Codice Civile art. 2437 sexies - Azioni riscattabili (1).Azioni riscattabili (1). [I]. Le disposizioni degli articoli 2437-ter e 2437-quater si applicano, in quanto compatibili, alle azioni o categorie di azioni per le quali lo statuto prevede un potere di riscatto da parte della società o dei soci. Resta salva in tal caso l'applicazione della disciplina degli articoli 2357 e 2357-bis. (1) V. nota al Capo V. InquadramentoL'art. 2437-sexies, pur collocandosi a chiusura della disciplina codicistica in tema di recesso che inizia con l'art. 2437 c.c., in realtà più che contribuire ad integrare e completare tali regole reca una disciplina, peraltro alquanto scarna, delle azioni riscattabili, le quali sono quelle che, se alienate da taluno dei soci, possono essere acquistate dalla società o dai singoli soci. Il diritto di riscatto può essere attribuito dallo statuto a tutte le azioni della società, a nessuna o solo ad una parte di esse. La riscattabilità delle azioni a norma dell'art. 2437-sexies c.c., intesa come soggezione delle stesse al potere di riscatto da parte della società o dei soci, può essere una delle caratteristiche (così ad esempio un'azione può essere al contempo a voto limitato e riscattabile) ovvero l'unica caratteristica che le differenzia dalle altre azioni che compongono il capitale, realizzando in tal modo una «categoria», a norma dell'art. 2348, comma 2, c.c., secondo cui «si possono creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi ... in tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie» (così, ad esempio, nell'ambito delle azioni ordinarie, ve ne potrebbero essere alcune riscattabili e altre no: Delli Priscoli, 271; Tombari, 970). In caso di esercizio del diritto di riscatto da parte della società o dei soci, il valore delle azioni da riscattare deve essere determinato applicando i criteri previsti per l'ipotesi di recesso e ferma restando l'applicazione dei limiti all'acquisto di azioni proprie; la soggezione di azioni o categorie di azioni al riscatto può essere stabilita, oltre che al momento della redazione dello statuto, anche con successiva modifica statutaria Delli Priscoli, 272; Tombari, 971). L'art. 2437- sexies non impone che il riscatto debba essere ancorato a situazioni specifiche, oggettive e predeterminate. Nel caso in cui il diritto di riscatto sia attribuito non già alla società ma agli altri soci, come non di rado accade per le clausole statutarie dirette e regolare il fenomeno della morte di un socio, l'eventuale acquisto delle azioni in favore degli altri soci avviene necessariamente con fondi provenienti dal patrimonio di questi e mai con valori rinvenenti dal patrimonio sociale. Il rinvio all'art. 2437-ter c.c. è diretto a determinare la somma spettante al socio le cui azioni siano oggetto di riscatto, al fine di evitare abusi ai danni dei soci che subiscano il riscatto (Calvosa, 200; Delli Priscoli, 272). Nel caso in cui invece il diritto di riscatto sia attribuito solo alla società (o alla società in via subordinata, ossia in caso di mancato esercizio del diritto da parte dei soci) il richiamo all'art. 2437-quater c.c. si riferisce all'ipotesi in cui la società acquisti le azioni con fondi propri, donde la necessità di imporre condizioni e limiti a tutela dell'integrità del patrimonio sociale. Il potere di riscatto incontra peraltro i limiti inderogabili posti per l'acquisto delle azioni proprie da parte della società: tra l'altro l'acquisto nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili, nonché del decimo del capitale sociale, tenendosi conto a tal fine anche delle azioni proprie possedute da società controllate (artt. 2357 e 2357-bis c.c., che disciplinano l'acquisto delle proprie azioni da parte della società). Occorre inoltre che la società, ove intenda avvalersi del diritto di riscatto in relazione ad un determinato quantitativo di azioni, debba rispettare il principio di parità di trattamento tra i soci e deve pertanto riscattare la quantità di azioni in oggetto da tutti gli azionisti in proporzione alle azioni da ciascuno di essi possedute, salva la possibilità di ricorrere al sistema del sorteggio. Il rinvio all'art. 2437-quater c.c. configura il riscatto come un “diritto potestativo all'acquisto”, il cui esercizio dovrebbe portare direttamente all'ingresso nel patrimonio sociale delle azioni riscattate. Tuttavia, l'art. 2437-quater c.c. prevede innanzitutto che le azioni per le quali sia esercitato il riscatto vengano cedute agli altri soci o in mancanza a terzi, mentre solo in caso di mancato collocamento esse vengono rimborsate mediante acquisto da parte della società utilizzando riserve disponibili. È inoltre disposto che, in assenza di utili e riserve disponibili, deve essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società, onde in tal caso è possibile che non si verifichi nessun acquisto delle azioni riscattate al patrimonio della società. Il riscatto non determina un «riacquisto» in senso tecnico, atteso che le azioni riscattate, quand'anche per effetto del procedimento di cui all'art. 2437-quater c.c. vengano ad essere acquistate dalla società, non per questo può dirsi che tornino nel patrimonio dal quale erano originariamente uscite, atteso che le azioni emesse in sede di costituzione della società o di aumento di capitale non provengono certamente dal patrimonio della società stessa (L. Calvosa, 198; Delli Priscoli, 167). La legge peraltro nulla dice in ordine alla efficacia del riscatto nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sulle azioni successivamente alla introduzione nello statuto della clausola di riscatto, quali ad esempio gli usufruttuari, i creditori pignoratizi o pignoranti. Tuttavia, in virtù del principio generale dell'opponibilità erga omnes delle clausole statutarie, nessun dubbio dovrebbe esservi sulla efficacia reale e non meramente obbligatoria del riscatto, allo stesso modo in cui non si dubita ad esempio che abbiano efficacia reale le clausole statutarie che prevedano il diritto di prelazione degli altri soci in caso di vendita delle azioni. Ne deriva che, a seguito dell'espletamento della procedura di riscatto, chiunque divenga acquirente delle azioni riscattate (gli altri soci, i terzi o la società), acquista le azioni libere da qualsiasi diritto o peso di cui il socio riscattato possa averle gravate (Calvosa, 200; Delli Priscoli, 272). Ove il diritto di ottenere il riscatto competa al socio, si pone il problema delle modalità di comunicazione del relativo esercizio alla società, non essendo dubbio che tale circostanza debba essere resa nota a quest'ultima al fine di dare corso al procedimento previsto dall'art. 2437-quater c.c. Nel silenzio dello statuto deve peraltro ritenersi che possa trovare applicazione analogica, per quanto qui interessa, l'art. 2437-bisc.c., ancorché non espressamente richiamato dall'art. 2437-sexiesc.c., atteso che la disciplina del riscatto è sostanzialmente modellata su quella del recesso. Pertanto deve ritenersi che la dichiarazione di riscatto possa essere emessa in qualsiasi tempo dal socio interessato mediante lettera raccomandata indirizzata alla società con l'indicazione delle generalità del socio che esercita il riscatto, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di riscatto viene esercitato, e che le azioni per le quali è esercitato il diritto di riscatto non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale. Ove il diritto in oggetto competa alla società, si pone invece il problema della individuazione dell'organo competente ad emettere la decisione inerente al riscatto. Peraltro non dovrebbe esservi dubbio che di regola tale competenza, nel silenzio della legge, spetti, alla stregua di qualsiasi altro atto gestorio della società, all'organo amministrativo. Eventualmente lo statuto potrà prevedere che la decisione in questione sia assunta da tale organo previa autorizzazione dell'assemblea ordinaria ai sensi dell'art. 2364, n. 5, c.c. (Busani, Sagliocca, 157; Tombari, 968). In tema di società per azioni, il riscatto di azioni ex art. 2437-sexies c.c. costituisce un istituto a causa neutra che consente alla società o ai soci l'esercizio di un'opzione di acquisizione forzosa delle partecipazioni sociali di uno dei soci stessi, con l'effetto di comportarne l'uscita dall'ente; detto istituto, assimilabile all'esclusione sul piano degli effetti, se ne differenzia in quanto ammette, in mancanza di altre concrete possibilità, la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società, esigendo, in ogni caso, al pari dell'esclusione stessa, che i presupposti integrativi della fattispecie siano essere adeguatamente determinati o determinabili, ai sensi dell'art. 1346 c.c. (Cass. n. 12498/2023). Sull'introducibilità a maggioranza della riscattabilità delle azioniL'articolo in commento non si esprime circa la possibilità di introdurre, in un momento successivo rispetto alla costituzione della società, mediante modifica dello statuto a maggioranza, la clausola inerente la riscattabilità delle azioni. Dell'ammissibilità di tale modifica si potrebbe a prima vista dubitare poiché, specie se detta clausola fosse destinata ad operare sulle azioni già in circolazione, essa finirebbe per incidere profondamente sulla posizione individuale del singolo azionista, onde ci si potrebbe chiedere se detta modifica richieda necessariamente il consenso di tutti i soci. In realtà un problema in larga misura analogo a quello in esame si è posto in passato in relazione alla introduzione o soppressione a maggioranza delle clausole di prelazione o di gradimento. Orbene il legislatore della riforma nelle s.p.a. ha espressamente previsto all'art. 2437 c.c. la possibilità per la maggioranza di introdurre o sopprimere vincoli alla circolazione delle azioni, ma ha ritenuto di provvedere alla protezione degli interessi dei soci di minoranza mediante l'attribuzione agli stessi del diritto di recesso, peraltro derogabile dallo statuto (art. 2437, comma 2); tale deroga tuttavia deve poter essere conosciuta in anticipo dal socio in modo che egli possa regolarsi e sapere eventualmente di correre il rischio di vedere trasformare a maggioranza le proprie azioni in azioni riscattabili. Invece, quando questa previsione statutaria manchi, in caso di introduzione delle azioni riscattabili, il socio, ai sensi dell'art. 2437, comma 2, lett.b), c.c., sarà sempre tutelato dal diritto di recesso. Inoltre, stessa protezione avrà il socio di minoranza in caso di eliminazione dallo statuto, quale causa di recesso, dell'introduzione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari (art. 2437, comma 1, lett. e): anche in tal caso dunque al socio dissenziente è garantita «una via di fuga» (Delli Priscoli, 274; Meli, 370). Prima della riforma del 2003 in tali casi non era invece consentito il recesso: la disciplina dell'art. 2437 c.c. in relazione alle azioni riscattabili costituisce dunque una significativa innovazione della riforma: a un diritto di veto in capo al socio di impedire l'introduzione da parte della società di vincoli alla circolazione delle azioni si è passati ad un regime ove la società può introdurre tali limiti a maggioranza, con il socio dissenziente che in tal caso può solo scegliere tra l'accettare suo malgrado la clausola o effettuare la scelta radicale di uscire dalla società tramite la procedura del recesso. Il legislatore del 2003 ha dunque cercato di trovare un punto di equilibrio tra le esigenze della società al controllo sulla composizione della compagine sociale e ai rapporti di potere all'interno della stessa e l'interesse del socio eventualmente coinvolto da tali clausole a poter comunque uscire dalla società: è stato pertanto sancito il principio secondo cui non esistono di norma posizioni individuali degli azionisti che non possano essere modificate dalla maggioranza, purché sia rispettato il principio di parità di trattamento tra i soci e soprattutto purché sia garantito il diritto di recesso al socio dissenziente (Delli Priscoli, 277; Meli, 372). BibliografiaBusani, Sagliocca, Azioni riscattabili: coordinamento problematico con la disciplina delle azioni proprie e del recesso, in Soc. 2012, 157; Calvosa, L'emissione di azioni riscattabili come tecnica di finanziamento, in Riv. dir. comm. 2006, I, 198; Delli Priscoli, Commento agli artt. 2437-2437-sexies c.c. (recesso del socio dalla società per azioni), in Commentario al codice civile diretto da Busnelli e Mazzoni, 2013, 268; Meli, Commento all'art. 2355-bis c.c., in Società di capitali a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, I, Napoli, 2004, 363; Tombari, Le categorie speciali di azioni nella società quotata, in Riv. soc. 2007, 968. |