Richiesta di distrazione e patrocinio a spese dello Stato: quale prevale?

09 Ottobre 2018

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte torna sulla questione, assai controversa in giurisprudenza, del rapporto tra istanza di distrazione delle spese in favore del difensore antistatario e istanza di liquidazione del compenso a carico dello Stato e delle conseguenze della loro concomitanza.
Massima

Il sistema del patrocinio a spese dello Stato, escludendo ogni rapporto fra il difensore della parte non abbiente assistita e la parte soccombente non assistita, è incompatibile con la distrazione delle spese, la quale crea in via eccezionale un rapporto obbligatorio tra il difensore della parte vittoriosa e la parte soccombente, in forza del quale il reddito sorge direttamente a favore del primo nei confronti della seconda, con la conseguenza che l'eventuale richiesta di distrazione delle spese giudiziali pone in essere una implicita rinuncia al patrocinio a spese dello Stato.

Il caso

Il difensore di due parti, di un giudizio civile, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, presentava, al termine del proprio incarico, istanza di liquidazione del relativo compenso al competente tribunale. Questi, rilevando come lo stesso avvocato avesse presentato istanza di distrazione in proprio favore, dichiarava l'avvenuta rinuncia da parte dell'istante agli effetti dell'ammissione al gratuito patrocinio, deliberata in via provvisoria dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, e rigettava l'opposizione spiegata dallo stesso V. avverso il decreto del 14 marzo 2011 dello stesso tribunale.

L'avvocato proponeva ricorso per cassazione avverso tale decisione dolendosi, tra l'altro, del fatto che il tribunale, nel dichiarare l'avvenuta rinuncia al gratuito patrocinio, non avesse tenuto conto che l'ammissione al gratuito patrocinio non rientra nei poteri dispositivi del difensore, posto che titolare del beneficio è la parte dallo stesso r. Il caso appresentata e difesa tanto è vero che in caso di revoca o rinuncia al mandato del difensore il beneficio perdura in capo alla parte e il nuovo difensore non deve presentare in nome proprio e nel proprio interesse ulteriori e diverse istanze di ammissione.

Nel dichiarare infondato tale motivo di impugnazione la Suprema Corte afferma i principii di cui alla massime sopra riportata.

La questione

La decisione in commento torna sulla questione, assai controversa in giurisprudenza, del rapporto tra istanza di distrazione delle spese in favore del difensore antistatario e istanza di liquidazione del compenso a carico dello Stato e delle conseguenze della loro concomitanza.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in esame si inserisce in quel filone giurisprudenziale, invero minoritario, che ritiene che l'istanza di distrazione delle spese avanzata dal difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non solo è incompatibile con tale beneficio ma implica anche una tacita rinuncia ad esso.

Per giungere a tal conclusione la Suprema Corte muove da due assunti.

Il primo è che l'ammissione al gratuito patrocinio esclude ogni rapporto di incarico professionale tra le parti in favore del quale è stato emesso il relativo provvedimento e il difensore nominato dal giudice sia in caso di vittoria sia in caso di soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore nominato e lo Stato, con la conseguenza dell'incompatibilità tra detto rapporto e quello di mandato professionale (vedi Cass. civ., n. 1454/1980).

I Giudici di legittimità a sostegno di quanto affermato, evidenziano anche che la sola dichiarazione dell'avvocato distrattario, che è vincolante per il giudice, vale a smentire lo stato di non abbienza del suo assistito, poiché da essa si desume che tale parte ha già trovato chi anticipa per lui le spese e non pretende l'onorario. L'ulteriore conseguenza è che la successiva rinuncia alla distrazione non può eliminare gli effetti già verificatisi del venir meno delle condizioni di fatto poste a base dell'ammissione al patrocinio a carico dello Stato.

In linea con tale indirizzo una pronuncia di merito (Trib. Caltanissetta, 14 luglio 2014) è arrivata a giudicare contrario al dovere di cui all'art. 88 c.p.c. il comportamento dell'avvocato, che, nonostante l'avvenuta ammissione del suo assistito al beneficio del patrocinio erariale, oltre a non allegare tale circostanza, chieda in sede di precisazione delle conclusioni la distrazione degli onorari.

Secondo un opposto orientamento invece la richiesta di distrazione delle spese, formulata dal difensore della parte ammessa al patrocino a spese dello Stato non vale a concretare una rinuncia implicita a tale beneficio dal momento che esso è attribuito alla parte e il procuratore non può disporne. Inoltre l'impegno ad anticipare le spese non significa rinuncia alle stesse da parte dell'avvocato, e l'ammissione non riguarda solo le spese e competenze del difensore, ma anche le altre spese del processo, ad esempio per consulenti. Pertanto ove non risulti in modo certo ed univoco la volontà della parte di rinunciare al beneficio stesso, il giudice deve, in ogni caso, emettere il provvedimento di liquidazione a norma dell'art. 133 d.P.R. n. 115/2002 (Cass. civ., sez. lav., 22 gennaio 1981, n. 530; Cass. civ., sez. lav., 18 maggio 1985, n. 3079; T.A.R. Napoli, (Campania), sez. IV, 17 agosto 2016, n. 4076; App. Palermo, 7 marzo 2012).

Va poi segnalato anche un terzo indirizzo secondo il quale, data l'alternatività tra i due istituti, è possibile disporre cagione dell'alternatività fra i due strumenti, solo in caso di rinuncia espressa alla distrazione delle spese, è possibile disporre l'anticipazione dei costi legali a carico dell'Erario ai sensi dell'art. 131 del citato testo unico (Trib. Avellino, 16 gennaio 2018).

Osservazioni

É indubbio che l'istituto della distrazione delle spese in favore del procuratore antistario sia incompatibile con quello dell'anticipazione del compenso del medesimo legale a carico dello Stato per ammissione dell'assistito al gratuito patrocinio, atteso che, nel primo caso il compenso del difensore e le spese da lui anticipate sono corrisposte dalla controparte nel solo caso di sua soccombenza, nell'altro caso sono poste a carico dello Stato quale che sia l'esito della lite, salvo recupero nelle forme previste dagli artt. 133 e 134 d.P.R. n. 115/2002, eccettuati i casi di revoca del beneficio.

Pertanto, come è stato notato (Trib. Avellino, 16 gennaio 2018 cit.), l'istituto della distrazione può risultare in concreto meno favorevole per l'avvocato che abbia difeso una parte non abbiente, non essendo egli in condizione di recuperare il proprio compenso sia quando la controparte è risultata vittoriosa, sia quando è stata pronunciata la compensazione delle spese.

Proprio l'inconciliabilità tra i due istituti fa sorgere il problema di stabilire quali siano le conseguenze della formulazione dell'istanza di distrazione da parte del difensore di parte ammessa al patrocinio erariale.

Orbene, l'orientamento di cui è espressione la decisione in esame non persuade.

Innanzitutto non è condivisibile la premessa, dal quale esso muove, che l'ammissione al gratuito patrocinio esclude ogni rapporto di incarico professionale tra la parte in favore del quale è stato emesso il relativo provvedimento e il difensore nominato dal giudice.

In realtà con l'ammissione al patrocinio erariale si instaurano quattro distinti rapporti che si intrecciano fra loro e permangono fino al termine del giudizio: quello tra parte ammessa al beneficio e Stato; quello tra parte non abbiente e suo difensore, che assume precisi obblighi nei confronti del primo, tra i quali quello di cui all'art. 85 d.P.R. n. 115/2002; quello tra parte non abbiente e altre parti del giudizio e quello tra Stato e altre parti del giudizio.

É evidente peraltro che il postulato da cui prende le mosse la decisione in commento è necessario per poter sostenere che l'avvocato può rinunciare implicitamente al beneficio.

Non vi è chi non veda però che è la parte ammessa al beneficio ad avere diritto alla sua permanenza, come si evince dalla circostanza che essa è legittimata a proporre opposizione avverso il provvedimento che lo revochi (Cass. civ., 4 settembre 2017, n. 20711), cosicchè solo a lei può riconoscersi la facoltà di disporne.

A conferma di tale rilievo va tenuto presente che, a seguito dell'ammissione al gratuito patrocinio, la parte non abbiente è esonerata dall'anticipazione delle spese che vengono prenotate dallo Stato e non si vede come il suo difensore possa disporre di tale specifico beneficio.

L'indirizzo qui criticato risulta però anche contraddittorio e incerto nell'individuare il presupposto normativo del rigetto dell'istanza di liquidazione a carico dello Stato.

Esso infatti sostiene, da un lato, che l'istanza di distrazione implica rinuncia tacita al beneficio del patrocinio erariale e, dall'altro, che essa è indizio sufficiente della mancanza, originaria o sopravvenuta (a seconda che l'istanza di distrazione sia avanzata già nel primo atto difensivo o in sede di precisazione delle conclusioni), dello stato di non abbienza.

Orbene, se si ha riguardo alla prima delle due affermazioni ci si avvede che in realtà essa postula la possibilità di una revoca del beneficio erariale, perché solo questa giustifica il rigetto della istanza di liquidazione per evenienze verificatesi nel corso del processo, per una causa che non rientra tra quelle tipizzate dal legislatore.

La possibilità di adottare un tale provvedimento infatti è prevista in tre sole ipotesi (art. 136 d.P.R. n. 115/2002): a) sopravvenute modifiche della situazione reddituale (nel qual caso il provvedimento ha effetto ex nunc); b) insussistenza ab origine delle condizioni reddituali (nel qual caso il provvedimento ha efficacia ex tunc); c) mala fede o colpa grave della parte ammessa che abbia agito o resistito in giudizio (nel qual caso il provvedimento ha efficacia ex tunc).

Trattandosi all'evidenza di una norma eccezionale non è applicabile analogicamente.

L'istanza di distrazione non può però nemmeno ritenersi indicativa delle condizioni reddituali essa da essa si può tutt'al più desumere che spese sono state anticipate dal difensore, con la conseguenza che la loro prenotazione a debito da parte dello Stato ai sensi dell'art.131, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 sarebbe inefficace

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte allora risulta assi più convincente l'opinione che, rispetto all'ipotesi di concorrenza dei due istituti, reputa priva di inefficacia l'istanza di distrazione e liquidabile il compenso a carico dello Stato.

Guida all'approfondimento
  • Di Marzio, Distrazione delle spese, in www.ilProcessoCivile.it;
  • Scarselli, Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato, in Nuove leggi civ. comm., 2002;
  • Vaccari, Le spese dei processi civili, Milano, 2017, 351-457.

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