora accreditati su conti correnti, gli anticipi ricevuti o pagati nel corso dell'anno a fronte di canoni di locazione che maturano solo nell'esercizio successivo.

Il trattamento contabile delle azioni proprie

Con riferimento al trattamento contabile delle azioni proprie si veda quanto illustrato in sede di commento dell'art. 2424 c.c.

In argomento si rammenta che La Direttiva 2013/34/UE ha eliminato la possibilità di iscrivere le azioni proprie in portafoglio nell’attivo immobilizzato; il legislatore nazionale ha deciso di prevedere un divieto generalizzato di rilevazione in bilancio delle azioni proprie e ha, pertanto, riformulato l’art. 2357-ter c.c., il cui comma 3 dispone ora che «l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo». Alla luce di questa novità, nell’art. 2424-bis c.c. è stato aggiunto un comma 7, a mente del quale «Le azioni proprie sono rilevate in bilancio a diretta riduzione del patrimonio netto, ai sensi di quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 2357-ter».

Al di là degli effetti evidenti che si producono in termini di rappresentazione patrimoniale (per cui il divieto di iscrizione nell’attivo di bilancio delle azioni proprie è accompagnato dall’eliminazione della corrispondente riserva dal patrimonio netto e l’esborso sostenuto per l’acquisto è portato a diretta diminuzione del patrimonio netto attraverso l’iscrizione di una riserva negativa), i profili di maggiore interesse della nuova disciplina riguardano le conseguenze che si producono nel conto economico. Se in precedenza, infatti, l’acquisto di azioni proprie e la successiva rivendita poteva dar luogo all’emersione di componenti reddituali del tutto assimilabili ai proventi e agli oneri di natura finanziaria legati alla normale gestione delle partecipazioni, alla stessa stregua delle partecipazioni detenute in società terze, con i nuovi criteri di rappresentazione l’acquisto e la successiva rivendita di azioni si qualificano in bilancio come, rispettivamente, un rimborso e una successiva riemissione di capitale, in quanto tali incapaci di produrre effetti di natura economica. Nella nuova lettura che ne dà il bilancio, pertanto, i saldi patrimoniali che dovessero scaturire dalla differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di successiva rivendita assumono la natura di riserve di capitale, quando in precedenza erano invece qualificati come ricavi/costi (plusvalenze/minusvalenze) di natura finanziaria. Dal punto di vista contabile, l’acquisto di azioni proprie secondo le previsioni del d.lgs. n. 139/2015 impone l’iscrizione di un’apposita riserva di segno negativo, di importo corrispondente al prezzo di acquisto delle azioni, che permane iscritta fino alla rivendita o all’annullamento delle azioni. Ne consegue, in linea generale, che se il prezzo di rivendita è esattamente pari quello di acquisto, l’effetto netto è la semplice cancellazione della riserva negativa. Se, il prezzo è inferiore, la parte della riserva negativa che non è oggetto di cancellazione va portata in riduzione delle altre riserve del bilancio. Se, infine, il prezzo di rivendita delle azioni proprie è superiore a quello di acquisto, alla cancellazione della riserva negativa si accompagna l’imputazione di questa eccedenza tra le riserve di capitale, ad incremento del patrimonio netto iniziale.

Da ultimo, avuto riguardo all’acquisto di azioni proprie e la successiva rivendita, pur risolvendosi in una riduzione ed in una successiva riespansione del patrimonio netto, occorre osservarsi che la stessa potrebbe comportare una ideale cancellazione delle riserve di utili e di capitale preesistenti e la loro sostituzione con nuovi apporti (similmente ad un rimborso ai soci) oppure si potrebbe considerare che l’iscrizione della riserva negativa è sostitutiva della sola iscrizione all’attivo del bilancio delle azioni. In quest’ottica – in linea con i criteri di rappresentazione contabile – l’acquisto e la successiva rivendita determinerebbero semplicemente il venir meno dei vincoli sulle riserve e il ripristino della situazione preesistente, nei limiti del corrispettivo di realizzo delle azioni (Commissione Società del Consiglio notarile di Milano, Massima n. 145 - Riserva negativa azioni proprie: indisponibilità delle riserve disponibili «utilizzate» per l’acquisto; Massima n. 146 - Riserva negativa azioni proprie: effetti in caso di annullamento delle azioni proprie; e Massima n. 147 - Riserva negativa azioni proprie: effetti in caso di riduzione del capitale sociale per perdite).

 

Bibliografia

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