Codice Civile art. 2500 bis - Invalidità della trasformazione (1).Invalidità della trasformazione (1). [I]. Eseguita la pubblicità di cui all'articolo precedente, l'invalidità dell'atto di trasformazione non può essere pronunciata. [II]. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai partecipanti all'ente trasformato ed ai terzi danneggiati dalla trasformazione. (1) V. nota al Capo X. InquadramentoEseguita la pubblicità di cui all'art. 2500 c.c., l'invalidità dell'atto di trasformazione non può essere pronunciata, residuando solo il diritto al risarcimento del danno eventualmente subito dai partecipanti all'ente e dai terzi. Con la riforma del diritto societario è stato esteso anche alla trasformazione il principio, già fissato per le fusioni, che privilegia la tutela obbligatoria a quella reale (Pasquini, 1305, nonché Santosuosso, 1913 e Varia, 2236 che criticano la scelta operata dal legislatore) valorizzando le esigenze di certezza e di stabilità dell'organizzazione societaria ormai mutata. Se è vero che la norma bilancia i rapporti tra le due azioni, è stato osservato che lo scopo della norma non consiste nell'attribuire ai partecipanti alla trasformazione o ai terzi una specifica e tipica azione, bensì nell'escludere che l'efficacia stabilizzante del comma 1 possa in qualsiasi modo travolgere l'azione risarcitoria che spetta a tali soggetti in base alle altre norme vigenti ed ai principî in materia (così Tassinari, 69; Sarale, 2012, 1250). La stabilizzazione degli effetti – che pure sembra contrastare con la identità dell'ente trasformato, con la conservazione delle situazioni giuridiche e con la continuità dei rapporti ad essi facenti capo – è stata spiegata in ragione della circostanza che le modifiche strutturali ed organizzative che caratterizzano la trasformazione e che portano al mutamento del tipo di società o della natura dell'ente e che spesso sono accompagnate da modifiche di ordine patrimoniale, rendono estremamente difficile il ripristino dello status quo ante (Buffa di Perrero, 93; Guerrera, 3175). Una parte della dottrina ha evidenziato i rischi che la scelta del legislatore comporta. Si è, così affermato che la regola della stabilizzazione degli effetti, accompagnata dal principio della natura costitutiva della pubblicità, può assicurare maggiore certezza delle situazioni giuridiche, ma non è di poco conto il rischio che operazioni illegittime o abusive (Sarale, 2012, 1251 che richiama il caso valutato da Trib. Catania, 21 luglio 2006, in Giur. comm., 2008, II, 1015 dove la decisione maggioritaria di trasformazione ha portato all'estromissione di uno dei due soci accomandatari, protagonisti di accesi contrasti, dall'amministrazione della società e dove il Tribunale, proprio in ragione del consolidamento degli effetti non solo ha respinto la richiesta di invalidare la decisione adottata a maggioranza, ma ha ritenuto che l'iscrizione dell'atto di trasformazione precludesse anche il rimedio cautelare, ritenuto strumentale all'azione di annullamento). Inoltre, si avverte il problema che non è agevole individuare e quantificare in concreto il danno eventualmente subito da un socio in relazione a una illegittima trasformazione, danno che dovrebbe incidere sulla sfera individuale del singolo e non genericamente dall'operazione in sé (Sarale, 2012, 1251). D'altra parte, si evidenzia come il procedimento di trasformazione non presenta una fase esecutiva o una complessa articolazione, a differenza di altre modificazioni a carattere organizzativo (operazioni sul capitale, fusioni, scissioni) e quindi non prevede il decorso di un adeguato lasso di tempo dopo l'iscrizione nel registro delle imprese, dalla quale dipende la sua efficacia: salvo il controllo notarile ex art. 2436 c.c., l'effetto «sanante» della pubblicità è quindi sostanzialmente istantaneo e talmente ravvicinato da non consentire l'attivazione di qualsiasi rimedio «reale», neppure cautelare (Guerrera, 3175). L'efficacia sanante della pubblicità e l'ambito di operativitàL'invalidità dell'atto di trasformazione non può essere pronunziata una volta eseguita la pubblicità prevista dall'art. 2500 c.c. La pubblicità nel registro delle imprese ovvero nel diverso registro competente ha efficacia sanante di qualsiasi eventuale invalidità della trasformazione (Pasquini, 1305). Si ritiene che, ai fini dell'effetto sanante e dunque preclusivo, non sia sufficiente il mero deposito dell'atto, ma sia necessaria l'effettiva iscrizione dell'atto, in quanto il contenuto della domanda depositata ma non ancora iscritta non è conoscibile da parte dei terzi (Tassinari, 47; Pasquini, 1306). L'effetto sanante si estende sia ai vizi propri dell'atto di trasformazione che ai vizi antecedenti o conseguenti alla deliberazione di trasformazione (Santosuosso, 1314; Centoni, 2250): risultano così sanati sia i vizi dell'atto in quanto tale sia anche i vizi del procedimento che accompagna l'atto stesso (Sarale, 2012, 1251 la quale evidenzia, peraltro, che la radicalità della soluzione potrebbe indurre l'interprete a ricercare rimedi alternativi ed a ripensare non solo il ruolo del notaio e delle sue responsabilità ma soprattutto dell'ufficio del registro delle imprese, individuando, sotto il primo profilo, una serie di rimedi «reali» rivolti a imporre alla società a disfare la trasformazione ipotizzando un obbligo degli amministratori di rimuovere le situazioni di illiceità oppure di ricorrere all'art. 2332 c.c. e, sotto il secondo aspetto, valorizzando i controlli imposti al conservatore in ordine alle condizioni previste dalla legge per l'iscrivibilità stessa). L'effetto sanante riguarda tanto i casi di nullità che di annullabilità (Pasquini, 1307; Tassinari, 80). Una parte della dottrina distingue tra clausole essenziali e clausole eventuali dell'atto di trasformazione, ritenendo che l'efficacia sanante possa ragionevolmente esplicarsi soltanto con riferimento alle prime in quanto soltanto queste attengono al contenuto indispensabile dell'atto di trasformazione (Pasquini, 1306 ss.; Centoni, 2251). In questa prospettiva, la pubblicità sanante riguarda non l'atto di trasformazione tout court, ma esclusivamente il suo effetto di adozione di un nuovo schema organizzativo (Pasquini, 1307 che osserva, altresì, che diversamente la trasformazione potrebbe essere utilizzata surrettiziamente per fini che esulano dalla sua essenziale causa ad es., introducendo nello statuto sociale regole di funzionamento illecite). Altri ritengono che l'efficacia sanante non potrebbe valere in caso di mancanza materiale dell'atto di trasformazione in forma pubblica o di impossibilità di ricondurre l'atto all'ente che intende trasformarsi (Vaira, 2250; Tassinari, 46 ss.). Sembra, infatti, da escludere il caso di inesistenza materiale dell'atto (Buffa di Perrero, 97; Tassinari, 49). Occorre, poi, distinguere tra invalidità dell'atto di trasformazione ed invalidità dell'atto costitutivo della società trasformata (v. anche infra): ove quest'ultimo presenti i vizi di cui all'art. 2332 c.c. potrà farsi luogo alla dichiarazione di nullità dell'ente, con conseguente messa in liquidazione della società, ferma rimanendo l'intervenuta salvezza dell'atto di trasformazione in forza della sua pubblicità (Pasquini, 1309). In giurisprudenza, si osserva che l'iscrizione nel registro delle imprese dell'atto di trasformazione di una società in accomandita semplice in società a responsabilità limitata preclude al socio accomandatario la possibilità di impugnare la decisione di trasformazione, né tale risultato è raggiungibile attraverso il rimedio della cancellazione a termini dell'art. 2191 c.c., a ciò ostando la stabilizzazione degli effetti derivanti dalla prescritta pubblicità dell'atto di trasformazione di cui all'art. 2500-bis c.c. Pertanto, anche in presenza di gravi anomalie procedimentali e sostanziali, il socio accomandatario potrà agire in giudizio esclusivamente per ottenere il ristoro dei danni subiti ( Trib. Messina, 3 agosto 2007, in Vita not. 2007, 3, 1105). Un caso di cancellazione dal registro delle imprese di una trasformazione già intervenuta è stato deciso da Giud. Registro Roma, 20 luglio 2017 (in Nuova giur. civ. comm., 2017, 1697) il quale ha ritenuto non «riconoscibile» per l'ordinamento l'operazione di trasformazione eterogenea regressiva da società a responsabilità limitata in liquidazione in trust liquidatorio: conseguentemente, la cancellazione dell'iscrizione dell'atto di trasformazione non può dirsi preclusa dalla disposizione di cui all'art. 2500- bis. La tutela dei soci e dei terzi.Esclusa la possibilità di dichiarare l'invalidità dell'atto di trasformazione, una volta eseguito l'adempimento pubblicitario, ci si interroga sugli strumenti di tutela a beneficio dei soci e dei terzi. La norma prevede una vera e propria responsabilità risarcitoria senza introdurre alcun meccanismo di indennizzo automatico a favore dei soci o dei terzi: ciò posta a ritenere che, ai fini del risarcimento, occorre la prova del verificarsi di un fatto illecito imputabile e dell'elemento soggettivo (Vaira, 2251; Buffa de Perrero, 101; Centoni, 2251). In primo luogo, i soggetti legittimati potranno procedere ad impugnare la deliberazione di trasformazione, ma l'impugnazione non preclude, necessariamente, che venga richiesta ed ottenuta l'iscrizione dell'atto nel registro delle imprese. A tal fine, occorre che il tribunale sospenda (prima dell'avvenuta iscrizione) gli effetti della deliberazione impugnata. In questa prospettiva, in giurisprudenza, è stata ritenuta inammissibile la richiesta di una sospensione «ante causam» della sua efficacia dopo che siano stati eseguiti gli adempimenti pubblicitari ( Trib. Catania, 21 luglio 2006, in Giur. comm. 2008, II, 1015). Parimenti inammissibile è stata ritenuta la richiesta di procedere, ai sensi dell'art. 2191 c.c., alla cancellazione dell'iscrizione a ciò ostando la stabilizzazione degli effetti derivanti dalla prescritta pubblicità dell'atto di trasformazione di cui all'art. 2500-bis c.c. ( Trib. Messina, 3 agosto 2007, in Vita not. 2007, 1105). In senso difforme, si è espressa però parte della giurisprudenza la quale ha ritenuto ammissibile la richiesta di sospensione in via d'urgenza di una decisione di trasformazione, ancorché il relativo atto sia stato già iscritto nel registro delle imprese, in presenza di una violazione di una fondamentale regola organizzativa che inficia all'origine la decisione dei soci ( Trib. Roma, 21 luglio 2006, in Riv. dir. comm. 2006, II, 96 in un caso in cui la decisione di trasformazione di una società in accomandita semplice in una società a responsabilità limitata era stata adottata dai soli soci accomandanti, pur rappresentanti la quasi totalità del capitale sociale, in assenza e all'insaputa dell'unico accomandatario). La norma in commento fa espressamente salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai partecipanti all'ente trasformato ed ai terzi danneggiati dalla trasformazione. Si ritiene che con tale norma il legislatore abbia semplicemente ritenuto di esplicitare una regola già desumibile dai principî generali in materia di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (Pasquini, 1308, Tassinari, 81). In dottrina si afferma che sono legittimati attivi: 1) i partecipanti all'ente trasformato; 2) i terzi danneggiati dalla trasformazione invalidamente deliberata, decisa o stipulata. Con riferimento alla prima categoria si tende ad escludere la legittimazione dei soci cha abbiano votato a favore della deliberazione di trasformazione, in ragione del principio del venire contra factum proprium e di quello di autoresponsabilità (Guerrera, 3180). È legittimato ad agire per il risarcimento del danno previsto dall'art. 2500-bis, comma 2, il socio che, dopo avere impugnato la delibera di trasformazione di una società a responsabilità limitata in società per azioni, abbia esercitato il diritto di recesso in seguito all'iscrizione della stessa nel registro delle imprese ( Trib. Lanusei 26 gennaio 2007, in Riv. giur. Sarda 2008, 353). Quanto alla legittimazione passiva, un primo orientamento vede nella società o nell'ente oggetto di trasformazione il soggetto tenuto al risarcimento del danno (Guerrera, 3181; Buffa di Perrero, 102; in giurisprudenza, Trib. Milano, 27 novembre 2008, in Riv. dir. soc. 2009, 672; Trib. Prato 4 maggio 2011): la società potrà, poi, agire in regresso nei confronti degli amministratori o degli altri soggetti corresponsabili del danno causato dall'approvazione della trasformazione invalida (Guerrera, ivi). Si ritiene che possano essere convenuti in giudizio, quali coautori dell'illecito e concorrenti in esso, anche i titolari degli organi di amministrazione e di controllo ove ricorra anche il presupposto soggettivo di responsabilità (Guerrera, ivi). La dottrina individua in modo ampio il danno risarcibile «da trasformazione invalida», ritenendovi di includere anche il risarcimento del c.d. danno riflesso, cioè del danno subito dal titolare della partecipazione per effetto (indiretto) del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale dalla deliberazione invalida, ma sanata dalla pubblicità e come tale ineliminabile (Guerrera 3181; Buffa di Perrero, 104). Il danno poi può essere costituito tanto dal danno emergente che dal lucro cessante (Centoni, 2251). L'onere della prova del danno grava su chi agisce, secondo i principî generali. I vizi dell'atto costitutivo dell'ente trasformato.Ferma restando l'irretrattabilità dell'atto di trasformazione in seguito all'esecuzione degli adempimenti pubblicitari, ci si è posto il problema delle conseguenze dei vizi che possono afferire all'atto costitutivo dell'ente quale risultante dall'atto di trasformazione. Secondo una parte della dottrina, l'art. 2332 c.c. è espressivo di un principio generale applicabile anche oltre il momento della costituzione della società di capitali: pertanto, esso sarebbe applicabile anche in sede di trasformazione ed anche laddove l'ente di arrivo non sia una società di capitali (Pasquini, 1309). Pertanto, ove l'atto costitutivo sia affetto da uno dei vizi ivi elencati, potrà essere dichiarata la nullità dell'ente, con conseguente messa in liquidazione della medesima, ferma restando l'intervenuta salvezza dell'atto di trasformazione derivante dalla sua pubblicizzazione (Pasquini, 1309; Tassinari, 83; contra, Buffa di Perrero, 90; Ferri jr., 129). BibliografiaBuffa di Perrero, Sub art. 2500-bis, in Trasformazione, fusione e scissione, a cura di Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2006; Campi, La trasformazione di società, Milano, 2013; Centoni, Sub artt. 2498-2500-novies, in Codice delle società, a cura di Abriani, Torino, 2016; Cetra, Le trasformazioni «omogenee» ed «eterogenee», in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, IV, Torino, 2007; Ferri jr., La trasformazione, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di Ibba e Marasà, VII, Padova, 2015; Guerrera, Sub art. 2500-bis, in Le società per azioni, a cura di Abbadessa, Portale, Milano, 2016; Pasquini, Sub artt. 2500-bis – 2500-novies, Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, Sub artt. 2452-2510, a cura di Santosuosso, in Commentario del codice civile, a cura di Gabrielli, Milano, 2015; Sarale, Trasformazione di società, in Enc. dir., V, Milano, 2012; Sarale, Le trasformazioni, in Trattato Cottino, V, Padova, 2011; Santosuosso, Sub art. 2500-bis, in Aa.Vv., Società di capitali: commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Tassinari, L'invalidità delle trasformazioni, in Maltoni, Tassinari, La trasformazione della società, Milano, 2011; Vaira, Sub art. 2500-bis, in Il nuovo diritto societario, commentario, a cura Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, II, Bologna, 2004. |