Codice Civile art. 2487 ter - Revoca dello stato di liquidazione (1).

Salvatore Sanzo

Revoca dello stato di liquidazione (1).

[I]. La società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione, occorrendo previa eliminazione della causa di scioglimento, con deliberazione dell'assemblea presa con le maggioranze richieste per le modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto. Si applica l'articolo 2436.

[II]. La revoca ha effetto solo dopo sessanta giorni (2) dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa deliberazione, salvo che consti il consenso dei creditori della società o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso. Qualora nel termine suddetto i creditori anteriori all'iscrizione abbiano fatto opposizione, si applica l'ultimo comma dell'articolo 2445.

(1) V. nota al Capo VIII.

(2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

Inquadramento

L'art. 2487-ter disciplina, per la prima volta nel nostro ordinamento, la possibilità di revoca della fase di liquidazione e, dunque, afferma la reversibilità dallo stato di liquidazione, previa eliminazione ove occorra, della causa di scioglimento.

La norma in questione rientra in quella categoria di disposizioni che potrebbero definirsi di tipo «casistico» e che sono ormai abbastanza caratteristiche delle riforme degli ultimi anni: si tratta di norme che il legislatore di una riforma introduce con lo specifico scopo di risolvere una questione che, in epoca anteriore alla riforma, aveva presentato svariate problematiche interpretative o, con riguardo alla quale, si fossero determinate significative divergenze negli orientamenti giurisprudenziali, con i conseguenti negativi effetti in termini soprattutto di imprevedibilità delle decisioni giurisdizionali.

Il tema della possibilità di revoca dello stato di liquidazione rientra per l'appunto in tale categoria: perché, se è pur vero che, ormai da decenni risultava acquisito il principio secondo cui la società fosse certamente legittimata, per il tramite dei propri organi a deliberare la revoca dello stato di liquidazione, non era in realtà mai stato risolto il problema concernente la sufficienza di una maggioranza ai fini dell'adozione di tale delibera ovvero la necessità dell'unanimità, richiesta da chi affermava l'esistenza di un vero e proprio diritto individuale del socio alla liquidazione della propria partecipazione, una volta che si fosse aperta la procedura di liquidazione.

Il problema viene risolto oggi negando la sussistenza di quel diritto individuale e riconoscendo alla maggioranza sufficiente ad adottare le modifiche dell'atto costitutivo il potere di ritornare dallo stato di liquidazione alla normale operatività imprenditoriale.

La deliberazione di revoca dello stato di liquidazione: profili formali e sostanziali

Le regole che l'art. 2487-ter, comma 1, fissa ai fini dell'adozione della delibera di revoca della liquidazione sono nette (benché alcune di esse ritenute poco chiare od addirittura superflue da alcuni commentatori) ed una rappresentazione schematica di esse può forse rappresentare la migliore base di partenza per una sintetica individuazione della disciplina in materia e delle problematiche interpretative che essa pone.

Orbene, secondo la nuova disciplina, lo stato di liquidazione può essere revocato:

a) dalla società;

b) in ogni momento;

c) previa (ove occorra) la eliminazione della causa di scioglimento;

d) con le maggioranze prescritte per le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto;

e) con deliberazione redatta da notaio e soggetta agli obblighi di pubblicità sanciti dall'art. 2436.

In stretta correlazione con la schematizzazione appena effettuata si pongono, evidentemente, le problematiche interpretative di maggior rilievo:

a) la norma dell'art. 2487-ter, comma 1, nell'individuare la fonte della volontà diretta alla revoca dello stato di liquidazione, si riferisce genericamente (e forse inopportunamente) all'art. 2436. Sicché, la revoca della liquidazione è trattata alla stregua di una modificazione dell'atto costitutivo o dello statuto, anche nei casi in cui non vi sia alcuna modificazione dei documenti costitutivi della società. Sicché, in forza della portata della norma dell'art. 2488, in materia di funzionamento degli organi sociali nella fase di liquidazione, non si dubita del fatto che la correlata decisione appartenga alla competenza del consesso dei soci. L'assunto infatti non risulta minimamente controverso;

b) il legislatore del 2003 non ha posto limiti temporali, almeno sul piano testuale, al potere di revoca della liquidazione, testualmente sancendo che esso possa essere esercitato «in ogni momento». Il momento iniziale per l'adozione della delibera di revoca appare necessariamente quello successivo alla iscrizione nel registro delle imprese, ex art. 2484, comma 3, dell'atto dell'organo gestorio che accerta il verificarsi di una causa di scioglimento: l'eliminazione di detta causa, in ambito interno alla società, prima della relativa iscrizione, non potrebbe infatti essere giuridicamente intesa come revoca dello stato di liquidazione, ma semplicemente come eliminazione ab origine degli effetti della relativa causa di scioglimento. Di conseguenza, in giurisprudenza è stata negata la necessità di un passaggio assembleare per ogni revoca dello stato di scioglimento (antecedente allo stato di liquidazione), qualora non necessario, secondo le regole generali, per eliminare della specifica causa di scioglimento (Trib. Milano, 22 febbraio 2023, in bdp.giustizia.it).  Quanto al momento finale, i dubbi interpretativi nascono, non tanto dal testo normativo, quanto dal contrasto tra esso e la relazione di accompagnamento alla riforma: in questa, infatti, si rileva che la revoca sarebbe consentita «alla condizione che non sia iniziata la distribuzione dell'attivo, distribuzione inconcepibile, come atto liquidatorio, con la continuazione dell'impresa».

L'applicazione rigida delle regole ermeneutiche, che nega valore vincolante alla relazione di accompagnamento, dovrebbe consentire di ritenere – e chi scrive ritiene appunto ciò – che invece non vi siano limiti all'adozione della delibera di revoca se non, evidentemente, la sopravvenuta cancellazione della società e, dunque, la sua estinzione.

Non mancano, peraltro, diverse opinioni, che si riallacciano, più o meno tutte, con motivazioni diverse, alla necessità che la revoca dello stato di liquidazione presupponga comunque una struttura patrimoniale «piena» e funzionale: sicché, si è escluso che si possa fare luogo alla revoca dello stato di liquidazione dopo l'inizio della ripartizione dell'attivo, ovvero addirittura dopo l'approvazione del bilancio finale di liquidazione, in quanto atti irreversibilmente incompatibili con la volontà di proseguire l'attività di impresa (Trib. Catania, 7 novembre 2023, in bdp.giustizia.it; per una panoramica, Sanna, 1500, e Garilli, 30-32): in contrasto con siffatte tesi, e d'accordo con chi scrive, si è affermato che la chiara espressione legislativa non può dare adito a dubbi sul fatto che la revoca possa pervenire in «ogni momento» (Vaira, 2087-2090). Altro evidentemente è il tema della compatibilità in concreto della delibera di revoca con la situazione della società della cui liquidazione si tratti;

c) presupposto – logico ancor prima che giuridico – perché possa essere revocato lo stato di liquidazione è che venga rimossa la causa di scioglimento: ciò, ovviamente, solo ove occorra. Sarà, ad esempio, necessaria l'eliminazione della causa di scioglimento per la sopravvenuta scadenza della durata della società: in tale evenienza la revoca della liquidazione richiederà una delibera che fissi un nuovo termine ovvero stabilisca una durata a tempo indeterminato. Non sarà necessaria, sempre a titolo esemplificativo, alcuna rimozione nel caso di scioglimento provocato dalla «paralisi» dell'assemblea (di cui all'art. 2484, comma 1, n. 3), perché la stessa capacità di adottare la delibera di revoca integra rimozione della causa di scioglimento.

Da notare che, ad avviso di alcuni, sarebbe «inamovibile» la causa di scioglimento conseguente al recesso di un socio, siccome correlata alla soccombenza della società rispetto alla opposizione dei creditori avverso la delibera di riduzione del capitale sociale, e, dunque, involgente una situazione non disponibile per la società (Vaira, 2090); così come la più autorevole dottrina in materia reputa necessario volta per volta valutare se la causa di scioglimento rientri nella disponibilità della società, dovendo evidentemente considerarsi irrevocabile ciò che è indisponibile (Niccolini, 659);

d) ed e) quanto ai profili formali e «procedimentali», il legislatore ha utilizzato una formula che fosse idonea a regolamentare la fattispecie sia con riguardo alla s.p.a. ed alla s.a.p.a., sia con riguardo alla s.r.l.: e, dunque, ha fatto riferimento alla necessità di una deliberazione assembleare da adottarsi con le maggioranze prescritte per le modificazioni dell'atto costitutivo, non mancando di puntualizzare che alla fattispecie trova applicazione la norma dell'art. 2436, che regola appunto le modalità di deposito, iscrizione e pubblicazione delle modificazioni dell'atto costitutivo nella disciplina della s.p.a.

Questa struttura normativa fa sì che si debba ritenere, con riguardo a tutte le società di capitali, che la delibera debba essere adottata nelle forme che consentono le modificazioni dell'atto costitutivo.

E, dunque:

-          quanto alla s.p.a., si tratterà di delibera dell'assemblea straordinaria, secondo la previsione dell'art. 2365, il cui verbale dovrà essere rogato da notaio, a termini dell'art. 2436;

-          quanto alla s.a.p.a., si tratterà di assemblea straordinaria, assoggettata alle medesime regole di quella della s.p.a. (in forza del richiamo dell'art. 2454), ma con la peculiarità, imposta dall'art. 2460, che la deliberazione riporti il voto favorevole di tutti i soci accomandatari;

-          quanto alla s.r.l., si tratterà necessariamente di delibera (non già di decisione dei soci), da adottarsi a termini dell'art. 2479-bis, ma con verbalizzazione necessariamente notarile, ai sensi dell'art. 2480.

Effetti della revoca

Alle regole, che potremmo definire «statiche», sancite dall'art. 2487-ter, comma 1, seguono quelle dinamiche – che concernono le modalità ed i limiti di assunzione dell'efficacia della delibera di revoca – disciplinate dall'art. 2487-ter, comma 2, secondo cui, sempre in termini di schematizzazione generale:

f) la delibera di revoca ha effetto solo sessanta giorni dopo l'iscrizione nel registro delle imprese, salvo che consti preventivamente il consenso dei creditori sociali, ovvero siano stati soddisfatti quelli non consenzienti;

g) i creditori dissenzienti possono proporre opposizione (nel suddetto termine di sessanta giorni), ma, in tal caso, il tribunale, a norma dell'art. 2445, ultimo comma, ove ritenga che non sussista pregiudizio dall'esecuzione della delibera, può disporre che essa abbia in ogni caso effetto immediato;

h) in forza dell'art. 2437, comma 1, lett. d), per la s.p.a., e dell'art. 2473, comma 1, per la s.r.l., il socio non consenziente rispetto alla delibera di revoca può recedere dalla società.

Si tratta di norma che, dunque, mira a proteggere gli interessi di coloro (creditori sociali e soci dissenzienti) che potrebbero avere un interesse in contrasto con la revoca della liquidazione e, dunque, tende a differire la delibera di efficacia della revoca dello stato liquidatorio.

I soci dissenzienti

Sui soci dissenzienti v'è poco da considerare: il diritto di recesso rappresenta, all'evidenza, il bilanciamento per avere optato per un sistema in cui la revoca della liquidazione non sia assoggettata al principio unanimistico.

Secondo gli orientamenti maggioritari espressi dalla dottrina, a tutela della posizione dei soci, ed anche per consentire loro di assumere una decisione sulla revoca che sia quanto più possibile informata e consapevole, ci si deve attendere che, in occasione dell'assemblea chiamata a deliberare la revoca, i liquidatori predispongano una situazione patrimoniale aggiornata, in modo tale che ciascuno possa adeguatamente valutare la convenienza della ripresa dell'attività di impresa rispetto alla definitiva cessazione di essa (Bonechi, 2138).

I creditori, in particolare sugli effetti dell'opposizione dei creditori

Quanto alla posizione dei creditori, le previsioni poste a presidio dei loro interessi dalla nuova disciplina della revoca dello stato di liquidazione, sono state lette dalla maggior parte dei commentatori come una forma di «eccesso di tutela» in favore del ceto creditorio, nella considerazione, difficilmente confutabile, che, almeno in linea di principio, il ripristino dell'attività imprenditoriale non dovrebbe essere astrattamente pregiudizievole per i creditori sociali, anzi.

Ciò non di meno la norma predispone un apparato a protezione di essi creditori (probabilmente in un'ottica che vede nella revoca della liquidazione la nascita di una nuova impresa più che la «ripresa» di quella posta in liquidazione, con la conseguente necessità di definire in via preventiva in qualche modo i rapporti pregressi), che consente loro – a condizione che il credito sia «anteriore», cioè sorto prima dell'iscrizione della delibera di revoca, a prescindere dalla sua esigibilità (Sanna, 1501) – di manifestare opposizione avverso la deliberazione di revoca, salvo che siano stati soddisfatti ovvero che abbiano prestato il proprio espresso consenso alla adozione della delibera di revoca.

È da condividere quell'orientamento dottrinale per il quale si deve ritenere insussistente il pericolo di pregiudizio per i creditori opponenti tutte le volte in cui, nonostante la revoca dallo stato di liquidazione, la società disponga di un patrimonio pari quanto meno al capitale minimo richiesto dalla legge per il tipo sociale adottato: se così non fosse, peraltro, vi sarebbe spazio per plurime contestazioni sulla congruità del capitale sociale rispetto all'attività che si vuole svolgere successivamente alla revoca (VAIRA, 2095).

Ovviamente, una volta che sia decorso il termine di sospensione dell'efficacia, la revoca prenderà pieno effetto e, nel rapporto tra liquidatori ed amministratori, si determinerà un obbligo di passaggio di consegne a parti invertite, rispetto a quello disciplinato dall'art. 2487-bis; il tutto, in un contesto in cui, di regola, gli amministratori saranno già stati designati con la delibera che dispone la revoca dello stato di liquidazione (secondo autorevole dottrina la nomina degli amministratori sarebbe da considerarsi addirittura necessaria: Niccolini, 6).

Sempre con riguardo alla posizione dei creditori, merita segnalazione l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'opposizione che essi propongono non può essere immotivata, dovendo trovare fondamento in uno specifico pregiudizio che l'esecuzione della delibera di revoca dello stato liquidazione sia potenzialmente idoneo a produrre alle ragioni di essi creditori: si richiede cioè che il creditore deduca specificamente e dimostri che la revoca dello stato di liquidazione esponga a rischio le proprie ragioni di credito (Trib. Salerno, 10 ottobre 2006, inedita).

Meritevole di segnalazione anche l'orientamento restrittivo per il quale non sarebbe possibile opporsi alla revoca qualora la prospettiva di recupero del proprio credito fosse assente già nella procedura liquidatoria, poiché «un creditore che già ha perso ogni garanzia patrimoniale non può dolersi se il proprio debitore si attiva – a proprie spese – per “risollevarsi”» (Trib. Milano, 19 gennaio 2023, in bdp.giustizia.it). Ciò in considerazione della ratio della norma, che tutela l'interesse del creditore a non vedere messa a rischio la prospettiva che il proprio credito venga soddisfatto con le risorse derivanti dalla liquidazione. E, del resto, nel giudizio di opposizione alla revoca dello stato di liquidazione spetta agli attori (creditori opponenti) provare il pregiudizio che potrebbe conseguire alla revoca (Trib. Roma, 3 gennaio 2024, in bdp.giustizia.it).

Bibliografia

Bonechi, Sub art. 2487-ter, in Codice delle società, a cura di Abriani, Milano, 2016; Niccolini, Scioglimento, liquidazione ed estinzione delle società di capitali, in Tr. Colombo-Portale, Torino, VII, 3, 1997; Vaira, Commento all'art. 2484, in Aa.Vv., Il nuovo diritto societario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, III, Bologna, 2004; Id., Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, III, Bologna, 2004, Sanna, Cause di scioglimento e procedimento di liquidazione, in Aa. Vv., Trattato delle società, diretto da Donativi, III, Milano, 2022; Garilli, La revoca dello stato di liquidazione: interessi in gioco e questioni ancora aperte, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2017, 3.

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