Codice Civile art. 2545 quater - Riserve legali, statutarie e volontarie (1).Riserve legali, statutarie e volontarie (1). [I]. Qualunque sia l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il trenta per cento degli utili netti annuali. [II]. Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge. [III]. L'assemblea determina, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 2545-quinquies, la destinazione degli utili non assegnati ai sensi del primo e secondo comma. (1) V. nota al Titolo VI. InquadramentoL'articolo in commento ricalca il testo del previgente art. 2536, come novellato dall'art. 8, l. 31 gennaio 1992, n. 59. La principale novità in materia di riserva legale è l'innalzamento, nella misura del 50%, della quota di utili destinata alla sua alimentazione, che passa dal <<almeno la quinta parte>> ad <<almeno il trenta per cento>> degli utili netti annuali. Detta scelta è coerente con la preoccupazione del legislatore della riforma di evitare il rischio della sottocapitalizzazione della società cooperativa, una volta aumentata la possibilità di ricorso a strumenti finanziari e innalzato, di conseguenza, il tasso di lucratività della cooperativa (DE STASIO, 405-406). Secondo la relazione ministeriale alla riforma del diritto societario, <<per comprendere il senso di questa norma occorre premettere che per le cooperative riconosciute continueranno a valere le regole tradizionali della non lucratività consistenti nel divieto di distribuzione di dividendi superiori ai limiti di legge e in quello di distribuzione di tutte le riserve tra i soci. Ciò premesso si pone la necessità di una disciplina generale valevole quindi soprattutto per le cooperative diverse dalle riconosciute come nel sistema vigente accade per le cooperative c.d. "neutre" del codice civile. Si è stabilito innanzitutto di prevedere (soprattutto per le cooperative diverse da quelle riconosciute) un obbligo di accantonamento a riserva legale pari al trenta per cento degli utili netti annuali>>. Di conseguenza l'articolo in esame si applica soprattutto alle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, per le quali valgono le regole dell'art. 2514 c.c. sui divieti di distribuzione dei dividendi in misura superiore ai limiti di legge e di distribuzione delle riserve tra soci (CECCHERINI-Schirò, 197; Costi, 226). Per le cooperative diverse, invece non sussistono limiti legali alla distribuzione degli utili e la percentuale massima dei dividendi che possono essere ripartiti tra i soci cooperatori è fissata dall'atto costitutivo, secondo quanto è disposto dall'art. 2545-quinquies, comma 1, che detta una disciplina riferita esclusivamente alle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente (CECCHERINI-Schirò, 201). i Si pone, tuttavia, un problema con riferimento ai ristorni, poiché, se si ritiene che essi costituiscano un vero e proprio debito della società, occorrerà conseguentemente concludere che il prelievo degli utili per la costituzione della riserva legale non potrà non seguire il pagamento dei ristorni. Sul punto, peraltro, non vi è concordia di opinioni (Bonfante, 2617). La riserva legaleLa riserva legale rappresenta un accantonamento obbligatorio (ossia un divieto di distribuire ai soci la corrispondente quota di utili). Il primo comma dell’articolo in esame dispone che alla riserva legale deve essere assegnato il 30% degli utili, indipendentemente dall’ammontare che essa abbia raggiunto (VELLA-GENCO-MORARA, 137). Tale disposizione, che si applica a tutte le cooperative, a mutualità prevalente e non (DE STASIO, 409; STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 843). ha la funzione di costituire un <<cuscinetto>> di protezione del capitale sociale (BASSI, 93) e di garantire i creditori sociali, anche in considerazione della mancata previsione di un capitale minimo (FARENGA, 523). Data la variabilità del capitale, il primo comma detta una disciplina più severa rispetto a quella contenuta nell’art. 2430 c.c. per le società per azioni, che prevede un ammontare massimo della riserva stessa (Genco, 71), stabilendo che l’obbligo di accantonamento riguarda il 5% degli utili e cessa qualora la riserva abbia raggiunto il 20% del capitale sociale (VELLA-GENCO-MORARA, 137). Pertanto, nelle cooperative la percentuale degli utili netti annuali da destinare a riserva legale è sei volte più elevata rispetto alla società per azioni (CAMPOBASSO, 631) e il prelevamento è permanente, qualunque sia l’ammontare del fondo di riserva legale. Nelle banche di credito cooperativo il prelievo è elevato al 70% e nelle banche popolari è fissato al 10% (artt. 37, comma 1, e 32, comma 1, d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385; T.U.B.) (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 843). Mentre le riserve legali delle società lucrative sono indisponibili, le riserve legali delle cooperative – di tutte le cooperative, sia quelle a mutualità prevalente che quelle diverse sono indivisibili (CECCHERINI-Schirò, 194-195; Presti-Rescigno, 609) Secondo altra dottrina, mancando nella norma in commento un espresso riferimento al carattere di indivisibilità ex lege della riserva legale, tale riserva dovrebbe potersi ritenere ripartibile al momento della scioglimento della società, a meno che non vi sia un’espressa disposizione statutaria di indivisibilità, con la conseguenza che la riserva legale andrebbe considerata indivisibile solo per statuto (DE STASIO, 408). È stato altresì osservato che, potendo la società cooperativa accantonare a riserva legale anche somme maggiori di quelle previste dalla norma in esame, la indivisibilità ex lege dovrebbe valere solo per la parte di riserva legale corrispondente al minimo stabilito dalla legge, mentre per la parte eccedente si dovrebbe poter applicare l’eventuale regime della indivisibilità per disposizione statutaria (BASSI, 96-97). L’indisponibilità comporta il divieto di distribuzione della riserva fino al raggiungimento del quinto legale e la necessità di reintegrarla se essa diminuisce per qualsiasi ragione: trattasi di vincolo temporaneo, valevole per il periodo di durata della società, posto a tutela del capitale sociale e dei creditori, quindi con valenza meramente endosocietaria, che non intacca il diritto di quota degli azionisti. Diversamente, l’indivisibilità delle riserve della società cooperativa ha carattere permanente e si traduce nel vincolo di devoluzione ai fondi mutualistici in sede di scioglimento della società, così limitando il diritto del socio al riparto del residuo in sede di liquidazione della società (sulla distinzione tra riserve indivisibili e riserve indisponibili, v. anche, retro, il commento sub art. 2545-ter) La ratio di tale diversità è da rinvenire, da un lato, nella cronica sottocapitalizzazione delle cooperative, con difficoltà di accesso al credito e conseguente necessità di un loro rafforzamento patrimoniale per lo svolgimento dell’attività d’impresa e per la tutela delle regioni dei creditori; dall’altro, nella necessità di inibire lo scopo lucro lucrativo a vantaggio di quello mutualistico (Tatarano, 538 e ss). Qualora la riserva legale sia impiegata per risanare eventuali perdite, costituendo comunque l’ultima delle fonti utilizzabili a questo fine, si deve distinguere tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative diverse: nel primo caso, sarà certamente sottoposta all’obbligo di ricostituzione stabilito dall’art. 3, l. 18 febbraio 1999, n. 28; nell’altro caso, la riserva legale dovrà essere ricostituita, qualora si voglia poi procedere a distribuzione di utili, soltanto se l’indivisibilità era preventivamente stabilita nello statuto (Salvatore, 365). In base a un diverso orientamento, si è osservato che dall’art. 2545-ter, comma 2, non si ricava un preteso obbligo civilistico di ricostituzione prioritaria delle riserve indivisibili (e quindi anche della riserva legale) con gli utili successivamente maturati e che diverso problema è se una cooperativa a mutualità prevalente possa mantenere le agevolazioni tributarie nonostante il mancato rispetto della suddetta condizione di ricostituzione prioritaria delle riserve indivisibili con gli utili: tale questione dipende dalla soluzione del quesito se la norma dell’art. 3, comma 1, della l. 18 febbraio 1999, n. 28 mantenga la propria vigenza anche in seguito all’entrata in vigore del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (DE STASIO, 400-401). Secondo un’altra opinione è dubbio se l’art. 3 della l. 18 febbraio 1999, n. 28 sia sopravvissuto alla riforma del diritto societario (PRESTI-RESCIGNO, 610). Ampiamente dibattuta è la nozione di <<utili netti annuali>> a cui occorre far riferimento per il calcolo dell’importo da destinare a riserva legale, nel senso che vi debbano essere ricompresi anche gli eventuali ristorni, oppure esclusi come costo e quindi come posta che va sottratta dall’utile di bilancio per giungere alla determinazione dell’utile netto, su cui calcolare l’importo da destinare a riserva legale. Secondo un orientamento, i ristorni sono accomunati agli utili solamente per il carattere dell’aleatorietà, in quanto la cooperativa può distribuirli solo se la gestione mutualistica dell’impresa si è conclusa con un’eccedenza dei ricavi rispetto ai costi (CAMPOBASSO, 633; FARENGA, 524), ma si distinguono dagli utili, in quanto non costituiscono una remunerazione del capitale e non sono perciò distribuiti in proporzione al capitale conferito da ciascun socio, ma sono uno strumento per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o aumento di remunerazione o di retribuzione), traducendosi o in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa (di consumo), oppure in una integrazione della remunerazione o retribuzione corrisposta dalla cooperativa (di produzione o di lavoro) per le prestazioni del socio (FARENGA, ivi). Di conseguenza alle somme distribuite ai soci a titolo di ristorno non sono applicabili i limiti che la legge pone alla distribuzione degli utili (CAMPOBASSO, ivi). E’ stato anche osservato che, sebbene l’art. 2545-sexies non offra indicazioni decisive ad avvalorare una qualificazione dei ristorni in termini di costi, da detrarre dall’avanzo complessivo di gestione per ottenere l’esatto ammontare dell’utile netto sul quale calcolare la percentuale da destinare a riserva legale, è tuttavia innegabile che in questo senso deponga la peculiare natura del ristorno; infatti l’accantonamento a riserva legale di parte del ristorno comporterebbe un’ingiustificata sottrazione ai soci di una frazione del vantaggio mutualistico per destinarla a remunerazione del capitale. La particolarità del ristorno emerge univocamente dal diritto interno, che discerne le <<regole per la ripartizione degli utili>> dai <<criteri per la ripartizione dei ristorni>> (art. 2521, comma 3, n. 8) e dalla normativa europea. Infatti, il Regolamento CE 22 luglio 2003, n. 1435, sulla società cooperativa europea, distingue tra avanzo di bilancio ed utile netto, quale base di computo della destinazione a riserva legale, da calcolare a seguito della corresponsione dei ristorni (art. 67) (SANTAGATA, 861; contra PRESTI-RESCIGNO, 609). Soccorrono a sostegno dell’orientamento fin qui enunciato, da un lato, gli orientamenti interpretativi delle circolari ministeriali, che individuano gli utili netti annuali, da considerare come base di calcolo del contributo dovuto ai fondi mutualistici, al netto dei ristorni (DE STASIO, 410; SANTAGATA, ivi), e dall’altro l’art. 3, comma 2-bis, d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112, secondo il quale non si considera distribuzione, neanche indiretta, di utili ed avanzi di gestione la ripartizione ai soci di ristorni correlati ad attività di interesse generale di cui all'articolo 2 della stessa legge, effettuata ai sensi dell’art. 2545-sexies c.c. e nel rispetto di condizioni e limiti stabiliti dalla legge o dallo statuto, da imprese sociali costituite in forma di società cooperativa, a condizione che lo statuto o l'atto costitutivo indichi i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici e che si registri un avanzo della gestione mutualistica (CAMPOBASSO, 633). Altri autori propendono per la tesi che riconosce nel ristorno un utile (Marasà, 29-30, nota 60), con la conseguenza che lo stesso deve essere ripartito al netto degli accantonamenti a riserva legale e ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 843). Al riguardo si è sostenuto che un’interpretazione rigorosa della locuzione <<utili netti annuali>> farebbe propendere per la tesi secondo cui il totale sul quale operare il calcolo della percentuale da destinare a riserva legale non sia comprensivo della quota distribuita ai soci cooperatori a titolo di ristorno e che tuttavia la tesi contraria è più conforme ad un criterio prudenziale ed è fatta propria anche dall’art. 65 del Regolamento CE 22 luglio 2003, n. 1435 sulla cooperativa europea, che utilizza la più onnicomprensiva espressione <<avanzo di bilancio>> (PRESTI-RESCIGNO, 609). Secondo una diversa opinione, l’alternativa tra <<ristorno-costo>> e <<ristorno utile>> dipende dall’ambivalenza del ristorno sotto il profilo contabile, nel senso che esso, pur essendo necessariamente determinato sulla base dell'utile di esercizio, si configura come componente negativa della gestione mutualistica, sotto forma di minor ricavo nelle cooperative di consumo o di maggior costo nelle cooperative di produzione e lavoro. Ma si tratta, comunque, di due tecniche di raffigurazione contabile sostanzialmente equivalenti (VELLA-GENCO-MORARA, 126-127). Si è altresì osservato che la distribuzione dei ristorni non sembra essere subordinata al presupposto della esistenza delle proporzioni tra patrimonio netto e complessivo indebitamento stabilita dall’art. 2545-quinquies, comma 2, per la distribuzione di dividendi, acquisto di azioni proprie e divisione delle riserve (BASSI, 52). Gli utili riservati ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazioneIl secondo comma dell'articolo in commento, stabilendo che una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge, riproduce senza variazioni il secondo comma del previgente articolo 2536 CECCHERINI -Schirò, 201 ) . In base all'art. 11, comma 4, della l. 31 gennaio 1992, n. 59, attualmente gli utili prodotti devono essere devoluti ai fondi suddetti nella misura del tre per cento. Tale destinazione e quella finalizzata alla costituzione e all'alimentazione della riserva legale, hanno natura obbligatoria e vincolano l'assemblea indipendentemente da qualunque disposizione statutaria (VELLA -GENCO -MORARA , 137 ). Si tratta di una forma di auto-contribuzione obbligatoria, (c.d. <<mutualità solidaristica>> o di <<sistema>>) (SANTAGATA , 858 ) , finalizzata alla promozione ed al finanziamento di nuove imprese e di iniziative di sviluppo del movimento cooperativo. Le società che non adempiono a tale obbligo decadono da tutti i benefici fiscali o di altra natura (art. 11, comma 10, l. n. 59/1992, cit.) ( CAMPOBASSO , 631 ). Inoltre, in presenza di particolari presupposti patrimoniali, le cooperative a mutualità prevalente devono destinare il cinque per cento degli utili netti al fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti (art. 82, commi 25 e 26, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2008, n. 133) ( PRESTI -RESCIGNO , 609) La destinazione degli utili residuiIl terzo comma della norma in commento attribuisce all'assemblea della cooperativa il potere di destinazione degli utili residui, dopo la devoluzione obbligatoria alla riserva legale e ai fondi mutualistici, nel rispetto di quanto previsto dal successivo art. 2545- quinquies, al cui commento si rinvia. Tuttavia, eventuali riserve speciali previste dallo statuto possono comportare limiti al potere assembleare (CECCHERINI -S chirò , 200 ; PRESTI -RESCIGNO , 609 ). Al riguardo si è osservato che il comma in esame mette in luce l'affermazione di una competenza primaria dell'assemblea dei soci sulle decisioni relative alla destinazione degli utili, competenza da ritenere inderogabile e che non potrebbe essere soppressa, trasferita o in altro modo compressa in nessuna variante dei modelli di governance teoricamente adattabili alla cooperativa. Tuttavia, nello stesso tempo, la relazione alla riforma societaria, nell'affermare che <<è affidata a previsioni statutarie la destinazione degli utili eccedenti le destinazioni obbligatorie (riserva legale e fondi)>>, sembra far riferimento a una limitazione del potere dispositivo dell'assemblea in ragione di previsioni statutarie che sembrerebbero aver l'effetto di autorizzare l'assemblea ordinaria all'esercizio del potere di autonomia privata (D E S TASIO , 413-414 ). Dal terzo comma emergono in modo implicito ulteriori forme di destinazione degli aventi natura facoltativa. Una parte degli utili, in misura corrispondente alla percentuale di svalutazione monetaria (accertata dall'Istat) può essere attribuita ai soci in forma di rivalutazione gratuita del capitale sociale, che sarà rimborsabile al momento della interruzione del rapporto sociale o della liquidazione della società (art. 7 della l. 31 dicembre 1992, n. 59). Ugualmente possono essere distribuiti dividendi in misura proporzionale al capitale conferito da ciascun socio. Ai soci possono essere distribuiti anche ristorni, secondo criteri di destinazione determinati dall'atto costitutivo, ma comunque proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici (art. 2545-sexies, comma 1, al cui commento si rinvia). Sia i dividendi che i ristorni possono essere destinati ad incremento delle quote di capitale sociale in modo volontario da parte del socio, mentre l'assemblea potrà vincolare in tal senso tutti i soci, con decisione maggioritaria, soltanto nel caso che lo preveda lo statuto. L'assemblea potrà inoltre destinare una parte di utili ad altre riserve patrimoniali diverse da quella legale. Su tale regime incidono, per le cooperative a mutualità prevalente, i vincoli a carattere obbligatorio stabiliti dall'art. 2514 (al cui commento si rinvia) e, per tutte le cooperative non quotate, i limiti alla distribuzione degli utili fra i soci delineati, comunque al fine di comprimere il profilo lucrativo della partecipazione sociale, dall'art. 2545-quinquies, al cui commento parimenti si rinvia) ( CAMPOBASSO , 632 ; SANTAGATA , 858-859 ; VELLA -GENCO -MORARA , 138 )
BibliografiaBassi, Principi generali della riforma delle società cooperative, Milano, 2004; Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Milano, 2020;, Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa.Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; Costi, Il governo delle società cooperative, alcune note esegetiche, in Giur. comm. 2003, I, 231; De Stasio, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2006; Farenga, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2022; Genco, La struttura finanziaria, in La riforma delle società cooperative, a cura di Genco, Milano, 2012; Marasà, L’imprenditore, in Il Codice Civile, Commentario, fondato e già diretto da Schlesinger, continuato da Busnelli e Ponzanelli, Milano, 2021; Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Società, Bologna, 2021; Salvatore, Le riserve indivisibili e la copertura di perdite, in Cooperative e consorzi 2005, 363; Santagata, Le società con scopo mutualistico, in Aa. Vv. Diritto commerciale, III, a cura di M. Cian, Torino, 2020; Stagno D’Alcontres-De Luca, Le società, III, Torino 2019; Tatarano, La nuova impresa cooperativa, Milano, 2011; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018. |