Codice Civile art. 2545 decies - Trasformazione (1).Trasformazione (1). [I]. Le società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente possono deliberare, con il voto favorevole di almeno la metà dei soci della cooperativa, la trasformazione in una società del tipo previsto dal titolo V, capi II, III, IV, V, VI e VII, o in consorzio. [II]. Quando i soci sono meno di cinquanta, la deliberazione deve essere approvata con il voto favorevole dei due terzi di essi. Quando i soci sono più di diecimila, l'atto costitutivo può prevedere che la trasformazione sia deliberata con il voto favorevole dei due terzi dei votanti se all'assemblea sono presenti, personalmente o per delega, almeno il venti per cento dei soci. [III]. All'esito della trasformazione gli strumenti finanziari con diritto di voto sono convertiti in partecipazioni ordinarie, conservando gli eventuali privilegi. (1) V. nota al Titolo VI. InquadramentoSi pone il problema della compatibilità o meno dell'istituto della trasformazione con la disciplina delle società cooperative. L'opinione più restrittiva fonda le proprie ragioni sulla profonda e strutturale diversità tra società cooperative e società ordinarie e, soprattutto, sulla sostanziale inconciliabilità dello scopo mutualistico con quello di lucro. A tal proposito occorre citare l'art. 14, della l. 17 febbraio 1971 n. 127 che ha posto il divieto di trasformazione delle società cooperative in società ordinarie, anche se deliberate all'unanimità. Il legislatore, nel disciplinare tale ultimo tipo di trasformazione, ha però lasciato senza soluzione il caso inverso e, cioè, la possibilità di trasformazione della società ordinaria in cooperativa. Nella medesima prospettiva, anche l'art. 26 della legge Basevi stabilisce che, se la cooperativa intende usufruire di agevolazioni fiscali, in caso di scioglimento, deve devolvere l'intero patrimonio sociale, dedotto il capitale versato ed i dividendi eventualmente maturati, a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico. Le motivazioni che sottendono la norma esaminata sono soprattutto tese ad evitare che i soci, utilizzata la formula societaria in forma cooperativa e, quindi, le agevolazioni e i privilegi conseguenti, abbandonino, per calcoli puramente personali e speculativi, la struttura societaria inizialmente prescelta per poi riappropriarsi del capitale, sottraendolo in tal modo al mondo cooperativo (Bassi, 322). La l. 3 ottobre 2001, n. 366 e la disciplina introdotta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 si ispirano a tendenze diverse dalla precedente normativa ed è evidente, da una prima lettura, che il legislatore ha mostrato uno spirito più aperto e favorevole all'adozione dell'istituto della trasformazione seppur con precisi limiti. Viene prevista, infatti, un'ampia gamma di possibilità di trasformazione fra tutti gli enti di tipo associativo, indipendentemente dalla causa che li contraddistingue e dalle loro caratteristiche intrinseche. In particolare, e ciò costituisce la vera novità, viene superato il vecchio principio contenuto nell'art. 2498 c.c. (oggi art. 2500 c.c.), secondo il quale era possibile giungere ad una trasformazione tra sole società di tipo lucrativo, per approdare ad un tipo di trasformazione, c.d. eterogenea, e cioè di società di capitali in consorzi, in società cooperative, associazioni non riconosciute e fondazioni, secondo quanto previsto dall'art. 2500-septies c.c. e dall'art. 2500-octies c.c. Va segnalato, per il particolare interesse, il divieto per le fondazioni bancarie, che abbiano ricevuto contributi pubblici oppure liberalità, di trasformarsi in società di capitali (Genco, 345). Infine, le banche di credito cooperativo, quali società cooperative a mutualità prevalente, ai sensi dell'art. 223-terdecies disp. att. c.c. possono accedere alla disciplina della trasformazione, nei limiti dell'art. 17, l. 23 dicembre 2000 n. 388, che impone la devoluzione del patrimonio indivisibile da parte della cooperativa trasformata. Un'eccezione al divieto generale di trasformazione in società lucrative, che trova applicazione nel solo caso di crisi dell'impresa con la necessaria tutela dei creditori sociali, è quella che consente alla Banca d'Italia, in presenza di determinati presupposti, di autorizzare fusioni tra banche di credito cooperativo e banche di altra natura, da cui risultino banche popolari o banche costituite in forma di società per azioni (Genco, 347). La devoluzione del patrimonio residuo di cui all'art. 11, comma 5, l. n. 59 del 1992, come interpretato dall'art. 17 l. n. 388 del 2000, si applica anche alle fusioni riguardanti banche di credito cooperativo, operando l'obbligo anche con riferimento vicende societarie nelle quali manchi una liquidazione, dovendosi altresì ritenere manifestamente infondata la questione di costituzionalità menzionata dal menzionato art. 17 l. n. 388/2000 sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto scelta discrezionale del legislatore volta a bilanciare finalità contrastanti: garantire, mediante le fusioni, la stabilità del sistema creditizio e tutelare e promuovere la mutualità. Va osservato che la riforma opera una netta distinzione fra cooperative a mutualità prevalente e cooperative diverse. L'art. 223- quaterdeciesdisp. att. c.c. ha chiarito inoltre che «nelle cooperative che hanno adottato e osservano le clausole previste dall'art. 14, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 alla data dell'1 gennaio 2004, la deliberazione di trasformazione deve devolvere il patrimonio in essere alla data della trasformazione» e ha disciplinato il relativo procedimento dettandone le modalità. Possono inoltre trasformarsi, come statuito dal successivo art. 223-quinquiesdecies disp. att. c.c., anche le cooperative che, alla data dell'1 gennaio 2004, hanno adottato le clausole previste dall'art. 14, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. Le delibere di trasformazione dovranno essere assunte con le maggioranze previste dall'art. 2545-decies senza che trovi applicazione la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici. Infine, in ordine alle cooperative di credito va ricordato che attualmente viene regolata dal nuovo testo unico bancario (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385). Le banche di credito cooperativo, in deroga alla disciplina generale delle cooperative, possono attuare la fusione con banche di diversa natura, con l'autorizzazione della Banca d'Italia (Ferrucci, Ferrentino, 2073). Le modalità della trasformazioneIn merito alle modalità in cui deve realizzarsi la trasformazione la norma espressamente prevede le maggioranze necessarie per l'assunzione della deliberazione dell'assemblea straordinaria. Ai sensi del primo comma, la delibera deve essere adottata con il voto favorevole di almeno la metà dei soci. Ai sensi del secondo comma, se i soci sono più di cinquanta, è necessario il voto favorevole di due terzi dei soci; se i soci sono più di dieci mila, l'atto costitutivo può prevedere che la trasformazione sia deliberata col voto favorevole dei due terzi dei votanti in presenza, personalmente o per delega, di almeno il 20% dei soci. Per quanto concerne gli effetti della trasformazione sulla compagine societaria, l'ultimo comma dell'articolo in commento dispone che se la cooperativa abbia emesso strumenti finanziari ai sensi dell'art. 2526 c.c. con attribuzione del diritto di voto, tali strumenti siano convertiti in partecipazioni ordinarie conservando eventuali privilegi. Qualora si dovesse ritenere che i suddetti strumenti finanziari non avessero attribuito già di per loro al proprio titolare una partecipazione al capitale della cooperativa trasformanda, a servizio della trasformazione, occorrerà deliberare contestualmente un aumento di capitale, essendo questa l'unica via per consentire l'attuazione dell'articolo 2545-decies, comma 3 (Tatarano, 629). I soci che non hanno concorso alla deliberazione riguardante la trasformazione potranno esercitare il diritto di recesso rispettivamente ai sensi degli art. 2437 c.c. per le cooperative disciplinate dalle norme sulla s.p.a., art. 2473 c.c. per quelle disciplinate dalle norme sulla s.r.l. Gli effetti della trasformazione si produrranno decorsi 60 giorni dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti dalla legge. In base all'art. 150-bis, comma 2, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, così come sostituito dal d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, giusta legge di conversione 24 marzo 2015, n. 33, il presente articolo non si applica alle banche popolari (Bonfante, 714). BibliografiaBassi, Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici, in Comm. S., Milano, 1988; Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Ferrucci, Ferrentino, Società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici, Milano, 2012; Genco, La trasformazione delle cooperative e la devoluzione ai fondi mutualistici, in La riforma delle società cooperative, a cura di Genco, Milano, 2003; Tatarano, La nuova impresa cooperativa, Milano, 2011. |