Codice Civile art. 2532 - Recesso del socio (1).

Stefano Schirò

Recesso del socio (1).

[I]. Il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo. Il recesso non può essere parziale.

[II]. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro sessanta giorni dalla ricezione. Se non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata comunicazione al socio, che entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il tribunale.

[III]. Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda. Ove la legge o l'atto costitutivo non preveda diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se comunicato tre mesi prima, e, in caso contrario, con la chiusura dell'esercizio successivo.

(1) V. nota al Titolo VI.

Inquadramento

Il recesso del socio cooperatore dalla società cooperativa, secondo il disposto del primo comma dell'articolo in commento, può essere legale o convenzionale, se previsto quest'ultimo dall'atto costitutivo, che infatti, come stabilito dall'art. 2521, comma 3, n. 7, deve indicare anche le condizioni per l'eventuale recesso dei soci. In particolare, il recesso è ammesso per legge: a) quando l'atto costitutivo vieta la cessione delle quote o delle azioni (art. 2530, comma 6); b) nei casi previsti per la società per azioni (art. 2437), o per la società a responsabilità limitata (art. 2473), nelle cooperative regolate secondo tale disciplina (CAMPOBASSO, 636-637), anche nel silenzio dello statuto (STAGNO D'ALCONTRES- DE LUCA, 903). Infine, salvo che nelle cooperative quotate, spetta il recesso libero nelle società contratte a tempo indeterminato (STAGNO D'ALCONTRES- DE LUCA, 903-904), con preavviso di centottanta giorni, salva diversa determinazione statutaria con previsione di un termine maggiore non superiore a un anno (artt. 2437, comma 3, e 2473, comma 2) (CECCHERINI- Schirò, 131). Al recesso dei possessori di strumenti finanziari forniti del diritto di voto è espressamente prevista, dall'art. 2526, comma 3, l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 2437 (IID., ivi). Ulteriori cause di recesso possono essere poi stabilite dall'atto costitutivo, ma in ogni caso il recesso non può essere parziale, in quanto gli obiettivi di parziale disinvestimento e riduzione del rischio perseguiti con il recesso parziale mal si conciliano con la logica non puramente speculativa che deve ispirare la partecipazione del socio cooperatore (CAMPOBASSO, 636-637). Si è però osservato che una limitata ammissibilità del recesso parziale può recuperarsi attraverso lo strumento dell'acquisto di azioni proprie (art. 2529) e dell'applicabilità della norma in commento ai soli soci cooperatori, con la conseguenza che per i soci non cooperatori e per i possessori di strumenti finanziari dotati di diritti amministrativi si ritiene applicabile, attraverso il rinvio di cui all ' art. 2519, l ' art. 2437 (GIORGI, 275). Quanto al recesso statutario sono configurabili anche cause di recesso che attengano allo svolgimento del rapporto mutualistico, come previsto anche per l'esclusione del socio (art. 2533, comma 1, n. 2, al cui commento si rinvia) (CECCHERINI- Schirò, 133). Si ammette anche la possibilità di previsione statutaria del recesso ad nutum (GIORGI, 277)

La giurisprudenza ha contribuito a chiarire rilevanti aspetti applicativi della disciplina del recesso del socio di cooperativa.

Si è, in primo luogo, ritenuto che costituisce principio generale, desumibile anche dagli art. 1373, commi 1 e 2, e 2285 c.c., quello per cui il recesso del socio non vale né ad escludere la responsabilità del medesimo per gli obblighi sociali validamente assunti dall'ente associativo durante il corso del rapporto e neppure la sua soggezione alla disciplina societaria vigente all'epoca del recesso (Cass. I, n. 7918/2020).

Con riferimento al potere di autorizzazione o approvazione dell'organo amministrativo, si è affermato che il recesso legale del socio dalla cooperativa non può essere limitato o soppresso, neppure da clausole statutarie, senza violare la norma di legge attributiva del diritto potestativo, mentre, qualora tale facoltà trovi la sua fonte nelle clausole statutarie è suscettibile di essere disciplinata e conformata attraverso clausole che specifichino le situazioni legittimanti il relativo esercizio, oppure lo limitino o condizionino. È perciò legittima la disciplina convenzionale che subordina il recesso all'autorizzazione o approvazione dell'organo amministrativo, il quale tuttavia non può esercitare il proprio potere discrezionale in modo arbitrario, rifiutandosi di provvedere o denegando in modo assoluto e immotivato l'approvazione, poiché tali comportamenti si traducono in una condotta ostruzionistica che produce l'effetto di vanificare il recesso (Cass. I, n. 2979/2016; Cass. I, n. 10135/2006; Cass. I, n. 5126/2001).

Nello stesso senso si è orientata la giurisprudenza di merito. Infatti, si è stabilito che le previsioni in ordine al recesso del socio dalla cooperativa dettate all'interno dello statuto costituiscono manifestazione della volontà negoziale ed è, quindi, rimesso alla libertà delle parti di definirne le modalità e il contenuto ovvero limitarlo o subordinarlo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, quali ad esempio l'approvazione da parte del consiglio di amministrazione o dell'assemblea dei soci. Tali clausole attribuiscono un potere discrezionale ai suddetti organi, che non possono essere esercitati in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto a provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell'approvazione, altrimenti tali decisioni sarebbero contrarie al principio di correttezza e si verificherebbe una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, che non può essere reso eccessivamente gravoso (Trib. Roma, 23 gennaio 2023).

Si è inoltre precisato che eventuali inadempimenti della  cooperativa  non possono costituire — in assenza di specifica clausola statutaria — motivi di recesso da parte del socio. Conseguentemente, la perdita dell'interesse all'assegnazione del bene da parte della cooperativa, pur in conseguenza della lunga attesa, non giustifica l'esercizio del recesso. Il socio recedente resta vincolato, nel giudizio di opposizione da lui instaurato avverso la deliberazione dell'organo gestorio della cooperativa che ha ritenuto insussistenti i presupposti per il recesso, alla manifestazione di volontà già espressa nella comunicazione con la quale il recesso è stato esercitato. Ciò comporta che, nel giudizio di opposizione, il socio non può addurre, come circostanze legittimanti il recesso, fatti ulteriori non addotti al momento dell'esercizio del diritto medesimo, e ciò anche quando questi ulteriori fatti siano potenzialmente idonei a costituire, da soli, causa di recesso (Trib. Roma, 6 settembre 2018, n. 16925).

Particolare attenzione è stata posta dalla giurisprudenza sulle problematiche del recesso del socio nelle cooperative edilizie, per quanto riguarda, in particolare, l'incidenza del recesso stesso sul rapporto mutualistico.

Si è affermato, ad esempio, che, in una cooperativa edilizia, il recesso attuato solo da coloro a cui sono stati già assegnati alcuni appartamenti, mentre la società è ancora impegnata nella costruzione e/o nell'assegnazione di altri alloggi, si pone in contrasto con lo scopo mutualistico che caratterizza e distingue la società cooperativa, in quanto il nesso di interdipendenza funzionale che collega lo scopo sociale alle assegnazioni globalmente considerate può dirsi raggiunto solo se tutte le assegnazioni siano esaurite e non potendosi legittimare ciascun socio a perseguire esclusivamente il proprio interesse personale, senza alcun riguardo per quello degli altri (Cass. I, ord., n. 41515/2021; Trib. Sassari, 27 dicembre 2007).

Inoltre – sulla premessa che l'assegnazione in favore del socio dell'alloggio realizzato da una società cooperativa edilizia è, al pari di una compravendita, un contratto ad effetti reali che si perfeziona con il consenso delle parti e che determina il trasferimento pieno e definitivo all'acquirente della proprietà del bene immobile che ne è oggetto, essendo da escludere che solo con la definitiva liquidazione della cooperativa quel passaggio di proprietà si perfezioni e si consolidi in capo al socio - si è ritenuto che il successivo recesso del socio dalla società, anche ove illegittimamente operato, non può costituire causa di nullità della pregressa assegnazione, giacché l'eventuale illegittimità del comportamento tenuto dal socio assegnatario in un momento posteriore all'assegnazione, seppure idoneo ad acquisire rilevanza e a produrre conseguenze sul piano dei rapporti obbligatori (in termini di eventuale invalidità del recesso, di perdurante assoggettabilità del socio medesimo agli obblighi derivanti dalla sua adesione alla cooperativa o, se del caso, di risarcimento dei danni), non è in grado di riflettersi sulla validità originaria del contratto o di determinare conseguenze sul piano reale (Cass. I,n. 5724/2004).

Si è chiarito, infine, che in una cooperativa edilizia che abbia esaurito l'attività di costruzione e di assegnazione degli alloggi, realizzando così completamente il proprio scopo sociale, è invalido il recesso da parte di tutti i soci, costituendo esso un espediente per eludere le disposizioni, che prevedono, nel caso di conseguimento dell'oggetto sociale, lo scioglimento e la messa in liquidazione della società (Cass. I, n. 2524/1990).

Il procedimento per l’esercizio del diritto di recesso

Come disposto dal secondo comma dell'articolo in esame,  il procedimento di recesso si avvia con la domanda del socio, comunicata alla cooperativa con raccomandata, ma, a tutela del recedente, è previsto che entro sessanta giorni deve intervenire la necessaria deliberazione con la quale il consiglio di amministrazione accerta la sussistenza del diritto del socio, sulla base di una verifica  delle condizioni previste dalla legge o dallo statuto,  e provvede alla sua annotazione sul libro-soci. In caso di diniego, che deve essere immediatamente comunicato al socio, questi, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre impugnativa con opposizione davanti al tribunale (VELLA -GENCO -MORARA , 92). La valutazione degli amministratori circa i presupposti del recesso richiede una dichiarazione di recesso motivata (GIORGi , 275).

La dichiarazione di recesso ha effetto, per quanto riguarda il rapporto sociale, dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda. Per quel che concerne i rapporti mutualistici, il recesso ha effetto con la chiusura dell'esercizio sociale in corso, se comunicata alla società tre mesi prima. In caso contrario, ha effetto con la chiusura dell'esercizio successivo, salva diversa disposizione di legge o dell'atto costitutivo (CAMPOBASSO , 637). Questo sta a significare  che il rapporto societario e quello mutualistico  non si sciolgono contestualmente e che quello mutualistico può continuare anche  per un altro esercizio, o per un diverso termine fissato statutariamente, anche se il recedente non è più socio (GIORGI , 278), Infatti la norma fa salva diversa disposizione, oltre che della legge, anche dell'atto costitutivo, che potrà, ad esempio, stabilire una diversa decorrenza degli effetti o consentire che il rapporto mutualistico prosegua con il soggetto che ha perso la qualità di socio (CECCHERINI - Schirò, 135). A tale proposito, si ritiene che non possa considerarsi recesso parziale il recesso dal solo rapporto sociale, senza effetti su quello mutualistico, e che quindi sia possibile disporre statutariamente che il recesso dal rapporto sociale non abbia effetti su quello mutualistico (GIORGI , 275, nota 8).   

Il rimborso della partecipazione deve avvenire sulla base del bilancio dell'esercizio in cui è avvenuta l'interruzione del rapporto sociale ( VELLA -GENCO -MORARA , ivi), come disposto dall'art. 2535, al cui commento si rinvia.

La <<procedimentalizzazione >> della disciplina del recesso , con la previsione di obblighi a carico degli amministratori della cooperativa, comporta che la loro eventuale inerzia - qualora, ad esempio, non provvedano nel termine di sessanta giorni all'esame della dichiarazione di recesso, o non comunichino tempestivamente il recesso - non può rimanere senza conseguenze sul piano degli effetti. L'eventuale inerzia dell'organo ammnistrativo può comportare un provvedimento implicito di autorizzazione al recesso, o determinare comunque l'illegittimità di un provvedimento di diniego assunto o comunicato intempestivamente (CECCHERINI - Schirò, 134). Secondo altro orientamento, l'accertamento giudiziale dei presupposti del recesso, espressamente previsto dall'articolo in commento solo in caso di decisione negativa degli amministratori, deve essere consentito anche nel caso in cui l'organo amministrativo sia inadempiente al proprio obbligo, non provvedendo all'esame della richiesta del socio o non vi provveda in termini (GIORGI, ivi).

 In tema di recesso del socio dalla società cooperativa e in caso di inerzia dell'organo amministrativo, la giurisprudenza ha ritenuto che nella società cooperativa la clausola statutaria che preveda la necessaria autorizzazione del consiglio di amministrazione, non vale a rendere quest'ultima un'accettazione contrattuale, dovendo la stessa qualificarsi, piuttosto, come una condizione di efficacia della dichiarazione unilaterale recettizia del socio; pertanto, in caso di inerzia dell'organo societario, risulta applicabile l'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento (Cass. I, ord., n. 17667/2022; Cass. I, n. 10135/2006; Trib. Roma, 23 gennaio 2023).

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre affermato che il potere discrezionale - attribuito al consiglio di amministrazione, in sede di autorizzazione o approvazione del recesso del socio - di verificare la corrispondenza dei fatti specifici dedotti alle ipotesi statutariamente contemplate non può essere esercitato, neppure in caso di inerzia, da altri organi societari o da terzi estranei alla società, né rimesso all'autorità giudiziaria, perché riferito alla tutela dell'interesse della società cooperativa, la cui valutazione è attribuita in via esclusiva all'organo ritenuto dal contratto sociale idoneo alle valutazioni necessarie (Cass. I, n. 26190/2017).

Sempre in tema di inerzia dell'organo amministrativo – premesso che il recesso del socio dalla cooperativa non è configurato come un diritto accordato in via generale ad ogni socio, ma, rinviando a fonti ad esso esterne, riconosce tale diritto solo in presenza di una specifica norma di legge o dell'atto costitutivo – la Suprema Corte ha stabilito che, i n presenza di una clausola dello statuto di una società cooperativa che attribuisca al socio il diritto di recesso, ma che condizioni l'efficacia del recesso stesso all'apprezzamento delle ragioni indicate dal socio da parte del consiglio d'amministrazione della cooperativa, il comportamento di tale organo sociale, che ometta per lungo tempo di esaminare la domanda di recesso, limitandosi ad invocare la mancata previsione all'uopo di un termine essenziale, comporta la violazione dei principi della correttezza e della buona fede (art. 1375 c.c.), cui è soggetta l'attuazione anche del contratto sociale, e giustifica, quindi, la risoluzione del rapporto. (Cass. I, n. 8802/1992).

I n caso di silenzio dell'organo amministrativo, la giurisprudenza di merito ha affermato che il socio di società cooperativa a responsabilità limitata, che abbia correttamente esercitato il diritto di recesso in conformità con le disposizioni statutarie (secondo quanto previsto dall'art. 2532 c.c.), ha interesse ad ottenere una pronuncia del giudice che accerti la legittimità del suo recesso alla data in cui questo è stato comunicato alla società. Infatti, il silenzio dell'organo amministrativo non ha valore di assenso alla manifestata volontà di recedere. Dall'accertamento della legittimità del recesso, consegue il riconoscimento del diritto alla liquidazione della quota, secondo quanto previsto dall'art. 2535 c.c. (Trib. Napoli, 28 dicembre 2021).

I giudici di merito hanno inoltre stabilito che:

a) la legittimazione del socio, receduto o escluso, ad impugnare la delibera assembleare di approvazione del bilancio permane, pur dopo la sua uscita dalla società, quando egli deduca che le irregolarità denunciate hanno inciso negativamente sul preteso diritto alla liquidazione della quota, da eseguirsi secondo la disponibilità di bilancio (Trib. Bologna, 18 novembre 2019);

b) pur in mancanza di una formale accettazione, il recesso del socio può essere accettato dalla cooperativa per facta concludentia (Trib. Cagliari, 12 maggio 2016, n. 1492);

c) i soci di società cooperativa non possono recedere dalla società per giusta causa, come nelle società di persone, ma solo nei casi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo (App. Bologna, 4 marzo 2002; Trib. Brindisi, 21 dicembre 2005).

Recesso, alienazione della partecipazione e clausola di gradimento non mero

Nelle società cooperative il diritto di recesso è  previsto anche dall’art. 2530, il quale, nello stabilire, al primo comma,   che la partecipazione sociale non può essere ceduta con effetto verso la società se la cessione non è autorizzata dagli amministratori,  riconosce al socio  il diritto di recesso  non in ogni ipotesi di negata autorizzazione alla cessione, ma solo nell’ipotesi in cui l’atto costitutivo vieti la cessione della partecipazione (comma 6).  Secondo un diverso avviso, si ritiene che il recesso spetti anche quando la cessione della quota o delle azioni, pur astrattamente prevista, sia in concreto impedita dal diniego del placet (STAGNO D’ALCONTRES-DE LUCA 903). Il medesimo articolo stabilisce però, al comma 5, parte seconda, che in caso di diniego dell’autorizzazione il socio possa proporre opposizione al Tribunale: questa norma, attribuendo al tribunale  il giudizio sul diniego dell’autorizzazione all’accoglimento del nuovo socio , non può che lasciar propendere l’interprete per una qualificazione  della valutazione spettante agli amministratori in termini assimilabili non ad una clausola di mero gradimento ma di gradimento (Bonfante, 133).

La sindacabilità in tribunale della mancata autorizzazione al socio alla vendita della sua partecipazione lascia intendere  che non sia possibile inserire nell’atto costitutivo di una società cooperativa delle clausole di mero gradimento: pertanto non potrà trovare applicazione in tema di società cooperative il comma 2 dell’art. 2355-bis c.c., dettato in tema di società per azioni, il quale stabilisce che «le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il recesso dell’alienante (Callegari, 115)», come anche non sembra parimenti che possa essere invocato l’art. 2469 c.c., dettato in materia di società a responsabilità limitata, il quale stabilisce che, qualora l’atto costitutivo subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, il socio può esercitare il diritto di recesso (Fregonara, 635).Per ulteriori considerazioni, si rinvia al commento dell’art. 2530.

 

Bibliografia

Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Callegari, Le azioni e le regole di circolazione, , in La riforma delle società, a cura di Ambrosini, Torino, 2003, 115, Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Milano, 2020; Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa. Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; Fregonara, Le clausole di mero gradimento nel nuovo sistema societario tra «apertura» e «chiusura», in Contr. impr. 2003, 1319; Giorgi, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2006; Stagno D’Alcontres, -De Luca, Le società, III, Torino, 2019; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018.,

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