Codice Civile art. 2434 - Azione di responsabilità (1).

Claudio Sottoriva

Azione di responsabilità (1).

[I]. L'approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori, dei direttori generali, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari (2) e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale.

(1) V. nota al Capo V.

(2) Le parole «, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari» sono state inserite dall'art. 15 1 lett. a) l. 28 dicembre 2005, n. 262.

Inquadramento

Con l'approvazione da parte dell'assemblea il progetto di bilancio redatto dagli amministratori si trasforma nel bilancio della società. L'approvazione del bilancio non comporta la liberazione dei soggetti coinvolti nella redazione dello stesso per le operazioni da loro compiute durante lo svolgimento delle operazioni sociali e che possono aver leso gli interessi della società.

Il legislatore regola anche la responsabilità dei direttori generali mentre quella del collegio sindacale è una responsabilità che deriva dal fatto di non aver vigilato effettivamente sull'attività degli amministratori (culpa in vigilando); i sindaci rispondono solidalmente con gli amministratori quando il danno prodotto non si sarebbe verificato se il collegio sindacale avesse vigilato in modo conforme alla sua funzione.

Gli amministratori rispondono dei danni derivanti dalla loro gestione nei confronti della società, dei creditori sociali, dei soci e dei terzi.

La Cass. I, n. 6220/2013 ha statuito che l'approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell'operato dell'amministratore in conflitto d'interessi, in quanto sia la disciplina del bilancio che quella dell'assemblea hanno natura imperativa e rispondono all'interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell'attività economica.

La dottrina ha rilevato una certa genericità nell'enunciato dell'art. 2434 c.c.; in particolare se la norma chiarisce ciò che non è consentito fare (desumere un'implicita rinuncia all'azione di responsabilità dalla deliberazione di approvazione del bilancio), non altrettanto chiaro risulta in quali casi detta rinuncia possa dirsi validamente compiuta e, dunque, vincolante per la società (Corrado).

La legittimazione del socio assente o dissenziente a impugnare la delibera di approvazione del bilancio non è pregiudicata dal fatto che egli non abbia impugnato i bilanci di esercizi precedenti redatti con gli stessi criteri (Trib. Milano 5 aprile 2006).

La falsità perseguibile negli articoli 2621,2621 bis, 2622 del codice civile deve riguardare i dati informativi essenziali, idonei ad ingannare scelte potenzialmente pregiudizievoli per i destinatari. La potenzialità ingannatoria, strettamente connessa con il profilo soggettivo dei reati, può infatti derivare, oltre che dalla esposizione in bilancio di un bene inesistente o dalla omissione di un bene esistente, dalla falsa valutazione di un bene che pure è esistente nel patrimonio sociale, ma viene computato al di fuori dei parametri tecnici di valutazione.  L'alterazione di tali dati non deve, in fin dei conti, necessariamente incidere solo sul versante quantitativo, ben potendo influire anche solo su quello qualitativo, tale da fuorviare comunque il destinatario dell'informazione. In tal guisa, l'impropria appostazione di dati veri, l'impropria giustificazione causale di “voci”, pur reali ed esistenti, ma distorte, ben possono avere effetto decettivo e quindi incidere negativamente sul bene giuridico tutelato dalla norma: la trasparenza societaria, che costituisce il fondamento della tutela penalistica del bilancio (Cass. S.U. n. 22474/2016).

La rinuncia espressa all'azione di responsabilità

L'art. 2393 c.c. dispone che la rinuncia debba essere oggetto di espressa deliberazione dell'assemblea purché non vi sia il voto contrario delle minoranze ivi indicate. Ne consegue che, effetto liberatorio si può ottenere solo con tale apposita deliberazione (eventualmente anche contestuale all'approvazione del progetto di bilancio da parte dell'assemblea).

L'approvazione del bilancio di esercizio quale dichiarazione di scienza

Rammentando che, secondo la Cass. I, n. 23976/2004, la funzione del bilancio consiste non soltanto nel misurare gli utili e le perdite dell'impresa al termine dell'esercizio, ma – come risulta dall'art. 2423 c.c. – anche nel fornire ai soci ed al mercato tutte le informazioni che il legislatore ha ritenuto al riguardo di prescrivere (funzione informativa del bilancio), occorre sottolineare che l'interesse del socio, che lo legittima, ex art. 1421 c.c., ad impugnare per nullità la deliberazione di approvazione di un bilancio redatto in violazione delle prescrizioni legali, non dipende solo dalla frustrazione dell'aspettativa, dal medesimo socio vantata, alla percezione di un dividendo o, comunque, di un immediato vantaggio patrimoniale che una diversa e più corretta formulazione del bilancio possa eventualmente evidenziare, ma ben può nascere dal fatto che la poca chiarezza o la scorrettezza del bilancio non permetta al socio di avere tutte le informazioni – destinate a riflettersi anche sul valore della singola quota di partecipazione – che il bilancio dovrebbe invece offrirgli, ed alle quali, attraverso la declaratoria di nullità e la conseguente necessaria elaborazione di un nuovo bilancio emendato dai vizi del precedente, egli legittimamente aspira. Deve, pertanto, riconoscersi sussistente l'interesse del socio ad agire per l'impugnativa della detta delibera quando egli possa essere indotto in errore dall'inesatta informazione fornita sulla consistenza patrimoniale e sull'efficienza economica della società, ovvero quando, per l'alterazione od incompletezza dell'esposizione dei dati, derivi o possa derivare un pregiudizio economico circa il valore della sua partecipazione.

Ne consegue che il bilancio non è idoneo a dare una visione dettagliata e completa della gestione e delle singole operazioni in cui essa si articola: ne consegue che l'approvazione del progetto di bilancio da parte dell'assemblea, che costituisce un giudizio tecnico sul fatto che il bilancio rappresenti fedelmente la realtà dei fatti, non può portare all'esonero delle responsabilità in cui gli amministratori sono incorsi, considerata la sua inidoneità ad offrire un livello adeguato di conoscibilità della gestione.

Secondo il Trib. Napoli 5 aprile 2004, il socio possiede un interesse concreto ed attuale ad impugnare un bilancio per vizi derivati da un precedente bilancio già impugnato, al quale il primo è legato dal principio di continuità, fintanto che tali vizi non siano stati effettivamente rimossi con la compilazione ed approvazione di un nuovo bilancio.

Attesa la natura di dichiarazione di scienza dell'approvazione del progetto di bilancio, si evidenzia la neutralità dell'approvazione del progetto di bilancio d'esercizio avuto riguardo alla liberazione da responsabilità degli organi sociali, dei direttori generali e, nell'ambito delle società quotate, del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (figura quest'ultima introdotta con la l. n. 262/2005).

Secondo il Trib. Milano 6 ottobre 2017, il bilancio non è idoneo a fornire una rappresentazione chiara e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico dell'esercizio qualora si registri la totale assenza di informazioni in ordine alle operazioni realizzate con parti correlate in violazione dell'art. 2427, n. 22-bis, c.c. Secondo i principî contabili un'operazione con parte correlata è un'operazione che, in forza dei particolari collegamenti esistenti tra i soggetti contraenti, può essere o meno deliberata, ovvero effettuata a condizioni diverse da quelle che sarebbero state pattuite, ferme le medesime situazioni oggettive, fra soggetti non influenzati dai suddetti rapporti. Quanto alla nozione di «normali condizioni di mercato» soccorre quanto affermato nella Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 173/2008 che ha introdotto il numero 22-bis nel testo dell'art. 2427 c.c., secondo cui: «per normali condizioni di mercato non dovrebbero intendersi solo quelle attinenti al prezzo dell'operazione, ma anche alle motivazioni che hanno condotto alla decisione di porre in essere l'operazione e condurla con parti correlate anziché con terzi». Vi rientrano dunque anche le operazioni commerciali con condizioni o modalità di pagamento che non riflettono quelle usuali di mercato, ovvero che risultano significativamente diverse da quelle che l'impresa normalmente accorda ai soggetti non correlati, con cui intrattiene rapporti commerciali, o ancora le operazioni atipiche o inusuali rispetto alla normale gestione dell'impresa, soprattutto se effettuate a ridosso della chiusura dell'esercizio (nel caso di specie, le operazioni furono realizzate con società correlate alla società convenuta ovvero con società tutte pacificamente riconducibili al socio e amministratore della stessa. Il Tribunale ha ravvisato la totale mancanza di informazione in relazione alla locazione del capannone intercorsa con una parte correlata a canone irragionevole e con riferimento ad un'operazione di acquisto da parte della società convenuta di un capannone e di successivo trasferimento del medesimo a favore dell'originaria cedente, sempre riconducibile all'amministratore della prima. Quest'ultima operazione è stata ritenuta di indubbia rilevanza economica e non eseguita a normali condizioni di mercato, tenuto conto delle modalità con cui erano stati regolati i rapporti dare-avere fra le parti, mediante datio in solutum ovvero compensazioni, a fronte di reciproci crediti e debiti documentati solo da fatture, in mancanza di altra documentazione rilevante, quali contratti o scambi di comunicazioni fra gli uffici delle due società).

Sempre nella menzionata decisione (Trib. Milano 6 ottobre 2017), sono stati enunciati ulteriori principî.

Costituisce motivo di nullità del bilancio la totale carenza di informazioni, sia in nota integrativa, sia in sede assembleare, con riguardo alle valutazioni svolte per individuare i criteri di redazione del bilancio più adeguati alla concreta situazione della società. In particolare, in base alle indicazioni dettate dai principî contabili, l'obbligo di abbandono delgoing concern si concretizza in via generale «alla data di inizio della gestione di liquidazione, ossia alla data di nomina dei liquidatori nel registro delle imprese». Tuttavia, qualora alla data della redazione del progetto di bilancio sia già stata deliberata la messa in liquidazione, non si dubita che il principio del going concern debba essere ragionevolmente abbandonato. Il disposto dell'art. 2423-bis c.c. («i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro»), può giustificare la deroga al principio di non modificabilità da un esercizio all'altro dei criteri di valutazione «in casi eccezionali». Giova al riguardo ricordare che le scelte valutative sono il riflesso delle effettive scelte gestionali, non di situazioni giuridico formali, per cui i soci ed i terzi hanno comunque diritto di conoscere le motivazioni che inducono gli amministratori a seguire determinati criteri di valutazione rispetto ad altri, in ottica di piena chiarezza e trasparenza (nel caso di specie il liquidatore non aveva chiarito le ragioni che lo avevano indotto a redigere l'ultimo bilancio d'esercizio con criteri di continuità aziendale nonostante al momento della redazione del progetto di bilancio la società fosse già posta in liquidazione e nel corso dell'ultimo esercizio l'amministratore unico, a sua volta socio ed espressione della maggioranza dei soci, fosse ben a conoscenza del fatto che non vi sarebbero state proroghe del termine di durata e che dunque la società avrebbe cessato di lì a poco l'attività).

Il bilancio di liquidazione è nullo per difetto di informazione e di coerenza fra i criteri adottati e la cessazione dell'attività aziendale, a seguito della grave violazione dei principî contabili. La nuova normativa in materia di liquidazione volontaria delle società di capitali (tutte le società di capitali, non solo le quotate) introdotta dal legislatore della riforma del 2003 ha chiarito che i criteri di redazione dei bilanci intermedi o annuali di liquidazione sono ben diversi da quelli previsti per il bilancio ordinario di esercizio (art. 2490 c.c.). L'Organismo Italiano di Contabilità nel 2008 ha predisposto inoltre i principî contabili per la redazione dei bilanci delle imprese in liquidazione (OIC n.5), documento che riguarda «in via principale e diretta la liquidazione volontaria delle società di capitali». Nel documento viene chiarito che nel momento dell'assunzione della carica da parte dei liquidatori, salvo che non venga deliberato dall'assemblea l'esercizio provvisorio dell'impresa, il patrimonio aziendale si trasforma da un complesso produttivo (tendenzialmente finalizzato a produrre reddito) in un coacervo di beni destinati ad essere monetizzati sul mercato al pagamento dei creditori e alla distribuzione del residuo netto ai soci. Ciò comporta le seguenti conseguenze: viene meno la distinzione fra immobilizzazioni e attivo circolante, perché tutti i beni ed i crediti sono destinati al realizzo diretto sul mercato, nel più breve tempo possibile; viene meno la determinazione, con criteri prudenziali, di un utile distribuibile ai soci, e non sono più applicabili i principî generali indicati nell'art. 2423-bis c.c., primo fra tutti il postulato della «continuazione dell'attività dell'impresa» (going concern); di conseguenza, i criteri di rilevazione e correlazione dei costi e dei ricavi si modificano profondamente; in particolare, non si dovrà più procedere al calcolo degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed immateriali (paragrafo 2.2 OIC n. 5). Dunque il criterio di valutazione delle attività non può essere come nel bilancio d'esercizio il costo storico, la cui applicazione è giustificata dall'esigenza di determinare un utile interamente realizzato e distribuibile ai soci, ma il valore di realizzo per stralcio dei beni ed il valore di realizzo dei crediti, al netto degli oneri di realizzo (nel caso di specie il liquidatore aveva iscritto le immobilizzazioni materiali al costo di acquisto, rettificate dai corrispondenti fondi di ammortamento, come nell'ultimo bilancio della società attiva. Il liquidatore aveva inoltre iscritto le rimanenze di magazzino al minore fra il costo di acquisto o di fabbricazione e il valore di realizzo, desumibile dall'andamento del mercato, metodo LIFO. Inoltre aveva provveduto a compensare illegittimamente il fondo ammortamento macchinari – categoria di per sé non coerente con un bilancio di liquidazione – con il valore residuo dei macchinari destinati alla rottamazione, senza peraltro dare conto in nota integrativa dei costi di rottamazione e delle motivazioni alla base di tale scelta liquidatoria).

In tema di invalidità della delibera di approvazione del bilancio per difetto di chiarezza, veridicità e correttezza sono pertinenti e rilevanti solo quelle argomentazioni suscettibili di tradursi in difetti dell'informazione sulla reale situazione patrimoniale e finanziaria della società e non in elementi di irragionevolezza nelle scelte di gestione. Questi ultimi dunque sono suscettibili di tradursi in censure all'operato degli amministratori e in una domanda di responsabilità nei loro confronti, ma non in vizi del bilancio (nel caso di specie il Tribunale ha rigettato le contestazioni relative all'aumento delle voci costi per servizi, spese per godimento terzi e compenso per amministratore, ritenuto eccessivamente basso e dunque possibile indicatore di condotte illecite).

Le azioni di annullabilità o di nullità previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere più esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell'esercizio successivo (art. 2434-bis, comma 1, c.c.), per carenza di legittimazione attiva ed interesse ad agire, in quanto ogni sindacato su bilanci d'esercizio già approvati è precluso dal principio di stabilità, una volta che sia decorso il termine per impugnazione degli stessi.

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