Codice Civile art. 2545 quinquiesdecies - Controllo giudiziario (1).Controllo giudiziario (1). [I]. I fatti previsti dall'articolo 2409 possono essere denunciati al tribunale dai soci che siano titolari del decimo del capitale sociale ovvero da un decimo del numero complessivo dei soci, e, nelle società cooperative che hanno più di tremila soci, da un ventesimo dei soci. [II]. Il ricorso deve essere notificato a cura dei ricorrenti anche all'autorità di vigilanza. [III]. Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori, i sindaci e l'autorità di vigilanza, dichiara improcedibile il ricorso se per i medesimi fatti sia stato già nominato un ispettore o un commissario dall'autorità di vigilanza. [IV]. L'autorità di vigilanza dispone la sospensione del procedimento dalla medesima iniziato se il tribunale per i medesimi fatti ha nominato un ispettore o un amministratore giudiziario. (1) V. nota al Titolo VI. InquadramentoNel vigore del codice civile del '42, l'applicabilità o meno alle società cooperative del controllo giudiziario di cui all'art. 2409 c.c. è sempre stata controversa. Il problema nasceva, in primis, dallo stesso codice civile, poiché l'art. 2516 c.c., richiamando le disposizioni sulla società per azioni, faceva, indirettamente riferimento anche all'art. 2409 c.c., e quindi alla possibilità del controllo giudiziario e alla conseguente nomina di un amministratore giudiziario in caso di constatate gravi irregolarità, mentre l'art. 2543 c.c. prevedeva che, in caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l'autorità governativa alimentare i dubbi, si aggiungevano le norme previste dal d.lgs.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577 e la l. 31 gennaio 1992, n. 59 oltre alle varie previsioni di leggi speciali per alcune categorie di cooperative (quali quelle di credito, di assicurazione, agricole e edilizie) norme che, per un verso, integravano quanto previsto dall'art. 2543 c.c., per l'altro verso, disciplinavano in modo specifico la materia dei controlli. La dottrina pressoché dominante propendeva per l'inammissibilità del controllo giudiziario di cui all'art. 2409 c.c., facendo leva, essenzialmente sull'incompatibilità di un concorrente controllo di due diverse autorità, quella amministrativa e quella giudiziaria, su una medesima fattispecie e, sulla completezza del sistema di controlli sulla gestione delle cooperative previsto dagli artt. 2542 ss. c.c., nonché dalla l. 31 gennaio 1992, n. 59 (Bonfante, 1229; Verrucoli, 356). Si sosteneva in particolare che non poteva non vedersi nell'insieme di poteri e di possibili provvedimenti di cui all'art. 2409 c.c., un duplicato di quelli demandati all'autorità amministrativa, dagli artt. 2542 ss. c.c. e dalle leggi speciali, duplicato dal quale potrebbero discendere situazioni di conflitto insanabili tra le due autorità in ordine alla disparità di provvedimenti adottati, basti pensare alla corrispondenza tra l'ispezione di cui all'art. 2409 c.c. e l'ispezione straordinaria prevista dall'art. 2, d.lgs.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, nonché tra l'amministratore giudiziario ex art. 2409 c.c. e il commissario governativo di cui all'art. 2543 c.c. (Bonfante, 1245). Inoltre, si rilevava che i poteri conferiti all'autorità giudiziaria dall'art. 2409 c.c. sono inferiori per ampiezza, continuità ed efficacia a quelli attribuiti all'autorità di vigilanza con la conseguenza che un'eventuale coesistenza dei due sistemi di controllo si sarebbe tradotta in un'inammissibile diffidenza verso l'autorità di vigilanza (Verrucoli, 467). Non è mancato chi, pur prendendo atto dell'inapplicabilità de iure condito del controllo giudiziario alle società cooperative, ha rilevato che, alla luce dell'introduzione dei soci sovventori e delle azioni di partecipazione cooperativa (ad opera della l. 31 gennaio 1992, n. 59), e dei possibili esordi sui mercati regolamentati, l'assenza di una forma di tutela giudiziaria attivabile direttamente dai soci avverso le irregolarità gestorie appare particolarmente intollerabile e, comunque, rappresenta una remora oggettiva all'investimento in cooperativa. Il problema dell'applicabilità dell'art. 2409 c.c. non si pone più, invece, per le cooperative esercenti attività bancaria, dal momento che l'art. 70, comma 7, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 esclude testualmente l'applicabilità alle banche dell'art. 2409 c.c., prevedendo una disciplina ad hoc in caso di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri di amministratori e sindaci di banche (Bonfante, 712). Per quanto riguarda il procedimento di controllo giudiziario nelle società cooperative, la norma rinvia tout court alla disciplina dell'art. 2409 c.c. Si fa presente che l'art. 2409 c.c. è stato profondamente modificato dalla riforma: si è ristretta l'area delle irregolarità denunciabili, richiedendosi anche la potenzialità di danno per la società o a una o più società controllate; è stata ridotta notevolmente la legittimazione del P.M., prevista soltanto per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e, nel contempo si sono mantenute ferme le gravose condizioni della legittimazione al ricorso dei soci; si è escluso il ricorso al controllo giudiziario per le s.r.l. Le modifiche apportate, con tutta evidenza, se per un verso vanno salutate con favore, quantomeno per l'estensione della fattispecie alle società cooperative, per altro verso, alla luce del nuovo procedimento, come disciplinato dall'art. 2409 c.c., renderanno oltremodo gravoso il ricorso a questa forma di tutela prevista, in primis, per i soci di minoranza. Lo status di socio e la titolarità della percentuale indicata dalle diverse norme del codice civile costituiscono una condizione per la proposizione della denunzia al tribunale di cui all'art. 2409 che deve permanere intatta fino alla pronuncia anche nelle società cooperative ove, ai sensi del comma 2 dell'art. 2545-quinquiesdecies, il ricorso introduttivo deve essere notificato anche all'autorità di vigilanza. Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato improcedibile il ricorso ex art. 2409 c.c. proposto dal socio che, successivamente alla proposizione della denunzia al tribunale, era stato escluso dalla cooperativa per violazione dell'obbligo di non concorrenza (Trib. Roma 25 luglio 2014). L'art. 223-vicies, comma 2, disp. att. c.c., infine, prevede che «i procedimenti riguardanti società cooperative previsti dall'art. 2409 c.c., pendenti al 1 gennaio 2004, proseguono secondo le norme anteriormente vigenti». La norma è assolutamente poco chiara, quantomeno per il fatto che non è completata da una disposizione analoga a quella prevista dall'art. 223-novies, comma 2, disp. att. c.c., per le società lucrative, ovvero che «il tribunale ha il potere di dichiarare cessata la materia del contendere, qualora le modifiche introdotte comportano la sanatoria delle irregolarità denunciate» (Bonfante, 2677). Controllo giudiziario e controllo governativoCon l'art. 2545 quinquiesdecies, il legislatore delegato, in attuazione dell'art. 5, comma 2, lett. g, l. 3 ottobre 2001, n. 366 (l. delega), in netta controtendenza rispetto alla tesi propugnata dalla dottrina e giurisprudenza consolidata, ha previsto per tutte le società cooperative il controllo giudiziario di cui all'art. 2409 c.c. Non si può non vedere nella norma un eccesso di delega, infatti dal tenore lettera dell'art. 5, comma 2, lett. g), l. 3 ottobre 2001, n. 366, l'estensione alle cooperative del procedimento di cui all'art. 2409 c.c. è, con tutta evidenza, limitato alle sole cooperative diverse, mentre la disposizione della legge delegata trova inequivocabilmente applicazione nei confronti di tutte le società cooperative, a prescindere dal carattere prevalente o meno della mutualità (Bassi, 276). La stessa Relazione precisa infatti che si è optato per l'estensione del controllo giudiziario a tutte le cooperative, anche a quelle costituzionalmente riconosciute. In ogni caso, l'introduzione espressa del controllo giudiziario per le società cooperative, escluse quelle esercenti attività bancaria, ex art. 70, comma 7, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, è sicuramente un notevole passo avanti della riforma che va a colmare una lacuna del sistema, specialmente in seguito ai recenti interventi legislativi (l. 31 gennaio 1992, n. 59), che rendevano oltremodo necessaria una forma di tutela giudiziaria avverso le irregolarità gestorie, attivabile direttamente dai soci. In ordine alle irregolarità denunciabili e al relativo procedimento la disposizione richiama integralmente l'art. 2409 c.c., con la conseguenza che, alla luce del nuovo art. 2409 c.c., potrà essere oggetto di denuncia al tribunale il sospetto di gravi irregolarità nella gestione commesse da amministratori in violazione dei loro doveri, che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate (Bonfante, 713). Il rinvio all'art. 2409 c.c. fa sorgere qualche perplessità in ordine alla possibilità di denunciare il mancato perseguimento dello scopo mutualistico, in quanto il nuovo art. 2409 c.c. richiede la potenzialità dannosa che risulta difficilmente riscontrabile in un'ipotesi siffatta (Paolucci, 188). Con specifico riguardo alla nuova disciplina delle cooperative, integra, con tutta evidenza, il presupposto della grave irregolarità, la mancata ottemperanza da parte degli amministratori dell'obbligo previsto dall'art. 2515, comma 3 c.c., che impone alle cooperative a mutualità prevalente di indicare negli atti e nella corrispondenza il numero di iscrizione presso l'albo delle cooperative a mutualità prevalente. Nel vigore del codice del '42, le ragioni addotte contro l'applicabilità dell'art. 2409 c.c. alle cooperative trovavano il loro fondamento nella possibilità di duplicazione dei provvedimenti sanzionatori. Il legislatore delegato, nell'ammettere il ricorso al controllo giudiziario, riconosce implicitamente che l'esistenza di controlli concorrenti può creare situazioni di conflitto e, pertanto, si è preoccupato di individuare le coordinate essenziali del necessario coordinamento tra le due forme di controllo, dettando regole volte a scongiurare il rischio di un doppio concomitante controllo, amministrativo e giudiziario, sui medesimi fatti gestionali. Il criterio adottato è quello della prevenzione, nel senso che proseguirà il procedimento giudiziario o amministrativo, iniziato per primo. Infatti il comma 3, prevede che il tribunale dichiari improcedibile il ricorso se, per i medesimi fatti sia già stato nominato un ispettore o un commissario dall'autorità di vigilanza e, parallelamente, al comma 4, prevede che l'autorità di vigilanza dispone la sospensione del procedimento dalla medesima iniziato, se il tribunale, per i medesimi fatti, ha nominato un ispettore o un amministratore giudiziario. Risulta evidente che la prevenzione non è considerata in ragione dell'anteriorità del deposito e/o della notifica del ricorso o dell'atto del procedimento amministrativo di controllo, ma dalla priorità del provvedimento di controllo adottato; a prevalere, quindi, sarà il procedimento che per primo giunge alla nomina di un ispettore o di un incaricato della gestione (Di Cecco, 221; Bonfante, 291). La soluzione adottata, seppur condivisibile, non è limpidissima con riferimento alle modifiche apportate all'art. 2409 c.c. Non emerge, infatti, se la regola della prevenzione valga anche nell'ipotesi regolata dal nuovo art. 2409, comma 3 c.c., ossia quando il tribunale non ordina alcuna ispezione se l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità che si attivano senza indugio per accertare se le irregolarità sussistono e, in caso positivo, per eliminarle. Al problema sembra, comunque, doversi dare risposta negativa, dal momento che, nell'ipotesi di cui al comma 3, manca qualsivoglia provvedimento di nomina giudiziale (Di Cecco, 221). Non si può negare che nella realtà cooperativa, il controllo esercitato dall'Autorità di Vigilanza si colloca in una posizione di preminenza rispetto a quello esercitato dall'Autorità Giudiziaria, come precisato nella stessa Relazione. La preminenza emerge dallo stesso art. 2545-quinquiesdecies che, al comma 2, prevede l'obbligo per i ricorrenti di notificare il ricorso ex art. 2409 c.c. anche all'autorità di vigilanza e, dalla prescritta obbligatoria audizione dell'autorità di vigilanza di fronte al tribunale che deve sentire gli amministratori e i sindaci sui fatti denunciati, ai sensi del successivo comma 3. Infatti, in tal modo, l'autorità di vigilanza è messa nella condizione di poter medio tempore nominare un proprio ispettore, bloccando così il procedimento giudiziario. Deve, peraltro, ritenersi che la mancata notificazione del ricorso all'autorità di vigilanza renda improcedibile l'azione (Di Cecco, 221). La prevalenza emerge, altresì, dalla diversa terminologia adottata dall'art. 2545-quinquiesdecies, commi 3 e 4, nel disciplinare il criterio di prevenzione: mentre il tribunale deve dichiarare improcedibile il ricorso qualora l'autorità di vigilanza abbia già nominato un ispettore o un commissario, l'autorità di vigilanza è tenuta a disporre soltanto la sospensione del procedimento, se per i medesimi fatti, l'autorità giudiziaria ha nominato un ispettore o un amministratore giudiziari (Bonfante, 2675). L'ambito di applicazione e i soggetti legittimati all'azioneLa disposizione pone non pochi problemi interpretativi per quanto riguarda il suo ambito di applicazione. L'art. 2545-quinquiesdecies opera un rinvio integrale all'art. 2409 c.c., salvo quanto nello stesso previsto e il generico limite della compatibilità di cui all'art. 2519, comma 1 c.c., con la conseguenza che si pone il problema se la disciplina del controllo giudiziario sia applicabile alle cooperative che, obbligatoriamente, in quanto costituite da un numero di soci persone fisiche inferiore a otto (art. 2522, comma 2 c.c.), ovvero facoltativamente, per espressa previsione statutaria (art. 2519, comma 2 c.c.), adottano le regole della s.r.l. Infatti, il nuovo art. 2409 c.c. non è applicabile alle s.r.l., dal momento che la riforma non ha riprodotto la norma di cui al vecchio art. 2488, ultimo comma c.c. che ammetteva, appunto, il controllo giudiziario nelle s.r.l. prive di collegio sindacale (Bonfante, 2676). Per ragioni di coerenza con il sistema si propende per l'inapplicabilità dell'art. 2409 c.c. alle cooperative che adottano le regole previste per le s.r.l.; diversamente opinando, infatti, la norma sarebbe costituzionalmente inadeguata, dal momento che il controllo giudiziario verrebbe irragionevolmente escluso per le s.r.l. lucrative e, ammesso per quelle cooperative, violando sia il canone di uguaglianza, sia il favor costituzionale per la cooperazione ex art. 45, comma 1, Cost. ( Bonfante, 291). Non sono mancate voci che, in senso diametralmente opposto, hanno affermato l'applicabilità del controllo giudiziario alle società cooperative a responsabilità limitata, sulla base del fatto che né la delega, né il testo del nuovo art. 2545-quinquiesdecies lasciano spazio per operare distinzioni tra società cooperative per azioni e società cooperative a responsabilità limitata (Di Cecco, 224; Ambrosini, 380). Nel senso dell'applicabilità del controllo giudiziario alle società cooperative che adottano le regole previste per le s.r.l. è Trib. Catania 14 aprile 2005. La norma è poco chiara per quanto riguarda la legittimazione all'azione, dal momento che l'art. 2545-quinquiesdecies, comma 1, per un verso, opera un rinvio all'art. 2409 c.c. e, per altro verso, individua i soggetti legittimati nei soci titolari del decimo del capitale sociale, ovvero nel decimo del numero complessivo dei soci, e, nelle società cooperative che hanno più di tremila soci, in un ventesimo dei soci. Si pone, dunque, il problema se l'art. 2545-quinquiesdecies sostituisca o integri l'art. 2409 c.c. e quindi se la cerchia dei soggetti legittimati vada integrata con quelli previsti da quest'ultimo, ovvero i soci rappresentanti il ventesimo del capitale di rischio, nelle società che fanno appello al mercato del capitale di rischio, il collegio sindacale e, nelle cooperative che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il P.M. Al quesito sembra doversi dare risposta negativa per quanto riguarda la legittimazione dei soci che rappresentano il ventesimo del capitale di rischio nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 2409, comma 1 c.c.), in quanto, l'art. 2545-quinquiesdecies, comma 1, sembra fornire un'elencazione esaustiva in merito alla legittimazione dei soci, tant'è che per agevolare l'accesso alla tutela giudiziaria, ha espressamente previsto una diversa e inferiore percentuale, nelle cooperative con più di tremila soci. Al contrario, nessuna valida ragione porta ad escludere la legittimazione anche nelle cooperative, del collegio sindacale e, nelle cooperative che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, del P.M., ex art. 2409, copmma 7 c.c. Lo stesso rinvio alle norme sulle s.p.a., di cui all'art. 2519, comma 1 c.c., sembra consentire di ritenere tali legittimazioni pienamente compatibili con la disciplina delle cooperative, e lo stesso deve affermarsi per la facoltà concessa dall'art. 2409, comma 1 c.c., di ridurre statutariamente le percentuali di capitale necessarie per proporre la denuncia, al fine di assicurare una più ampia tutela delle minoranze (Bonfante, 2677; Di Cecco, 222). Infine, altro problema che si pone è se nell'ammontare “imponibile” del capitale sociale ai fini del calcolo della frazione stabilita per l'attivazione del procedimento di controllo giudiziario confluiscano anche gli apporti dei soci possessori di strumenti finanziari dotati di diritti amministrativi, che la rubrica dell'art. 2526 c.c. definisce soci finanziatori. Per dare risposta al problema occorre stabilire se gli apporti dei possessori di strumenti finanziari costituiscono conferimenti da imputare a capitale, unitamente a quelli dei soci cooperatori. Gli strumenti finanziari partecipativi delle cooperative, malgrado il rinvio alla disciplina prevista per le s.p.a. a norma dell'art. 2526, comma 1 c.c., sono strutturalmente diversi da quelli emessi dalle s.p.a., in primis in quanto non attribuiscono il diritto di voto nell'assemblea generale, né è consentita la libera trasferibilità del titolo (Bonfante, 719). BibliografiaAmbrosini, Il problema del controllo giudiziario nella s.r.l. tra tentazioni correttrici degli interpreti e dubbi di costituzionalità, in Giur. comm. 2005, I, 380; Bassi, Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici, in Comm. S., Milano, 1988; Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Desana, Sub art. 2545-sexiesdecies, in Il nuovo diritto societario, commentario, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, 2680; Di Cecco, Sub art. 2545-octiesdecies, in La riforma delle società. Commentario del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Società cooperative., a cura di M. Sandulli, V. Santoro, Torino, 2003; Paolucci, Le società cooperative, Milano, 1999; Racugno, Le società cooperative, in Tr. BU., Torino, 2006; Verrucoli, La società cooperativa, Milano, 1958, 464. |