Codice Civile art. 2545 sexies - Ristorni (1).

Stefano Schirò

Ristorni (1).

[I]. L'atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici.

[II]. Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all'attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche.

[III]. L'assemblea può deliberare la ripartizione (2) dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l'emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2525, ovvero mediante l'emissione di strumenti finanziari.

(1) V. nota al Titolo VI.

(2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

Inquadramento

Il vantaggio mutualistico può essere conseguito direttamente , in modo immediato , qualora all'atto dello scambio dei beni o servizi con i soci la società cooperativa pratichi  condizioni più vantaggiose di quelle  mercato, oppure indirettamente , in modo differito , facendo conseguire ai soci, successivamente allo scambio mutualistico effettuato a condizioni identiche a quelle di mercato , il vantaggio di cui essi non hanno beneficiato, in tutto o in parte, all'atto dello scambio stesso, tramite i cosiddetti ristorni , ossia somme di denaro che la cooperativa restituisce ai soci periodicamente , di norma dopo l'approvazione del bilancio di esercizio , in proporzione ai rapporti di scambio intercorsi con la cooperativa stessa e non in proporzione al capitale sottoscritto (B ASSI , Delle imprese cooperative, 646 ; M arasà , L'imprenditore, 28 ). I ristorni costituiscono, quindi, un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa ( cooperative di consumo ), oppure un'i ntegrazione della remunerazione o retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni dei soci ( cooperative di produzione e di lavoro ) (C AMPOBASSO , 633). La distribuzione o meno del ristorno è una scelta di grande rilievo, che porta la cooperativa a privilegiare la remunerazione dello scambio mutualistico, questa volta in via indiretta ristornando l'utile, o a preferire l'accumulazione dell'utile stesso a riserva, per garantire ai soci cooperatori attuali la prosecuzione dello scambio mutualistico nel tempo, patrimonializzando la cooperativa. La scelta spetta ai soci, in quanto la deliberazione, su proposta degli amministratori, è di loro spettanza. In ogni caso l'attribuzione del ristorno costituisce una discrezionale determinazione dell'assemblea e ad essa non corrisponde, come rilevato anche nella Relazione alla riforma del diritto societario, alcun diritto del socio alla percezione del vantaggio mutualistico ( V ELLA -G ENCO -M ORARA , 124 ). Infatti, i ristorni costituiscono vantaggi mutualistici differiti     a fine esercizio e pertanto, affinché possa sorgere nel socio un vero e proprio diritto soggettivo al riguardo, è necessario che sia intervenuta una deliberazione dell'assemblea in sede di approvazione del bilancio ( C ECCHERINI - Schirò, 208) e quindi dopo che si è accertato il risultato di esercizio (P RESTI -R ESCIGNO , 599 ). Si è però anche osservato che nelle cooperative è demandato all'autonomia statutaria di determinare la situazione soggettiva dei soci ai fini della fruizione dei beni o dei servizi prodotti dalla società e in generale di disciplinare le condizioni dello scambio mutualistico, con l'unico limite legale costituito dal rispetto della regola della parità di trattamento . In caso di mancanza di regole statutarie o regolamentari che stabiliscano se i soci siano obbligati all'instaurazione degli scambi, oppure abbiano il diritto  di instaurarli, e quale sia la situazione della cooperativa, si potrebbe far ricorso  all'interpretazione complessivo dello statuto o del regolamento e, qualora ciò non sia sufficiente, si dovrebbe tendenzialmente escludere  che i soci possano vantare un diritto alla fruizione ma anche che siano obbligati ad avvalersi della gestione del servizio mutualistico ( M arasà , L'imprenditore, 27, nota 54). In particolare, la configurazione in generale di un diritto del socio alla distribuzione dei ristorni, con corrispondente obbligo della cooperativa a distribuire ai soci tutte le eccedenze derivanti dalla gestione mutualistica contrasterebbe con ovvie esigenze di efficienza e conservazione dell'impresa (C AMPOBASSO , 633; CE CCHERINI - Schirò, 208 ).

 Nel caso che la disciplina statutaria preveda un obbligo di attribuzione del ristorno in favore dei soci da parte della cooperativa, si determina una situazione vincolata a carico  dell'assemblea, la cui discrezionalità resta così limitata dallo statuto, fermo restando che l'attribuzione del ristorno deve sempre trovare corrispondenza e capienza in un saldo positivo della gestione dell'impresa (P RESTI -R ESCIGNO , 599), in quanto il ristorno non può determinare una perdita di esercizio (S ANTAGATA , 860; V ELLA -G ENCO -M ORARA , 128).

Secondo una opinione, i ristorni non rappresentano un debito nei confronti dei soci, ma configurano una modalità di ripartizione dell'utile alternativa a quella del dividendo e coerente con lo scopo mutualistico (M arasà , L'imprenditore, 29-30, nota 60) e vanno distribuiti al netto degli accantonamenti a riserva legale e ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (S TAGNO D'A LCONTRES -D E L UCA , 843). In base ad un diverso orientamento i ristorni sono accomunati agli utili solamente per il carattere dell'aleatorietà, in quanto la cooperativa può distribuirli solo se la gestione mutualistica dell'impresa si è conclusa con un'eccedenza dei ricavi rispetto ai costi (C AMPOBASSO , 633; F ARENGA , 524), ma si distinguono dagli utili, in quanto non costituiscono una remunerazione del capitale e non sono perciò distribuiti in proporzione al capitale conferito da ciascun socio, ma sono uno strumento per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (F ARENGA , ivi). Secondo un'ulteriore differente opinione, l'alternativa tra << ristorno-costo >> e << ristorno utile >> dipende dall'ambivalenza del ristorno sotto il profilo    contabile , nel senso che esso, pur essendo necessariamente determinato sulla base dell'utile di esercizio, si configura come componente negativa della gestione mutualistica, sotto forma di minor ricavo nelle cooperative di consumo o di maggior costo nelle cooperative di produzione e lavoro. Ma si tratta, comunque, di due tecniche di raffiguraz i one contabile sostanzialmente equivalenti (V ELLA -G ENCO -M ORARA , 126-127). Si riscontra una maggiore convergenza di opinioni sul fatto che la distribuzione dei ristorni non è subordinata al presupposto della esistenza delle proporzioni tra patrimonio netto e complessivo indebitamento, stabilita dall'art. 2545- quinquies , comma 2 (al cui commento si rinvia), per la distribuzione di dividendi, acquisto di azioni proprie e divisione delle riserve (B ASSI , Principi generali, 52 ; C AMPOBASSO, 633 ; M arasà , L'imprenditore, 29-30, nota 60 ). Si è anzi sottolineato come le condizioni per la distribuzione dei ristorni siano più favorevoli di quelle previste per i dividendi, in quanto, oltre a non essere richiesta alcuna proporzione tra patrimonio netto e indebitamento complessivo della società, non è previsto neppure un limite massimo per detta distribuzione ( B ASSI , ivi; De Stasio, 446; M arasà , L'imprenditore, ivi ).

L'articolo in commento detta quattro regole fondanti la disciplina dei ristorni: a) il ristorno viene ripartito tra i soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici; b) i criteri di ripartizione devono essere fissati nell'atto costitutivoc) onde distribuire ristorni, le società cooperative che svolgono attività con i terzi o che attuano più gestioni mutualistiche, devono adottare un sistema di contabilità separata; d) i ristorni possono essere attribuiti ai soci anche mediante imputazione degli stessi a capitale o a riserva (Tatarano, 528).

È legittimo chiedersi se sia possibile nel nuovo ordinamento cooperativo escludere con apposita clausola statutaria la ripartizione dei ristorni. Secondo un orientamento, se il ristorno è la misura dell'efficacia mutualistica della cooperativa, sarebbe come ammettere l'esistenza di enti mutualistici che per legge perseguono la mutualità ma che statutariamente si impongono di non perseguire la medesima causa (Bonfante, 2628). Una clausola siffatta, analogamente ad altra che escluda la ripartizione degli utili (dovendosi intendere con questa espressione ricomprese le utilità tratte dalla gestione non mutualistica) andrebbero invece, secondo altri, nel senso del rafforzamento della struttura patrimoniale della società, senza che quest'ultima perda di per sé quel tasso di mutualità che può essere goduto dal socio all'atto stesso dello scambio (Dabormida,670).

E' stato osservato che, a differenza del dividendo corrisposto sul capitale conferito, che può seguire una logica  di tipo quantitativo, nel ristorno è sempre presente una valutazione di tipo qualitativo, come si evince dall'art. 2521, n. 8, che esprime l'obbligo statutario  di definire  <<i criteri per la ripartizione dei ristorni>>, e dall'articolo in commento, che ribadisce la stessa necessità, specificando la duplice valenza del criterio di ripartizione quantitativo e qualitativo (VELLA -GENCO -MORARA , 125).

In tema di scopo di lucro e di ristorni , con i connessi profili del trattamento fiscale agevolato delle società cooperative e della possibile violazione della normativa in tema di aiuti di stato (art. 107, Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea- TFUE) la Corte di giustizia europea, con una prima pronuncia, ha affermato essere necessario valutare nello specifico il carattere selettivo delle esenzioni fiscali di cui trattasi, nonché la loro eventuale giustificazione alla luce della natura o della struttura generale del sistema tributario nazionale nel quale si inseriscono, stabilendo, segnatamente, se le società cooperative parti in causa si trovino di fatto in una situazione analoga a quella di altri operatori costituiti in forma di società a scopo di lucro e, qualora ciò si verifichi, se il trattamento fiscale più favorevole riservato alle menzionate società cooperative sia, da un lato, inerente ai principi fondamentali del sistema impositivo vigente nello Stato membro interessato e, dall'altro, conforme ai principi di coerenza e di proporzionalità ( Corte di giustizia CE,  8 settembre 201, I, in procedimenti riuniti i da C-78/08 a C-80/08 , Min. Ec. Fin. e altri c. Paint Graphos Soc. coop. a r.l. e altri, in Racc. 2011, P. I – 7611).  La stessa Corte di giustizia, con ulteriore pronuncia, ha successivamente precisato che la nozione di organizzazioni o di associazioni «senza scopo di lucro», ai sensi dell'articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24, deve essere strettamente circoscritta alle organizzazioni e alle associazioni che non perseguono alcun fine di lucro e che non possono procurare alcun utile, neppure indiretto, ai loro membri. Di conseguenza, qualora i membri di un'associazione o di un'organizzazione possano ottenere un utile, anche indiretto, correlato alle attività di tale associazione o di tale organizzazione, detta associazione o detta organizzazione non può rientrare nell'ambito di applicazione dell'eccezione prevista all'articolo 10, lettera h), della direttiva UE 2014/24 del 26 febbraio 2014. In particolare, i ristorni sono uno strumento per attribuire un vantaggio ai soci di una cooperativa e l'esistenza di siffatta possibilità di distribuzione di <<utili>> dovrebbe ostare alla qualificazione di associazione senza scopo di lucro ai sensi dell'art. 10, lett. h) della direttiva 2014/24 UE(Corte di giustizia UE, 7 luglio 2022, VIII, in cause riunite 213/2021 e 214/2021, Italy Emergenza Coop. Sociale contro ASL Barletta-Andria-Trani e altri, in Racc. 2022-532).

Anche la Corte di cassazione si è pronunciata sui principi che regolano i ristorni, sia per quel che riguarda aspetti di rilevanza tributaria, sia per quel che concerne la differenza con gli utili. Si è così affermato che nelle  cooperative  agricole , in relazione alle quali sia previsto che il vantaggio mutualistico venga attribuito sotto forma di maggiori compensi per i conferimenti dei prodotti agricoli ed ittici, i  ristorni  ripartiti ai soci conferenti in conformità dell'atto costitutivo soggiacciono a fatturazione o ad autofatturazione , in quanto, essendo volti a conguagliare corrispettivi sinallagmaticamente spettanti a detti soci a chiusura d'esercizio per la loro partecipazione all'attività sociale, anche con riferimento ad essi trova applicazione l'art. 34, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass, V, ord., 30 agosto 2022, n. 25495) .

In tema di agevolazioni tributarie a favore di società  cooperative , si è ritenuto che - secondo i vincolanti criteri interpretativi dettati dalla Corte di giustizia (sentenza 8 settembre 2011, cause riunite C-78/08 e C-80/08) - il giudice nazionale deve valutare il carattere selettivo e la giustificazione, alla luce della struttura generale del sistema tributario nazionale, delle esenzioni fiscali di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 601 del 1973, costituenti un "aiuto di Stato", verificando se effettivamente i beneficiari siano enti a finalità mutualistica, se operino nell'interesse economico dei soci con cui intrattengano una relazione non solo commerciale, ma personale, in cui essi partecipino attivamente e abbiano diritto a un'equa ripartizione dei risultati economici. (Fattispecie relativa a  cooperativa  di produzione e lavoro in cui la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, ritenendo necessaria la considerazione complessiva e coordinata della natura e delle modalità di svolgimento dell'attività svolta dalla  cooperativa , onde escludere, a fronte di  ristorni  ai soci , deviazioni dal concetto di mutualità, con conseguente necessità di verifica del rispetto dell'art. 2545-sexies c.c. e delle previsioni statutarie contenute nell'atto costitutivo) (Cass., V, ord., n. 34343/ 2019. Conf. Cass., V, n. 3653/2015).

In tema di ristorni e di differenze con gli utili, la S.C.  ha stabilito  che nella  società cooperativa, i cosiddetti ristorni - da tenere distinti dagli utili in senso proprio, che in quanto remunerazione del capitale sono distribuiti in proporzione ai conferimenti effettuati da ciascun socio - costituiscono uno degli strumenti tecniciper attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore retribuzione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa, traducendosi in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa (nel caso delle cooperative di consumo), ovvero in integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni del socio (nelle cooperative di produzione e lavoro) (Cass. I, n. 10641/2015).

Secondo il medesimo orientamento, i giudici di legittimità hanno affermato in precedenza, con più risalente pronuncia, che nella società cooperativa, i cosiddetti "ristorni" vanno tenuti distinti dagli utili in senso proprio, pur avendo con essi in comune la caratteristica della aleatorietà (in quanto la società può distribuirli solo se la gestione mutualistica dell'impresa si chiuda con un'eccedenza dei ricavi rispetto ai costi). Mentre, infatti, gli utili costituiscono remunerazione del capitale e sono perciò distribuiti in proporzione al capitale conferito da ciascun socio, i "ristorni" costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore retribuzione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa, traducendosi in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa (nel caso delle cooperativa di consumo), ovvero in un'integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni del socio (nelle cooperative di produzione e lavoro). Stante tale diversità, alle somme da distribuire eventualmente ai soci a titolo di ristorno non sono applicabili le limitazioni poste dalla legge alla distribuzione degli utili) (Cass. I, n. 9513/1999).

Anche la giurisprudenza di merito si è pronunciata in tema di ristorni. Al riguardo si è affermato che la distribuzione da parte del consorzio delle eccedenze di gestione mediante la tecnica del ristorno, vale a dire mediante l'attribuzione di somme di denaro con cadenza periodica ai consorziati in proporzione ai rapporti derivati dagli scambi regolati da strumenti consortili non è da considerarsiin contrasto con il divieto statutario di distribuzione degli utili ai medesimi consorziati e con lo scopo mutualistico dell'ente. Tale assunto è ulteriormente suffragato da quanto stabilito ex lege per le società cooperative, anch'esse connotate da scopo mutualistico, a norma degli articoli 2521, comma 3, n. 8, c.c., e 2545 sexies c.c., secondo cui “l'atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici”, distinguendo implicitamente il concetto dei ristorni da quello degli utili. Tale principio è estensibile, avuto riguardo all'attività concretamente svolta, anche alle società consortili (Trib. Milano, 10 dicembre 2014).

 

I criteri statutari di ripartizione dei ristorni

Il primo comma dell’articolo in commento stabilisce che l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici. Si ritiene che sussista un obbligo di disciplina statutaria dei ristorni (BASSI, 646), come confermato anche dal disposto dell’art. 2521, comma 2, n. 8. Il duplice riferimento  alla quantità e alla qualità, anche se impreciso dal punto di vista lessicale, considerato che è difficile  una proporzione parametrata alla qualità, rivela che lo scambio mutualistico  non è da considerare tutto uguale, in quanto non si differenzia solo in relazione alla sua quantità, ma può avere diverse qualità e consistere quindi in rapporti tra socio e cooperativa, che la cooperativa stessa può valutare diversi, disponendoli secondo una scala di valori, e determinandosi a premiare con un più alto ristorno  non solo il socio che intrattiene con la cooperativa rapporti di scambio più frequenti o intensi, ma anche quello che effettua scambi giudicati qualitativamente superiori, cioè maggiormente aderenti a criteri di valore che la comunità dei soci cooperatori ha scelto di condividere. Quindi la natura della società a scopo mutualistico consente una redistribuzione dell’utile ancorata a criteri non economici o finanziari, ma di valore (VELLA-GENCO-MORARA, 125-126). In dottrina è stata prospettata l’esigenza di inserire nell’atto costitutivo e negli eventuali regolamenti dettagliate regole di autonomia privata, adeguate alla realtà economica e finanziaria, alla storia, alla base sociale e agli scopi della singola impresa cooperativa, in particolare per quanto riguarda l’individuazione del criterio matematico specifico da utilizzare per la ripartizione del ristorno tra i soci, sul calcolo dell’avanzo di gestione disponibile per l’attribuzione del ristorno stesso e su eventuali limiti nella sua attribuzione (DE STASIO, 450-452).

I ristorni e il bilancio

Nel secondo comma della disposizione in commento si stabilisce che, per evitare confusioni tra utili e ristorni - frequenti in passato, quando la cooperativa non manteneva contabilità distinte per l’attività con i soci  e per quella con i terzi (CAMPOBASSO, 634) -, impedire il rischio della ripartizione sotto forma mutualistica di proventi derivati dall’attività speculativa con terzi (VELLA-GENCO-MORARA, 128) e poter accertare che effettivamente i ristorni siano calcolati proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici (PRESTI-RESCIGNO, 610), nel bilancio i dati relativi all’attività svolta con i soci devono essere riportati separatamente, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche, secondo il criterio delle c.d. gestioni separate (BASSI, Delle imprese cooperative, 647). Ciò comporta che la stessa contabilità dell’impresa sia organizzata in modo tale da poter registrare questi dati (CECCHERINI-Schirò, 208-209). Si è però sostenuto che da questa prevista separazione contabile dei dati relativi all’attività svolta con i soci  non può argomentarsi che il saldo attivo dell’attività mutualistica  debba essere evidenziato in bilancio  distintamente dall’utile  complessivo dell’esercizio, con la conseguenza che il ristorno, pur costituendo un metodo mutualistico di distribuzione basato sulla proporzione con la quantità e la qualità degli scambi mutualistici, può attingere da un utile nel quale, se la cooperativa  ha rapporti anche con i terzi, possono confluire e confondersi sia i saldi attivi dell’attività mutualistica con i soci sia i saldi dell’attività con i terzi. Partendo dalla premessa dell’unitarietà dell’utile, ne discende che non può procedersi a ripartizione dei dividendi  se non è possibile anche una distribuzione di ristorni, in quanto la distribuzione in forma di ristorno può giovarsi del risultato dell’attività con i terzi e, specularmente, la distribuzione in forma di dividendo può giovarsi dell’attività svolta con i soci, con la conseguenza  che, se venisse data priorità alla distribuzione dei dividendi e nulla residuasse per i ristorni,  lo scopo mutualistico egoistico sarebbe del tutto vanificato (Marasà, Problemi, 14-15). In senso conforme,  si è sostenuto che è distribuibile come ristorno non già solo ciò che proviene dalla gestione mutualistica con i soci, bensì tutto l’utile formato dalla cooperativa; in questa accezione, il ristorno  è solo una diversa tecnica distributiva dell’utile e, poiché la legge pone limitazioni distributive solo in relazione ai dividendi (artt. 2521 e 2545-quinquies), la ripartizione di utili attraverso ristorni  non dovrà reputarsi limitata alle sole risorse provenienti dalle gestioni mutualistiche. Va escluso peraltro che possano essere ripartiti ristorni tra i non soci, anche se hanno partecipato agli scambi mutualistici, o tra i soci che non abbiano preso parte a tali scambi (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 844).

 

La capitalizzazione del ristorno

L'ultimo comma stabilisce che l'assemblea può deliberare la distribuzione dei ristorni a ciascun socio negli stessi modi  già previsti  a proposito delle riserve divisibili dall'art. 2545-quinquies e precisamente mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l'emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall'art. 2525, ma senza l'obbligo del rispetto del limite  del venti per cento del valore originario, imposto  per l'assegnazione delle riserve disponibili dall'art. 2545-quinquies, comma 3,  o mediante l'emissione di strumenti finanziari (CECCHERINI-Schirò, 209). La norma, applicabile in assenza di preclusioni statutarie (Marasà, Problemi, 14), ma anche significative disposizioni fiscali, quali l'art. 3, comma 2, lett. b), l. 3 aprile 2001, n. 142 e l'art. 6, comma 2, d.l. 15 aprile 2002, n. 63, convertito con modificazioni  dalla l. 15 giugno, n. 112, hanno l'evidente obiettivo di contemperare la corresponsione ai soci dei proventi mediante criteri prettamente mutualistici con l'incentivo alla capitalizzazione delle cooperative (VELLA-GENCO-MORARA, 129).  In base alla norma in esame, i soci cooperatori più attivi negli scambi mutualistici possono beneficiarne anche sul piano capitalistico, attraverso il mutamento delle proporzioni fra le quote di capitale, che può determinarsi tramite un aumento gratuito di capitale commisurato alla quantità e alla qualità degli scambi (Marasà, ivi).

 

Bibliografia

Bassi, Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici, in Il Codice Civile, Commentario, diretto da Schlesinger, artt. 2511-2548, Milano, 1988; Id. Principi generali della riforma delle società cooperative, Milano, 2004; Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Milano, 2020; Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa. Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; ; Dabormida, Mutualità e ristorni nei consorzi con attività esternaSoc. 2015, 674;De Stasio, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2007; Farenga, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2022; Marasà, Problemi della legislazione cooperativa e soluzioni della riforma, in Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, Padova, 2004; Id., L’imprenditore, in Il Codice Civile, Commentario, fondato e già diretto da Schlesinger, continuato da Busnelli e Ponzanelli, artt. 2082-2083, Milano, 2021; Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Società, Bologna, 2021;, Santagata, Le società con scopo mutualistico, in Aa. Vv., Diritto commerciale, III, a cura di M. Cian, Torino, 2020; Stagno D’Alcontres-De Luca, Le società, III, Torino 2019; Tatarano, La nuova impresa cooperativa, Milano, 2011; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018.  

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