È ammissibile la negoziazione assistita in caso di divorzio “diretto” previsto dalla legge straniera comune ai coniugi?

15 Ottobre 2018

Due coniugi, avvalendosi della procedura di negoziazione assistita, dichiarano di voler divorziare senza preventiva pronuncia di separazione come previsto dalla legge nazionale straniera comune a entrambi. Il PM nega l'autorizzazione all'accordo in quanto non rispondente all'interesse del minore. Il Tribunale di Torino nella pronuncia in commento spiega in base a quali presupposti deve ritenersi condivisibile il diniego del PM.
Massima

Poiché l'art. 6, comma 1, d.l. n. 132/2014 delimita i casi di negoziazione familiare, in particolare, alle ipotesi di divorzio ex art. 3,comma 1, n. 2, lett. b), l. n. 898/1970, non possono essere oggetto di accordi di negoziazione assistita tutti gli altri casi di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio ex art. 3 l. n. 898/1970.

Il caso

Due coniugi, sposati nel 2013 in Germania e trasferitisi in seguito in Italia, decidono, nel 2018, di divorziare avvalendosi della procedura di negoziazione assistita prevista dalla legge n. 162/2014. I coniugi depositano l'accordo di negoziazione assistita alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, esponendo:

a) di voler divorziare senza preventiva pronuncia di separazione, essendo questa possibilità prevista dalla legge nazionale straniera comune ad entrambi (ossia dal Codice Civile Argentino), invocandone l'applicabilità in forza dell'art. 31 l. n. 218/1995;

b) di aver trovato un accordo sull'affidamento della figlia minore in punto di modalità di visita e mantenimento.

Il Pubblico Ministero, ai sensi dell'art. 6 l. 162/2014, nega l'autorizzazione all'accordo in quanto non rispondente all'interesse della minore, ritenendo di poter ricavare tale giudizio negativo da un'irregolarità formale della procedura seguita dai coniugi. In particolare il Pubblico Ministero invoca il comma 1 dell'art. 6 legge n. 162/2014 che consente l'accesso alla convenzione di negoziazione assistita per ottenere, tra le altre ipotesi, il divorzio, solo ed esclusivamente se sia previamente intervenuta una pronuncia giudiziale di separazione (o se sia stata omologata la separazione consensuale).

I coniugi comparsi innanzi al Presidente del Tribunale di Torino insistono per ottenere il divorzio e, dunque, per l'accoglimento dell'accordo di negoziazione assistita da loro raggiunto, rilevando che, nel caso di specie, non vi fosse alcun contrasto dell'accordo all'interesse della figlia minore e che solo detto contrasto avrebbe consentito al PM di esprimere il proprio dissenso alla convenzione.

La questione

La questione posta all'attenzione del Tribunale di Torino riguarda, da una parte, l'area entro la quale il Pubblico Ministero può definire con una pronuncia negativa l'iter avviato da due coniugi attraverso la negoziazione assistita, quando siano coinvolti figli minori o “deboli” (l'art. 6 della legge in esame prevede, come unica possibilità di diniego da parte del pubblico ministero, l'ipotesi in cui l'accordo sia ritenuto non rispondente all'interesse dei figli); dall'altra, l'individuazione di quali questioni il PM può affrontare in sede stragiudiziale attraverso la sola autorizzazione amministrativa, tutte le volte in cui vengano proposte soluzioni giuridiche complesse (come, appunto, la valutazione della validità dell'accordo per la scelta della legge applicabile).

Le soluzioni giuridiche

Com'è noto, è possibile distinguere all'interno della convenzione di negoziazione assistita volta alla soluzione delle crisi familiari una negoziazione “coniugale”, regolante i rapporti tra soli coniugi in quanto privi di figli o con figli maggiorenni economicamente indipendenti; e una negoziazione “genitoriale”, intesa a regolare anche i rapporti tra genitori e figli.

Mentre nel primo caso (negoziazione “coniugale”) la prima parte del comma 2 dell'art. 6 legge n. 162/2014 prevede che l'accordo di negoziazione assistita raggiunto dai coniugi sia trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, il quale rilascia un “nullaosta” se non ravvisa “irregolarità” dell'accordo medesimo, più complessa, invece, la seconda ipotesi nella quale il controllo del PM non è solo di mera regolarità dell'accordo, dovendo egli, altresì, valutare se l'accordo risponda “all'interesse dei figli”. In quest'ultimo caso il PM rilascia l'autorizzazione all'accordo.

L'unica ipotesi legislativamente espressamente prevista in cui il PM può rifiutare l'accordo in presenza di figli minori è che esso non sia rispondente all'interesse dei medesimi (Trib. Torino 15 gennaio 2015).

Come evidenziato in dottrina (A. Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra i coniugi: il ruolo del p.m. e del Presidente del Tribunale, in Dir. proc. civ., giugno 2015, 1400), in presenza di figli “deboli” la verifica della convenienza dell'accordo agli interessi di questi ultimi si «cumula e non si sostituisce a quella sulla loro regolarità» (nello stesso senso M. Crescenzi, «La degiurisdizionalizzazione nei processi di famiglia», in www.questionegiustizia.it, 14 gennaio 2015).

Il controllo di regolarità, si rileva, comporta prima di tutto una verifica sui requisiti di forma e sostanza della convenzione di negoziazione assistita, delineati dagli artt. 2 e 6 legge n. 162/2014. Tra i requisiti individuati da questi articoli, per quanto ci interessa nel caso in esame, vi è, appunto, la necessità che la convenzione di negoziazione assistita volta ad ottenere il divorzio sia preceduta dal procedimento di separazione tra i coniugi (giudiziale o consensuale, ex art. 6, comma 1, legge n. 162/2014).

Diverso, invece, il controllo di consonanza della convenzione tra i coniugi all'interesse dei figli “deboli”, il quale comporta valutazioni che, ex artt. 337-bis ss.. c.c., la giurisprudenza riconduce ad aspetti riguardanti l'affidamento, la convivenza, la residenza dei figli e i contributi economici ad essi dovuti per il loro mantenimento, educazione ed istruzione.

Ad esempio il Tribunale di Torino (Trib. Torino, sez. VII civ., decr., 29 maggio 2017) ha ritenuto legittimo il parere negativo del PM all'accordo raggiunto dai coniugi per la separazione, a causa della violazione da parte degli avvocati, in sede di negoziazione, dell'obbligo di informare i genitori dell'importanza per i figli minori di trascorrere tempi adeguati con ciascuno di loro; così, ancora, il Tribunale di Termini Imerese, (Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015) ha accolto il parere negativo del PM giustificato dall'insufficiente contributo al mantenimento posto a carico di uno dei genitori per i figlinell'ambito della convenzione di negoziazione assistita.

Nella pronuncia in esame, invece, il Presidente del Tribunale di Torino ha confermato il dissenso del PM all'accordo di negoziazione assistita per il divorzio, basando la decisione sulla circostanza che tra i coniugi non era intervenuta la preventiva separazione, ritenendo perciò - ma senza esplicitarne le ragioni - l'accordo non rispondente all'interesse della figlia.

Il Presidente del Tribunale di Torino ha accolto il dissenso del PM e ne ha spiegato in questi termini le ragioni:

- è necessario concentrarsi sul tenore letterale dell'art. 6 l. n. 162/2014 e, pertanto, non è possibile consentire l'accesso ad un accordo di negoziazione assistita per il divorzio senza preventiva separazione;

- non è possibile superare questo presupposto facendo applicazione tout court del Regolamento UE n. 1259/2010 sull'individuazione della legge applicabile (art. 4 ss. Reg. 1259/2010), perché ciò comporterebbe l'esame da parte del PM di questioni, quali la validità dell'accordo dei coniugi sulla scelta della legge applicabile, non affrontabili in sede stragiudiziale. Per il Tribunale di Torino queste indagini involgono problemi giuridici complessi che non sono risolvibili «attraverso una semplice autorizzazione amministrativa»;

- non vi sono profili di illegittimità costituzionale (con riferimento al principio di uguaglianza), atteso che i coniugi di nazionalità straniera possono depositare un ricorso di divorzio a domanda congiunta se intenzionati a sciogliere il matrimonio senza preventiva separazione;

- non è possibile accedere ad un'interpretazione «eccessivamente rigorosa» del presupposto di cui all'art. 6 legge n. 162/2014, riguardante la possibilità che «l'accordo non risponda all'interesse dei figli», perché se è vero che la normativa non prevede altre vie, oltre a quella appena delineata, per il PM di definire in senso negativo la procedura di negoziazione assistita, non si può non considerare la ratio della legge, atteso che con essa il legislatore ha voluto assicurare «la rispondenza ad un corretto principio di tutela ed equilibrio dei soggetti deboli, attraverso un successivo passaggio attraverso il pubblico ministero e il Tribunale» (Seduta Senato, Aula, n. 333 del 16 ottobre 2014).

Così per questa, strana, via il Presidente del Tribunale di Torino ritiene che ci sia un collegamento tra la tutela dei figli minori e l'accesso al divorzio «essendo piuttosto evidente che le disposizioni di legge in materia di matrimonio tengono prioritariamente conto degli effetti della prole e , quindi, dell'esigenza di garantire una certa stabilità del vincolo, avendo la fase della separazione personale proprio lo scopo di suggerire alle parti una più attenta riflessione sulle scelte da compire in ambito familiare».

E così il Tribunale spiega, con queste ragioni, il dissenso del PM.

Osservazioni

Non pare davvero condivisibile tale pronuncia che non considera il meccanismo di diretta applicazione dei Trattati comunitari (sancito costituzionalmente dall'art. 117 Cost.), che confonde i due controlli affidati al PM (di regolarità formale e di merito), e che tutela l'interesse dei figli valutando, non i parametri normativi che presidiano questo interesse, ma difendendo l'idea, ormai superata, che la durata nel tempo del vincolo matrimoniale sia per loro stabilizzante, e ritenendo di per sé pregiudizievole per la figlia minore il divorzio.

Nessuna norma consente di affermare che il divorzio non preceduto da separazione sia “pregiudizievole all'interesse del minore”, anzi potrebbe essere il contrario: è, evidentemente, un'ipotesi da valutare caso per caso e, se ritenuta esistente, dovrà essere motivata in modo senz'altro più rigoroso e specifico di quanto abbia fatto il Tribunale di Torino.

Inoltre il Tribunale non considera:

- che in base al Reg. n. 1259/2010 i coniugi possono di comune accordo scegliere la legge applicabile per la separazione o il divorzio. I Regolamenti comunitari sono direttamente applicabili negli Stati membri (self-executing) e, se anche vi fosse un contrasto tra la legge comunitaria e quella italiana, va applicata la legge comunitaria e non quella italiana contrastante. Perciò il Tribunale avrebbe dovuto dare ingresso alla normativa scelta dai coniugi per risolvere la loro crisi coniugale;

- che ci sono dei parametri legislativi per valutare la rispondenza degli accordi di negoziazione all'interesse dei figli, delineati dagli artt. 337-bis ss. c.c. e riguardano l'idoneità di detti accordi in punto di affidamento e contributo economico dei genitori: nessuna norma consente di affermare che il divorzio diretto sia di per sé pregiudizievole per l'interesse dei minori;

- che, davvero, non sembra possibile partire da una “presunta” irregolarità formale dell'accordo tra i coniugi (in realtà non esistente per effetto dell'applicazione del regolamento comunitario citato), per formulare un giudizio “di merito” sulla rispondenza dell'accordo all'interesse della minore: questi due piani non possono essere sovrapponibili.

Si ritiene che l'accordo di negoziazione assistita quando è possibile - come in questo caso - debba essere, invece, conservato e valorizzato, dato che l'intervento del legislatore nel 2014 ha avuto come ratio quello di disincentivare il ricorso all'autorità giudiziaria, riconoscendo ai coniugi di poter formulare accordi per disciplinare la crisi familiare in autonomia, salvo il controllo del PM (o eventualmente del Tribunale).

Sempre più, d'altronde, si sta abbandonando la concezione “pubblicistica” della famiglia, per dare maggiore rilievo ad elementi volontaristici e privatistici (si pensi alla legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze), così seguendo il modello dei Paesi anglosassoni (ma anche della Francia e Germania), dove l'autonomia “negoziale” fra i coniugi è riconosciuta, addirittura dando loro la possibilità di concludere accordi in vista di una futura e solo eventuale crisi familiare (cd. patti prematrimoniali).

Quando nell'accordo di negoziazione assistita concluso dai coniugi sono coinvolti figli minori, il PM ha certo poteri più pregnanti nel compiere il controllo sull'autonomia negoziale delle parti, ma sono poteri pur sempre finalizzati, come dice espressamente la legge, a verificare che l'accordo rispetti effettivamente la posizione dei figli: un'indagine questa che dovrà essere condotta, come afferma la dottrina, secondo i principi di diritto Úe altresì secondo i criteri di buon senso» (F.Danovi, Il PM nella procedura di negoziazione assistita. I rapporti con il Presidente del Tribunale, in Fam. e dir. 1/2017), ma che non può diventare uno strumento per togliere autonomia alle parti e riportare il procedimento “degiurisdizionalizzato” di separazione e divorzio dinanzi ad un Giudice.

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