Codice Civile art. 2530 - Trasferibilità della quota o delle azioni (1).

Stefano Schirò

Trasferibilità della quota o delle azioni (1).

[I]. La quota o le azioni dei soci cooperatori non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori.

[II]. Il socio che intende trasferire la propria quota o le proprie azioni deve darne comunicazione agli amministratori con lettera raccomandata.

[III]. Il provvedimento che concede o nega l'autorizzazione deve essere comunicato al socio entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

[IV]. Decorso tale termine, il socio è libero di trasferire la propria partecipazione e la società deve iscrivere nel libro dei soci l'acquirente che abbia i requisiti previsti per divenire socio.

[V]. Il provvedimento che nega al socio l'autorizzazione deve essere motivato. Contro il diniego il socio entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione può proporre opposizione al tribunale.

[VI]. Qualora l'atto costitutivo vieti la cessione della quota o delle azioni il socio può recedere dalla società, con preavviso di novanta giorni (2). Il diritto di recesso, in caso di divieto statutario di trasferimento della partecipazione, non può essere esercitato prima che siano decorsi due anni dall'ingresso del socio nella società.

(1) V. nota al Titolo VI.

(2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

Inquadramento

L’articolo in commento disciplina la circolazione inter vivos della quota o delle azioni dei soci cooperatori  secondo principi ispirati  al bilanciamento dei contrapposti interessi: quello del socio a dismettere  il vincolo sociale e quello della società a mantenere una compagine sociale costituita da soggetti che possiedano i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’ingresso nella cooperativa (Capo 256; Bonfante, 132; Bassi, 185). Salva diversa previsione dell'atto costitutivo della cooperativa, viene ad essere sancita la regola generale della libera trasferibilità delle partecipazione, ma l'opponibilità del trasferimento della quota o delle azioni alla società è, comunque, subordinata all'autorizzazione degli amministratori.

Anche rispetto  alla vicenda del trasferimento di quota o di azioni  da un socio a un soggetto diverso opera una clausola di gradimento ex lege in capo agli amministratori analoga a quella prevista dall’art.  2528 per l’ammissione del nuovo socio e dettata dalla stessa ragione di controllo della base associativa correlata alla natura mutualistica dell’impresa cooperativa. Infatti l’efficacia della cessione, totale o parziale, della posizione sociale è subordinata al gradimento del nuovo socio da parte degli amministratori, che devono in primo luogo verificarne i requisiti  soggettivi stabiliti dallo statuto. La legge introduce un temperamento alla discrezionalità degli amministratori, la cui decisione deve essere motivata e comunicata al socio richiedente entro sessanta giorni, decorsi i quali opera il silenzio assenso. La mancata autorizzazione è reclamabile davanti al tribunale. La differenza con la mera tutela endosocietaria della richiesta di ammissione come socio alla cooperativa (ricorso all’assemblea) è conseguente al fatto che nella fattispecie in esame la tutela opera anche nei confronti del socio che è intenzionato a trasferire la quota o le azioni (VELLA-GENCO-MORARA, 91).   

Il regime dell’autorizzazione, benché ancorato alla difesa delle finalità mutualistiche proprie della società cooperativa, può prestarsi ad un uso strumentale e talvolta abusivo  da parte degli amministratori, volto al consolidamento del loro potere, con potenziale pregiudizio dell’interesse del socio a liquidare il valore della propria partecipazione. Di conseguenza il legislatore, nel riconoscere il potere di gradimento come connaturato al fenomeno cooperativo, ha ritenuto di incidere sulle regole  procedurali al fine di garantire al socio e al terzo acquirente una maggiore tutela nei confronti di eventuali abusi del management (CHIEFFI, 262).

La cessione della quota o delle azioni, se non è autorizzata dagli amministratori, non ha effetto verso la società, ma solo tra le parti. Nelle banche popolari il trasferimento della partecipazione, comunque efficace tra alienante e acquirente, produce effetti sulla società con riferimento  ai diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute (art. 30, comma 6, d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385) anche in caso di rifiuto del placet, necessario invece per acquistare i diritti amministrativi (art. 30, comma 5, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 830-831). Si ritiene che detta regola, prevista dal legislatore per le banche popolari in ragione della tendenziale irrilevanza in tali banche della prestazione mutualistica,, non possa essere statutariamente adottata dalle altre cooperative,  nelle quali la partecipazione del socio cooperatore resta caratterizzata dallo scambio mutualistico  e dal ristorno come strumento di perequazione non capitalistica (CHIEFFI, 263).

Dalla disciplina del trasferimento inter vivos delle partecipazioni, discende che, senza l’autorizzazione degli amministratori, le azioni o la quota dei soci cooperatori non possa formare oggetto di pegno o di usufrutto (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 831).

Ove, infine, l’atto costitutivo della cooperativa vieti la cessione della partecipazione sociale, il socio è tutelato attraverso la concessione del diritto di recesso.

Stante il disposto del primo comma dell’articolo in commento, deve ritenersi che la partecipazione sociale dei soci finanziatori sia liberamente trasferibile (SANTAGATA, 846).

La validità dell'atto di cessione

Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte,  la quota o le azioni della società cooperativa non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori; tuttavia, la mancanza dell’autorizzazione degli amministratori determina un’efficacia solo relativa dell’atto di disposizione, che rimane valido ed efficace rispetto ai soggetti diversi dalla cooperativa, mirando la disposizione ad impedire che alla cooperativa siano imposti mutamenti non graditi delle persone dei soci (Cass. I, n. 21644/2011; Cass. I n. 6895/1995; Cass. I, n. 1610/1985; Trib. Potenza,  29 maggio 2018, n. 528).

Il negozio di trasferimento di quota di società cooperativa deve necessariamente avvenire mediante un atto a forma vincolata, redatto nella forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico. In particolare, una dichiarazione unilaterale del socio indirizzata al presidente della cooperativa affinché provveda all’intestazione della quota ad altra persona non costituisce atto di cessione di quota (App. L’Aquila, 15 settembre 2012).

La richiesta del socio e l'autorizzazione degli amministratori

Il procedimento trae impulso dall’iniziativa del socio (Capo, 258) il quale deve comunicare agli amministratori con lettera raccomandata la propria intenzione di cedere la partecipazione. Si ritiene che lo statuto possa possa prevedere altre modalità di trasmissione, purché sia garantita la possibilità di documentare la data di ricevimento da parte della società (CHIEFFI, 266) La comunicazione deve essere completa e, in particolare, deve indicare il nome dell’acquirente (Capo, 259; Racugno, 71; Ceccherini, 110; Bonfante, 134). In caso di comunicazione incompleta, secondo una parte della dottrina, gli amministratori potrebbero denegare l’autorizzazione (Callegari, 2517), mentre altri autori ritengono che essa non sarebbe idonea a dare avvio al decorso del termine fissato ai fini della comunicazione delle valutazioni degli amministratori (Chieffi,  ivi). Nei sessanta giorni successivi al ricevimento della comunicazione (termine questo perentorio, Bonfante, 134), gli amministratori devono esprimersi, in difetto essendo il socio libero di trasferire la propria partecipazione ed essendo la società obbligata alla relativa iscrizione nel libro soci: in tal caso, dunque, sussiste un vero e proprio diritto soggettivo dell’acquirente all’iscrizione nel libro soci (Bonfante, 135). Secondo una parte della dottrina, in caso di silenzio la società dovrà iscrivere nel libro dei soci solo l’acquirente che possieda  i requisiti previsti per diventare socio e quindi in presenza di tali requisiti, qualora la società non provveda all’iscrizione, l’acquirente potra adire il tribunale affinché ordini l’iscrizione (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 831). Quanto all’autorizzazione, si ritiene che:  a) non sia necessaria se il cessionario sia già socio; b) possa risultare anche da un comportamento concludente, come l’iscrizione dell’acquirente nel libro dei soci; c) non sia atto delegabile ai sensi dell’art. 2544, comma 1; d) non si possa statutariamente prevedere la competenza all’autorizzazione in capo all’assemblea (CHIEFFI, 266-267). In caso di diniego dell’autorizzazione, il provvedimento degli amministratori deve essere motivato: ciò dimostra, secondo la dottrina, che ha non più diritto di cittadinanza il  placet discrezionale da parte dell’organo di gestione (Bonfante, 135). Infatti la motivazione del diniego di autorizzazione deve fondarsi su fatti oggettivi e verificabili quali essenzialmente, la mancanza dei requisiti di partecipazione (CHIEFFI, 267; SANTAGATA, 846).

L'opposizione del socio

In caso di diniego dell’autorizzazione da parte degli amministratori, il socio può proporre, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, opposizione dinanzi al tribunale. Il diritto di opposizione spetta al socio cedente, ma non al terzo cessionario (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 830). Si ritiene, dunque, che il socio che intende cedere la propria partecipazione abbia un vero e proprio diritto soggettivo alla dismissione, suscettibile di tutela giurisdizionale (Capo, 262). Il tribunale dovrà accertare se l'acquirente è nel possesso dei requisiti previsti per l'ammissione alla cooperativa (Bonfante, 135) e se il provvedimento degli amministratori è correttamente motivato. Al tribunale potranno essere denunciati anche vizi di forma o di procedura idonei a inficiare la validità del rifiuto del gradimento (CHIEFFI, 267) Il tribunale, quindi, senza poter sindacare il merito o l’opportunità del diniego di autorizzazione da parte degli amministratori (PRESTI-RESCIGNO, 607), potrà accertare l’illegittimità del diniego e, quindi, annullare il provvedimento dell’organo di gestione con conseguente ordine alla società di provvedere all’iscrizione nel libro soci dell’acquirente, oltre all’eventuale condanna della società al risarcimento dei danni, restando impregiudicato il diritto del socio di agire anche nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2395 c.c. (CHIEFFI, 268; SANTAGATA 846-847; CECCHERINI- Schirò, 120). Si ritiene quindi che l’articolo in commento abbia posto le basi per una tutela giudiziaria di tipo reale (CHIEFFI, ivi). Altra dottrina ritiene, invece, che il tribunale non possa disporre l’ammissione del cessionario pur in possesso dei requisiti per diventare socio e che, qualora il diniego risulti arbitrario, la tutela reale del socio debba essere garantita mediante il riconoscimento del diritto di recesso (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 831).

Il recesso

L’ultimo comma della disposizione in commento, da una parte, legittima lo statuto ad introdurre il divieto di cessione della partecipazione sociale e, dall’altra, consente al socio, in tal caso, di sciogliersi dal vincolo sociale, anche in assenza di giusta causa, attraverso l’esercizio del diritto di recesso, dopo il decorso di due anni dal suo ingresso nella società, al fine di salvaguaardare l’esigenza di stabilità della compagine societaria (CECCHERINI-Schirò, 120-121) e di garantire la serietà dell’impegno del socio cooperatore (CHIEFFI 269) e con un preavviso di novanta giorni (SANTAGATA, 847). Si ritiene che il recesso spetti anche quando la cessione della quota o azioni, pur astrattamente prevista, sia in concreto impedita dal diniego del placet, analogamente a quanto previsto nelle società a responsabilità limitata (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA, 831 e 903). Qualora la clausola concernente il divieto di cessione della quota o delle azioni venga introdotta successivamente, al socio spetterà il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 (Bonfante 134; Capo, 265).

Bibliografia

Bassi, Le società cooperative, in Bassi, Buonocore, Pescatore, La riforma del diritto societario, Torino, 2003; Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Callegari, Commento all’art. 2530 c.c., in Il nuovo diritto societario, commentario, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004; Capo, Sub artt. 2511-2574, Delle società - Dell’azienda. Della concorrenza, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Torino, 2015; ; Ceccherini, Le società cooperative, Torino, 2007; Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa.Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; Chieffi, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2006; Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Società, Bologna, 2021;  Racugno, Sub artt. 2511-2574, Delle società - Dell’azienda. Della concorrenza, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Torino, 2015; Santagata, Le società con scopo mutualistico, in Aa. Vv. , Diritto commerciale, III, a cura di M. Cian, Torino, 2020; Stagno D’Alcontres-De Luca, Le società, III, Torino 2019; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018.

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