Codice Civile art. 2438 - Aumento di capitale (1).Aumento di capitale (1). [I]. Un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate. [II]. In caso di violazione del precedente comma, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci ed ai terzi. Restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del precedente comma. (1) V. nota al Capo V. InquadramentoIl testo dell'art. 2348 c.c., prima della riforma del diritto societario (approvata con d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), era il seguente: «Non si possono emettere nuove azioni fino a che quelle emesse non siano interamente liberate ». L'originaria formulazione della norma induceva la prevalente dottrina (Di Sabato, 391; Campobasso, 487) a ritenere invalida la stessa deliberazione di aumento di capitale adottata in presenza di azioni non liberate, anche se non mancava chi in dottrina (Bianchi, 4) riteneva che l'anodino dettato legislativo, che si limitava a vietare l'emissione di nuove azioni senza fare alcun riferimento alla precedente fase deliberativa, non escludesse la validità della delibera di aumento del capitale sociale assunta in presenza di azioni non interamente liberate, limitandosi a precludere soltanto l'esecuzione dell'aumento stesso. Per l'invalidità era pure la maggioritaria giurisprudenza di merito (App. Genova, decr. 21 ottobre 1999; Trib. Napoli, decr. 14 ottobre 1993), mentre altre pronunce che ritenevano preclusa soltanto l'esecuzione (App. Ancona, decr. 27 aprile 1995). La riforma del 2003 ha risolto ogni questione interpretativa (v. Cass. n. 25731/2011, che attribuisce alla novella una «funzione sostanzialmente interpretativa» della previsione originaria), chiarendo che «un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni emesse non siano interamente liberate». Per cui è ormai pacifico che la liberazione delle vecchie azioni (emesse in sede di costituzione della società o in occasione di un precedente aumento di capitale sociale) si atteggi come condizione non di legittimità, ma di esecutività dell'aumento di capitale (Campobasso, 512; Ferrara-Corsi, 708). In base al novellato art. 2438 c.c. è incoerente che si provveda a raccogliere nuova finanza in un momento in cui una parte del finanziamento cui la società abbia già diritto non sia stata ancora riscossa; nulla vieta, tuttavia, di programmare la nuova raccolta di capitale prima del completamento dell'opera di riscossione della vecchia e perciò la disposizione appena citata precisa che il divieto di aumento anteriore alla liberazione delle precedenti azioni ha per oggetto l'esecuzione dell'operazione e non la sua deliberazione. La seconda novità introdotta con la legge di riforma riguarda le conseguenze della violazione del divieto di esecuzione dell'aumento di capitale in presenza di azioni non interamente liberate: l'art. 2438, comma 2, c.c. espressamente stabilisce che, ferma restando la responsabilità degli amministratori per i danni arrecati ai soci ed ai terzi, «restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del precedente comma», così sancendo il carattere vincolante dei contratti di sottoscrizione almeno per quanto riguarda gli impegni assunti dai sottoscrittori nei confronti della società. La legge non richiede che la deliberazione con cui l'assemblea decida l'aumento di capitale sociale rechi una specifica motivazione volta ad illustrare le ragioni che giustificano tale scelta: si tratta invero di una decisione che rientra nel novero delle determinazioni che l'assemblea può del tutto liberamente assumere, pur restando impregiudicata la possibilità, naturalmente, di farne valere altri vizi, vuoi di contenuto, vuoi di procedimento (Cass. n. 15647/2020). La medesima decisione ha cura di precisare che, nel diritto societario, costituiscono un numero limitato le decisioni degli organi sociali soggette per legge all'obbligo di motivazione e, sebbene in via interpretativa ne possano essere individuate altre in cui essa è comunque necessaria (quali le deliberazioni di interruzione del rapporto sociale, gestorio o sindacale), la regola è che tali decisioni, ivi compresa quella prevista dall'art. 2438 c.c., non richiedono una specifica motivazione. La ratio.La norma risponde ad una pluralità di esigenze: a) quella di rispettare le regole di buona amministrazione e di realizzare «la chiarezza dei rapporti», sul presupposto che l'emissione di nuove azioni senza aver prima richiamato la percentuale mancante delle vecchie non può che essere fonte di confusione (Ferrara Jr., Corsi, 708); b) quella di tutelare i terzi avverso l'apparenza di un vistoso patrimonio sociale, composto prevalentemente da crediti verso soci (Galgano, 398); c) quella di tutelare i soci di minoranza, impedendo richieste di finanziamenti ulteriori, quando ancora la società vanti crediti per i conferimenti pregressi (Di Sabato, 447). L'ambito di applicazione.Allorché unica sia la deliberazione di aumento di capitale, ma l'emissione delle azioni avvenga in più momenti successivi (cd. aumento pertranches), la prevalente dottrina (Nazzicone, 3157) nega l'applicabilità della norma a ciascuna emissione, per cui non sarebbe necessaria l'integrale sottoscrizione e liberazione della prima tranche per procedere alle successive, trattandosi di un unico aumento, ancorché frazionato sul piano dell'esecuzione. È altresì esclusa (Guerrera, 1153) l'applicabilità dell'art. 2438 c.c. all'aumento di capitale gratuito, in cui non si verifica variazione del patrimonio netto, atteso che nell'aumento gratuito non sussiste alcuna necessità né di tutela dei soci di minoranza a non essere chiamati dalla maggioranza ad ulteriori conferimenti, né dei terzi a notizie decettive sull'ammontare effettivo del patrimonio sociale, accrescendosi la garanzia dei creditori mediante l'assoggettamento al vincolo del capitale di riserve disponibili; anche se non manca chi autorevolmente (Cottino, 516) sostiene che il divieto abbia una sua ragione d'essere anche nel caso di aumento gratuito mediante emissione di nuove azioni, se non altro per evitare una maggiore circolazione di azioni finché le vecchie sono solo parzialmente liberate e per far pressione a che la liberazione avvenga. Le conseguenze della violazione del divieto.È stato osservato (Nazzicone, 3161) che la legge fornisce indicazioni in apparenza contraddittorie nell'art. 2438 c.c.: da un lato, vieta l'attuazione della deliberazione sino a che le partecipazioni precedentemente emesse non siano state interamente liberate e prevede la conseguente sanzione di responsabilità in capo agli amministratori per gli eventuali danni subiti dai soci e dai terzi; dall'altro, qualifica come obbligatori i versamenti dovuti in seguito alla sottoscrizione dell'aumento, che pure non avrebbe dovuto essere eseguito. Inoltre, l'esecuzione di una delibera di aumento di capitale sociale consta di vari adempimenti, che vanno dall'offerta in opzione alla raccolta delle sottoscrizioni, ai versamenti, all'emissione ed alla consegna delle azioni o adempimenti equivalenti, sino alle attività conseguenziali, quali l'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, l'imputazione dei nuovi conferimenti a capitale, il deposito dello statuto aggiornato e l'iscrizione nel registro delle imprese dell'attestazione che l'aumento di capitale è stato eseguito: ebbene, l'art. 2438 c.c. vieta «l'esecuzione», ma non spiega a quali di tali atti sia rivolto il divieto né specifica da quale vizio siano eventualmente inficiati gli atti di fatto comunque posti in essere dagli amministratori. Secondo il disposto letterale dell'art. 2444 c.c., l'esecuzione certamente include la «sottoscrizione», per cui vi è chi (Guerrera, 1152) ritiene che il contratto di sottoscrizione sia invalido e debba essere ripetuto una volta intervenuta la liberazione integrale delle azioni precedentemente emesse e chi (Nazzicone, 3162), invece, spiega l'obbligo (previsto dall'art. 2438, comma 2, c.c.) dei sottoscrittori delle azioni improvvidamente emesse di eseguire comunque i conferimenti promessi prospettando un'alternativa problematica: a) che la sottoscrizione sia valida, ma inefficace, in quanto sospensivamente condizionata alla liberazione delle azioni precedentemente emesse; b) che la sottoscrizione sia viziata, ma non invalidabile. Il Consiglio Notarile di Milano nella massima n. 70 ha al riguardo chiarito che la presenza di azioni non ancora interamente liberate impedisce agli amministratori di perfezionare la sottoscrizione ed emissione delle nuove azioni, per cui se anche i soci dichiarino, in sede assembleare, di voler sottoscrivere contestualmente l'aumento di capitale deliberato con immediata esecuzione del conferimento, tale dichiarazione deve intendersi «sospensivamente condizionata ex lege alla completa liberazione delle azioni [...] già emesse in precedenza e non consente sino a tale momento: a) l'imputazione a capitale dei conferimenti eseguiti; b) l'attestazione, da parte degli amministratori, dell'avvenuta sottoscrizione dell'aumento; c) il deposito dello statuto riportante il nuovo ammontare del capitale sociale; d) l'emissione delle azioni [...]». È controverso se la decretata salvezza degli «obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del precedente comma» esprima soltanto il vincolo per i sottoscrittori all'esecuzione dei conferimenti promessi, con differimento dell'acquisto della qualità di socio al momento in cui sia venuto meno il fatto ostativo della mancata liberazione integrale delle azioni precedentemente emesse (Guerrera,1152) ovvero implichi una loro immissione immediata nella compagine sociale pur in presenza di azioni non interamente liberate (Associazione Disiano Preite, 239), anche se la tesi che assegna pienezza di effetti alle sottoscrizioni raccolte in esecuzione dell'aumento di capitale, ritenendole vincolanti non solo per i sottoscrittori (obbligati ad eseguire i conferimenti promessi) ma anche per la società (tenuta alla consegna dei titoli azionari ed all'ammissione dei sottoscrittori all'esercizio dei diritti sociali) sembrerebbe contrastare con la formulazione letterale dell'art. 2438, comma 2, c.c., che, laddove parla di obblighi “assunti” con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del comma precedente, si riferisce, all'evidenza, soltanto a quelli gravanti sui sottoscrittori dell'aumento di capitale (Bartalena, 2578). La responsabilità degli amministratoriCoerentemente all'impostazione seguita anche in altri settori, il legislatore non ha ricollegato alla violazione della norma imperativa la radicale sanzione della nullità, ma, privilegiando una tutela di tipo obbligatorio rispetto a quella di tipo demolitorio, ha previsto che, in caso di aumento di capitale comunque eseguito prima dell'integrale liberazione delle azioni precedentemente emesse, «gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci ed ai terzi ».L'esplicito riferimento ai “soci” ed ai “terzi” induce a pensare che l'azione di responsabilità di cui trattasi sia assimilabile a quella disciplinata dall'art. 2395 c.c., con conseguente trasposizione delle regole per quest'ultima dettate, specie per ciò che attiene al carattere diretto del danno risarcibile, nonché all'onere probatorio gravante sull'attore ed al termine di prescrizione applicabile (Bartalena, 2578). Quanti erano già “soci” nel momento in cui gli amministratori abbiano dato attuazione all'aumento di capitale in violazione del primo comma dell'art. 2438 c.c.possono lamentare la diminuzione del loro peso all'interno della compagine sociale in conseguenza dell'illegittima operazione di aumento di capitale sociale, mentre i sottoscrittori delle azioni rivenienti dalla medesima dovrebbero rientrare nella categoria dei “terzi”, quanto meno se si condivide l'idea che essi non acquistino immediatamente e con pienezza di effetti la qualità di socio: costoro, sottoscrivendo azioni emesse da una società con capitale gonfiato, acquisiscono una partecipazione di valore inferiore a quello previsto (Giannelli, 264) e quindi subiscono un danno, al pari dei terzi che abbiano fatto incolpevole affidamento sulla solidità patrimoniale della società. BibliografiaAssociazione Disiano Preite, Il diritto delle società, Bologna, 2012; Bartalena, in Le società per azioni, diretto da Abbadessa e Portale, Milano, 2016; Bianchi, Le operazioni sul capitale sociale, Padova, 1998; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2012; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2002; Cottino, Le società. Diritto commerciale, Padova, 1999; Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2005; Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2003; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2009; Galgano, Diritto commerciale. Le società, Bologna, 2016; Giannelli, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2007; Guerrera, in Società di capitali, Commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Nazzicone, Preclusione all'invalidazioneex art. 2438 c.c. e tutela del mercato, in Foro it. 2012, 3161. |