Codice Civile art. 2480 - Modificazioni dell'atto costitutivo (1).Modificazioni dell'atto costitutivo (1). [I]. Le modificazioni dell'atto costitutivo sono deliberate dall'assemblea dei soci a norma dell'articolo 2479-bis. Il verbale è redatto da notaio e si applica l'articolo 2436. (1) V. nota al Capo VII. InquadramentoNel sistema codicistico originario, la disciplina delle modificazioni dell'atto costitutivo non aveva, nell'ambito della disciplina della società a responsabilità limitata, una specifica trattazione, trovando spazio anche in questa materia un formale rinvio alla disciplina della società azionaria. Innovando rispetto al sistema previgente, dunque, l'attuale art. 2480 disciplina le modificazioni dell'atto costitutivo richiamando tanto l'art. 2479-bis c.c. quanto l'art. 2436 e prescrivendo che il verbale è redatto dal notaio. L'art. in commento non fa alcun riferimento allo «statuto»: la scelta è, in genere, spiegata sulla base di una vocazione contrattuale della s.r.l. che privilegia la tutela dei diritti soggettivi dei soci rispetto agli interessi della società (Miranda, 2070). Tuttavia, anche nella s.r.l. è lecito ricorrere al documento statutario separato dall'atto costitutivo che avrà, di regola, natura di scrittura privata e, precisamente, di scrittura privata autenticata in quanto allegato all'atto pubblico o al verbale notarile redatto in forma pubblica (Guerrera, 226; contra,Miranda, 2070 secondo il quale, se certamente è possibile strutturare l'atto costitutivo inserendovi una parte separata denominata statuto, quest'ultimo dovrà considerarsi a tutti gli effetti atto pubblico, sebbene non sia possibile estendere in tal caso la regola della prevalenza delle clausole dello statuto in caso di contrasto con l'atto costitutivo di cui all'art. 2328, comma 2). D'altra parte, una simile conclusione è confermata dall'osservazione che il termine statuto compare espressamente nell'art. 2436, richiamato dall'art. 2480 (Miranda, ivi). La norma fa riferimento alle «modificazioni statutarie» e, quindi, alle modificazioni oggettive che, in ragione di una precisa manifestazione di volontà della società, comportino un mutamento degli elementi originari dell'atto costitutivo (Revigliono, 876). Si usa, infatti, distinguere tra modificazioni in senso stretto che riguardano gli elementi di natura oggettiva a loro volta afferenti alla struttura societaria ed agli gli altri elementi obiettivi (denominazione, sede, capitale, durata) normalmente riprodotti in un atto separato denominato «statuto» che costituisce parte integrante dell'atto costitutivo (Guerrera, 224; Benatti, 682) e modificazioni in senso ampio che hanno per oggetto profili riconducibili al documento originario in cui è contenuto il contratto sociale e che riguardano elementi di natura soggettiva (dati identificativi dei soci, quote di partecipazione al capitale, componenti dell'organo amministrativo o degli organi di controllo). L'art. 2480 si riferisce esclusivamente al primo tipo di modificazioni menzionate (Pisani, 879; Cavaliere, 1114; Revigliono, 876; Bartalena, 1647). In questa prospettiva, non costituiscono modifiche statutarie la cessione delle partecipazioni sociali, il recesso del socio (Zanarone, 1452), la sostituzione degli amministratori e dei sindaci. Tuttavia, la distinzione tra modificazioni «oggettive» e modificazioni «soggettive» non viene in rilievo allorquando l'atto costitutivo abbia impresso alla società una connotazione personalistica, il che può avvenire (Guerrera, 223): vietando o limitando la circolazione delle quote (art. 2469); attribuendo l'amministrazione della società a taluni soci a titolo di diritto particolare ovvero a terzi indicati nell'atto costitutivo senza previsione di conferma o di sostituzione periodica; attribuendo stabilmente compiti di sindaco o di revisore a singoli soci sempre a titolo di diritto particolare. Ebbene, in tali casi la variazione di tali elementi, seppur soggettivi, richiederà una modificazione dell'atto costitutivo che dovrà assumere la forma e la struttura di una deliberazione assembleare (Guerrera, ivi; Bartalena, 1465). La competenza assembleare.La norma, nella parte in cui attribuisce all'assemblea dei soci la competenza a deliberare le modificazioni dell'atto costitutivo a norma dell'art. 2479-bis, appare del tutto pleonastica in quanto tale competenza è già fissata, in maniera inderogabile (Revigliono, 877), dal comma 2, n. 4, dell'art. 2479 c.c. che riserva alla competenza dei soci «le modificazioni dell'atto costitutivo» e dal co. 4 del medesimo articolo che impone la forma della deliberazione assembleare per le decisioni che riguardano le suddette modificazioni (Zanarone, 1459). La ratio della norma va ricondotta al fatto che il metodo assembleare è apparso al legislatore il più idoneo a consentire una corretta e ponderata formazione della volontà sociale con riferimento a decisioni particolarmente importanti sotto il profilo organizzativo (Cavaliere, 1119). La norma pone una disciplina procedimentale inderogabile (Guerrera, 224). Il metodo assembleare dovrà essere rispettato anche quando lo statuto consenta il ricorso a procedimenti decisionali extra-assembleari quali la consultazione scritta ovvero il consenso espresso per iscritto (Guerrera, 232; Benatti, 673) che, quindi, non potranno essere utilizzati nel campo in argomento (Miranda, 2072). Secondo quanto disposto dall'art. 2479-bis, e salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera, in materia di modificazioni dell'atto costitutivo, con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. La norma, pur in una certa equivocità del suo lessico, non deroga al principio maggioritario che deve, sempre, governare il procedimento assembleare con la conseguenza che, deve intendersi, qualora fosse presente in assemblea l'intero capitale sociale, la proposta di modifica dovrebbe comunque essere approvata dalla maggioranza dei votanti, a ciò non essendo sufficiente la sola metà del capitale sociale (Stella Richter, 523): è, dunque, sempre richiesto che i voti favorevoli siano superiori alla somma dei voti contrari e degli astenuti (Guerrera, 236) non potendo dirsi, in caso contrario, approvata la proposta di modifica. Tale norma, tuttavia, subisce talune eccezioni laddove il legislatore è arrivato a richiedere quorum più elevati o, addirittura, l'unanimità (Revigliono, 877). In particolare, si segnalano: l'art. 2468, comma 4, che prevede il consenso unanime di tutti i soci per le modifiche dei diritti particolari attribuiti dall'atto costitutivo; l'art. 2500-septies, comma 3, che richiede la maggioranza dei due terzi degli aventi diritto e comunque il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata per la trasformazione eterogenea; l'art. 2500-sexies, che richiede il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata per la trasformazione regressiva. Tali eccezioni si spiegano considerando che il potere di modificare l'atto costitutivo da parte dell'assemblea straordinaria trova limite nell'impossibilità, per la maggioranza, di incidere su diritti dei soci o di terzi che, ove si tratti di diritti indisponibili, non potranno essere modificati o lesi neppure con il consenso unanime dei soci e, ove si tratti diritti disponibili, potranno essere modificati solo con il consenso del titolare. L'art. 2479-bis c.c., avendo natura di norma dispositiva, consente, poi, ai soci di prevedere nell'atto costitutivo quorum diversi, sia in aumento che in riduzione, da quelli ivi previsti (Bartalena, 1649; Guerrera, 236; Cavaliere, 1120; Marasà, 713). L'atto costituivo potrà, dunque, fissare aliquote di capitale diverse sia per il quorum costitutivo sia per quello deliberativo (che nella previsione della legge coincidono), eventualmente distinguendo a seconda del tipo di modificazione proposta ovvero introducendo maggioranze differenti per la prima e per le eventuali successive convocazioni (Stella Richter, 523). Tuttavia, secondo una parte della giurisprudenza, la clausola dello statuto di s.r.l. che richieda l'unanimità dei consensi ai fini dell'approvazione delle deliberazioni di assemblea straordinaria è nulla per violazione del principio maggioritario, sia se riferita alla totalità dei soci presenti in assemblea, sia se riferita ai soci titolari dell'intero capitale sociale (Cass. n. 7663/2005; ma già Cass. n. 2450/1980). Questa posizione non è, però, condivisa dalla dottrina (Marasà, 713; Clericò, 536; Pisani, 885), la quale evidenzia come, se è vero che una simile clausola comporta l'irrigidimento della struttura della s.r.l. fino a renderla equiparabile ad una società di persone, è anche vero che il legislatore non si preoccupa di assicurare la prosecuzione della società a dispetto di una diversa volontà dei soci (soprattutto in presenza di un conflitto paralizzante) e che il principio maggioritario è soltanto un elemento naturale, ma non essenziale del procedimento assembleare (Guerrera, 237; Stella Richter, 524). In questa prospettiva, si evidenziano, in particolare, le spiccate potenzialità personalistiche della s.r.l. e la connessa esigenza di rendere centrale la negoziazione delle condizioni di ingresso in società dei singoli soci, profili questi che incoraggiano, almeno in certi casi, la introduzione di maggioranze particolarmente rafforzate o addirittura del principio di unanimità come presupposto per la modificazione dello statuto (o di alcune sue clausole giudicate essenziali) (Stella Richter, 524). Ulteriore problematica riguarda le maggioranze con cui possono essere modificate le clausole dell'atto costitutivo che prevedono, per una determinata decisione, unquorumcostitutivo o deliberativo rafforzato: in altre parole, si pone il problema di stabilire se la clausola statutaria che innalza il quorum costitutivo o deliberativo per la modificazione di una specifica previsione statutaria sia soggetta, in caso di sua eventuale modificazione, a quello stesso regime rafforzato oppure al generale regime vigente per le altre modificazioni. Secondo l'ordinamento giurisprudenziale più risalente la clausola statutaria che, in una società a responsabilità limitata, prevede la maggioranza rafforzata dei 4/5 del capitale per l'approvazione di deliberazioni di aumento del capitale sociale può essere modificata, al pari di ogni altra clausola statutaria ed in assenza di una disciplina pattizia ad hoc, con le maggioranze di legge (Trib. Milano, 8 marzo 2007, in Giur. It., 2007, 2773; Trib. Udine, 21 ottobre 1998, in Soc., 1998, 1452; Trib. Reggio Emilia, 2 dicembre 2005, secondo il quale l'articolo dello statuto sociale, che dispone maggioranze qualificate, è norma eccezionale non suscettibile di interpretazione analogica o estensiva). Tale orientamento è stato in dottrina criticato perché frutto di una interpretazione formalistica contraria al principio di conservazione di cui all'art. 1367 ed al canone di interpretazione di buona fede (Stella Richter, 525, secondo il quale «l'idea per cui, se lo avessero voluto, i soci ben avrebbero potuto prevedere una maggioranza rafforzata non solo per la modificazione, per esempio, dell'oggetto sociale ma altresì per la modificazione della clausola che prevede tale maggioranza per la modificazione dell'oggetto sociale prova troppo poco, dal momento che non fa che spostare ad un livello superiore il problema, che però rimane immutato: con che maggioranze si potrà modificare la clausola che prevede una maggioranza rafforzata per modificare la clausola che prevede la maggioranza rafforzata per modificare la clausola che rafforza la maggioranza necessaria per modificare l'oggetto sociale?»). La giurisprudenza di legittimità (sia pure con riferimento alle società azionarie, ma con ragionamento estensibile anche alle società a responsabilità limitata) ha affermato che la clausola statutaria di una società per azioni che richieda una maggioranza rafforzata per le delibere aventi ad oggetto gli argomenti concernenti determinate materie è posta a tutela delle minoranze, ed è finalizzata a garantire alle stesse un potere di interdizione allo scopo di conservare i rapporti di forza esistenti all'interno della società. Pertanto, un'interpretazione di tale clausola che ne consenta la modifica con una maggioranza più limitata appare intrinsecamente contraddittoria, alla luce del criterio di buona fede e sulla base del rilievo della comune intenzione delle parti, conducendo all'annullamento della relativa delibera (Cass. n. 4967/2016). La verbalizzazione da parte del notaio.L'art. in commento stabilisce, da un lato, la redazione da parte di un notaio del verbale assembleare e, dall'altro, l'applicabilità dell'art. 2436 (v.). D'altra parte, la prima previsione si spiega proprio in ragione della necessità di consentire il funzionamento del meccanismo di controllo previsto dalla norma richiamata. Come è stato osservato, il verbale costituisce la documentazione – necessariamente estrinseca, quantunque non surrogabile – della relativa vicenda societaria e non già la forma dell'atto che ne deriva: la deliberazione esiste a prescindere dalla verbalizzazione, sebbene questa ne rappresenti una indispensabile condizione di validità (Guerrera, 252 ed ivi gli autori citati). Si propende, poi, per l'applicazione analogica della disciplina dettata per la s.p.a.: devono essere rispettate, sia pure con gli opportuni adeguamenti, le prescrizioni di cui agli artt. 2371 e 2375. Il verbale deve essere redatto in forma analitica e non sintetica e, quindi, in modo tale da consentire l'identificazione dei presenti, delle quote da ciascuno dei presenti possedute e delle manifestazioni di voto (Revigliono, 878; Cavaliere, 1124; Miranda, 2072). Non è, però, richiesto l'intervento del segretario la cui funzione (della cui essenzialità si dubita in relazione alla s.r.l.), ex art. 2371 comma 2, è alternativa a quella del notaio (Miranda, 2073). Infine, si segnala che la deliberazione di modificazione dell'atto costitutivo non verbalizzata dal notaio è annullabile e non già nulla, in quanto la funzione del verbale corrisponde ad una fase strutturalmente autonoma del procedimento deliberativo, sebbene decisiva per l'efficacia e la validità della deliberazione (Guerrera, 270, il quale sottolinea come, mentre, nella s.p.a., l'assoluta mancanza del verbale costituisce causa di nullità e gli altri difetti di verbalizzazione motivi di annullabilità, nella s.r.l., in virtù del mancato richiamo all'art. 2379 tutti i difetti di verbalizzazione, senza distinzione di gravità, comportano l'annullabilità della delibera: ciò vale pure per l'ipotesi di mancata redazione del verbale, anche se in tal caso l'impossibilità di procedere alla trascrizione nel libro delle decisioni dei soci implica il rinvio sine die del termine per la proposizione dell'impugnazione). In giurisprudenza, si osserva che non è nulla la deliberazione di approvazione del nuovo statuto sociale per violazione degli artt. 2480 e 2436 c.c. per omessa redazione della forma di atto pubblico quando il verbale dell'assemblea straordinaria dei soci (che ha deliberato la modifica dell'atto costitutivo) è stato redatto da un notaio (Trib. Torino, 28 gennaio 2011 secondo il quale la mancata redazione da parte del notaio dello statuto e l'omessa lettura non determinano la violazione dell'art. 2436 c.c. poiché ciò che deve risultare dal verbale ricevuto dal notaio è la manifestazione di volontà dei soci intervenuti all'assemblea e la modifica dell'atto costitutivo dagli stessi deliberata, con la conseguenza che non è necessario l'inserimento nel verbale dello statuto approvato il cui testo sia stato allegato se tutti gli intervenuti abbiano dichiarato di conoscerlo ed abbiano dispensato il notaio dalla lettura, come consentito dall'art. 51, n. 8, l. notarile). Né il notaio verbalizzante, né il tribunale investito del ricorso ex art. 2436, comma 3, c.c. possono rifiutare l'iscrizione di una delibera modificativa rilevando la carenza di legittimazione del socio maggioritario, qualora tale carenza possa solo eventualmente derivare dall'inefficacia della sottoscrizione del detto socio, oggetto di contenzioso, ma non ancora definitivamente accertata. Sia il notaio, sia il tribunale sono infatti chiamati ad espletare esclusivamente un controllo circa la conformità delle delibere alla legge sulla base degli elementi già emersi e non possono invece risolvere controversie insorte tra le parti, né riconoscere o attribuire diritti soggettivi ad alcuna di esse (Trib. Roma, 21 novembre 2012, in Banca borsa tit. cred., 2014, II, 724). Il controllo di legalità e l'iscrizione nel registro delle imprese. L'efficacia delle modifiche.Il notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica deve procedere ad un controllo di legalità sostanziale dell'atto e, precisamente, verificare la ricorrenza di tutte le condizioni richieste dalla legge: si tratta di un controllo coincidente a quello attribuito al giudice in sede di omologazione precedentemente all'entrata in vigore della l. 24 novembre 2000, n. 340 (Cavaliere, 1128). Superata positivamente tale verifica, il notaio procederà al deposito del verbale, per la relativa iscrizione, presso il registro delle imprese al quale, invece, spetterà un controllo di legalità formale. Il notaio procede al controllo di legalità soltanto successivamente alla redazione del verbale per atto pubblico che egli non può rifiutare di ricevere se non quando l'invalidità della decisione risulti già dalla fase prodromica del procedimento (Guerrera, 256, che precisa che il notaio non è soggetto alla sanzione ex art. 138-bis l. not., in conseguenza della ricezione del verbale che contiene una delibera invalida, ma per la richiesta di iscrizione nel registro delle imprese; cfr., sul punto, Cass. n. 4441/1998). Incorre nella responsabilità disciplinare ex artt. 28, comma 1, n. 1, e 138-bis, comma 1, della l. notarile il notaio che richieda l'iscrizione di una delibera societaria affetta da invalidità “manifesta”, cioè inequivoca, anche ove si tratti di mera annullabilità e non di nullità, giacché il controllo notarile sulle delibere sociali è finalizzato ad assicurare la certezza dei traffici mediante una verifica di conformità al modello legale che prescinde dalla tradizionale distinzione dei vizi negoziali (Cass. n. 14766/2016). Qualora il notaio ritenga non adempiute le condizioni stabilite dalla legge deve darne tempestivamente (e, comunque, non oltre il termine di 30 giorni previsto per l'iscrizione) comunicazione agli amministratori i quali, nei successivi 30 giorni, potranno o convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al tribunale per l'omologazione, avviando un procedimento di volontaria giurisdizione (Revigliono, 878) al fine di ottenere l'iscrizione della deliberazione. In mancanza di decisioni dei soci o del tribunale, la deliberazione è definitivamente inefficace (art. 2436, comma 3, c.c.). In virtù del richiamo all'art. 2436, comma 5, la deliberazione di modifica dell'atto costitutivo non produce effetto se non dopo l'iscrizione nel registro delle imprese. Si tratta, secondo la dottrina maggioritaria, di una ipotesi di pubblicità costitutiva in quanto l'iscrizione non è richiesta soltanto per l'opponibilità della deliberazione nei confronti dei terzi, ma anche per la produzione degli effetti nei rapporti con i soci e con gli organi sociali. L'iscrizione, dunque, segna l'efficacia della deliberazione sia interna che esterna alla società (Guerrera, 260; Salamone, 2448; Zanarone, 1480). Si tratta di una ipotesi di inefficacia assoluta (Revigliono, 879). Dal coordinamento dell'art. 2436, comma 5, con l'art. 2448 deriverebbe: a) la radicale inefficacia della deliberazione modificativa prima dell'iscrizione (non rileva la prova della conoscenza effettiva della deliberazione da parte dei terzi, ex art. 2448, comma 1, ai fini della sua opponibilità anticipata); b) l'ammissione dei terzi alla prova dell'impossibilità di avere conoscenza dell'atto ai sensi dell'art. 2448, comma 2 (i terzi possono respingerne gli effetti per le sole operazioni compiute nei 15 giorni successivi alla pubblicazione) (così, Guerrera, 260; Zanarone, 1476). Secondo altra parte della dottrina, occorrerebbe, al contrario, distinguere tra effetti esterni ed effetti interni della deliberazione di modifica dell'atto costitutivo. Mentre gli effetti esterni si produrrebbero soltanto con l'iscrizione nel registro delle imprese, gli effetti per i soci e per gli organi sociali si verificherebbero immediatamente, anche in assenza di iscrizione (Atlante, 847; Bartalena, 1649, il quale evidenzia come il dies a quo per l'impugnazione della decisione dei soci è per la s.r.l. quello della trascrizione della deliberazione nel libro sociale). Si afferma, in particolare, che talune disposizioni del codice (artt. 2486, 2379-bis, 2443, comma 2, e 2420-ter, comma 2) ricollegano taluni effetti alla deliberazione sia pure non iscritta e che la tesi della efficacia costitutiva contrasterebbe con il disposto di cui all'art. 2448 che prevede, in via generale, l'efficacia dichiarativa della pubblicità degli atti societari (Atlante, 839). Secondo i Consigli notarili del Triveneto (massima I.F.1), le decisioni di modifica dello statuto sono sottoposte, ai sensi dell'art. 2436, comma 5, c.c., (richiamato dall'art. 2480 c.c.) alla condizione sospensiva di efficacia della loro iscrizione nel registro delle imprese. È quindi possibile, pendente la condizione sospensiva, ai sensi dell'art. 1357 c.c.: a) adottare, anche non nella stessa assemblea, ulteriori delibere connesse o dipendenti da quella o da quelle ancora sospese (cosiddette «delibere a cascata»); b) dare esecuzione alle delibere ancora inefficaci (ad esempio sottoscrivere un aumento di capitale contestualmente alla delibera che lo adotta); c) adottare delibere da parte di altri organi sociali in forza di poteri attribuiti dallo statuto in virtù di una delibera modificativa non ancora iscritta. In tutti questi casi gli atti ulteriori: connessi, dipendenti o esecutivi di delibere non ancora efficaci, sono a loro volta sottoposti alla medesima condizione di efficacia dell'atto da cui traggono legittimazione. Tale conclusione è però criticata in dottrina (Guerrera, 262, il quale evidenzia, da un lato, come non sia possibile ridurre in via ermeneutica il contenuto dell'art. 2436, comma 5, facendone un doppione dell'art. 2448 e, dall'altro, come l'immediata produzione di effetti interni comporterebbe l'acquisizione di diritti e/o poteri da parte dei soci che ne contraddirebbero l'efficacia organizzativa differita e che produrrebbero gravi complicazioni in caso di delibera «emendativa» ai sensi dell'art. 2436, comma 3). Si ritiene (Guerrera, 264) però – operando l'iscrizione quale condizione sospensiva di efficacia – che la deliberazione di modificazione dello statuto possa essere «rilevante» prima di divenire «efficace», potendo essa: a) produrre effetti prodromici alla delibera condizionata, il che importa l'obbligo per gli amministratori di non compiere atti incompatibili con essa; b) avere esecuzione anticipata per gli aspetti endosocietari non aventi rilevanza organizzativa, ma patrimoniale o finanziaria (sottoscrizione contestuale dell'aumento e versamenti); c) consentire il decorso del tempo per la impugnazione dalla trascrizione della delibera nel libro delle decisioni dei soci. L'introduzione di clausole illecite.Attraverso una modificazione dell'atto costitutivo potrebbero essere introdotte delle clausole illecite (ad es., una clausola che limiti gravemente il diritto di recesso; una clausola che sopprima il diritto di opzione dei soci in sede di aumento di capitale; etc.). Sulla base della considerazione che il termine triennale cui è subordinata la possibilità di impugnare le deliberazioni aventi oggetto illecito (art. 2479-ter comma 3), ci si deve interrogare sul valore giuridico delle clausole statutarie così introdotte in sede di modifica una volta decorso inutilmente il termine per l'impugnativa e, precisamente, sulla sorte delle successive decisioni assunte sulla base di quelle clausole statutarie illecite. Secondo la dottrina, gli organi sociali e, successivamente, il giudice dovrebbero disapplicare la clausola statutaria illecita, quand'anche essa fosse non più eliminabile dallo statuto in conseguenza dello spirare del termine per l'impugnazione della deliberazione che quella clausola ha introdotto (Guerrera, 272). Nel medesimo senso si è orientata la prassi notarile, secondo la quale sono invalide, in quanto non conformi alla legge, le deliberazioni assembleari e le decisioni dei soci adottate sulla base di un procedimento conforme a clausola statutaria illecita, introdotta con precedente deliberazione assembleare nulla per illiceità dell'oggetto, benché non più impugnabile per decorrenza del termine triennale previsto dalla legge (Consiglio notarile di Milano, massima n. 13, che precisa, da un lato, che non è giustificabile un diverso trattamento e valore delle clausole statutarie illecite, a seconda che esse siano presenti sin dalla costituzione della società o posteriormente adottate non essendo previsto, nel primo caso, alcun termine all'azione di nullità parziale della clausola originaria con conseguente inesistenza di effetti sananti e, dall'altro, che non vengono in rilievo ragioni di certezza perché questa ratio non ricorre nella ipotesi di adozione di clausole statutarie organizzative illecite, poiché qui si tratta di valutare, in termini di liceità/illiceità, una serie indefinita di futuri comportamenti e di futuri procedimenti decisionali pertinenti al rapporto sociale). Modificazioni di fatto dell'atto costitutivo.Non sono riconducibili alla fattispecie di deliberazioni modificative dell'atto costitutivo le decisioni relative ad operazioni che comportano, di fatto, una significativa alterazione di una o più previsioni statutarie pur senza che queste ultime siano formalmente sostituite. Gli artt. 2479, comma 2 e 4, e 2479-bis, comma 3, accomunano la modificazione dell'atto costitutivo (n. 4) ed il compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci sotto tre profili: l'inderogabilità del procedimento assembleare; la riserva assoluta della competenza dei soci; il quorumdeliberativo più elevato (Pisani, 882). Le due fattispecie, tuttavia, si distinguono non essendo soggette queste ultime all'obbligo di verbalizzazione notarile ed al procedimento di iscrizione nel registro delle imprese di cui all'art. 2436 (Zanarone, 1457; Stella Richter, 528). BibliografiaAtlante, Gli effetti dell'iscrizione nel registro delle imprese di delibere modificative dello statuto di società di capitali: il nuovo art. 2436 quinto comma c.c., in Riv. not. 2006, 847; Bartalena, Sub art. 2480, in Società di capitali. Commentario, a cura di Niccolini e Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Benatti, Sub art. 2480, in Santini, Salvatore, Benatti, Paolucci, Della società a responsabilità limitata, in Commentario del codice civile Scialoja, Branca, Galgano, Bologna, 2014, 672; Cavaliere, Sub art. 2480, in Società a responsabilità limitata, Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2008, 561; Clericò, Regola unanimistica nelle assemblee della s.r.l. e limiti all'autonomia statutaria, in Riv. not. 2006, 536; Guerrera, Le modificazioni dell'atto costitutivo. Profili generali, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di Ibba e Marasà, IV, Padova, 2009; Marasà, Maggioranza e unanimità nelle modificazioni dell'atto costitutivo della s.r.l., in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, III, Torino, 2007; Miranda, Art. 2480, in Abriani (a cura di), Codice delle società, Torino, 2016, 2069; Pisani, Le modificazioni dell'atto costitutivo e il problema delle modifiche «indirette», in S.r.l. Commentario, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011, 878; Revigliono, Sub art. 2480, Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2452-2510, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Milano, 2015; Stella Richter jr., Considerazioni generali in tema di modificazione dell'atto costitutivo di società a responsabilità limitata, in Giust. civ. 2010, II, 519; Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Comm. S., Milano, 2010. |