Codice Civile art. 2534 - Morte del socio (1).Morte del socio (1). [I]. In caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni secondo le disposizioni dell'articolo seguente. [II]. L'atto costitutivo può prevedere che gli eredi provvisti dei requisiti per l'ammissione alla società subentrino nella partecipazione del socio deceduto. [III]. Nell'ipotesi prevista dal secondo comma, in caso di pluralità di eredi, questi debbono nominare un rappresentante comune, salvo che la quota sia divisibile e la società consenta la divisione. (1) V. nota al Titolo VI. InquadramentoLa norma in esame non consente, salvo una diversa previsione dell'atto costitutivo, agli eredi di continuare l'attività del socio defunto nella società cooperativa. Si tratta di una disposizione simile (ma con una differenza – almeno simbolicamente – significativa, come si vedrà) a quella prevista dall'art. 2284 c.c., che disciplina la morte del socio nella società semplice: con tale norma condivide anche la ratio, che è quella di attribuire rilevanza all'intuitus personae , che anzi nelle società cooperative è forse ancora più forte che non nelle società di persone. Mentre infatti in quest'ultime, stante l'obbligo di collaborazione all'attività sociale, l'intuitus personae svolge un ruolo fondamentale per il funzionamento della società, nelle società cooperative le caratteristiche soggettive dei soci hanno una valenza ancora più ampia rispetto a quella riscontrabile in una società di persone perché i requisiti dei soci vengono in considerazione non solo in ordine alla tematica dell'intuitus personae, ma risultano direttamente collegati anche al perseguimento della causa mutualistica. Se infatti in una qualsiasi società lucrativa lo scopo è quello di riconoscere un utile per la percezione del quale non sono richiesti particolari requisiti, nella cooperativa la gestione di un servizio presuppone che il socio abbia requisiti compatibili con il servizio prestato (Bonfante, 112). Si spiega pertanto alla luce di questa particolare importanza che riveste il socio nella società cooperativa il perché di una diversa disciplina per quest'ultima tipologia societaria rispetto a quella di persone nell'ipotesi in cui nulla prevedano rispettivamente il contratto sociale all'atto costitutivo in ipotesi di morte dei soci. L'art. 2284 stabilisce infatti che i soci rimasti possano decidere di continuare la società di persone con gli eredi, mentre tale possibilità non è contemplata dall'art. 2534 c.c., che obbliga alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni. Deve pertanto ritenersi che l'art. 2534 c.c. si applichi soltanto ai soli soci cooperatori; i titoli posseduti dai soci finanziatori sono invece liberamente trasferibili, anche mortis causa, salvi i limiti eventualmente previsti dallo statuto (Casadei, 287; Callegari, 2543). L'art. 2534 c.c., nel vietare al socio di cooperative di farsi rappresentare in assemblea da persona diversa da un altro socio, vuole impedire che persone estranee alla cooperativa esercitino facoltà proprie del socio, tra le quali innanzitutto il diritto al voto. Il divieto opera, quindi, anche per l'espressione del voto per corrispondenza. Secondo la Suprema Corte l'art. 2528 c.c. – nel testo anteriore alla riforma del diritto societario introdotta con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 – prevede come regola ordinaria, nelle società cooperative, l'intrasmissibilità mortis causa della posizione del socio e lo scioglimento del rapporto sociale rispetto al socio defunto, essendone consentita la continuazione con gli eredi solo se ciò sia previsto dall'atto costitutivo, il quale pertanto, costituendo la fonte esclusiva della possibilità per l'erede di succedere nel rapporto sociale, può legittimamente prevedere che quella continuazione sia rimessa al discrezionale e insindacabile giudizio degli organi sociali, ancorché l'erede possieda i requisiti previsti dallo statuto per l'ammissione alla società (Cass. I, n. 11311/2007). Non è qualificabile in termini di esclusione del socio una delibera consiliare che neghi la qualità di socio di società cooperativa agli eredi del socio defunto (Cass. I, 26821/2007, in motivazione). La morte del socio e il possibile subentro nella società cooperativa degli eredi del socio decedutoIn base alla disciplina dettata dall'articolo in commento, la morte del socio determina, di regola, lo scioglimento del rapporto sociale rispetto al socio deceduto e la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni in favore degli eredi (comma 1). Lo scioglimento è effetto di legge (STAGNO D' ALCONTRES -D E L UCA , 830 ). Esiste tuttavia la possibilità che gli eredi subentrino nella partecipazione del socio defunto, alle seguenti condizioni: a) tale ipotesi deve essere prevista dall'atto costitutivo; in caso contrario né gli amministratori né l'assemblea possono consentire la prosecuzione del rapporto sociale con gli eredi; b) gli eredi devono essere provvisti dei requisiti per partecipare alla società; c) in caso di pluralità di eredi, deve essere nominato un rappresentante comune, salvo che la quota sia divisibile e la società acconsenta alla divisione della stessa (commi 2 e 3) (CAMPOBASSO , 637-638; CECCHERINI -Schirò, 142). Gli eredi che provvedono alla nomina del rappresentante comune devono possedere i requisiti per l'ammissione nella cooperativa, potendo la società decidere di ammetterne solo alcuni e di liquidare parzialmente agli altri la quota. Nella previsione normativa in ordine alla nomina del rappresentante comune degli eredi si ravvisa una salvaguardia del sistema cooperativo, impedendosi l'alterazione degli equilibri corporativi e patrimoniali all'interno della società a seguito dell'ingresso di una pluralità di soci (GIORGI, 287 ). Si controverte in dottrina se, in caso di previsione statutaria in ordine alla continuazione della società con gli eredi (c.d. clausola di continuazione), il subentro degli eredi sia automatico o necessiti comunque di una delibera del consiglio di amministrazione. Da un lato si ritiene necessaria una delibera dell'organo ammnistrativo che accerti il possesso da parte dei soci dei requisiti per l'ammissione, analogamente a quanto avviene in caso di trasferimento per atto tra vivi, tenuto conto che gli eredi saranno ammessi a partecipare all o scambio mutualistico ( CAMPOBASSO, 638; VELLA -GENCO -MORARA , 94 ). A tale proposito, si è affermato che resta imprescindibile la preventiva verifica del possesso in capo agli eredi dei requisiti, legali o statutari, richiesti per l'ammissione, dovendo ritenersi assolutamente invalide, clausole di continuazione automatica che prevedano la prosecuzione del rapporto sociale, indipendentemente dalla sussistenza in capo agli aspiranti soci di tali requisiti; anche nel caso in cui si ammetta la continuazione con gli eredi, si esclude che questi ultimi possano subentrare nel rapporto, in assenza di un'esplicita delibera consiliare; il trasferimento della quota all'erede, infatti, non puo` avvenire ipso iure, ma rimane subordinato ad un'espressa deliberazione in tal senso dell'organo amministrativo (CASADEI , 290). Altri autori hanno espresso l'avviso che l'esistenza della clausola statutaria che consenta la continuazione del rapporto con gli eredi precluda agli amministratori ogni valutazione, già fatta a monte dai soci in sede di introduzione della clausola, circa l'opportunità dell'ammissione degli eredi nella società (GALLETTI , 2770; giorgi , 286). Si ritiene, anzi, che gli eredi, in possesso dei requisiti legali e statutari richiesti per l'appartenenza alla società, in presenza della clausola dell'atto costitutivo di cui al secondo comma dell'articolo in esame, abbiano un vero e proprio diritto all'ammissione, tutelabile direttamente davanti all'autorità giudiziaria con azioni aventi per oggetto l'esecuzione forzata dell'obbligo assunto nel contratto sociale (GIORGI , 287). Altri hanno espresso l'avviso che la cooperativa sia vincolata ad ammettere gli eredi quando possiedano i requisiti di ammissione e che tuttavia lo statuto possa rimettere agli amministratori unapiù ampia discrezionalità, analoga a quella che esercitano in sede di trasferimento della partecipazione inter vivos (STAGNO D' ALCONTRES -DE LUCA , 830). Si è altresì rilevato che la clausola di continuazione suppone comunque l'accettazione da parte degli eredi e che è invece illegittima la c.d. clausola di continuazione automatica, la quale prevede il subentro degli eredi a prescindere da una loro manifestazione di volontà di subentrare nel rapporto sociale (FARENGA , 514).
È nulla, per violazione dell'art. 2437, comma 6, c.c., la clausola statutaria che consenta all'organo amministrativo di una banca cooperativa la facoltà di limitare, anche in tutto e senza limiti di tempo, il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio (Trib. Napoli, sez, impr., 24 marzo 2016). BibliografiaBonfante, La nuova società cooperativa, Bologna, 2010; Callegari, Commento all’art. 2534, in Il nuovo diritto societario, commentario, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, III, Torino 2004; Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Milano, 2020; Casadei, L’ammissione in società cooperativa e la tutela dell’aspirante socio, in Soc. 2009, 287; Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa.Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; Farenga, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2022; Galletti, Sub art. 2534 c.c., in Commentario Maffei Alberti, IV, Milano, 2005; Giorgi, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2006; Stagno D’Alcontres-De Luca, Le società, III, Torino 2019; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018. |