Decreto legislativo - 24/02/1998 - n. 58 art. 135 - (Percentuali di capitale)1.(Percentuali di capitale)1. Art. 135 1. Per le società cooperative le percentuali di capitale individuate nel codice civile e nel presente decreto per l'esercizio di diritti da parte dei soci sono rapportate al numero complessivo dei soci stessi2.
[1] Articolo sostituito dall'articolo 9.71 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, nel testo introdotto dall'articolo 3 del D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. Vedi la disciplina transitoria di cui all'articolo 6 del medesimo D.Lgs. 37/2004e, successivamente, dall'articolo 3, comma 11, del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 27. [2] Articolo modificato dall'articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 18 giugno 2012, n. 91, con la decorrenza indicata dall'articolo 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 91 del 2012. InquadramentoLe cooperative quotate sono assoggettate ad una disciplina che è la risultante dell'intreccio tra le norme del codice civile, del TUF (d.lgs. n. 58/1998) e, essendo tali realtà quasi esclusivamente banche o imprese di assicurazioni, anche del TUB (d.lgs. n. 385/1993) o del codice delle assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005). A seguito di recenti modifiche apportate ai testi di legge testé menzionati, le regole di tutela previste per le cooperative quotate hanno nuovamente una matrice che deriva da quelle delle altre società. La scelta inizialmente deliberata di dettare uno statuto seppur parzialmente autonomo per le cooperative (cfr. la sez. II-bis del capo II del TUF, introdotta dal d.lgs. n. 27/2010) ha avuto vita breve (fino al d.lgs. n. 91/2012), ed è stata sostituita da una non si sa quanto opportuna estensione delle regole previste per le altre società, salvo poi disapplicare alcune o parti di queste ultime regole al fine di renderle compatibili con la forma cooperativa (cfr. art. 135-bis TUF, come riscritto dal d.lgs. n. 91/2012: Cetra, 1515). L'art. 135 del TUF rinvia implicitamente alla disciplina del codice civile in tema di cooperative e in particolare all'art. 2538 c.c., secondo cui «Ciascun socio cooperatore ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute. L'atto costitutivo determina i limiti al diritto di voto degli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori». L'art. 2538 c.c. conferma che con la riforma del diritto delle società si è ribadito il principio del voto capitario (che può essere esercitato da chi sia iscritto a libro soci da almeno tre mesi), da intendersi come il diritto ad un voto (uno ed uno solo) per ciascun socio cooperatore, qualunque sia il valore della sua quota di partecipazione sociale. Già nel testo previgente era prevista la possibilità di deroga a tale principio, sia a favore dei soci persone giuridiche, alle quali l'atto costitutivo può attribuire fino a cinque voti, sia in relazione all'ammontare della quota o al numero dei loro membri. L'art. 2543, comma secondo, c.c., infatti, consente che l'atto costitutivo possa prevedere l'attribuzione del diritto di voto per l'elezione dell'organo di controllo in proporzione alle quote o alle azioni possedute oppure anche in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico; inoltre, nelle cooperative in cui i soci realizzano lo scopo mutualistico attraverso l'integrazione delle rispettive imprese o di talune fasi di esse, lo statuto può prevedere che il diritto di voto sia attribuito in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico (Paolucci, 70). Quest'ultima previsione, che è stata definita “fortemente innovativa” (Bassi, 264), è ritenuta apprezzabile, perché consente un maggior potere decisionale a chi partecipa in maggior misura allo scambio mutualistico, chiaramente però implica che sia precisato in modo assolutamente inequivoco nell'atto costitutivo, se si vuol evitare l'attribuzione di un voto plurimo con riferimento esclusivo a situazioni pregresse e non più attuali, che non garantiscono la loro continuazione nel tempo (sul punto, Paolucci, 71, il quale ritiene tuttavia che il rischio sia, comunque, difficilmente evitabile). È stato affermato che l'art. 144-quater del Regolamento concernente la disciplina delle emittenti, così come modificato dalla Delibera Consob 3 maggio 2007, n. 15915, nella parte in cui correla il requisito necessario per la presentazione di una lista in una banca popolare al capitale sociale anziché al numero dei soci, non è in contrasto né con l'art. 135 TUF, né con i principî della democrazia cooperativa (T.A.R. Lazio (Roma) I, 28 marzo 2008, n. 2684). Ai soci delle cooperative quotate si attribuiscono poteri, essenzialmente di voice, che la Direttiva sui diritti dei soci (c.d. Shareholders' Voting Right Directive: Dir. 2007/36/CE) ha ritenuto necessari per favorire nelle società quotate la partecipazione alle assemblee e un esercizio più consapevole del diritto di voto. In particolare, si tratta di poteri che consentono ai soci di beneficiare delle informazioni necessarie per presenziare in modo avveduto al dibattito assembleare (artt. 125-bis-125-quater, TUF) (Sandei, 51), fino a consentire agli stessi di integrare l'ordine del giorno e presentare nuove proposte di delibera (art. 126-bis TUF). A questi si aggiungono i poteri disposti con riferimento all'elezione degli organi sociali (artt. 147-ter, comma 1 e 148, comma 2, TUF), con l'obiettivo di attribuire a questi ultimi (e, soprattutto, al c.d.a.) una funzione perlomeno parzialmente compositoria (Sandei, 52). L'art. 135 d.lgs. n. 58/1998, seppur dettato in tema di cooperative quotate, sancisce un principio di tale ampiezza da non potersi dubitare della sua generale applicabilità: «per le società cooperative le percentuali di capitale individuate nel codice civile per l'esercizio di diritti da parte dei soci sono rapportate al numero complessivo dei soci stessi». La suddetta norma appare risolutiva là dove ammette espressamente e senza alcuna limitazione la compatibilità dei diritti «di minoranza» con il principio democratico, al tempo stesso chiarendo che è ben possibile tenere conto del particolare interesse per la cui realizzazione la legge attribuisce un diritto. In nessun caso, tuttavia, essa consente di parametrare quel diritto alla partecipazione detenuta, secondo un criterio propriamente capitalistico (Renzulli, 68). BibliografiaBassi, Le società cooperative, in Bassi, Buonocore, Pescatore, La riforma del diritto societario, Torino, 2003; Cetra, Tutela delle minoranze e dei soci nell'impresa cooperativa, in Riv. dir. civ. 2016, 1512; Paolucci, Le cooperative dopo la riforma, Padova, 2004; Renzulli, La legittimazione all'impugnazione delle deliberazioni assembleari nelle società cooperative, in Giur. comm. 2013, 67, I; Sandei, Attivismo degli azionisti e nuove forme di partecipazione, Milano, 2016. |