L’illegittimo uso del parcheggio: in mancanza di pregiudizio, non spetta il risarcimento del danno non patrimoniale

Maurizio Tarantino
16 Ottobre 2018

Chiamata ad accertare la legittimazione del risarcimento del danno non patrimoniale, in occasione del pregiudizio subìto da un condomino a causa di una sosta selvaggia di altro condomino, la Corte di Cassazione ha evidenziato che, ai fini della condanna, è necessario che sia provata l'utilizzazione da parte di uno dei condomini...
Massima

In tema di parcheggio condominiale, non è configurabile come in re ipsa un danno non patrimoniale, inteso come disagio psico-fisico, conseguente alla mancata utilizzazione di un'area comune condominiale, potendosi ammettere il risarcimento del danno non patrimoniale solo in conseguenza della lesione di interessi della persona di rango costituzionale, oppure nei casi espressamente previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c.

Il caso

Tizia aveva chiesto al giudice adito la condanna all'immediata rimozione di un'autovettura, di proprietà di Caio, lasciata in sosta per l'intero giorno e da oltre un anno davanti alla rampa d'accesso del garage condominiale. L'attrice, inoltre, aveva chiesto anche la condanna al risarcimento dei danni per il patito disagio, da liquidarsi secondo equità.

In primo grado, il Giudice di Pace, dopo aver preso atto che l'automobile era stata rimossa, aveva condannato Caio a risarcire Tizia dei danni stimati in soli 300,00 euro, nonché al rimborso delle spese di lite.

Successivamente il Tribunale, in grado di appello, aveva riformato la condanna risarcitoria, osservando come l'utilizzo illegittimo di uno spazio comune, pur costituendo un illecito potenzialmente produttivo di danno, non potesse giustificare una liquidazione equitativa del danno stesso, essendo rimasta non provata (compensando le spese processuali a seguito della reciproca parziale soccombenza).

Avverso tale pronuncia, Tizia ha proposto ricorso per cassazione eccependo che, mediante le fotografie e le lettere raccomandate allegate, sarebbe risultata evidente la prova del posizionamento dell'autovettura sulla rampa condominiale e, quindi, anche del danno da disagio patito.

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Corte di legittimità, in merito alle ulteriori doglianze esposte dalla parte ricorrente (risultanze probatorie), non si trattava di un fatto decisivo in quanto, agli effetti dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il fatto in esame non avrebbe portato ad una diversa soluzione della controversia. Difatti, il Tribunale di Foggia (in grado di appello) non aveva detto che non era stato provato l'utilizzo illecito dello spazio comune da parte dei convenuti, ma aveva solo osservato come non risultava dimostrato un conseguente danno concreto subito dalla condomina Tizia.

A tal proposito, conformemente all'orientamento giurisprudenziale in materia, gli ermellini hanno osservato che in materia di comunione, ove sia provata l'utilizzazione da parte di uno dei comunisti della cosa comune in via esclusiva in modo da impedirne l'uso, anche potenziale, agli altri comunisti, deve ritenersi sussistente un danno in re ipsa (Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2010, n. 11486).

Invero, nell'ipotesi di sottrazione delle facoltà dominicali di godimento e disposizione del bene, è risarcibile, sotto l'aspetto del lucro cessante, non solo il lucro interrotto, ma anche quello impedito nel suo potenziale esplicarsi, ancorché derivabile da un uso della cosa diverso da quello tipico (Cass. civ., sez. II, 7 agosto 2012, n. 14213).

Invece, secondo altro orientamento, non è certamente configurabile come in re ipsa un danno non patrimoniale, inteso come disagio psico-fisico, conseguente alla mancata utilizzazione di un'area comune condominiale, potendosi ammettere il risarcimento del danno non patrimoniale solo in conseguenza della lesione di interessi della persona di rango costituzionale, oppure nei casi espressamente previsti dalla legge, ai sensi dell'articolo 2059 c.c., e sempre che si tratti di una lesione grave e di un pregiudizio non futile (Cass. civ., sez. un, 11 novembre 2008, n. 26972).

Di conseguenza, in mancanza di prova del danno, la Corte di legittimità ha rigettato il ricorso e, per l'effetto, ha confermato la decisione del Tribunale che aveva escluso il risarcimento del danno non patrimoniale, nemmeno riconoscendo per tale “disagio” la somma di € 300,00 liquidata dal primo giudice.

Osservazioni

Preliminarmente, si osserva che la pronuncia in esame richiama quanto già affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite in tema del risarcimento del danno alla persona. In pratica, con tale orientamento, gli ermellini avevano inquadrato la tutela nel sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, caratterizzandosi il primo tipo di danno per la lesione di un interesse protetto di valenza patrimoniale che venga menomato dalla condotta altrui, e viceversa connotandosi, il danno non patrimoniale, come situazione il cui ristoro può aversi solo se la lesione riguardi diritti della persona da qualificarsi come inviolabili secondo la Costituzione, oppure se una norma speciale di legge sancisca espressamente il diritto al risarcimento (Cass. civ., sez. un, 11 novembre 2008, n. 26972).

Proprio in merito alla risarcibilità del danno, si precisa che secondo altro precedente di merito, il danno di natura non patrimoniale derivante da un fatto non costituente reato, subordina la risarcibilità di tale danno alla sussistenza di due ulteriori presupposti: la lesione e il pregiudizio patiti, siano gravi, ove, a riguardo del pregiudizio, per gravità si deve intendere che superi un certo livello di tollerabilità (Giud. Pace Milano 28 ottobre 2016, n. 9871).

Premesso quanto innanzi esposto, si evidenzia che la pronuncia in commento appare interessante soprattutto in merito all'annosa questione che spesso si verifica nei parcheggi condominiali.

Quanto agli aspetti civili, è importante precisare che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Quindi se il cortile non ha una specifica destinazione d'uso, allora può essere utilizzato da tutti i condomini nel rispetto del pari diritto dei loro vicini: insomma nei limiti di quanto stabilito dall'art. 1102 c.c.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che deve essere escluso il diritto di parcheggiare nel cortile condominiale se la presenza di veicoli in sosta, oltre a rendere scomodo il raggiungimento a piedi delle singole unità immobiliari, impedisce a un condomino di utilizzare il cortile per l'introduzione di automezzi nei vani di sua proprietà posti a pianterreno (Cass. civ., sez. II, 13 dicembre 2013, n. 27940). Proprio a causa dell'uso illegittimo, come ad esempio il caso di un'autovettura in sosta per molto tempo, si potrebbe determinare, a seconda dei casi, situazioni poco piacevoli nei confronti degli altri condomini; ovvero, forme di c.d. “violenza privata”.

In tale àmbito, si osserva che la legge penale prevede il reato di “violenza privata” all'art. 610 c.p., il quale punisce con la reclusione fino a 4 anni «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa», salvo l'aumento della pena se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico. In proposito, in alcuni precedenti giurisprudenziali, è stato sanzionato in questo modo il comportamento di un condomino che aveva impedito, ad altro condomino, di uscire dallo stabile proprio a causa del veicolo abbandonato in modo ostruzionistico. Invero, in tal vicenda, l'inquilino di uno stabile condominiale veniva tratto a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 81 e 610 c.p., perché, con violenza consistente nel parcheggiare la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio alle autovetture in uscita e in entrata dal garage di alcuni condomini, costringeva gli stessi a tollerare il fatto di non potere parcheggiare nel proprio box. Per le suesposte ragioni, veniva condannato alla pena di due mesi e quindici giorni di reclusione, nonché al risarcimento di danni in favore della persona offesa costituitasi parte civile (Cass. pen., sez. V, 12 marzo 2013, n. 28487).

E ancora, sempre sul problema esposto, in altra pronuncia è stato contestato il reato in esame anche nella condotta del soggetto che aveva intenzionalmente parcheggiato la propria vettura dietro quella della parte lesa così impedendole di muoversi (Cass. pen., sez. V, 18 novembre 2011, n. 603).

Da ultimo, si segnala un recente provvedimento della Suprema Corte che ha meglio evidenziato le condotte incriminate: quella di colui che occupa il parcheggio riservato ad una specifica persona invalida in ragione del suo status, impedendone l'accesso, e, quindi, privandola della libertà di determinazione e di azione; la condotta di colui che parcheggia la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla parte lesa; infine, la condotta di colui che nell'ambito di manifestazioni di protesta per l'esecuzione di un'opera pubblica, impedisce agli operai incaricati di svolgere i lavori previsti, frapponendosi all'accesso ai macchinari con comportamenti tali da bloccarne l'utilizzo da parte loro (Cass. pen., sez. V, 18 maggio 2018, n. 40482).

Guida all'approfondimento

Cassano, Casi di condomini molesti, Rimini, 2014, 216;

Navarretta, Il danno non patrimoniale: principi, regole e tabelle per la liquidazione, Milano, 2010, 115;

Capalbo - Straface, La commerciabilità di box e parcheggi alla luce della normativa edilizia, ed. Halley,2006, 68.

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