Codice Civile art. 2481 bis - Aumento di capitale mediante nuovi conferimenti (1).

Guido Romano

Aumento di capitale mediante nuovi conferimenti (1).

[I]. In caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute. L'atto costitutivo può prevedere, salvo per il caso di cui all'articolo 2482-ter, che l'aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tal caso spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso a norma dell'articolo 2473.

[II]. La decisione di aumento di capitale prevede l'eventuale soprapprezzo e le modalità ed i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere inferiori a trenta giorni dal momento in cui viene comunicato ai soci che l'aumento di capitale può essere sottoscritto. La decisione può anche consentire, disciplinandone le modalità, che la parte dell'aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta dagli altri soci o da terzi.

[III]. Se l'aumento di capitale non è integralmente sottoscritto nel termine stabilito dalla decisione, il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione medesima lo abbia espressamente consentito.

[IV]. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del quarto comma e dal sesto (2) comma dell'articolo 2464, i sottoscrittori dell'aumento di capitale devono, all'atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, l'intero soprapprezzo. Per i conferimenti di beni in natura o di crediti si applica quanto disposto dal quinto (2) comma dell'articolo 2464.

[V]. Se l'aumento di capitale è sottoscritto dall'unico socio, il conferimento in danaro deve essere integralmente versato all'atto della sottoscrizione.

[VI]. Nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione che l'aumento di capitale è stato eseguito.

(1) V. nota al Capo VII.

(2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

Inquadramento

L'art. in commento disciplina la fattispecie dell'aumento di capitale a pagamento che si attua mediante nuovi conferimenti, mentre il successivo art. 2481-ter quella dell'aumento nominale (gratuito) che si realizza attraverso l'imputazione a capitale di determinate voci del patrimonio netto senza richiedere un incremento dell'attivo patrimoniale della società né un esborso a carico dei soci.

Il legislatore ha inteso porre una disciplina dell'aumento di capitale a pagamento nella società a responsabilità limitata autonoma rispetto a quella della società azionaria.

La decisione di aumento del capitale ed i conferimenti.

L'operazione di aumento del capitale mediante nuovi conferimenti costituisce una fattispecie a formazione progressiva (Zanarone, 1549; Revigliono, 887) che si articola in alcune fasi e precisamente: 1) la fase decisionale costituita dalla deliberazione di aumento da parte dell'assemblea dei soci (art. 2479-bis, salvo che tale decisione non sia attribuita all'organo amministrativo ex art. 2481), con verbale redatto da notaio e con applicazione dell'art. 2436; 2) la fase attuativa, costituita dalla offerta ai soci o ai terzi delle partecipazioni emesse a fronte dell'aumento del capitale sociale, dalla sottoscrizione di tali partecipazioni e dall'esecuzione dei conferimenti; 3) la fase certificativa costituita dal deposito nel registro delle imprese dell'attestazione che l'aumento è stato eseguito (così, Speranzin, 474; De Marchi-Santus-Stucchi, 1136).

Secondo la disciplina dettata dall'art. in commento, la decisione di aumento di capitale deve o può prevedere: 1) la misura monetaria dell'aumento; 2) l'eventuale sovrapprezzo; 3) le modalità per esercitare il diritto di sottoscrizione; 4) il termine finale per sottoscrivere l'aumento; 5) la clausola di scindibilità dell'aumento; 6) la sorte della parte di aumento che, in ipotesi, non dovesse essere sottoscritta (su tali elementi, Speranzin, 477). La previsione di un contenuto, necessario o eventuale, tipico non impedisce all'assemblea di inserire anche clausole atipiche, purché nel rispetto delle norme inderogabili (Centonze, 923), come potrebbe essere la clausola che subordini l'efficacia della deliberazione al verificarsi di una condizione sospensiva (Centonze, ivi).

Elemento fondamentale della decisione è costituito dall'importo monetario dell'aumento in mancanza del quale la decisione non può dirsi efficace (Speranzin, ivi; Spolidoro, 479).

L'art. in commento dispone che la decisione di aumento di capitale prevede anche le «modalità ed i termini» entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione, precisando, però, che tali termini non possono essere inferiori a trenta giorni dal momento in cui viene comunicato ai soci che l'aumento di capitale può essere sottoscritto (sul punto, Benatti, 720 ss.; Zanarone, 1539 ss.; Spolidoro, 480). La norma, pur ancorando il dies a quo per la sottoscrizione alla comunicazione da parte degli amministratori, non precisa quando tale comunicazione vada eseguita e con quali modalità. Si ritiene, da una parte, che la deliberazione di aumento possa fissare essa stessa il momento iniziale e, dall'altra, che, in difetto, gli amministratori dovranno procedere a dare esecuzione alla deliberazione di aumento senza indugio (Centonze, 926) comunicando tempestivamente ai soci la possibilità di dare corso alle sottoscrizioni. Il termine di trenta giorni può essere ridotto o azzerato con il consenso di tutti i soci (Spolidoro, 480; Giannelli, 310; Benatti, 724).

La dottrina evidenzia come il termine ora indicato è relativo all'esercizio del diritto di opzione (denominato diritto di sottoscrizione nella s.r.l.), non il termine entro il quale deve intervenire la sottoscrizione effettiva, termine quest'ultimo che potrà essere liberamente fissato dalla decisione di aumento (Benatti, 721; Speranzin, 479; Cerrato, 806). Quest'ultimo non potrà essere ovviamente inferiore al primo, salva l'ipotesi in cui il diritto di opzione dei soci sia stato escluso (Benatti, ivi; sul punto, anche Centonze, 925; Zanarone, 1550 ss.).

Quanto alle modalità, la comunicazione può essere data o mediante invio di avviso al domicilio del socio (purché con modalità idonee a dare la prova dell'avvenuta ricezione da parte del socio), quale risultante dal libro soci, o direttamente ai soci in assemblea, qualora alla stessa partecipino tutti i soci della società. Non è consentito, nemmeno a mezzo di previsione statutaria, sostituire la comunicazione ai soci con altre forme di pubblicità quali l'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o la trascrizione della stessa nel libro delle decisioni dei soci (Consigli notarili triveneto, massima I.G.2; Centonze, 929; Giannelli, 310; contra,Galletti, 482). L'adozione di un sistema di comunicazione a carattere individuale implica che il termine, pur identico per tutti, può scadere in momenti diversi poiché diverso può essere il dies a quo effettivo costituito dalla ricezione della comunicazione da parte di ciascun socio (De Marchi-Santus-Stucchi, 1208). Oggetto della comunicazione non può essere soltanto la notizia che l'aumento è stato deciso, occorrendo invece anche le informazioni in ordine al contenuto dell'offerta di sottoscrizione (Cerrato, 815; Benatti, 723).

Ove l'assemblea non preveda la possibilità di sottoscrivere l'inoptato, sarà sufficiente l'indicazione di un solo termine che svolgerà la duplice funzione di termine per l'esercizio del diritto di opzione e di termine finale per la raccolta delle sottoscrizioni relative all'aumento deliberato (Centonze, 926; Bartalena, 1666). Ove, invece, la deliberazione di aumento preveda la possibilità di sottoscrizione dell'inoptato, saranno necessari due termini: il primo avente ad oggetto l'esercizio del diritto di opzione ed il secondo, successivo, avente ad oggetto l'esercizio del diritto di sottoscrivere la parte di aumento inoptata (Centonze, 926).

Secondo una parte della dottrina, la delibera che non contenga l'indicazione del termine per la sottoscrizione dell'aumento sarebbe nulla in quanto a contenuto illecito perché contraria a norma imperativa posta a tutela dei terzi (Bartalena, 1666) ovvero annullabile ove si consideri il termine posto ad esclusiva tutela dei soci e dei sottoscrittori dell'aumento. Secondo altra parte della dottrina, tuttavia, in caso di omessa indicazione da parte dell'assemblea, soccorrerebbe il termine di trenta giorni previsto dalla legge (Benatti, 722; Speranzin, 478; Centonze, 928, il quale, però, precisa che tale conclusione non può valere allorquando l'assemblea, tenuta ad indicare più di un termine, abbia omesso di indicarli tutti, come nel caso in cui l'assemblea, pur avendo previsto il collocamento dell'inoptato, abbia poi omesso di indicare il termine per la sottoscrizione di questo).

Qualora il termine assegnato sia inferiore ai trenta giorni la deliberazione sarà invalida, salvo che essa sia assunta all'unanimità, potendo, come detto, i soci rinunziare ad un termine previsto nel proprio interesse (in senso diverso, Centonze, 929, secondo il quale il termine inferiore potrebbe essere sostituito da quello legale ex art. 1339 c.c. con conseguente validità della deliberazione e possibilità per i soci di giovarsi del maggior termine legale, non potendo essi vedersi opposta dagli amministratori l'estinzione del diritto di sottoscrizione).

In giurisprudenza, la violazione dell'art. 2481-bis, nella parte in cui prevede che la decisione di aumento di capitale debba assegnare un termine di almeno 30 giorni ai soci per esercitare il diritto di sottoscrizione, comporta la nullità della relativa delibera di aumento di capitale per contrarietà a norma imperativa (Trib. Milano, 10 gennaio 2007, in Soc., 2007, 1118).

Il socio può, comunque, sottoscrivere la partecipazione in assemblea contestualmente all'assunzione della deliberazione (Speranzin, 479).

Secondo il Consiglio notarile di Milano (massima n. 7), la sottoscrizione dell'aumento di capitale a pagamento (in denaro od in natura) può intervenire prima che la relativa delibera acquisti efficacia – ai sensi dell'articolo 2436 – con l'iscrizione al registro delle imprese. L'esecuzione può quindi avvenire anche in corso di assemblea, facendosene menzione nel relativo verbale, cui pertanto può essere allegato il testo di statuto aggiornato con l'indicazione del nuovo capitale sociale.

Ove il conferimento avvenga in danaro, i sottoscrittori dell'aumento di capitale devono, all'atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, l'intero soprapprezzo. La norma fa salvo il disposto di cui all'art. 2464, comma 4: il versamento può essere, dunque, sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria. Se l'aumento di capitale è sottoscritto dall'unico socio (ancorché divenuto tale dopo la decisione di aumento del capitale sociale, Speranzin, 487), il conferimento in danaro deve essere integralmente versato all'atto della sottoscrizione (sul punto, Teti, 936 ss.).

In caso di conferimenti di beni in natura e di crediti, l'art. 2481-bis si limita a rinviare soltanto all'art. 2464, comma 5, c.c. il quale, a sua volta, da una parte, rinvia alle norme dettate in tema di società di persone (artt. 2254 e 2255 c.c.) per ciò che attiene al passaggio dei rischi ed alla garanzia cui è tenuto il conferente e, dall'altra, dispone che le quote devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Sebbene non espressamente richiamato, si ritiene applicabile l'art. 2464, comma 2, c.c. secondo il quale possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica: conseguentemente, non possono essere oggetto di conferimento quelle entità che, sia pure utili per lo svolgimento dell'attività sociale, non diano luogo ad un incremento, anche indiretto, del patrimonio attivo, come ad es., la promessa di finanziamento o la prestazione di una garanzia a favore della società (così, Teti, 939). Parimenti, seppure anch'esso non richiamato, si ritiene applicabile l'art. 2465 c.c.: pertanto, chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata al momento della deliberazione dell'aumento, relazione che deve essere allegata al relativo verbale (Teti, 940; De Marchi-Santus-Stucchi, 1221; Speranzin, 488).

Rinviando al commento all'art. 2439 per gli approfondimenti in ordine alla natura della sottoscrizione, si evidenzia in questa sede come l'effetto modificativo del contratto sociale non si produce automaticamente con la deliberazione di aumento del capitale, ma con il concorso delle volontà dell'ente e dei sottoscrittori del nuovo capitale deliberato e, quindi, con la sottoscrizione di una quota dell'aumento deliberato. Il negozio di sottoscrizione ha natura consensuale e si perfeziona con lo scambio del consenso fra il socio sottoscrittore o il terzo e la società, per il tramite dell'organo amministrativo: da tale scambio deriva la nascita della partecipazione sociale a prescindere dall'immediata esecuzione del conferimento che, invece, l'organo amministrativo ha il dovere di esigere. Non si richiede una forma determinata (Speranzin, 486; Cerrato, 818). Sebbene sia previsto che il versamento debba avvenire contestualmente alla sottoscrizione, detta contestualità non vale a modificare le superiori osservazioni, anche in considerazione del fatto che la stessa terminologia usata dal legislatore fa propendere per l'esistenza di un obbligo anziché per la configurabilità del versamento come elemento della fattispecie negoziale (si rinvia alla giurisprudenza menzionata subart. 2439 c.c.).

Secondo una parte della dottrina, potendo l'assemblea determinare le modalità di esercizio del diritto di sottoscrizione, sarebbe ammissibile che la delibera richieda l'immediata esecuzione del conferimento e, quindi, conformi la sottoscrizione come contratto reale (De Marchi-Santis-Stucchi, 1138). Si precisa, però, che la modifica del contratto di sottoscrizione deve essere intesa come una limitazione del diritto di sottoscrizione dei soci (Centonze, 925; Speranzin, 486).

Inoltre, gli effetti definitivi della sottoscrizione sono subordinati all'efficacia della decisione di aumento del capitale sociale e, dunque, all'iscrizione nel registro delle imprese, dipendendo dal carattere inscindibile o scindibile dell'aumento (Speranzin, 486).

Si ritiene che l'obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte in occasione di un aumento del capitale sociale può essere estinto per compensazione con un credito pecuniario vantato dal medesimo socio nei confronti della società (in dottrina, Teti, 935; Benatti, 709; in giurisprudenza, Cass. n. 6711/2009; Cass. n. 4236/1998; Cass. n. 936/1996; App. Roma, 3 settembre 2002, in Soc., 2003, 41), salvo che il credito sia stato precostituito al fine di aggirare la disciplina dei conferimenti di beni in natura e di crediti (Trib. Monza, 10 giugno 1997, in Soc., 1997, 1433).

Ancora, in giurisprudenza, l'obbligo del socio derivante dalla sottoscrizione di un aumento di capitale può essere estinto per compensazione con un credito vantato dal medesimo socio nei confronti della società. Tale compensazione non richiede il consenso della società, ma l'assemblea, nel disporre l'operazione sul capitale, può statuirne l'esclusione. Il principio generale della compensabilità, tuttavia, trova il proprio limite nell'ipotesi in cui i finanziamenti del socio siano soggetti alla postergazione, ex art. 2467 c.c.: infatti l'inesigibilità del credito derivante da postergazione legale impedisce l'operatività della compensazione (Trib. Roma, 6 febbraio 2017, in IlSocietario.it e in Giur.it., 2017, 1139).

Il sovrapprezzo

In generale, il sovrapprezzo – che costituisce la maggiorazione, rispetto al valore nominale, del prezzo da pagarsi all'atto della sottoscrizione di nuove azioni emesse in sede di aumento del capitale sociale – ha la funzione di tutelare i soci dal pericolo di annacquamento della propria partecipazione conseguente alla sottoscrizione dell'aumento di capitale da parte di terzi estranei alla compagine sociale evitando così che i nuovi soci si approprino del patrimonio netto non imputato a capitale (così, Giannelli, 315). Per tale ragione, nell'ambito delle società per azioni, il legislatore ha previsto che, qualora con la deliberazione di aumento del capitale il diritto di opzione venga limitato o escluso, il prezzo di emissione delle azioni debba essere determinato sulla base del valore del patrimonio netto e che, per le azioni quotate, si debba tenere presente delle quotazioni dell'ultimo semestre. In tal modo il sacrificio del diritto del diritto di opzione spettante ai vecchi soci è bilanciato dal sovrapprezzo (Rordorf, Delli Priscoli, 913).

Nell'ambito della disciplina della società a responsabilità limitata, il sovrapprezzo è espressamente indicato come «eventuale» (sul punto, Giannelli, 313; Benatti, 717): a differenza che nella società per azioni, la previsione del sovrapprezzo non è obbligatoria neppure nel caso di aumento con esclusione o limitazione del diritto di opzione (Centonze, 931; De Marchi-Santus-Stucchi, 1204). La formulazione letterale della norma sembra, inoltre, consentire il sovrapprezzo anche in caso di aumento di capitale riservato ai soci (Benatti, 717; Speranzin, 478; Pinna, 2092). Ove previsto, esso deve però essere integralmente versato all'atto della sottoscrizione.

Secondo una parte della dottrina, troverebbe applicazione anche alla società a responsabilità limitata la norma (art. 2441 c.c.) secondo la quale, in caso di esclusione del diritto di opzione a favore dei soci, sarebbe obbligatoria la previsione del sovrapprezzo da determinarsi sulla base del valore del patrimonio netto della società. Si afferma, in questa prospettiva, che tale norma costituirebbe applicazione dei principî generali di buona fede contrattuale e di parità di trattamento (Cerrato, 862; Notari, 920 ss.). In senso contrario si afferma che il legislatore non ha riprodotto, nell'ambito della presente disciplina, una norma analoga a quella prevista dall'art. 2441, comma 6, evidentemente rimettendo l'intera materia all'autonomia della società ed al libero gioco dell'autonomia negoziale (così, Giannelli, 313 ss., secondo il quale non solo non sussiste l'obbligo di imporre ai sottoscrittori il sovrapprezzo, ma neppure di determinarlo sulla base del patrimonio netto; Benatti, 718 che evidenzia come la tutela del socio per il caso di esclusione del diritto di sottoscrizione sia stata apprestata dal legislatore attraverso la concessione del diritto di recesso). Per chi aderisce a questa seconda ricostruzione, la disciplina del sovrapprezzo perde, nell'ambito della società a responsabilità limitata, la funzione di tutela dei soci sopra descritta per assumere la (prevalente) funzione di incrementare il patrimonio della società (Giannelli, 315).

Quanto alla determinazione del sovrapprezzo, si è detto che anche tale aspetto è lasciato all'autonomia privata. Si ritiene, però, che esso non possa essere fissato arbitrariamente (Benatti, 718, contra, Giannelli, 314, nt. 85 secondo il quale la determinazione del prezzo può prescindere da riferimenti alla situazione patrimoniale della società): consegue che la deliberazione di aumento, qualora costituisca il portato di un intento abusivo (ad es., quando la determinazione del sovrapprezzo sia talmente elevata da impedire ad un socio la sottoscrizione), possa essere impugnata dal socio per eccesso di potere in quanto finalizzata al perseguimento di interessi extrasociali (Pinna, 2092; Benatti, ivi).

Il diritto di sottoscrizione.

Ai sensi del primo alinea del primo comma dell'art. in commento, in caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute.

Il legislatore, mentre nella disciplina della società azionaria discorre di diritto di opzione, nella disciplina della società a responsabilità limitata, al fine di rimarcare la diversità strutturale dei due tipi, parla di diritto di sottoscrizione.

Secondo una parte della dottrina, tra diritto di opzione e diritto di sottoscrizione non vi sarebbe soltanto una diversità di tipo lessicale, ma corrispondente alla diversa struttura dei due tipi societari. In particolare, il diritto di sottoscrizione tutelerebbe non tanto il socio a mantenere inalterata la propria partecipazione, ma la società, essenzialmente chiusa, a mantenere l'omogeneità della propria compagine sociale, con la conseguenza che esso non sarebbe trasferibile (come invece il diritto di opzione), salva diversa previsione dell'atto costitutivo che potrebbe consentire (espressamente) la cedibilità di esso (Pinna, 2085; Magliulo, 600). La maggioranza degli autori ritiene, però, i due concetti essenzialmente assimilabili (Benatti, 719; Cagnasso, 332; Cerrato, 802; Notari, 914; Zanarone, 1528 il quale evidenzia l'identità di natura giuridica, ma la differenza di funzione, spec. 1530 ss.; Giannelli, 306). In particolare, la differenza lessicale viene posta in relazione al fatto che il diritto di opzione ha per oggetto le partecipazioni considerate nel loro valore oggettivo, mentre il diritto di sottoscrizione una aliquota dell'aumento del capitale parametrato alla partecipazione preesistente del socio (Giannelli, 306).

Conseguentemente, il diritto di sottoscrizione è, in via generale, oltre che rinunziabile, alienabile agli altri soci ed ai terzi, seppure in conformità alle eventuali clausole statutarie che limitano la circolazione delle partecipazioni (De Marchi-Stantus-Stucchi, 1182; Cerrato, 849). In altre parole, il diritto di sottoscrizione è liberamente cedibile e trasferibile salvo che l'atto costitutivo non ponga limitazioni alla libera trasferibilità delle partecipazioni sociali dovendo risultare omogenee le due discipline (in questo senso, Zanarone, 1537; Giannelli, 307 ss., il quale evidenzia l'irrazionalità di una lettura che finirebbe per ricostruire il diritto di sottoscrizione come naturalmente incedibile e irrinunziabile, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo, e, quindi, in modo specularmente opposto al regime della circolazione della quota ove questa è normalmente cedibile salva diversa disposizione dell'atto costitutivo e salvo il diritto di recesso dei soci; Cerrato, 849; Speranzin, 481; per l'esame dell'intera problematica, Benatti, 732 ss.). Infatti, la clausola dell'atto costitutivo che preveda l'intrasferibilità della quota impedisce sia ai terzi di entrare nella compagine sociale sia ai soci di modificare l'assetto partecipativo mediante trasferimenti tra di essi: conseguentemente, in presenza di una clausola di intrasferibilità, l'acquirente del diritto di sottoscrizione non potrebbe essere legato alla società da un valido rapporto (Benatti, 733). Parimenti, in caso di clausola di gradimento, l'acquirente del diritto di sottoscrizione deve ricevere il gradimento prima di potere essere accolto nella società con la conseguenza che l'efficacia della sua sottoscrizione è condizionata all'espressione del gradimento, in difetto del quale rimarrebbe inefficace sia tra le parti sia nei confronti della società (Benatti, 733). Infine, in presenza di una clausola di prelazione, anche il diritto di sottoscrizione dovrebbe essere incluso nel perimetro di efficacia di essa: il socio dovrà offrire il diritto ai titolari della prelazione e potrà cederlo ai terzi solo sotto condizione che i soci non esercitino il proprio diritto ed alla stessa condizione dovrà dirsi subordinata l'eventuale sottoscrizione del terzo (Benatti, 734).

Il diritto di sottoscrizione consiste nella facoltà di aderire alla decisione di aumento di capitale, per tutta o una parte della quota di propria spettanza, alle condizioni e nei termini stabiliti dalla decisione medesima (Notari, 914): esso va ricondotto alla nozione civilistica dell'opzione di cui all'art. 1331 (Zanarone, 1528).

Il diritto di sottoscrizione spetta ai soci in proporzione delle partecipazioni da essi possedute. È discussa, non richiamando la disciplina dell'aumento di capitale l'art. 2468 co. 2, la possibilità di una assegnazione non proporzionale al conferimento. Si propende per la soluzione favorevole (Speranzin, 482; Spolidoro, 490).

Tale tesi è sostenuta anche nella prassi notarile (Consiglio notarile di Milano, massima 154), dove si afferma che è legittima la clausola statutaria che attribuisce a uno o più soci un diritto di opzione più che proporzionale rispetto alla partecipazione posseduta, valevole in tutti i casi di aumento del capitale sociale a pagamento (fatta eccezione per gli aumenti in natura, ove previsti dallo statuto), fermo restando il diritto di recesso, in occasione di ogni decisione di aumento del capitale, ai soci cui spetta un diritto di opzione meno che proporzionale. Il diritto di opzione più che proporzionale costituisce un diritto particolare ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c., e come tale può essere introdotto e modificato solo con il consenso di tutti i soci.

In giurisprudenza, si afferma che in caso di aumento di capitale a pagamento, spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione alle partecipazioni da ciascuno di essi possedute, ai sensi dell'art. 2481-bis: tale diritto di sottoscrizione proporzionale svolge la funzione di mantenere inalterati i rapporti all'interno della compagine sociale. Salva espressa previsione contraria da parte dell'assemblea dei soci, l'aumento di capitale deve ritenersi inscindibile, dunque insuscettibile di frazionamento, con la conseguenza che ai soci non è consentito sottoscrivere l'aumento per un importo parziale, in misura non proporzionale alla partecipazione (nel caso di specie, il tribunale non ha accolto la richiesta di un socio, detentore del 30% del capitale sociale, che intendeva optare il capitale di nuova emissione limitatamente all'1%). (Trib. Bologna, 10 marzo 2017, in IlSocietario.it).

In caso di pegno, usufrutto e sequestro della quota, il diritto di sottoscrizione compete al socio al quale spetterà la quota sottoscritta libera da vincoli (Benatti, 719).

L'esclusione del diritto di sottoscrizione.

L'atto costitutivo può consentire che la decisione di aumento di capitale possa essere attuata anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi e, dunque, avvenga con esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione (art. 2481-bis, comma 1, secondo periodo).

Sebbene la norma prenda in considerazione soltanto l'ipotesi dell'offerta a terzi, non vi sono dubbi che la clausola possa legittimare qualsiasi decisione di aumento con esclusione o limitazione del diritto di opzione (Notari, 917; Bartalena, 1663; Pinna, 2090; Zanarone, 1544).

La presenza della clausola statutaria autorizzativa è, dunque, presupposto per la legittimità della successiva delibera di aumento del capitale con esclusione del diritto di opzione. Tale disposizione segna un notevole distacco con la corrispondente disciplina della società azionaria laddove il diritto di opzione può essere escluso con la delibera assembleare: al contrario, nella s.r.l., in assenza della clausola statutaria autorizzativa, neppure l'interesse della società a conseguire un determinato conferimento in natura potrebbe consentire l'esclusione del diritto di sottoscrizione (Speranzin, 482).

In difetto di clausola, una simile operazione è praticabile soltanto ove decisa all'unanimità (Benatti, 726). La necessità di preventiva autorizzazione statutaria è necessaria anche per potere attuare una deliberazione che implichi l'attribuzione di un diritto di sottoscrizione non proporzionale alle quote possedute (così, Benatti, 727; Cerrato, 853).

Una parte della dottrina ritiene che l'esclusione del diritto di sottoscrizione, ove prevista dallo statuto, è ammissibile senza limiti (salvo il caso di cui all'art. 2482-ter) e può essere anche adottata in difetto di motivazione (Giannelli, 309; Speranzin, 482). Non è necessario che la clausola statutaria indichi specificatamente le ipotesi in cui l'esclusione possa essere decisa essendo sufficiente che essa preveda l'astratta e generica possibilità (Speranzin, 483; Benatti, 726). Si evidenzia, comunque, l'opportunità che la clausola specifichi le ipotesi di esclusione ammesse ovvero limiti temporalmente l'esclusione ovvero ancora la subordini a determinati presupposti (Speranzin, 483; Notari, 918).

Il diritto di sottoscrizione non può essere escluso o limitato quando l'aumento del capitale sia conseguente ad una riduzione di esso al di sotto del minimo legale (art. 2482-ter c.c.), in quanto ciò comporterebbe una forma di esclusione del socio senza liquidazione (Benatti, 729; Galletti, 478), ferma la possibilità, ovviamente, che il socio rinunzi al proprio diritto (Speranzin, 485). La norma annovera tra le ipotesi di inderogabilità del diritto di opzione tutti gli aumenti contestuali ad una riduzione sotto il minimo legale, così che dovrebbero dirsi, da una parte, esclusi gli aumenti contestuali ad una riduzione per perdite non sotto il minimo legale e, dall'altra, ricompresi gli aumenti contestuali ad una riduzione perdite sotto il minimo legale, anche senza l'azzeramento del capitale sociale (su tale problematica, Notari, 919). Secondo una parte della dottrina, però, il divieto opererebbe solo in caso di azzeramento del capitale (Galletti, 480; Speranzin, 485); altri autori ritengono che il divieto valga per ogni ipotesi in cui il capitale scenda al di sotto del minimo legale (Cagnasso, 336; Notari, 919; Pinna, 2089).

La clausola statutaria può essere introdotta anche durante la vita della società, ma si discute se sia necessaria l'unanimità dei consensi dei soci (Notari, 918, secondo il quale diversamente si priverebbe di qualsiasi valenza la necessità della previsione statutaria perché sarebbe sufficiente introdurre la modificazione dello statuto contemporaneamente alla prima decisione di aumento con esclusione del diritto di opzione; Zanarone, 1540, secondo il quale la maggioranza, come non può procedere direttamente a sopprimere o limitare un determinato diritto senza il consenso del titolare, non può neppure autoattribuirsi il relativo potere indirettamente attraverso una modificazione dell'atto costitutiva che sopprima la necessità di quel consenso; Speranzin, 483) ovvero sia sufficiente la maggioranza, ovviamente quella richiesta per le modifiche statutarie (così, Cerrato, 855; Pinna, 2087; De Marchi-Santus-Stucchi, 1198; Giannelli, 308 ss.; Benatti, 726). È, però, certo che la delibera maggioritaria non consentirebbe direttamente l'esercizio del recesso, ma attiverebbe il diritto qualora venga deciso in concreto l'aumento del capitale con esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione (Benatti, 726).

È dubbio se l'esclusione del diritto di opzione possa essere decisa dagli amministratori delegati ad aumentare il capitale socialeexart. 2481 (sempre che, ovviamente, l'atto costitutivo preveda l'esclusione del diritto). La risposta affermativa è stata offerta da taluni autori (Benatti, 693) e dalla prassi notarile (Consiglio notarile di Milano, massima 75): si è osservato che la disposizione dell'atto costitutivo di s.r.l. che attribuisce agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale, ai sensi dell'art. 2481, comma 1, c.c., può fissare liberamente i limiti quantitativi e temporali della delega, senza che, in relazione a questi ultimi, trovi applicazione quanto disposto dall'art. 2443 c.c. per l'analoga fattispecie nella s.p.a. È legittima l'attribuzione agli amministratori della facoltà di decidere un aumento del capitale sociale non offerto a tutti i soci in proporzione alle partecipazioni da essi detenute, a fronte di conferimenti sia in denaro che in natura, purché l'atto costitutivo ne determini, in ossequio allo stesso art. 2481, comma 1, limiti e modalità di esercizio. In tal caso, il diritto di recesso ai sensi dell'art. 2481-bis, comma 1, ult. periodo, spetta a tutti i soci cui non venga offerto il diritto di opzione in sede di aumento di capitale deciso dagli amministratori. In generale, però, la dottrina è orientata per la negativa sulla base della considerazione che l'esclusione o la limitazione non costituiscono mere modalità di esercizio, ma profili autonomi e distinti rispetto alla decisione di aumentare il capitale (Zanarone, 1502; Bartalena, 1656; Giannelli, 312; Pinna, 2077).

Secondo Lodo arb. 12 maggio 2007 (in Banca borsa tit. cred., 2011, II, 356), è nulla per assoluta carenza di potere la delibera di aumento del capitale sociale con esclusione (o limitazione) del diritto di sottoscrizione adottata dal consiglio di amministrazione di una s.r.l.

Il diritto di recesso.

La decisione di aumentare il capitale sociale con esclusione (o limitazione) del diritto di sottoscrizione comporta una modificazione della posizione del socio sia amministrativa che patrimoniale (Speranzin, 484, che aggiunge che tale seconda modificazione è particolarmente significativa ove si ritenga praticabile il collocamento dell'aumento a terzi senza sovrapprezzo). Peraltro, non è prevista la verifica della sussistenza di un interesse della società né una specifica informativa del socio come invece disposto dall'art. 2441, comma 6 (Speranzin, 484 che precisa che tale ultima carenza è colmata dal diritto di accesso alla documentazione ex art. 2476, comma 2; Bartalena, 1664).

Pertanto, la legge attribuisce al socio che non ha consentito alla decisione di aumento il diritto, di natura inderogabile (Zanarone, 1545; Speranzin, 484; Revigliono, 886), di recesso.

Il recesso spetta al socio (assente, dissenziente o astenuto) sia quando il diritto di sottoscrizione sia escluso o limitato per l'offerta di quote di nuova emissione a terzi sia quando esso sia escluso o limitato a vantaggio di un socio sia, infine, quando l'aumento venga deliberato con attribuzione del diritto di sottoscrizione non proporzionale alle quote possedute (per tali ipotesi, Benatti, 728; Galletti, 480 ss; Notari, 917; Speranzin, 485).

Si ritiene, da una parte, che termini e modalità per l'esercizio del recesso vadano mutuati dalla disciplina di cui all'art. 2473 (Benatti, 728) e, dall'altra, che la quota spettante al socio debba essere determinata prendendo a riferimento la situazione precedente all'aumento del capitale (Speranzin, 485).

In giurisprudenza, l'art. 2481-bis, comma 1, c.c. vieta agli amministratori di limitare o escludere, di loro iniziativa, il diritto di opzione dei soci sulle quote di nuova emissione in sede di delibera di aumento del capitale sociale, essendo la limitazione o esclusione di tale diritto consentita solo se prevista nell'atto costitutivo, non senza assicurare al socio dissenziente il diritto di recedere dalla società ai sensi dell'art. 2473 c.c. Tale diritto di recesso non è, quindi, configurabile se, nell'ipotesi di deliberato aumento di capitale da attuarsi tramite conferimenti «in natura o mediante immediata, integrale sottoscrizione delle quote in denaro», il socio deduca esclusivamente la pretesa lesione del diritto di sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale spettante a tutti i soci, non essendo tale situazione assimilabile, sul piano normativo, alla fattispecie codificata di offerta di nuove quote a terzi, affatto distinta ed alla prima non sovrapponibile (Cass. n. 22349/2015).

Il collocamento dell'inoptato.

Il secondo comma dell'art. in commento devolve alla decisione di aumento del capitale la possibilità che la parte dell'aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta dagli altri soci o da terzi: in assenza di una previsione nella deliberazione, non sarebbe percorribile la strada del collocamento ai terzi dell'inoptato (Cerrato, 851; Cagnasso, 339, contra, Galletti, 483). La sottoscrizione dell'inoptato non è, dunque, necessariamente riservata agli altri soci che hanno aderito all'aumento (Benatti, 731, che precisa che la decisione potrebbe comunque prevedere una simile opzione).

Il contenuto della decisione di aumento deve disciplinare dettagliatamente le modalità di esecuzione, indicando il prezzo delle partecipazioni, eventualmente diverso rispetto a quello della prima sottoscrizione, destinatari, tempi etc. (Speranzin, 481). Secondo una parte della dottrina, l'assemblea non potrebbe comunque fissare un prezzo di emissione inferiore a quello originario al fine di non pregiudicare la posizione del socio che non ha esercitato il diritto di sottoscrizione (De Marchi-Santus-Stucchi, 1210); in senso contrario, si osserva, da una parte, che il mancato esercizio del diritto di sottoscrizione costituisce una libera scelta del socio e, dall'altra, che deve prevalere l'interesse della società a completare l'aumento prevale sul diritto individuale del socio inerte (Centonze, 931).

Aumento scindibile ed inscindibile.

Il terzo comma dell'art. in commento prevede la regola generale della inscindibilità dell'aumento.

Come efficacemente osservato, «l'inscindibilità comporta che la creazione della singola partecipazione sociale corrispondente alla quota sottoscritta è subordinata alla condizione sospensiva che l'aumento sia integralmente sottoscritto, e che, in mancanza, le adesioni raccolte e l'intera operazione diventano definitivamente inefficaci» (Centonze, 931). Qualora l'aumento non sia integralmente sottoscritto, la delibera non vincola la società ed i sottoscrittori i quali avranno diritto alla restituzione di quanto versato (Giannelli, 299).

È, dunque, necessaria una espressa previsione (clausola di scindibilità) nella deliberazione di aumento per consentire che, in caso di aumento non integralmente sottoscritto, il capitale sia aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte. In tal caso, la creazione della singola partecipazione è indipendente dall'integrale sottoscrizione dell'aumento deliberato (Centonze, 931). La decisione di aumento (scindibile) può anche prevedere l'efficacia differita (con la conseguenza che le sottoscrizioni acquisteranno efficacia alla scadenza del termine previsto per l'esecuzione dell'aumento) ovvero l'efficacia progressiva dell'aumento (anche prima del termine finale di sottoscrizione così da attribuire ai sottoscrittori la legittimazione ad esercitare i diritti sociali immediatamente ed alla società titolo ad acquisire immediatamente ed a titolo definitivo quanto conferito Centonze, 932; Benatti, 480; Consiglio notarile di Milano, massima 96). È poi possibile una efficacia dell'aumento di capitale per tranches determinate secondo scadenze temporali o entità di sottoscrizioni (Speranzin, 480).

In mancanza di espressa clausola che regoli l'efficacia nel tempo delle sottoscrizioni, si deve ritenere che le sottoscrizioni degli aumenti di capitale sociale a pagamento, sia scindibili che inscindibili, producano i loro effetti a decorrere dall'integrale sottoscrizione dell'aumento, ovvero, in caso di aumento scindibile sottoscritto solo in parte, a decorrere dallo spirare del termine finale di sottoscrizione (Consiglio notarile di Milano, massima 96, cit.).

La possibilità di introdurre la regola della scindibilità dopo che la delibera sia stata posta in esecuzione è subordinata al consenso, se non di tutti i soci, almeno di quelli non sottoscrittori (Centonze, 932; Spolidoro, 490).

La pubblicità dell'aumento di capitale.

La delibera di aumento del capitale sociale ha efficacia dal momento della sua iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2436: in altre parole, l'efficacia dal punto di vista della formazione del capitale sociale è subordinata al descritto adempimento pubblicitario (Speranzin, 488).

Il sesto comma dell'art. in commento prevede poi che, nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione, gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione che l'aumento di capitale è stato eseguito. Ove l'aumento sia interamente sottoscritto in assemblea, l'iscrizione della delibera nel registro delle imprese assume anche la funzione di attestazione dell'esecuzione dell'aumento (Speranzin, 489).

Sebbene non espressamente previsto dall'art. in commento, si ritiene applicabile la disposizione di cui all'art. 2444, comma 2, secondo la quale, prima dell'iscrizione nel registro delle imprese, l'aumento di capitale non può essere menzionato negli atti della società (Cerrato, 792; Pinna, 2100; Benatti, 736).

Bibliografia

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