Codice Civile art. 2535 - Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente (1).Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente (1). [I]. La liquidazione della quota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell'esercizio in cui si sono verificati il recesso, l'esclusione o la morte del socio. [II]. La liquidazione della partecipazione sociale, eventualmente ridotta in proporzione alle perdite imputabili al capitale, avviene sulla base dei criteri stabiliti nell'atto costitutivo. Salvo diversa disposizione, la liquidazione comprende anche il rimborso del soprapprezzo, ove versato, qualora sussista nel patrimonio della società e non sia stato destinato ad aumento gratuito del capitale ai sensi dell'articolo 2545-quinquies, terzo comma. [III]. Il pagamento deve essere fatto entro centottanta giorni (2) dall'approvazione del bilancio. L'atto costitutivo può prevedere che, per la frazione della quota o le azioni assegnate al socio ai sensi degli articoli 2545-quinquies e 2545-sexies, la liquidazione o il rimborso, unitamente agli interessi legali, possa essere corrisposto in più rate entro un termine massimo di cinque anni. (1) V. nota al Titolo VI. (2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153. InquadramentoLa liquidazione della quota o il rimborso delle azioni avvengono, secondo quanto disposto dell’articolo in commento (commi 1 e 2), sulla base dei criteri stabiliti nell’atto costitutivo, ma prendendo a base il bilancio dell’esercizio in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente al socio. (CAMPOBASSO, 638). Lo scopo mutualistico incide anche sulle modalità di liquidazione della quota, rendendole piuttosto disincentivanti per il socio, considerato che nel bilancio i beni sono valutati secondo criteri prudenziali (SANTAGATA, 852). Si ritiene che l’atto costitutivo non possa escludere del tutto il diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni, fermo restando che la norma in esame si riferisce essenzialmente alle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, applicandosi a quelle a mutualità prevalente il principio fissato dall’art. 26, lett. b), d. lgs. 14 dicembre 1947, n. 1577 (c.d. l. Basevi), atteso che l’art. 2514, lett. c) richiede, ai fini del riconoscimento della prevalenza, che lo statuto preveda il divieto del computo delle riserve in caso di scioglimento del rapporto sociale del socio cooperatore. Si ha così conferma, attraverso il collegamento tra la norma in esame e l’art. 2545-quinquies, che anche le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente devono rispettare, anche nella liquidazione della quota, come nella distribuzione dei dividendi, criteri di non lucratività e moderazione (GIORGI, 290-291). La disciplina in esame si differenzia notevolmente dalle corrispondenti norme in tema di società di capitali, ove la riforma delle società ha attribuito all’autonomia statutaria la possibilità di determinare autonomamente, in caso di recesso, il valore di liquidazione delle azioni o delle quote. È possibile in particolare in queste ultime società garantire l’uscita dalla società potenzialmente a valore pieno (cfr. artt. 2437-ter e 2473, comma 3) (Cardarelli, 328; Giannattasio, 1705). La società di capitali è dunque chiamata ad esercitare un’importante scelta strategica, da un punto di vista economico simile a quella circa il numero e la portata delle cause legittimanti il recesso: tanto maggiore sarà il valore di liquidazione per il socio uscente (così come tanto più numerose saranno le cause che attribuiscono la facoltà di recesso) quanto più facile sarà attrarre i finanziatori. Al contempo però sarà tanto più facile che la società possa subire una drastica e repentina riduzione del proprio patrimonio sociale. Diversa è invece la ratio ispiratrice delle norme in tema di cooperative, ispirate, nella liquidazione come nella distribuzione dei dividendi, da criteri di non lucratività e moderazione (Giorgi, 291). In quest’ottica va letta la norma dell’ultimo comma dell’articolo in esame, , la quale, consentendo la rateizzazione della liquidazione della quota, è dettata da un chiaro favor per le esigenze della cooperativa, a scapito di quelle del socio di ottenere immediatamente quanto di sua spettanza (Giorgi, 292). Ed è sempre in questa prospettiva che va evidenziata la differenza tra i criteri stabiliti per le società di capitali (che fanno riferimento al patrimonio sociale, alle prospettive reddituali e all’eventuale valore di mercato delle azioni) e quelli di cui all’articolo in commento, ove vi è un semplice rinvio al bilancio di esercizio in cui si è verificata l’exit del socio (Bonfante, 210), con la previsione che il pagamento al socio deve essere effettuato entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio.In questo modo la legge intende evitare che il rimborso, il quale comporta una riduzione reale del capitale sociale, avvenga in base ad un valore che nel corso dell’esercizio si potrebbe essere svalutato a causa di perdite non ancora accertate e che potrebbe quindi essere sceso al di sotto dell’importo nominale. La scadenza è posta pertanto a tutela dell’interesse non solo della cooperativa, ma anche e soprattutto dei creditori della stessa e dei soci, con la conseguenza che tale regime non può essere derogato dallo statuto (VELLA-GENCO-MORARA, 95). Quanto alla liquidazione della partecipazione ai soci i finanziatori, sembra che nessun ostacolo si frapponga all’applicazione dell’art. 2437-ter c.c., in virtù del richiamo effettuato dall’art. 2519 c.c. (Galletti, 2775). Criteri per la liquidazione della partecipazione del socioSecondo il disposto del secondo comma della norma in commento, anche quando è previsto il divieto di distribuzione delle riserve fra i soci (come nelle cooperative a mutualità prevalente) la liquidazione della partecipazione sociale comprende, oltre a una possibile diminuzione in proporzione alle perdite imputabili a capitale, il valore nominale delle azioni o quote (eventualmente rivalutato) e, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo, il soprapprezzo eventualmente versato dal socio al momento dell'ammissione in società, sempreché lo stesso non sia stato utilizzato per la rivalutazione delle azioni o quote, ossia ad aumento gratuito del capitale ai sensi dell'art. 2545-quinquie s, comma 3, (al cui commento si rinvia) (CAMPOBASSO, 638; STAGNO D'ALCONTRES-DE LUCA, 907). In base al terzo comma delI'articolo in esame, il pagamento deve essere fatto entro centottanta giorni dall'approvazione del bilancio, salvo che l'atto costitutivo non abbia previsto una rateazione fino a cinque anni, con corresponsione degli interessi legali, per la frazione della quota o le azioni assegnate al socio a seguito di aumenti gratuiti del capitale effettuati con utili, riserve distribuibili e ristorni (art. 2545-quinquies e art. 2545-sexies). Va altresì rilevato che, se lo statuto non lo esclude, le riserve divisibili spettanti al socio in caso di scioglimento del rapporto possono non essere liquidate in denaro, bensì attraverso l'emissione di strumenti finanziari liberamente trasferibili e tale soluzione è imposta qualora il rapporto tra patrimonio netto e e complessivo indebitamento della società sia inferiore ad un quarto (art. 2545-quinquies, comma 4) (CAMPOBASSO, 638; PRESTI-RESCIGNO, 618). Nelle banche popolari e nelle banche di credito cooperativo, con norma sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, che con sentenza n. 99 del 15 maggio 2018 ha affermato l'infondatezza della questione, è stato previsto che il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio, è limitato secondo quanto previsto dalla Banca d'Italia, anche in deroga a norme di legge, qualora ricorra l'esigenza di salvaguardare la solidità patrimoniale della banca. Agli stessi fini, la Banca d'Italia può limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi (art. 28, comma 2-ter., d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, T.u.b.) (CAMPOBASSO, 638; STAGNO D'ALCONTRES-DE LUCA, 907). Nulla è disposto dalla norma in esame per quanto concerne i rimborsi, in conseguenza dello scioglimento del rapporto sociale, delle somme erogate dal socio in esecuzione del rapporto mutualistico, senza che si sia ancora conseguita la relativa prestazione da parte della cooperativa, come nel caso delle somme erogate dal socio uscente di una cooperativa edilizia per la realizzazione del fabbricato sociale, qualora lo scioglimento del rapporto avvenga prima dell'assegnazione dell'unità immobiliare prenotata. Si ritiene che in questo caso il socio abbia diritto al rimborso delle somme versate alla cooperativa (CECCHERINI- Schirò, 145). La giurisprudenza distingue tra la liquidazione della quota sociale e la restituzione di quanto eventualmente versato dal socio alla cooperativa a titolo di anticipazione nell'ambito del rapporto mutualistico. In particolare, quanto alla liquidazione della quota sociale, secondo la Suprema Corte la costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento, (ai sensi dell'art. 2533, comma 1, n. 5, ., a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio (Cass. S.U., n. 22569/2006; Cass. I, n. 18599/2008; Cass. I, n. 19995/2011). La Corte di legittimità ha successivamente ribadito che la costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), e alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. (Nella specie l'ex socio di una cooperativa edilizia, receduto dalla stessa dopo l'assegnazione dell'alloggio sociale, esposto che la cooperativa, dopo avere dato atto della esistenza di residui attivi, quantificati per ogni singolo socio, si era impegnata al rimborso, e che la cooperativa, non aveva dato seguito a tale impegno, omettendo di redigere il conto finale della società, aveva chiesto e ottenuto decreto ingiuntivo per l'importo della somma riconosciuta di sua spettanza. Sia il tribunale che la corte di appello avevano rigettato l'opposizione della cooperativa. In applicazione del principio di cui sopra, la Suprema corte ha accolto il ricorso della cooperativa nonché, pertanto, con decisione nel merito, la proposta opposizione a decreto ingiuntivo) (Cass. I, n. 21218/2014, in motivazione). In ordine alla restituzione al socio di quanto da lui versato alla cooperativa nell'ambito del rapporto mutualistico, la Suprema Corte ha affermato che, in tema di cooperative edilizie, deve distinguersi tra il rapporto sociale, di carattere associativo, e quello di scambio, di natura sinallagmatica, rapporti che, pur collegati, hanno causa giuridica autonoma; da ciò discende che il pagamento di una somma, eseguito dal socio a titolo di prenotazione dell'immobile, deve essere ascritto al rapporto di scambio e perciò al pagamento del prezzo d'acquisto, alla cui restituzione la cooperativa è, quindi, tenuta, in caso di scioglimento dal rapporto sociale per esclusione o per recesso, anche in presenza di un disavanzo di bilancio (Cass, I, n. 13641/2013). Ed ancora: in caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio di una società cooperativa edilizia, egli ha diritto sia alla liquidazione della quota sociale, con riguardo a quanto abbia versato a titolo di conferimento, sia alla restituzione di quanto versato a titolo di anticipazione, direttamente riconducibile all'acquisto ed all'assegnazione dell'alloggio (sempre che, la proprietà dell'alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), posto che i rapporti fra socio e società sono, da un lato, attinenti all'attività sociale, comportanti l'obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, dall'altro relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell'acquisto del terreno e della realizzazione degli alloggi. Con riguardo a tale secondo importo, al diritto di credito del socio non corrisponde un diritto di ritenzione dell'alloggio, non potendo egli avvalersi dell'exceptio inadimplenti non est adimplendum, di cui all'art. 1460 c.c., poiché gli obblighi di riconsegna dell'alloggio e di restituzione delle somme non sono configurabili come prestazioni reciproche di un sinallagma contrattuale, ma soltanto come un effetto del venir meno del rapporto sociale tra il socio receduto od escluso e la cooperativa. (Cass I, n. 16304/2009; Cass. I, n. 2008/6197 ).Ancora in tema di liquidazione della quota e di restituzione di quanto corrisposto nell'ambito del rapporto mutualistico, la Suprema Corte ha affermato che: il socio di una cooperativa edilizia, in mancanza di norme di legge al riguardo, nonché di previsioni espresse nello statuto o nell'atto di assegnazione, non ha diritto ad alcun rimborso del prezzo pagato per l'assegnazione dell'alloggio per il solo fatto che la società abbia ottenuto il ristorno dall'erario dell'I.V.A., neppure se adduca a tal fine la circostanza che l'atto di assegnazione prevedesse per l'alloggio un prezzo pari al costo sostenuto dalla cooperativa per la costruzione, giacché detto ristorno spetta alla cooperativa medesima in ragione dell'esercizio della attività di impresa che essa svolge a fine mutualistico e che la legittima, per l'appunto, a pretenderlo dall'Amministrazione finanziaria (Cass. I, n. 21229/2009). L'assegnazione in favore del socio dell'alloggio realizzato da una società cooperativa edilizia è, al pari di una compravendita, un contratto ad effetti reali che si perfeziona con il consenso delle parti e che determina il trasferimento all'acquirente della proprietà del bene immobile che ne è oggetto: un trasferimento pieno e definitivo, essendo da escludere che solo con la definitiva liquidazione della cooperativa quel passaggio di proprietà si perfezioni e si consolidi in capo al socio. Da tanto consegue che il successivo recesso del socio dalla società, anche ove illegittimamente operato, non può costituire causa di nullità della pregressa assegnazione, giacché l'eventuale illegittimità del comportamento tenuto dal socio assegnatario in un momento posteriore all'assegnazione, seppure idoneo ad acquisire rilevanza e a produrre conseguenze sul piano dei rapporti obbligatori (in termini di eventuale invalidità del recesso, di perdurante assoggettabilità del socio medesimo agli obblighi derivanti dalla sua adesione alla cooperativa o, se del caso, di risarcimento dei danni), non è in grado di riflettersi sulla validità originaria del contratto o di determinare conseguenze sul piano reale (Cass I, n. 5724/2004). Su analoghe questioni si è pronunciata anche la giurisprudenza di merito. Si è quindi affermato che nelle cooperative edilizie aventi ad oggetto la costruzione di alloggi e l'assegnazione degli stessi in godimento e in proprietà dei soci, in caso di recesso avvenuto prima dell'assegnazione dell'alloggio prenotato, il socio ha diritto alla restituzione dell'intera somma anticipata in conto costruzione, in virtù della posizione di creditore verso la cooperativa che il socio stesso ha acquisito (Trib. Roma. 23 novembre 2022; conf. Trib. Roma, 28 febbraio 2018). Più specificamente, si è chiarito che, in caso di scioglimento del rapporto sociale nell'ambito di una cooperativa edilizia, è necessario distinguere i due rapporti esistenti tra la società e il socio e la sorte delle somme versate in ragione dell'uno o dell'altro rapporto. Infatti, nelle cooperative edilizie aventi come scopo la costruzione di alloggi e l'assegnazione degli stessi in godimento e, successivamente, in proprietà individuale ai soci, i rapporti tra questi ultimi e la società sono di due specie: da un lato, quelli attinenti all'attività sociale, comportanti l'obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e amministrazione; dall'altro, i rapporti relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell'acquisto del terreno, della realizzazione degli alloggi e così via. La ragione di tale distinzione deriva dal fatto che mentre le contribuzioni del primo tipo (le contribuzioni alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione) rientrano fra i debiti di conferimento e si ricollegano ad un debito che permane fino a quando persiste la qualità di socio, non vi rientrano quelle del secondo tipo (anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario per realizzare lo scopo mutualistico), perché non strettamente inerenti al rapporto sociale e destinate a gravare sul socio che subentra e che acquista, in questo modo, l'aspettativa all'assegnazione dell'alloggio. Ne consegue che le anticipazioni e gli esborsi effettuati dal socio non a titolo di conferimento e in conseguenza dell'obbligo inerente alla partecipazione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, ma per il conseguimento dei singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa, pongono il socio nella posizione di creditore verso la cooperativa, posizione che, una volta avvenuto lo scioglimento del rapporto sociale, si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate (sempre che, ovviamente, la proprietà dell'alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), non sottoposto, salva la possibilità di una diversa disciplina pattizia, alla disciplina giuridica relativa alla quota sociale (App. Milano, 18 gennaio 2022). Ed ancora: qualora il socio abbia eseguito in favore della cooperativa, oltre al conferimento del capitale, altri versamenti a titolo di acconti sul prezzo di vendita dei prodotti creati dalla cooperativa, la liquidazione si compone di due elementi: la liquidazione della quota sociale (che estingue il rapporto sociale) e la restituzione degli apporti effettuati dal socio come acconto di pagamenti per i beni e servizi prodotti dalla cooperativa. Ne consegue che il pagamento di una somma, eseguito dal socio di una cooperativa edilizia a titolo di prenotazione dell'immobile, deve essere ascritto al rapporto di scambio e perciò al pagamento del prezzo di acquisto del bene prodotto dalla cooperativa, alla cui restituzione la cooperativa è, quindi, tenuta in caso di scioglimento dal rapporto sociale per esclusione o per recesso, anche in presenza di un disavanzo di bilancio (Trib. Catania, 6 novembre 2020). Nello stesso senso: in caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio di una società cooperativa edilizia, egli ha diritto sia alla liquidazione della quota sociale, con riguardo a quanto abbia versato a titolo di conferimento, sia alla restituzione di quanto versato a titolo di anticipazione, direttamente riconducibile all'acquisto ed all'assegnazione dell'alloggio (sempre che, la proprietà dell'alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), posto che i rapporti fra socio e società sono, da un lato, attinenti all'attività sociale, comportanti l'obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, dall'altro relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell'acquisto del terreno e della realizzazione degli alloggi (Trib. Milano, 3 giugno 2019, n. 5257). Quanto alla liquidazione della quota, i giudici di merito hanno anche affermato che dall'accertamento della legittimità del recesso, consegue il riconoscimento del diritto alla liquidazione della quota e che il credito relativo alla liquidazione della quota ha natura pecuniaria e costuisce credito di valuta. In particolare sul primo punto: il socio di società cooperativa a responsabilità limitata che abbia correttamente esercitato il diritto di recesso in conformità con le disposizioni statutarie (secondo quanto previsto dall'art. 2532) ha interesse, in caso di silenzio dell'organo amministrativo, ad ottenere una pronuncia del giudice che accerti la legittimità del suo recesso alla data in cui questo è stato comunicato alla società. Infatti, il silenzio dell'organo amministrativo non ha valore di assenso alla manifestata volontà di recedere. Dall'accertamento della legittimità del recesso, consegue il riconoscimento del diritto alla liquidazione della quota, secondo quanto previsto dall'art. 2535 c.c. (Trib. Napoli, 28 dicembre 2021). Ed ancora: è nulla, per violazione dell'art. 2437, comma 6, c.c., la clausola statutaria che consenta all'organo amministrativo di una banca cooperativa la facoltà di limitare, anche in tutto e senza limiti di tempo, il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio (Trib. Napoli, sez, impr., 24 marzo 2016). Sul secondo punto: il credito relativo alla liquidazione della quota del socio uscente della società cooperativa, avendo fin dall'origine ad oggetto una somma di denaro, ha natura pecuniaria e costituisce, quindi, un credito c.d. di valuta; si tratta, quindi, di un credito che, se liquido ed esigibile, è per ciò solo idoneo a produrre interessi di pieno diritto, a norma dell' art. 1282, comma 1, c.c. , senza necessità di alcun atto di messa in mora (Trib. Vibo Valentia, 3 febbraio 2020).
BibliografiaBonfante, La nuova società cooperativa, Bologna, 2010; Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Milano, 2020; Cardarelli, Il diritto di recesso nella disciplina societaria, in Studi senesi, 1983, 327; Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa. Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; Galletti, Sub art. 2535 c.c., in Commentario Maffei Alberti, IV, Milano, 2005Giannattasio, Liquidazione della quota del socio receduto, competenza degli organi sociali e legittimità costituzionale dell’art. 2437 c.c., in Giust. civ. 1974, I, 1705; Giorgi, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2006; Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Società, Bologna, 2021; Santagata, Le società con scopo mutualistico, in Aa. Vv. , Diritto commerciale, III, a cura di M. Cian, Torino, 2020; Stagno D’Alcontres-De Luca, Le società, III, Torino, 2019; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018. |